sabato 5 maggio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 102

Capitolo n. 102 - sunrise


Owen scrollò leggermente Colin, per svegliarlo da un torpore profondo.
“Ehi … ma sei rimasto qui da ieri sera?” – chiese Rice, con un sorriso.
Farrell tossì, annuendo – “Scusami … ci sono praticamente svenuto sopra. Questo sofà è comodissimo.”
“Capisco. Jared sta ancora dormendo?”
“Non lo so … è al piano di sopra, vero?”
“Accidenti, la febbre era davvero alta Colin: è in fondo al corridoio, guarda, eccolo.” – e lo indicò, salutandolo con un cenno.
Jared si avvicinò, con in braccio Isotta, che si agitò subito per essere passata a Colin, che la strinse, ricoprendola di baci e coccole, sotto lo sguardo apatico del cantante.
“Buongiorno” – disse Leto, con tono di circostanza; non si aspettava di ritrovarsi Colin a pochi passi da lui e soprattutto dalla figlia, che condizionava l’intera situazione.
Provando un misto di sconforto e rabbia, chiese a Rice se poteva provvedere alla colazione della piccola e lui chiamò attraverso un interfono a parete, la tata Clotilde, che li invitò a passare nella saletta adiacente il salone sottostante, dove tutto era già pronto da ore.
“Potresti pensarci tu Owen, ad Isy intendo … devo parlare con Colin. Poi scendiamo, grazie.” – chiese serio.
“Certo … ok vi lascio. A dopo.”

Farrell era rimasto zitto sino a quell’istante, ma di colpo assunse un tono perentorio, pur non alterandosi, appena i due si allontanarono.
“Ok Jared, dobbiamo parlare e porre fine a questa farsa!”
“Credi di non essere in torto Colin?” – domandò calmo, fissandolo, per poi ridirigersi in camera, aggiungendo – “Togliamoci da qui.”


Jude cosparse il volto di Robert con la schiuma da barba, rimanendo alle sue spalle, i loro corpi separati solo dagli asciugamani bianchi, allacciati lungo i fianchi.
“Basette e capelli signore?” – chiese ridendo l’inglese.
Downey gli rispose con un occhiolino malizioso, quanto la sua affermazione – “Da uno stylist come lei, mi farei fare qualsiasi cosa”
Law premette allora, con il palmo sinistro, sul ventre del compagno, spingendolo verso di sé, dimostrandogli con un’evidente eccitazione, quanto fossero in simbiosi i reciproci intenti.
“Anche questo …?” – sussurrò Jude, leccandogli piano la nuca.
Downey reclinò il capo all’indietro, costringendo l’altro a scivolare con la lingua giù per il proprio collo – “Ju-Jude …” – ansimò lieve, unendo poi le loro bocche.
Il biondo intrufolò la mano destra, sotto alla spugna del suo amante, afferrando poi quell’erezione, così turgida, da fare male ad entrambi, per quanto Robert avesse urgenza di sfogarla e Jude di impadronirsene totalmente: decise quindi di genuflettersi, con ammirazione, strappando quell’inutile cencio ed ingoiando senza rimandare, il sesso del proprio uomo.
Downey tentò di reprimere un singulto troppo vistoso, temendo che la figlia potesse sentirli dall’altra stanza.
Jude pompava e si fermava, trattenuto per la testa da quelli che sentiva come artigli bramosi ed incontentabili: il membro di Robert pulsante tra le tonsille, una sensazione di appartenenza così lasciva, da portarlo a masturbarsi, per rendere quel loro contatto carnale un’autentica interdipendenza di sensi.
“Mioddio Jude … asp-aspetta …!” – ma quell’invocazione risultò tardiva: l’orgasmo stava dilagando, nella gola di Jude e tra le sue dita, esaltatesi in un movimento continuo e sinergico, al pari delle sue labbra, arrossate e gonfie.
Robert quasi svenne, per l’eccessiva ossigenazione procuratasi, mentre veniva copioso e torbido, quanto il bacio, che Jude gli impose, condividendo il suo piacere, come in un rituale arcaico.
Ben lontano dall’essere appagato, UK buddy costrinse prono quella creatura ormai docile, in cui si era trasformato Downey, spingendoglielo dentro in un unico affondo.
Gli rese poi l’attenzione, ghermendogli le ciocche brune e profumate di shampoo , il cui aroma iniziale, stava soccombendo a ben diversi aneliti lussuriosi, fatti di respiri, umori e gemiti, sempre più crescenti.
Ispirato dalla linea perfetta dei glutei dell’americano, Jude iniziò a palparglieli con la mano rimasta libera, ma, prossimo al piacere, volle anche schiaffeggiarli, uscendo da Robert, per morderli con frenesia e quindi riprenderlo duramente, fino a colpire la sua prostata, tumida e bollente.
Fu estasi pura e spasmodica, quel secondo divenire, anche per Robert, senza neppure che si toccasse.
Crollando esausti sulle maioliche, si cercarono con lo sguardo, devastato dal ludibrio e dallo sforzo.
“Questa è … è stata la scopata del secolo Rob” – disse Jude con una voce melodiosa.
Risero, stringendosi, per completare quel momento di intimità assoluta e disinibita, attraverso carezze esclusivamente cariche di dolcezza.


“Glam ha chiesto il divorzio a Kevin. Voglio che tu lo sappia da me Colin.”
“Cosa …?!” – replicò sommesso l’irlandese, seduto sul letto, dove Jared aveva riposato con Isotta.
“E soprattutto voglio che tu non fraintenda le sue azioni: è stata una decisione precedente al casino successo durante il mio compleanno. Glam ha maturato questo cambiamento già in ospedale, così da lasciare libero Kevin, per un futuro migliore, accanto a qualcuno capace di amarlo senza compromessi, bugie, tradimenti.” – puntualizzò statico, in piedi di fronte alle vetrate, attraverso le quali filtrava un sole debole.
“Perché me lo stai dicendo Jay?”
“Forse per anticipare le mosse di Kevin, che correrà a piangere da te, così come io faccio da sempre con Geffen. E’ un incrocio strano, ma reale: si vede che sia lui che io non siamo mai stati in grado di affrontare sino in fondo i nostri mariti.”
Farrell si alzò, parandosi davanti a lui, con modi umili, ma composti.
“Jared ci siamo perdonati molti sbagli, ci siamo ritrovati ed amati come nessuno, tu ed io, quindi ti chiedo un’ultima possibilità. Al solo pensiero di averti perso, ora che eravamo così uniti, così … perfetti …”
“Tu non mi hai perso. Cosa credi? Che fugga con Glam? Che voglia sposarlo? Io vorrei unicamente riflettere sulle mie scelte, sul mio agire ostinato nel volere salvare un legame, con te, che avrebbe stancato chiunque! Era orgoglio? Era spirito di conservazione? Forse assurdo altruismo?! Ho continuato a ferirti, dopo che tu mi hai tradito e punito in mille maniere, come se non fossimo mai e dico MAI in grado di essere sereni senza massacrarci!”
“Jared tu … tu sei la vita che ho scelto di vivere … tu sei la famiglia, la mia famiglia, anche se non avessimo dei figli …”
Le iridi di Leto si incresparono di lacrime, che asciugò immediatamente con l’avambraccio sinistro, facendo un passo indietro, verso il divanetto, dove si accomodò, distrutto da quella conversazione.
“Pranzeremo insieme, con i bambini, poi tornerò qui … Dopo … per dopo non ho ancora deciso Colin.”
“Come vuoi tu amore …” – disse prendendo fiato, senza avvicinarsi.
Il vuoto, tra loro, appariva come qualcosa di invalicabile.
Farrell se ne andò, senza dire più nulla.


“Dean apri tu?”
Avevano suonato e Sam stava ammassando t-shirt e jeans in un trolley, aperto sugli sgabelli della cabina armadio: volevano trascorrere il capodanno a New York.
“Ok, vado …”
Oltre la porta, il viso sorridente di un giovane elegante, non faceva presagire quanto stava per accadere.
Dean pensò ad un qualche rappresentante, invece era l’impiegato del procuratore, pronto a consegnargli una notifica.
“Di che si tratta?” – chiese il broker, provando agitazione.
“Lei è stato convocato in qualità di testimone, per il caso Truman contro Stabler.”
“Stabler?”
“Eric Stabler.” – confermò il ragazzo.
Sammy sopraggiunse, carpendo al volo il clima di tensione tra i due.
“Che c’è Dean?”
“Eric Stabler … il mio … il padre che” – deglutì a vuoto, impallidendo.
“Scusi lei chi è?”
“Sono solo un funzionario, sto espletando un incarico. Per le delucidazioni, ci sono numeri di telefono e l’e-mail sul retro della busta.” – precisò imbarazzato.
“Ok, ha espletato, adesso sparisca!” – esclamò Sammy, richiudendo malamente la blindata.
Dean scivolò lungo il muro, leggendo freneticamente il contenuto di quella missiva.
“E’ … è in galera … lo devono processare per … per stupro ai danni di … di un certo Kirk Truman: gli assistenti sociali l’hanno denunciato, forse è un altro bimbo affidato a lui … qui dice che ha tredici anni … Mio Dio …” – e scoppiò a singhiozzare senza controllo.
Sammy lo avvolse immediato, provando a rassicurarlo, ma risultò un tentativo tanto amorevole quanto vano.


Nessun commento:

Posta un commento