venerdì 14 dicembre 2012

ZEN - CAPITOLO N. 24



Capitolo n. 24  -  zen


La suite era faraonica, ma di classe, come piaceva a Jared.
Colin l’aveva scelta soprattutto per quella vasca idromassaggio ovale, dove si erano immersi subito, dopo essersi quasi strappati gli abiti di dosso, avvinghiati in un bacio mozza fiato.
Era così che Farrell si era immaginato quella serata speciale, per festeggiare i quarantotto anni del marito, che ne dimostrava almeno dieci di meno.
Si era disteso tra le sue gambe magre, avido di possederlo immediatamente, però Jared, ansimando, gli chiese di bere qualcosa prima.
Una bottiglia di champagne spiccava da un secchiello in argento: Colin la afferrò, facendo schizzare fuori alcuni cubetti di ghiaccio, che sembrarono illuminarsi tra le fiammelle delle candele bianche, disposte lungo il periplo di quella tinozza a cinque stelle.
Risero, versandosi un po’ di nettare in flute dal lungo gambo stilizzato ed altrettanto splendente, quasi fossero imprigionati in un’enorme bolla di cristallo.
Jared stabilizzò il respiro fissando Colin, rapito dalla sua immagine sensuale.
“Il live è andato a meraviglia … poi con Violet mi avete davvero stupito, sai?”
“Ha organizzato tutto lei, era molto eccitata Jay”
“Sì, è la nostra cucciola … la prima che abbiamo desiderato ecco …”
Farrell annuì, assorto in pensieri lontani.
“Già … Anticipata di poco da Rebecca, in un gioco del destino, che prima ci ha fatto soffrire e poi ci ha donato entrambe …”
“Vorrei renderli felici ogni istante Cole, i nostri figli, ognuno di loro …”
“Facciamo il possibile, però non è sempre facile … Forse sarebbe stato meglio concentrarsi su un unico progetto, oltre a James ed Henry … Un po’ come Steven con Chris e Clarissa, per fare un esempio o Kurt, con Brandon e Martin …” – aggiunse perplesso, in fondo non ci credeva affatto.
“Ormai è … un pochino tardi” – Jared sorrise – “E ne vorremmo un decimo”
“Appunto” – rise anche Colin, proponendo un brindisi, che il compagno assecondò solare.
Bevvero quella prelibatezza e ne versarono ancora.
Jared divenne serio.
“Che c’è tesoro?”
“No niente Colin, solo che … Volevo parlarti di una cosa …”
“Ok, ma non possiamo rimandare?” – e lo baciò nel collo.
“No … No, mio Re d’Irlanda, devo proprio … dirtela” – ed inspirò.
Farrell lo scrutò perplesso.
“D’accordo, sentiamo questa … cosa”


Robert volle riassettare l’alloggio, anche se non ce n’era motivo, visto l’ordine perfetto in cui gli oggetti ed i mobili erano stati spolverati.
Lo volle fare ugualmente, chiedendo a Jude di non interrompere quel viaggio nei ricordi, mentre si passava tra le mani souvenir di ogni sorta, collezionati durante tutta quella vita, che aveva costruito insieme a lui, come aveva scritto Geffen.
A lui andava il suo continuo pensiero, oltre ad alcuni messaggi, che non ottennero risposta, se non un laconico “Sto bene Rob, pensa ai tuoi, buon anno”
C’era una vena di durezza o forse era per colpa della punteggiatura o forse della sterilità degli sms.
Se solo avesse potuto ascoltare la stessa frase dalla sua viva voce, Downey si sarebbe tranquillizzato: quella pena, comunque, era condannata a non estinguersi tanto facilmente e lo sapeva anche Jude.
Lui stava percorrendo un sentiero delicato, dove anche il minimo errore poteva essere letale: pensava di meritare una simile prova, perché Robert la valeva sino in fondo, quindi non si sarebbe arreso, non senza combattere strenuamente.
Spiava i sorrisi, la commozione, le risa a stento trattenute, così le lacrime di Robert, nel rivedere una vecchia foto oppure coccolare certe cianfrusaglie, alle quali erano legati episodi precisi, sovente buffi.
Come pezzi di un mosaico immaginario, per i giorni, i mesi, come gocce dentro una bottiglia: per riempirla ne servivano parecchie, ma lì sembravano esserci tutte, per fortuna.


Gli ricordò Kevin, in mille sfumature di quella notte, così intensa ed all’apparenza senza alcun futuro.
Erano adulti, erano soli, acciaccati da delusioni cocenti, da rifiuti e tradimenti, dal non essere al primo posto, dopo avere dato il meglio o almeno così credevano.
Denny più di Glam, che ad ogni bacio si sforzava di non pensare a Robert, al profumo della sua pelle, al calore del suo corpo, mentre invece si muoveva e colpiva il centro di quello del suo giovane collaboratore, talmente perfetto nella sua avvenenza statuaria, da rimescolargli i sensi mentre raggiungeva con lui il secondo orgasmo.

Le gambe di Denny sembrarono indebolire la loro presa intorno ai fianchi di Geffen, che si rilassò, allungandosi sul fianco, senza smettere di accarezzarlo sul petto e sull’addome.
Posando dei baci sui capezzoli inturgiditi, avvertì le pulsazioni del ragazzo, a mille quanto le sue.
Glam sorrise, scuotendo la testa.
“Ok … sono pazzo … Non doveva accadere” – disse sommesso, passandosi la mano sinistra sulla faccia sudata.
“L’hai fatto accadere due volte Glam … sei pazzo da legare” – Denny rise, leggero, appagato, girandosi specularmente anche lui e posando la mano destra sulla vita dell’amante.
“Eri vulnerabile”
“Anche tu se è per questo” – lo incalzò sorridente.
“Questo non è un dibattimento …” – protestò debole il più anziano.
“Infatti, è la nostra vita, la nostra fottutissima vita Glam” – ribatté più asciutto.
“Un tempo, un mio amico, le chiamava scopate terapeutiche”
“Ah sì? Un amico? Pensa che io pagavo un’analista, per farmi dire la stessa cosa ahahahah”
“Quindi due stronzi, di lui lo pensavo, con i suoi ragionamenti del cavolo …”
“Almeno erano gratis … Te l’ho detto Glam, non voglio mica sposarti …”
Geffen aggrottò la fronte – “Non passare per ciò che non sei Denny”
“Sarebbe?”
“Hai capito cosa intendo: parlo di sentimenti e tu ne hai da vendere”
Denny si mise seduto, cercando una sigaretta, poi se la accese, notando che a Glam dava fastidio.
“Perdonami, la spengo subito …”
“No, lascia stare”
“Figurati, è un vizio … Come quello di amare. L’ho rimandato per un sacco di tempo, sai? Poi con Tomo la visione è mutata, la scossa mi è arrivata nel cuore, nitida e precisa …”
Anche Geffen si sollevò, appoggiandosi alla testiera imbottita.
“Quello che volevo dirti prima …”
“So cosa volevi dirmi Glam” – e si girò, con i suoi occhi grandi, limpidi come specchi, come la sua indole, nascosta in una corazza superficiale per anni, sino a quel fatidico incontro con il croato.
“Mi … mi piacevate, tu e Tomo”
“Sì, non eravamo male …” – e si asciugò una lacrima, raccogliendo le gambe, chiudendosi a bozzolo, per ciondolare lieve, scosso da emozioni ancora vivide.
“Io non mi vergognerò di noi Denny …”
“Neppure io” – sbottò destandosi dal suo dolore.
“Ti andrebbe di dormire …?” – e sorrise.
Denny si piazzò sotto la sua ala, senza farselo ripetere.
Geffen spense l’unica lampada rimasta accesa e si assopì subito, provando una serenità inconsueta.


“Un bacio sulla guancia, non mi pare una cosa tanto grave Jared, non sono Steven, lui aveva l’aria di volervi strangolare”
Farrell rise, aumentando il flusso di bollicine, ma Jared non cambiò espressione, premendosi le tempie.
“No vedi Colin, non mi riferivo a quanto accaduto sul palco con Chris”
L’attore si incupì.
“Allora a cosa Jared?” – bissò seccato.
“In … in camerino” – Leto deglutì a vuoto – “Stavamo parlando …”
“Di cosa?”
“Di … di niente” – balbettò smarrito – “Le solite cose che capitano dopo un’esibizione”
“Come baciarsi, Jared? Un bacio vero?” – il suo tono si alzò, insieme al suo sembiante.
“Cole aspetta io te lo sto dicendo perché non ha alcuna importanza” – si giustificò avvampando.
“Non riesco a crederci … no, non ha senso, cazzo, CAZZO!!” – gridò rivestendosi convulsamente.
Jared lo seguì, precipitandosi nel salotto.
L’irlandese era furioso e le invettive crebbero, insieme al suo sconforto ed ad una frustrazione, che pensava archiviata.
“E’ per Jude, vero, VERO?? PERCHE’ TU DEVI SEMPRE PAREGGIARE I CONTI, DEVI SEMPRE VENDICARTI JARED!!”
“Ti … ti prego Cole, ascoltami …” – e provò a trattenerlo, senza riuscirci.

Fuori scoppiò un temporale.
Come  a Londra.
Come ad Haiti.




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