martedì 29 maggio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 120

Capitolo n. 120 - sunrise


Nonostante il sonno profondo, Jared avvertiva i baci, che Glam di tanto in tanto posava sui suoi capelli.
Erano colmi di affetto e complicità, necessari entrambi al cantante, per affrontare l’imminente battaglia legale, a cui Colin non aveva rinunciato.

L’irlandese era rientrato alla End House, provando un rancore smodato verso Geffen, ma alla fine si convinse che l’unico destinatario del proprio disagio doveva restare Jared.
Era lui a coltivare incertezze in entrambi ed anche Glam ne era una vittima, pensò Farrell, sforzandosi di sedare la voglia di recarsi a Palm Springs per un confronto, prima dell’appuntamento fissato da Bishop per il lunedì seguente.
Sarebbe stato un lungo week end.


Jude varcò la soglia di casa con in braccio Camilla e Rob allacciato alla vita.
“Eccoci qui … dai cucciola, lascia respirare papi Jude.” – disse dolcemente Downey.
“Voglio invece fare indigestione di lei … e di te amore” – replicò timido l’inglese, sprofondando in poltrona, mentre la figlia si piazzava sul tappeto, tra giocattoli e peluche, ai suoi piedi.
“Ci sono molti messaggi tesoro … alcuni di Colin” – Rob sorrise, ma a Jude gelò il sangue –“… poi di Glam, ma anche Sam e Dean, che carini … ah un video di Chris e Steven, da Haiti, devo mostrartelo, appena andrai al pc” – aggiunse sereno, passando poi in cucina, senza rendersi conto del pallore sul viso di Jude.
Il suo cellulare lampeggiava da alcuni minuti, in modalità silenziosa: era Colin.
Almeno una decina di telefonate.
Jude alla fine rispose.
“Ehi UK buddy, sei tornato?”
Il tono di Farrell era allegro.
“Sì … da alcuni minuti, come stai Colin?” – chiese calmo.
“Il solito disastro … Ho visto il nuovo loft di Jared, ci ho fatto l’amore, credevo rientrasse alla End House, invece niente, è corso da Glam … che vuoi farci, non riesco proprio a … a riconquistarlo” – sulle ultime parole, Colin si innervosì, ingoiando un singulto triste.
“Ci … ci hai fatto cosa?” – domandò Law, provando una nausea improvvisa.
“Sì è successo, è … è stato incredibile, quanto spontaneo … Mi sono illuso Jude, quel dannato anello, che Geffen gli ha regalato, aveva un significato profondo ed assoluto.” – spiegò mesto.
“Anello? … Perdonami Colin, ma ho un’emicrania … Vado a coricarmi, ti richiamo domani … ok?”
“Sì capisco, abbi pazienza, ma se non mi sfogo con te, che mi hai sempre capito … sono un egoista del cazzo Jude … scusami.”
“No … no, figurati è che devo superare un trauma” – gli tremò la voce.
“Se posso fare qualcosa Jude … Sei una delle persone più importanti che ho al mondo … spesso ho creduto di avere soltanto te, quando gli altri mi davano addosso e” – “Cole!” – lo interruppe brusco, poi Law riprese, in affanno – “Po-potrai sempre contare su di me e Robert … sempre.” – ed ormai piangendo, riattaccò.
Farrell sentì un peso allo stomaco: quella conversazione lo aveva sconvolto, ma mai quanto stava accadendo a Jude, proprio in quell’istante.
Robert era impegnato a preparare un pranzo leggero, così da permettere al compagno di eclissarsi in bagno, per una doccia, dopo avere sistemato Camilla nella sua cameretta al sicuro ed acceso tutti i baby control sparsi per l’alloggio.
Il corpo gli raccontava i segni invisibili della violenza subita: Scott lo aveva curato al meglio, prescrivendogli dei calmanti innocui, nel caso avesse incubi o stati di ansia.
Brandon aveva approvato la terapia, garantendogli assistenza anche a domicilio, nel caso volesse anche procedere ad una denuncia: lo aveva fatto altresì Geffen, che con Meliti non aveva raccolto prove, a causa del malfunzionamento delle telecamere nel centro commerciale, causato dal temporale scoppiato quella maledetta notte.
Jude voleva solo dimenticare, ma con Colin nella stessa città era davvero complicato.


Geffen non aveva il coraggio di alzarsi dal letto.
Si era svegliato un paio di volte con Jared, scambiandosi un buongiorno temporaneo, prima di rannicchiarsi con lui sotto al piumone e ricadere in un dormiveglia carico di sorrisi e reciproche attenzioni.
Quando Leto sgattaiolò via, Glam immaginò il peggio, ma poi valutò mentalmente che sarebbe stato anche il meglio per Jared: tornare dai suoi figli e ricucire i brandelli di quel rapporto con Colin.
Del resto lo amava, Geffen non aveva dubbi e nemmeno recriminazioni.
Voleva cogliere ciò che Jared gli avrebbe dato, da un attimo ad una vita intera, non aveva rilevanza, non doveva averne, se voleva sopravvivere al dolore di perderlo.
Quando Jared si fiondò nuovamente tra le coltri tiepide ed accoglienti, sul volto di Glam si dipinse un’espressione quasi stupita.
“Non la tenevo più” Jared rise “ … Che succede Glam?”
“No è che … ho pensato …”
“Che andassi via così? … Tu scherzi vero?” – e sorridendo, si appese al collo dell’avvocato, che quasi lo stritolò.


Kevin bussò, dopo avere suonato un paio di volte il campanello, senza successo.
La blindata di Tim rimaneva chiusa, come a vuoto l’esito delle chiamate del bassista verso il cellulare del giovane.
Kevin aveva comprato brioche e caffè caldi, voleva iniziare bene quella giornata con Tim, convincerlo che potevano provarci ad avere una relazione seria.
Si era persino preparato un discorso, che sembrò frantumarsi contro la faccia da schiaffi di Ivo, che improvvisamente spalancò la porta, in boxer, sigaretta tra le labbra, lievemente a ghigno e le palpebre socchiuse a fessura, infastidite dal fumo, rivelatrici del suo sguardo azzurro e sprezzante.
“Ah sei tu.” – esordì secco – “Che carino, la colazione? Grazie!” – e nel dirlo, il paleontologo gli strappò il sacchetto, con arroganza.
Kevin non si lasciò turbare da quel gesto, dando immediato un calcio all’uscio per entrare alla ricerca di Tim.
“Dov’è??!” – chiese con veemenza.
Ivo ridacchiò – “Cosa credi di spaventarmi finocchio!?”
La battuta era assurda, ma il pugno che Ivo tentò di assestargli risultò reale e fulmineo.
Kevin schivò quel primo attacco, spintonando l’avversario contro il muro del corridoio ed accorgendosi che Tim era riverso sul letto, lo zigomo sinistro ammaccato e vistose macchie violacee sul collo.
“Cosa gli hai fatto bastardo??!!” – urlò, iniziando a picchiare Ivo, senza più riflettere.
Si azzuffarono per un paio di minuti, mandando in frantumi diverse suppellettili, ma senza destare Tim dal proprio torpore.
Kevin notò anche della cocaina su di una mensola e diverse bottiglie semi vuote.
Riuscì alfine a sopraffare Ivo, che recuperò veloce gli abiti sparsi ovunque ed un trolley rimasto nell’ingresso, dove guadagnò imprecando l’uscita – “Non finisce qui!! Hai capito stronzo??!!” – gridò contro Kevin, che ormai aveva tra le braccia Tim e lo supplicava di riaversi.


“Ma sei già in piedi amore …?”
La bocca di Tomo era calda e speziata, come il bacio che posò tra le scapole di Denny, curvo sui testi che Glam gli aveva chiesto di analizzare per la causa Stabler.
Aveva degli occhialini da lettura, che il chitarrista trovò terribilmente sexy.
“Buongiorno uomo di Croazia … il capo mi ha messo sotto.”
“Parlerò con Geffen, quello è compito mio”
Risero – “Che scemo che sei Tomo …” – sospirò Denny e poi voltandosi lo baciò intenso.
La sua t-shirt ed i bermuda volarono in un angolo, poi Tomo lo prese a sé, sollevandolo in modo che Denny potesse cinturarlo con le cosce all’altezza dei fianchi e permettere al moro di portarlo contro il muro della loro stanza.
“De-devo lavorare” – ansimò Denny, inutilmente.
Tomo aveva solo un telo di spugna a separarlo dalla pelle di Denny: fu istantaneo, per quest’ultimo, toglierglielo.
“To-Tomo … è … sarebbe … la quarta volta, da ieri sera” – gemette Denny, nell’incavo sotto il mento del croato.
“Vorrai dire sarà …!” – e con una spinta decisa, gli arrivò sino in fondo, per poi fermarsi, tremandogli dentro.
Anche Denny era devastato da un fremito, che gli saliva dalla schiena alla nuca, pronto ad acuire la sua libido ad un livello spasmodicamente alto.
“Sei … sei così stretto … e bollente Denny” – le frasi di Tomo si rimescolarono a baci sempre più scabrosi: i due amanti si intrecciavano nel leccarsi, gustandosi e godendo della reciproca eccitazione.
Tomo sembrava conficcarsi al centro di Denny, ad ogni colpo.
Fissandosi reciprocamente, le bocche incollate, anche dal sudore, vennero insieme.
Come due spighe di grano nel vento, si accasciarono sul parquet, scambiandosi un ultimo bacio, casto e colmo di tenerezza.
“Ti amo Tomo …”
“Anch’io ti amo, Denny”
Le dita di Milicevic segnarono il contorno delle labbra di Denny, finché le stesse non si schiusero in un sorriso, terribilmente innamorato.


“Tim!! Tim … ti prego svegliati …”
Kevin scoppiò a piangere, mentre scuoteva l’amico sotto al getto di acqua gelida.
Si era tolto solo le scarpe, prima di entrare con lui, nudo, nel box ed aprire il miscelatore.
Finalmente Tim tossì, riprendendo un minimo di lucidità.
“Mio Dio … eccoti … Dio ti ringrazio!” – singhiozzò Kevin, per poi avvolgerlo e confortarlo.
“Cosa è … cosa?”
“Stai calmo, ora torniamo di là e preparo un caffè, ok Tim?”
“Ciao Kevin … sei fradicio … i tuoi vestiti …” – disse confuso.
“Mi presterai qualcosa tu, che ne pensi?”
Tim annuì, indossando un accappatoio, assistito da Kevin, che aveva ripreso il controllo delle proprie emozioni.
“Che fine ha fatto Ivo?”
“Ti preoccupi per lui?” – sbottò infastidito Kevin, a quella richiesta inconsueta.
Tim si avviò con qualche incertezza verso i fornelli – “Il caffè lo preparo io Kevin” – disse piano.
“Ok … Scusa, non volevo sembrarti invadente …”
“Figurati” – tirò su dal naso – “Non è la prima volta che cedo alle insistenze di quel coglione … ed ai suoi doni preziosi” – rise avvilito.
“Whiskey, droga e rock and roll …?” - ribatté Kevin con un sorriso altrettanto tirato.
“Hai dimenticato il sesso” – disse di rimando Tim, fissandolo.
Kevin spostò la propria visuale verso le finestre, ma era inutile.
“Guardami! Ti faccio schifo, vero?” – domandò crudo Tim.
Kevin scosse il capo, incontrando nuovamente i suoi occhi chiari e lucidi – “Chi sono io per giudicarti …? Del resto me lo hai detto tu che sono un fallito, nel mio rincorrere ancora Glam, giusto Tim?”
“Tu sei … tu sei legato a lui, lo ami, non c’è nulla di sbagliato … Non sei un fallito, non l’ho mai neppure pensato ...” – replicò quasi flebile.
“Mi dispiace Tim”
“Per cosa?” – e due lacrime scesero inattese dai suoi cristalli.
“Per averti spinto a cercare Ivo o vuoi negarlo?” – chiese con apprensione Kevin.
“Me l’ha fatta pagare … per averlo mollato in asso all’aeroporto … Prevedibile.” – e si strofinò la fronte nervosamente.
“L’hai cercato tu?”
“No Kevin.”
“Ma …”
“Ivo ha le chiavi di questo appartamento, va e viene come vuole … E’ stata l’ultima volta, ora cerco un fabbro e faccio cambiare la serratura … che ne pensi?” – ed accennò un sorriso.
“Penso sia un’idea fantastica Tim” – e senza ritardare oltre, Kevin gli si avvicinò per abbracciarlo forte.



NEW ENTRY > Il dottor Scott da oggi ha un volto: BRAD PITT (quasi coetaneo di Geffen, classe 1961, mentre per Brad 1963, ovviamente nella realtà, ma anche nella fic, come età anagrafica ;)

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