One
shot – Angelo mio
Il soffitto sembrava
tremolare, ma ero solo lo sguardo di Reid a creare quello strano effetto
ottico.
Morgan si muoveva
dentro di lui, a tratti più intenso, in altri più delicato, quasi sommesso, contemplativo:
Spencer lo percepiva, anche se a palpebre serrate, quasi se ne vergognasse.
Da qualche settimana,
il suo pudore era legato unicamente al fatto di non provare alcun piacere
durante i loro amplessi, prima magnifici.
Prima di quel
bastardo, che lo aveva tenuto in ostaggio, insieme ad Hotch ed a JJ, che lo
aveva picchiato, quando Reid si era osato difendere a parole la collega, madre
da pochi mesi, dalle avance di quel maiale, travestito da broker in carriera.
Li aveva ingannati
tutti, persino Rossi, sempre attento a dettagli, che ad altri della squadra
sfuggivano: li aveva raggirati, diventando addirittura amico di Morgan, di
colore quanto lui, in carriera quanto lui, una sorta di complicità, nella
guerra di rivalsa, portata avanti dalle minoranze, che loro sembravano
rappresentare al meglio, in un riscatto epocale.
Brian Kramer si era
spacciato per vittima, di un ipotetico S.I., che gli aveva violentato e
strangolato la moglie.
C’era del metodo, c’era
una premeditazione pura, lui aveva una strategia, visto che la donna minacciava
un divorzio, che lo avrebbe rovinato.
C’erano i soldi, un’assicurazione
da truffare e poi c’erano altre prede, che Kramer sterminò letteralmente, nei
quartieri alti di Boston, prendendoci gusto, quando invece l’intento era quello
di fare credere all’esistenza di un serial killer e coprire il secondo
omicidio, ovvero la consorte tanto detestata.
In Reid riemerse
tutto il terrore vissuto durante il martirio subito da Tobias Hankel, che tenne
in pugno Spencer per tre giorni, torturandolo e drogandolo: in quel caso, l’agente
dell’FBI ne uscì vivo per miracolo, uccidendo il suo carnefice, ma altresì
entrando in un tunnel di angoscia, superato a fatica e mai del tutto metabolizzato.
Morgan lo strinse
maggiormente, baciandolo e gemendo nella bocca di Spencer, mentre raggiungeva
un orgasmo solitario.
Al ragazzo sembrava
di essere come desertificato ed assente: il suo corpo, bagnato da Derek, non
rispondeva ad alcuno stimolo.
Era snervante.
“So sono mortificato”
– balbettò, nascondendosi nell’incavo del collo di Morgan, che aveva capito:
non era cambiato nulla dall’ultima volta.
Un fallimento, che
ormai sentiva come personale ed esclusivo.
Spencer non aveva mai
avuto esperienze, lui era stato il primo e sarebbe rimasto l’unico, nelle
parole innamorate di quel ragazzino, che amava ogni giorno di più.
“Piccolo mio …” – lo sussurrò,
afflitto, uscendo piano da lui, ma se solo fosse servito a qualcosa, Spencer si
sarebbe lasciato picchiare da Morgan, si sarebbe lasciato fare di tutto.
“Io … io sono tuo
Derek …” – e piegando il viso dal lato sinistro, affondò nel cuscino, piangendo
piano.
Anche in quell’occasione,
lui disturbava il mondo, non si integrava, ne veniva espulso, così diverso,
fragile, inadatto.
Morgan conosceva le
sue riflessioni, in quel silenzio ormai agghiacciante.
Si stavano perdendo,
in un imbarazzo ostile ed acre.
Tre giorni dopo …
Quella missione a
Philadelphia con Rossi sembrò un toccasana per Reid, ma non solo.
Morgan lo aveva
salutato, abbracciandolo e baciandolo forte, nel bagno degli uomini della BUA,
raccomandandosi scherzosamente di non fare arrabbiare David, con le sue battute
saccenti durante il viaggio in auto verso la periferia della città, dove
avrebbero contattato i familiari di un sospetto.
Reid aveva annuito,
lasciandosi coccolare sino all’ultimo minuto, prima di congedarsi, con un nodo
alla gola da lui.
Adesso stavano
seduti, con Rossi, ad un tavolino in legno grezzo, mangiando un gelato, un’idea
del più anziano, per quel caldo giorno di luglio inoltrato.
Dave osservava la
golosità trattenuta di Reid, così da provocarla, ordinando il bis.
Il giovane storse le
labbra, poi sorrise – “Sto esagerando, ma … questa nocciola è squisita, non
pensi David?”
“Sì, hai ragione …
Come stai?” – domandò senza cambiare tono di voce, come se fosse una carezza,
quella sua continua premura, dimostrata a Spencer, che scosse la testa, in un
gesto infantile.
“Ho visto giorni
migliori …” – e rise nervoso, lo sguardo fisso alla coppa in cristallo azzurro.
“Spencer, guardami …
Come stai?”
Reid lo puntò, con
una vena di insofferenza, quasi di fastidio, ma si pentì immediatamente,
vedendo che Rossi gli dimostrava un affetto ed una considerazione palesi.
“Sono a pezzi Dave …”
Prese fiato e spostò
quella leccornia – “Faccio due passi, anzi no, torno in hotel”
Avevano prenotato due
stanze comunicanti, nel resort alle loro spalle.
Rossi gli prese un
polso, trattenendolo, senza irruenza – “Resta qui e parliamone Spencer” – disse
pacato.
“Ma di cosa?!” –
sbottò.
“Di ciò che ti sta distruggendo”
Reid ebbe un fremito,
nelle dita che Rossi ancora brandiva con delicatezza.
“E’ … è come se fossi
anestetizzato … è come” – una lacrima gli segnò lo zigomo destro – “è come se
il mio corpo avesse alzato una barriera verso tutte quelle emozioni acute,
siano esse positive o negative” – aggiunse diretto.
“E’ un trauma che
devi superare, se non vuoi perderlo”
“Perdere chi?” –
chiese stupito.
La risposta era
evidente, nelle iridi scure dell’altro.
Spencer avvampò.
“Tu … tu lo sai, di
noi, David?”
“Non fate molto per
nasconderlo” – e sorridendo, si ossigenò.
“Credevo di essere
discreto, cioè credevamo … ecco … E’ stato solo sesso, per molto tempo, poi non
riuscivo più a stare con Derek, senza vivere i miei sentimenti, lo avrei
lasciato se non si fosse deciso a dirmi ciò che provava davvero”
“E l’ha fatto.
Presumo …”
“Sì, quando ha avuto
paura di perdermi, quando ho rischiato di morire, lui rifiutava quella che
credeva essere una debolezza”
“Non essere severo
Spencer, lui ti ha amato dal primo istante” – ribatté convinto.
“Mi detestava”
“E’ una sciocchezza …”
“Mi sfotteva e”
“Spencer”
Le mani di Reid si
stavano contorcendo.
“Scarichi su Derek la
rabbia per ciò che ti hanno fatto passare i tuoi aguzzini, perché sai che lui è
abbastanza coriaceo da non arrendersi con te, però al tempo stesso hai il
terrore che si stanchi, che se ne vada, perché tu sei complicato, sei
imprevedibile, a volte sei distante, con i tuoi libri, la tua conoscenza
sconfinata ed imbarazzante per chiunque, anche la persona più istruita, con cui
tu possa interagire.”
“Sono io quello
sbagliato quindi!” – inveii, alzandosi.
Rossi lo seguì
deciso.
“Tu sei perfetto per
lui!” – esclamò raggiungendolo svelto.
“Io … io non sono
niente Dave …” – e, in preda ad un improvviso pianto, sembrò cristallizzarsi in
un dolore lancinante.
Rossi lo avvolse,
sorreggendolo.
Fu l’atto più dolce,
che Reid avrebbe ricordato per sempre.
Il calore di Dave lo
colmava, senza invaderlo, mentre le loro falangi, affusolate per Spencer e più
solide per Rossi, madide e febbrili, si intrecciavano e stringevano ad ogni
spinta dell’uomo, nella fessura minuta di quello che gli appariva come un
cucciolo spaurito.
Gli occhi grandi di
Reid erano liquidi e spalancati su David, poi si chiudevano repentini,
lasciando che la sua bocca cercasse aria, schiudendosi sensuale, senza alcuna
malizia.
Spencer era così,
innocente ed arrapante, se Rossi avesse dovuto descriverlo in maniera
spregiudicata, cosa che non gli apparteneva affatto.
Lui, invece, era un
uomo che aveva amato diverse donne, era un padre, relativamente assente e
gravato dai sensi di colpa più classici, per i genitori divorziati e di
successo, ma solo in campo professionale.
David Rossi poteva
raccontare di avere conosciuto tante anime, tanti sorrisi, forme flessuose, se
si parlava di avventure occasionali, ma mai aveva perso il senno per qualcuno
del suo stesso sesso: appena vide Spencer, lottò strenuamente per non
riconoscere i propri sentimenti.
Gli stessi urlavano,
nella sua mente stanca, quando la prima volta si masturbò pensando a lui.
Aveva abbastanza
controllo per sedare qualsivoglia fantasia su Reid: se non l’avesse fatto di
sua sponte, Derek Morgan lo avrebbe di certo ucciso, se mai se ne fosse reso
conto di avere un simile antagonista.
Il fisico di Dave era
piacente, ma lontano anni luce da quello di Morgan, statuario, tonico,
assurdamente bello e proporzionato.
Il suo essere unico e
bellissimo, stava nel carattere, nella sua interiorità, seppure riconoscesse in
Derek un’indole incantevole, fatta di mille sfumature, di crepe e lacrime, di
forza e disperazione, tutte da condividere.
Morgan lo aveva
fatto, fidandosi cecamente di Rossi: erano amici, qualcuno li avrebbe persino
definiti intimi, per ciò che Derek gli aveva confidato, ma mai sino ai margini
di quelle verità nascoste, che solo Spencer conosceva.
“Da Dave …!” – in un
sussulto, increspato dal suo sorriso ingenuo, ma simultaneamente pretenzioso,
Spencer si inarcò, iniziando a godere come neppure ricordava.
Aveva cancellato
tutto, nessuna gioia, nessuna sofferenza.
Un’equazione
imperfetta e perversa.
David arrise a ciò
che sentiva divenire, nell’addome del suo acerbo amante, più di quanto l’età
anagrafica di Reid affrancasse in quei momenti lussuriosi, ma soprattutto nel
proprio essere, ormai a briglie sciolte.
Conduceva un gioco,
all’apparenza, mentre invece quell’incontro era una cura, nella sostanza.
Intrufolandosi con
una mano, oltre a colpire, Rossi cominciò a masturbare Spencer, che ormai
ansimava senza inibizioni, emettendo suoni assorbiti dalla confortevole suite
insonorizzata.
Il ritmo accelerò
vorticosamente per entrambi e l’immagine di assoluta felicità, stampata sul
volto di Dave, andava ad imprimersi nelle iridi di Spencer, che voleva
assistere senza reticenze a quel culmine prodigioso tra loro.
“Angelo mio … angelo
mio” – non faceva che ripeterlo Rossi, baciandolo sulle labbra ben disegnate,
giocando con la lingua di Reid, che seguiva con i propri fianchi il suo sesso,
gonfio e grondante, che non riusciva più a fermarsi.
David venne una
seconda volta, ancora più intensa.
Spencer si appese a
lui, tremante e con ogni particella di sé scossa ed intossicata di soddisfazione
carnale.
Rossi gli spostò le
ciocche, dal viso devastato dal sudore, rassicurandolo – “Ti voglio così bene
Spencer …”
Ciò che gli passò nel
cervello, dritto dal cuore, era assai differente, ma non poteva dirglielo.
“Sono guarito David …?”
Rossi annuì, dandogli
un ultimo bacio.
Morgan si slacciò e
riallacciò il cinturino dell’orologio, quasi fosse un tic, ma almeno aveva
qualcosa su cui concentrarsi, per non sostenere lo sguardo accigliato di Rossi.
“Lui sta bene, Derek.
Non chiedermi mai più di fare una cosa simile, perché è insostenibile andare
avanti mantenendo una semplice amicizia, per di più lavorativa, con Reid.” –
disse freddo, rompendo quella barriera tra loro, seduti sulla panchina del
parco, antistante la sede operativa della BUA.
“Eri l’unico a cui
potevo affidare un simile compito” – inspirò greve – “L’unico che non farei
fuori, sapendo che ha toccato il mio Spencer”
Reid sopraggiunse,
sorridendo ad entrambi.
“Ehi che confabulate?”
– chiese allegro.
“Ciao … Nulla, mi
assento per una settimana, vado da mio figlio Spencer” – asserì Rossi, perdendo
un battito.
“Ah … ok …” – replicò
perplesso lui, rovistando nella sua cartella ed estraendone un libro: lo porse
a David.
“Ventimila leghe
sotto i mari?” – mormorò l’uomo sorridendo incuriosito.
“L’ho trovato in un
cassetto riordinando stamattina …” – e guardò Morgan, che avrebbe voluto
sparire, disgregarsi.
“Ti ringrazio … sei
un tesoro” – e lo guardò.
Le guance di Reid
divennero di porpora, ma il suo sorriso argentino fu la cosa migliore Rossi
avesse mai incontrato, prima di salutare qualcuno che amava.
“E’ … è solo un libro
Dave …”
“Detto da te fa un po’
impressione …” – si intromise Derek, timidamente.
“Hai ragione amore” –
bissò lui, con una spontaneità disarmante.
Rossi prese la
valigetta del portatile, riponendo nello scomparto anteriore il dono di Reid.
“Lo leggerò, quando
mi sentirò solo” – ammiccò.
Per tutta la vita.
Senza di te.
Angelo mio.
The end
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