Capitolo n. 24 - zen
La suite era
faraonica, ma di classe, come piaceva a Jared.
Colin l’aveva scelta
soprattutto per quella vasca idromassaggio ovale, dove si erano immersi subito,
dopo essersi quasi strappati gli abiti di dosso, avvinghiati in un bacio mozza
fiato.
Era così che Farrell
si era immaginato quella serata speciale, per festeggiare i quarantotto anni
del marito, che ne dimostrava almeno dieci di meno.
Si era disteso tra le
sue gambe magre, avido di possederlo immediatamente, però Jared, ansimando, gli
chiese di bere qualcosa prima.
Una bottiglia di
champagne spiccava da un secchiello in argento: Colin la afferrò, facendo
schizzare fuori alcuni cubetti di ghiaccio, che sembrarono illuminarsi tra le
fiammelle delle candele bianche, disposte lungo il periplo di quella tinozza a
cinque stelle.
Risero, versandosi un
po’ di nettare in flute dal lungo gambo stilizzato ed altrettanto splendente,
quasi fossero imprigionati in un’enorme bolla di cristallo.
Jared stabilizzò il
respiro fissando Colin, rapito dalla sua immagine sensuale.
“Il live è andato a
meraviglia … poi con Violet mi avete davvero stupito, sai?”
“Ha organizzato tutto
lei, era molto eccitata Jay”
“Sì, è la nostra
cucciola … la prima che abbiamo desiderato ecco …”
Farrell annuì, assorto
in pensieri lontani.
“Già … Anticipata di
poco da Rebecca, in un gioco del destino, che prima ci ha fatto soffrire e poi
ci ha donato entrambe …”
“Vorrei renderli
felici ogni istante Cole, i nostri figli, ognuno di loro …”
“Facciamo il
possibile, però non è sempre facile … Forse sarebbe stato meglio concentrarsi
su un unico progetto, oltre a James ed Henry … Un po’ come Steven con Chris e
Clarissa, per fare un esempio o Kurt, con Brandon e Martin …” – aggiunse
perplesso, in fondo non ci credeva affatto.
“Ormai è … un pochino
tardi” – Jared sorrise – “E ne vorremmo un decimo”
“Appunto” – rise
anche Colin, proponendo un brindisi, che il compagno assecondò solare.
Bevvero quella
prelibatezza e ne versarono ancora.
Jared divenne serio.
“Che c’è tesoro?”
“No niente Colin,
solo che … Volevo parlarti di una cosa …”
“Ok, ma non possiamo
rimandare?” – e lo baciò nel collo.
“No … No, mio Re
d’Irlanda, devo proprio … dirtela” – ed inspirò.
Farrell lo scrutò
perplesso.
“D’accordo, sentiamo
questa … cosa”
Robert volle
riassettare l’alloggio, anche se non ce n’era motivo, visto l’ordine perfetto
in cui gli oggetti ed i mobili erano stati spolverati.
Lo volle fare
ugualmente, chiedendo a Jude di non interrompere quel viaggio nei ricordi,
mentre si passava tra le mani souvenir di ogni sorta, collezionati durante
tutta quella vita, che aveva costruito insieme a lui, come aveva scritto
Geffen.
A lui andava il suo
continuo pensiero, oltre ad alcuni messaggi, che non ottennero risposta, se non
un laconico “Sto bene Rob, pensa ai tuoi, buon anno”
C’era una vena di
durezza o forse era per colpa della punteggiatura o forse della sterilità degli
sms.
Se solo avesse potuto
ascoltare la stessa frase dalla sua viva voce, Downey si sarebbe
tranquillizzato: quella pena, comunque, era condannata a non estinguersi tanto
facilmente e lo sapeva anche Jude.
Lui stava percorrendo
un sentiero delicato, dove anche il minimo errore poteva essere letale: pensava
di meritare una simile prova, perché Robert la valeva sino in fondo, quindi non
si sarebbe arreso, non senza combattere strenuamente.
Spiava i sorrisi, la
commozione, le risa a stento trattenute, così le lacrime di Robert, nel
rivedere una vecchia foto oppure coccolare certe cianfrusaglie, alle quali
erano legati episodi precisi, sovente buffi.
Come pezzi di un
mosaico immaginario, per i giorni, i mesi, come gocce dentro una bottiglia: per
riempirla ne servivano parecchie, ma lì sembravano esserci tutte, per fortuna.
Gli ricordò Kevin, in
mille sfumature di quella notte, così intensa ed all’apparenza senza alcun
futuro.
Erano adulti, erano
soli, acciaccati da delusioni cocenti, da rifiuti e tradimenti, dal non essere
al primo posto, dopo avere dato il meglio o almeno così credevano.
Denny più di Glam,
che ad ogni bacio si sforzava di non pensare a Robert, al profumo della sua
pelle, al calore del suo corpo, mentre invece si muoveva e colpiva il centro di
quello del suo giovane collaboratore, talmente perfetto nella sua avvenenza
statuaria, da rimescolargli i sensi mentre raggiungeva con lui il secondo
orgasmo.
Le gambe di Denny
sembrarono indebolire la loro presa intorno ai fianchi di Geffen, che si
rilassò, allungandosi sul fianco, senza smettere di accarezzarlo sul petto e
sull’addome.
Posando dei baci sui
capezzoli inturgiditi, avvertì le pulsazioni del ragazzo, a mille quanto le
sue.
Glam sorrise,
scuotendo la testa.
“Ok … sono pazzo …
Non doveva accadere” – disse sommesso, passandosi la mano sinistra sulla faccia
sudata.
“L’hai fatto accadere
due volte Glam … sei pazzo da legare” – Denny rise, leggero, appagato,
girandosi specularmente anche lui e posando la mano destra sulla vita
dell’amante.
“Eri vulnerabile”
“Anche tu se è per
questo” – lo incalzò sorridente.
“Questo non è un
dibattimento …” – protestò debole il più anziano.
“Infatti, è la nostra
vita, la nostra fottutissima vita Glam” – ribatté più asciutto.
“Un tempo, un mio
amico, le chiamava scopate terapeutiche”
“Ah sì? Un amico?
Pensa che io pagavo un’analista, per farmi dire la stessa cosa ahahahah”
“Quindi due stronzi,
di lui lo pensavo, con i suoi ragionamenti del cavolo …”
“Almeno erano gratis
… Te l’ho detto Glam, non voglio mica sposarti …”
Geffen aggrottò la
fronte – “Non passare per ciò che non sei Denny”
“Sarebbe?”
“Hai capito cosa
intendo: parlo di sentimenti e tu ne hai da vendere”
Denny si mise seduto,
cercando una sigaretta, poi se la accese, notando che a Glam dava fastidio.
“Perdonami, la spengo
subito …”
“No, lascia stare”
“Figurati, è un vizio
… Come quello di amare. L’ho rimandato per un sacco di tempo, sai? Poi con Tomo
la visione è mutata, la scossa mi è arrivata nel cuore, nitida e precisa …”
Anche Geffen si
sollevò, appoggiandosi alla testiera imbottita.
“Quello che volevo
dirti prima …”
“So cosa volevi dirmi
Glam” – e si girò, con i suoi occhi grandi, limpidi come specchi, come la sua
indole, nascosta in una corazza superficiale per anni, sino a quel fatidico
incontro con il croato.
“Mi … mi piacevate,
tu e Tomo”
“Sì, non eravamo male
…” – e si asciugò una lacrima, raccogliendo le gambe, chiudendosi a bozzolo,
per ciondolare lieve, scosso da emozioni ancora vivide.
“Io non mi vergognerò
di noi Denny …”
“Neppure io” – sbottò
destandosi dal suo dolore.
“Ti andrebbe di
dormire …?” – e sorrise.
Denny si piazzò sotto
la sua ala, senza farselo ripetere.
Geffen spense l’unica
lampada rimasta accesa e si assopì subito, provando una serenità inconsueta.
“Un bacio sulla
guancia, non mi pare una cosa tanto grave Jared, non sono Steven, lui aveva
l’aria di volervi strangolare”
Farrell rise,
aumentando il flusso di bollicine, ma Jared non cambiò espressione, premendosi
le tempie.
“No vedi Colin, non
mi riferivo a quanto accaduto sul palco con Chris”
L’attore si incupì.
“Allora a cosa
Jared?” – bissò seccato.
“In … in camerino” –
Leto deglutì a vuoto – “Stavamo parlando …”
“Di cosa?”
“Di … di niente” –
balbettò smarrito – “Le solite cose che capitano dopo un’esibizione”
“Come baciarsi,
Jared? Un bacio vero?” – il suo tono si alzò, insieme al suo sembiante.
“Cole aspetta io te
lo sto dicendo perché non ha alcuna importanza” – si giustificò avvampando.
“Non riesco a
crederci … no, non ha senso, cazzo, CAZZO!!” – gridò rivestendosi
convulsamente.
Jared lo seguì,
precipitandosi nel salotto.
L’irlandese era
furioso e le invettive crebbero, insieme al suo sconforto ed ad una
frustrazione, che pensava archiviata.
“E’ per Jude, vero,
VERO?? PERCHE’ TU DEVI SEMPRE PAREGGIARE I CONTI, DEVI SEMPRE VENDICARTI
JARED!!”
“Ti … ti prego Cole,
ascoltami …” – e provò a trattenerlo, senza riuscirci.
Fuori scoppiò un
temporale.
Come a Londra.
Come ad Haiti.
Nessun commento:
Posta un commento