venerdì 18 maggio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 113

Capitolo n. 113 - sunrise


Robert deglutì a vuoto, mentre Jude posava la tazza di tè, sul tavolino, che si frapponeva tra loro e Colin.
“Hai chiesto il divorzio a Jared? Ma sei impazzito?”
Downey non seppe trattenersi, fissando l’irlandese, che era oltremodo assorto nei propri pensieri, dopo avere comunicato la novità agli amici.
“Non avevo scelta.” – ribatté Farrell, cercando con lo sguardo l’approvazione almeno di Jude, che non tardò ad arrivare.
“Forse è la cosa migliore Rob, del resto anche tu pensavi che prendersi una pausa”
“Ma cosa cazzo dici anche tu?!! Jared ne morirà, lui ti ama da impazzire Colin! Possibile tu non lo capisca?!” – sbottò alzandosi, per dirigersi alla finestra.
“Mi ama da impazzire, ma intanto va a vivere con Geffen, ti sembra logico accidenti!!?”
Jude raggiunse Robert, provando a calmare entrambi.
Posò il palmo sinistro sulla spalla destra di Robert – “Non è il caso di litigare …” – mormorò, con gli occhi lucidi.
“Jude … scusami per prima … scusami” – e lo strinse forte.
Farrell si contrasse – “Ecco, questo vuole dire amarsi da impazzire … come voi!” – e nel dirlo, Colin scoppiò a piangere.
I due corsero ad abbracciarlo, consolandolo per quel momento terribile.


Jared si congedò da Hopper, ringraziandolo per la premura di essersi affrettato a consegnargli quella comunicazione a Palm Springs, oltre ad assicurargli il proprio patrocinio.
Geffen avrebbe supervisionato gli incontri, senza ingerenze nell’operato di Marc.
“Io devo mettermi in contatto con Colin, adesso. Pensi tu alla bimba, Glam?”
Il tono del cantante era come accartocciato ai suoi respiri.
“Certo … Forse, però, dovresti rifletterci sopra Jared ed aspettare …” – disse incerto l’uomo, che provava un dolore sordo al petto, nel vederlo soffrire in quel modo.
“No, non posso rimandare. Vado in camera mia.” – e sparì.


Farrell volle restare da solo e quando vide la chiamata di Jared, ebbe come un capogiro.
Provò un desiderio insano di ingerire qualche barbiturico, per calmarsi, ma vi rinunciò all’istante.
Bishop gli aveva detto di essere rigoroso e puntuale ad ogni appuntamento con il marito ed il legale di lui, che presumeva essere Geffen stesso oppure un suo collaboratore fidato.
Ci mise un po’ a rispondere, ma poi si decise.
“Ciao Jared …”
“Ciao”
Ne seguì un doloroso silenzio, poi Leto si fece forza, seppure con un pianto incastrato in gola.
“Non … non è semplice farti questa telefonata Cole”
“Jared ascolta”
“No, fallo tu, una volta tanto.” – poi prese fiato, senza alterarsi minimamente – “Non hai capito veramente nulla di me e di noi, dopo tutti questi anni Colin”
“Cosa avrei dovuto capire, le tue fughe o la tua dipendenza da Glam?!” – lo interruppe brusco.
Jared si asciugò il viso, dal sudore e dalle lacrime.
“Pensi che questo Bishop risolva le nostre incomprensioni Cole?”
L’attore non rispose.
“Ho spiegato ai nostri figli i motivi per il mio temporaneo allontanamento Colin ed hanno compreso. Ora spero facciano altrettanto quando tu dirai loro che mi stai buttando fuori dalla tua vita.”
Jared riattaccò, spegnendo il cellulare, esausto.

Colin si piegò sopra al divano, dov’era rimasto, scivolando poi dallo stesso, fino al tappeto: vedeva chiazze nere intorno a sé, gli mancava il respiro.
Si trascinò a fatica sino alla propria stanza, allungandosi sul letto, al buio, in cui portò l’ambiente azionando le tapparelle elettriche a distanza con il telecomando installato sopra al comodino, all’interno del quale annaspò, fino a trovarci i sonniferi.
Ne inghiottì un paio, poi ancora due, aspettando che facessero effetto, nel tremolio generale del suo corpo stanco.


“Uova e bacon anche per te Kevin?”
Tim gli sorrideva dalla cucina, mentre lui gironzolava in boxer.
“Ok grazie … quanto cavolo abbiamo dormito Tim?”
“Abbastanza, ma ieri era tardi … anzi stamani” – e rise.
Kevin si accorse che era nudo, dietro alla penisola, già apparecchiata.
Il bassista tornò in camera, recuperando i jeans di entrambi.
“Potresti metterli Tim …?” – gli chiese, quasi con timidezza.
“Ti dà noia vedermi così?” – replicò il ragazzo, guardandolo di traverso, ma in maniera simpatica.
“No, affatto, sei splendido.”
“Grazie” – ed arrossì, non se l’aspettava un complimento così spontaneo da Kevin, che arrise al suo stupore, per poi baciarlo, intenso.


Downey chiuse la blindata come una furia.
“Sempre la stessa storia, ci andiamo di mezzo noi, litighiamo, per cosa poi, PER CHI??! Per quegli stronzi immaturi di Jared e Colin, ma vadano al diavolo!!”
Law andò a rannicchiarsi in poltrona: era turbato dalla reazione di Robert, perché leggeva nei suoi gesti un’autentica esasperazione, più lacerante in confronto a quella dimostrata in episodi precedenti.
“Potremmo non parlarne Rob …?” – domandò il biondo, per poi ammutolirsi.
L’americano trangugiò un Martini, ossigenandosi poi con vigore.
“Per fortuna Camilla è dal nonno … Guarda, danneggiamo anche la nostra cucciola con questi casini Jude!”
“Hai ragione Rob …”
“Lo so che soffri per lui, lo so che ci tieni a Colin e che sei consapevole, come me, che provocherà soltanto ulteriori danni a Jared ed al loro legame, con questa scelta avventata e ridicola!”
“Io so soltanto che vorrei che tu mi abbracciassi Rob, come alla End House.”
Downey esaudì subito quella richiesta, spargendo baci sugli zigomi di Jude, sulla sua bocca ben disegnata e carnosa.
Erano quelli gli attimi migliori di loro: assoluti, totalizzanti.


Geffen cambiò Isotta, con l’ausilio di Lula, che passava l’occorrente.
Jared non riusciva ad apprezzare quella circostanza allegra e spensierata, che sembrava coinvolgere la figlia, palesemente innamorata sia di Glam che di Lula ovviamente.
“Ecco fatto principessa.” – le sussurrò con tenerezza Geffen.
“Posso tenerla io?” – chiese Lula saltellando e Glam gliela passò con cura.
“Tienila bene soldino di cacio …” – e rise, accorgendosi alfine di Jared, che gli fece un cenno.
“Ok Lula, adesso vai dritto da Vassily e fate merenda, senza stampare la marmellata sulle pareti, come l’ultima volta, ok campione?”
“Okkeiii papi!”

Geffen chiuse la porta, dopo avere seguito Jared nella biblioteca, dove spesso lavorava.
“Tesoro come ti senti?”
“A pezzi Glam.”
“Mi sento responsabile per quanto accaduto Jared, ho voluto rendere un poco più reali i miei sogni ed egoisticamente ti ho coinvolto nel mio personale disegno, in un momento delicato del tuo percorso con Colin.”
Il discorso di Geffen era velato da un’afflizione composta, ma Jared non accettò il suo punto di vista.
Si strinse a lui, senza sapere chi dei due avesse l’impellenza maggiore di essere confortato – “Se il tuo demerito è quello di farmi sentire speciale Glam, allora sei colpevole …” – Jared sorrise, poi gli diede un bacio leggero, quindi affondò ulteriormente nel collo di Geffen, che non si dava comunque pace, nel vederlo così affranto.


Kevin notò delle istantanee in un cestino, tra la biscotteria ed il posacenere, dove Tim posò la sigaretta, che stava fumando lentamente.
Ne prese una, scrutando il volto di un tipo, che valutò essere suo coetaneo: non sbagliava.
“Quello è Ivo. Era sua la berlina, che mi ha scaricato al Dallas ieri sera.” *** – disse Tim, senza dimostrare interesse alla conversazione, che stava per nascere.
“Carino.” – replicò Kevin, posando la Polaroid.
“Particolare.” – Tim ridacchiò.
“Sarebbe?”
“E’ un paleontologo, 35 anni … Sicuro di sé, egocentrico, molto prestante.”
“Sei fortunato allora …” – disse contratto il bassista.
Tim sospirò.
“Non sono clienti, non batto più, storia vecchia, ma mi piace avere parecchi amici: averli addosso e sentirmelo messo dentro è sbagliato, per te, Kevin?”
All’altro quasi andò di traverso il caffè.
Kevin tossì, riprendendosi subito – “No, certo che no!”
“Dovresti smettere di giudicarmi.”
“Non lo sto facendo Tim!” – protestò, senza veemenza.
“Ivo mi tratta spesso come un oggetto, poi un giorno mi ha sparato un § ti amo § inaspettato ed abbiamo avuto qualche problema.”
“Voleva avere l’esclusiva su di te?”
“Appunto, sei sveglio Kevin, cogli al volo il fulcro della questione, tranne quella specifica per cui sei qui ora.”
“Di che parli Tim?”
“Ti sei illuminato come un’insegna di Las Vegas mentre parlavi di Colin Farrell, senza contare di come ti rode citare quel Jared Leto e di come sei ancora cotto del famigerato Glam Geffen: tanto varrebbe faceste un’orgia a quattro ogni tanto, così vi rilassate, ammansite i reciproci pruriti e non ve ne andate in giro a foraggiare altre sanguisuga in doppio petto, per dei divorzi del cazzo.”
Kevin si accese una Camel.
“Questo sì che vuole dire parlare chiaro.”
“Ho imparato a farlo frequentando carogne di ogni estrazione sociale Kevin.”
“Ok, io sono un perdente, Jared e Colin due sciroccati, di Glam cosa mi racconti?” – domandò secco.
Tim rise di gusto.
“Oh Geffen … è un tipo pericoloso.”
“Pericoloso?”
“Raramente papà mi portava appresso nel suo studio, mentre discutevano di affari anche poco limpidi, diciamo … Ovvio che immaginassi come fosse farsi sbattere per ore da uno come Glam, perché era ciò che ci raccontavano le nostre amiche, mie e di Kurt intendo, che ormai non si facevano neppure più pagare da Geffen, pur di vederlo. Lui sfogava nel sesso le sue angosce: aveva la fama da duro, ma in un’occasione, a Tania o Katia, si sbottonò un minimo … Il padre era un violento, lo picchiava”
“Conosco l’infanzia di Glam”
“Tu devi averlo cambiato Kevin, per come lo adori.”
“Merito di Jared.”
“Stronzate”
Suonarono.
“Chi rompe, cazzo …”
Tim andò al video citofono.
“Ciao posso salire?”
L’intonazione maschile, che gracchiava da quell’aggeggio, era asciutta ed invadente.
“Non sono solo Ivo.”
“Devo chiederti una cosa Tim.”
“Ok, vieni su.”
Kevin tornò in camera, a recuperare la t-shirt ed il giubbotto.
“No aspetta, non andartene, potresti reggermi il gioco?”
“Quale gioco Tim?”
“Non arrabbiarti … Digli solo che mi porti a pranzo, non ho voglia di averlo tra i piedi.”
“Ma …”
Anche Tim si vestì – “Grazie Kevin, ti devo un favore!”

Ivo aveva una bellezza, che Kevin definì “pungente”, nella propria valutazione mentale, appena Tim glielo presentò.
“Salve …”
Il saluto di Ivo era freddo, come i suoi occhi chiari.
“Sei nuovo Kevin …”
“Kevin ed io stavamo andando a mangiare.” – si intromise Tim, contenendo un certo nervosismo.
“Vado a Philadelphia oggi, per tre giorni, mi accompagni?” –
Ivo lo chiese puntando letteralmente le iridi di Tim.
“Ok … un convegno?”
“Sì.”
“Strano, di solito”
“Ho cambiato idea Tim.” – ed il suo atteggiamento si fece più mansueto: in effetti si poteva paragonare ad una belva, che astutamente andava a toccare le corde giuste nel cuore del suo interlocutore, una preda ambita a quanto sembrò di intendere a Kevin.
Ivo azzerò la distanza con il giovane, per un abbraccio casto, così come il bacio che gli stampò sulla tempia e poi tra il collo e la spalla, spostando il lembo di stoffa della maglietta – “Scusa per questo …” – bisbigliò, baciando anche un segno, che Kevin aveva notato prima di addormentarsi insieme a Tim.
“Passo a prenderti alle tre.” – concluse soddisfatto – “Piacere di averti conosciuto Kevin.” – e qui c’era un’arrogante ironia.
Kevin non disse nulla.
Appena Ivo uscì, Kevin cercò le chiavi dell’auto nelle tasche dei pantaloni e si diresse alla blindata.
“Buon divertimento a Philly.”
“Kevin …”
Voleva andarsene, senza voltarsi indietro, anche se le sue narici erano impregnate dal profumo di Tim, come il suo cervello, dalle sue risate: peccato che adesso, per Kevin, suonavano solo come canzonatorie.


N.d.a.
*** Il nome Ivo si pronuncia Aivo, giusto per immaginare i dialoghi.
Omaggio al film “No night is too long” dove i protagonisti sono appunto Marc Warren = Ivo e Lee Williams = Tim ;-D






MARC WARREN è IVO / LEE WILLIAMS è TIM

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