giovedì 3 maggio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 101

Capitolo n. 101 - sunrise


Da almeno cinque minuti, Kevin stava fissando quel fascicolo, che Glam aveva posato sul tavolo del loro salone.
Aveva compreso di ciò che si trattava, ma continuava a ripetersi mentalmente una sola cosa: non potevano essere arrivati a quel punto.
“Quello che è successo stasera daddy, non centra con questa follia, giusto?”
Finalmente Kevin parlò, spostando lo sguardo sul compagno, che era rimasto appoggiato al muro.
“Se controlli la data, evidentemente no.” . replicò calmo.
“Ti importa?” – e rise mesto, schiacciandosi le palpebre chiuse con i palmi e barcollando sino ad una comoda seggiola, dove prese posto, per leggere le righe, in inchiostro nero vivo, su quel bianco accecante.
“Di te e Colin? Più di quanto credi.”
“Infatti non ti credo Glam.”
L’avvocato si mosse, andandosi a sedere di fronte a lui, ma separati da quel pregiato ripiano in ebano.
“Spero lo farai con la mia richiesta di divorzio.”
“Quanto corri daddy”
“Non ho voglia di scherzare Kevin.” – ribattè gelido.
“Qui non scherza nessuno signor Geffen. Tu stai infatti per macchiarti di un delitto abnorme, le tue … “ – respirò ruvido –“Le tue mani sono sporche di sangue.”
Glam aggrottò la fronte – “Se parli del nostro amore, credo che non si possa uccidere un cadavere e la verità esplosa alla End House ne è la riprova.”
Kevin strinse i pugni.
“Io non volevo fare credere a Colin che tu sei un violento!!”
“A quanto pare lui ha abboccato proprio a questa tua invocazione di salvezza, da chi poi? Da me, che non sarò stato un uomo facile, anzi, che sono di certo stato un terribile stronzo, ma che mai e ribadisco MAI ti ha picchiato!”
Il pianto di Kevin era come distaccato dalle sue parole.
Sembrava acqua sopra alla polvere, la sollevava, senza portarsela via davvero, come la sua rabbia.
“Le … le tue mani sanno fare male in altri modi, sai daddy? Quando accarezzano il corpo di un altro … anzi di uno soltanto, del tuo Jared, ovviamente.”
Geffen si rialzò, andando alla finestra.
Annuì, con vigore, come il suo tono – “Sì, dovrei negarlo? Ora meno che mai, però non ho preparato quegli incartamenti pensando di riavere Jared accanto a me, anzi, è accaduto proprio nel periodo in cui lui e Colin erano in un’armonia perfetta. Eppure questi sentimenti che nutro per lui sono radicati, mi danno la vita e me la tolgono, da quando lo conosco e … e perdona la mia schiettezza Kevin, ma è necessaria e sarebbe stata la mia unica arma per potere lenire il dolore del nostro distacco e spingerti verso una vita migliore, con una persona migliore!”
“Ma chi te l’ha chiesta questa vita migliore eh?? Chi???” – anche Kevin scattò in piedi, liberandosi della giacca in pelle e gettandola con furia in un angolo.
“Forse l’hai fatto tu stesso, andando da Colin, magari illudendoti su di lui! Se sbaglio correggimi!”
“Colin … Ti farebbe piacere che io lo ammettessi, vero?? VERO??!”
Geffen lo scrutò, smarrito – “In fondo l’hai appena fatto Kevin”
“NOOO!! Qui l’unico bastardo sei e rimarrai tu, hai capito??! Non ti importa un cazzo di me e di Colin o di me e Chris, semmai ti ho ferito facendomi scopare da Jared, questo è il problema, SEMPRE E SOLO QUESTO!!”
“Allora vedi che … vedi che ci ritroviamo e riconosciamo il motivo di questa fine?”
“Io … io riconosco nitida la tua cattiveria Glam … Ho avuto sempre il peggio da te, mentre Jared riceveva il tuo amorevole sostegno, la tua dolcezza, anche il sesso migliore, ci scommetto … non ti risparmiavi, in alcun senso, pur di vederlo felice … E poco fa, il tuo più grande rammarico è stato quello di vedere Jared struggersi per il nostro tradimento, senza dare peso allo stesso, ai danni del nostro rapporto, giusto?”
“Sì … è vero, è stramaledettamente vero! Sono una bestia per questo?? Sono un mostro?? Non cambierebbe niente ammetterlo, ma io lo faccio, lo faccio e basta! Muoio ogni fottuta volta che vedo Jared in difficoltà e non ho mai smesso di amarlo, seppure volessi una famiglia con te, amandoti e desiderandoti, però non mi è bastato e così, puntuale, ci ricadevo! La separazione definitiva, dopo il mio ricovero, è divenuta l’obiettivo per saperti sereno e svincolato dai miei casini e da troppo sacrificio Kevin!”
Il giovane si versò da bere, rovesciando più vodka fuori dal bicchiere, che in esso.
La trangugiò, febbrile.
“Kevin …”
“Cosa …?” – domandò voltandosi come al rallentatore, il volto sfigurato dal pianto e da un lancinante dolore sparso ad ogni terminazione nervosa.
“Kevin ascolta … Io volevo che questo confronto fosse civile e che … che insieme trovassimo le migliori soluzioni, specialmente per Lula.”
“Ed invece ci stiamo massacrando … ed è solo l’inizio, sai?” – e bevve un secondo calice.
“Non dobbiamo coinvolgere nostro figlio e”
“PIANTALA! E QUESTI …!” – nel gridare quelle parole, contemporaneamente stracciò i fogli dell’istanza, sbattendoli in faccia a Glam.
“Non cambierò idea Kevin.” – disse con freddezza, prima di andarsene.
Il bassista andò a rannicchiarsi sul divano, dopo avere spento le luci, tappandosi le orecchie, per non sentire il rombo della Ferrari scivolare via, verso l’uscita, con la sensazione che fosse l’ultima.


“Io vado a prenderlo, prima che gli venga una polmonite Shan!”
“Fai come vuoi Owen, non conosco i dettagli, ma di certo ha fatto del male a Jared ed è meglio che io non lo incontri, non subito.”

Rice si precipitò a recuperare Colin, intirizzito, ma fermo nella convinzione che Jared lo avrebbe accolto, presto o tardi, per un chiarimento.
“Tu sei pazzo Farrell …”
“Sì … per Jay sì …” – disse tremando, con una tazza di tè fumante tra le dita.
Si era fatto una doccia bollente, indossando poi degli abiti di Owen.
Il gallerista gli prese anche una coperta, avvolgendolo con cura.
“Grazie … non merito tanto, non dopo …”
“Credi che qui qualcuno sia perfetto Colin? Mi viene un dubbio …” – e sorrise complice.
“Lui dov’è?”
“Nella camera porpora … C’è pure Isotta nel lettone”
Farrell perse un battito.
“Se … se potessi … Permettimi di raggiungerlo Owen”
“Questa non è una galera, ma come ospite devo avvisarlo, soprattutto per Shannon.”
“Comprendo il tuo disagio … non vorrei mai farti discutere con Shan.”
“Guarda Colin che non sappiamo in pratica niente, ma siamo abbastanza svegli per capire che hai fatto qualche cazzata.”
“Infatti … con Kevin.”
Rice fece roteare i bulbi oculari – “Con Kevin …? Sei nei guai, più di quanto pensassi.” – esclamò in modo buffo, smorzando la tensione.


Jared dormiva, tenendo tra le proprie, le manine di Isy.
Lei aveva messo nel mezzo un piccolo ippopotamo, che July le aveva regalato come dono di benvenuto.
Rice sorrise, ritrovandosi alle spalle Colin, che gli aveva dato retta.
“Io … io lo amo troppo Owen” – mormorò, indebolito dalla febbre, che gli stava salendo.
Ebbe un capogiro, ma stringendo i denti, volle restare appoggiato allo stipite, per ammirare i suoi tesori.
Rice si ritirò, andando a cercare Shannon.
“Jay …”
Lui non si mosse.
“Jay …” – ma fu il colpo di tosse successivo, di Colin, a destarlo faticosamente.
Le sue ciglia palpitarono all’unisono con la smorfia delle sue labbra, asciutte, ma rosee.
“Jay non volevo disturbarti …” – ed incrociando i bicipiti muscolosi sul petto, Farrell inghiottì un tremito ben visibile.
Jared abbandonò il suo giaciglio, con accortezza, per non importunare Isotta: non avrebbe sopportato di vederla correre verso l’irlandese, con il consueto entusiasmo traboccante di affetto ed amore puri.
Passò nel bagno, aprendo l’armadietto dei medicinali.
Una volta tornato, passò due aspirine a Colin – “Sul comodino c’è dell’acqua, prendile e poi … e poi vattene. E’ troppo presto, per qualunque cosa, credimi.”
Farrell annuì, obbedendo alla richiesta di Jared, che dispiegò una coperta in pile rosso, per avvolgere il marito, che adesso stava sudando, più per l’emozione, che per il malessere.
“Ti ringrazio Jay … ti … ti amo”
“Telefono a Richard e gli dico di venirti a prendere, ok?” – propose con tono sbiadito, al contrario del vivido colore blu, che si animava di mille schegge nei suoi occhi, mentre interagiva con Colin.
“Ok Jared … sì, è meglio … Ti … ti aspettiamo domani a casa, con i bimbi … l’hai … l’hai detto … prima …” – replicò, soffocando i singhiozzi, prepotenti ed amari.
“Già, prima … Prima.”


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