lunedì 2 febbraio 2015

LIFE - CAPITOLO N. 87

Capitolo n. 87 – life



Pepe storse le labbra, in un’espressione perplessa, mentre Glam gli teneva le manine, tra le proprie, così grandi e calde, nonostante il suo cuore fosse a mille, anche per la presenza imbarazzata di Robert, alle sue spalle.

Il bimbo ogni tanto spiava oltre quel confine, per scrutare il suo secondo genitore.

“Ho combinato qualche pasticcio, che ha fatto arrabbiare papi Rob?”

“No, no, assolutamente no” – lo rassicurò Geffen, mentre l’ex impallidiva.

L’attore gli aveva lasciato campo libero in quelle spiegazioni sul loro divorzio, ma il bimbo, come spesso accade in questi casi, si colpevolizzava ingiustamente per la fine di quel legame, che gli era sembrato così solido, nella sua innocente visione degli adulti.

Bravissimi a fingere.

“Papi Robert ed io saremo i tuoi papà per sempre, solo non vivremo più nella stessa casa, ma ci vedrai regolarmente entrambi”

“Perché papi Rob rimane qui con zio Jude, a Londra?”

Pepe aveva capito ben oltre le loro considerazioni iniziali, ancora prima di affrontare quel discorso.

Downey si avvicinò, inginocchiandosi al fianco di Glam.

“Nostro figlio è molto più intelligente e sveglio di noi: sì amore, io sono tornato con zio Jude e mi dispiace, mi dispiace da morire, se questo provocherà in te un disagio, una difficoltà, ma rimedierò in qualsiasi maniera, mi sarà umanamente possibile Pepe” – e gli sorrise con gli occhi lucidi.

“Vuoi più bene a Cami e Dadi quindi? Ed a zio Jude?” – chiese lui mortificato.

“No … Vi sono affezionato nel medesimo modo, Pepe, te lo assicuro, spero tu non abbia mai dei dubbi in proposito”

Peter si appese al collo di Glam, che si sollevò lento – “Siamo di nuovo tu ed io papà, da soli, come in principio …” – disse assorto.

“No, siamo noi tre, ma in una forma diversa”

“Tu, però, rimarrai con me per sempre, giusto papà Glam? Per davvero intendo …” – quasi sussurrò.

Geffen lanciò un’occhiata a Downey, che chiuse le palpebre, come rassegnato a quella situazione senza sbocchi evidenti.

Fuori aveva ricominciato a nevicare, in quel 23 dicembre così cupo.

Pepe aveva trascorso l’intera mattinata con la sua famiglia acquisita e pranzato alla tavola di Sadie, l’ex moglie di Jude, presente con Robert ed i loro figli, in un nucleo allargato e molto felice di accogliere e salutare il piccolo.

Geffen aveva preferito presentarsi unicamente per il caffè e per quell’odioso discorso, dopo avere messo regali per tutti sotto un enorme albero, in soggiorno.


“Adesso ce ne andiamo, papà?”

Downey lo fissò interrogativo, ignaro dei suoi piani.
L’attore aveva trascorso la notte nel mini alloggio, suo e di Law, tra le braccia di questi, a guardarsi, quasi sino all’alba, vestiti sotto un piumone acquistato in Scozia, un decennio prima.

Avevano parlato poco, verbalizzando al minimo quell’ennesima riconciliazione.
Ogni parola faceva male, del resto, viste le imminenti conseguenze delle loro scelte.


“Sì Pepe, sarebbe meglio così, perché è arrivato Richard dall’Australia, con la mia nuova nipotina, anzi … nostra, tu saresti lo zio, è un po’ complicato” – Geffen sorrise timido, spaesato – “… si chiama Veronica”

“Che bel nome” – mormorò il cucciolo, senza mai staccarsi da lui.

Downey appariva impotente ed ugualmente confuso.

“Glam vorrei … Noi vorremmo che voi rimaneste”

“Lo so Rob e lo sa anche Pepe, però se vogliamo andare dobbiamo muoverci, le previsioni per domani sono pessime, non posso rimandare il volo, ma se Pepe preferisce restare, io andrò comunque e ci rivedremo la settimana prossima”

“No, no, io vengo con te papà!” – e gli sorrise.

Quindi tese le braccine a Robert, che lo strinse sul cuore, con un’intensità commovente.

“Ok papi … E’ tutto ok, va bene?” – e gli diede un bacio sulla guancia destra.

“Scendo a salutare Sadie, vi aspetto giù, ok?”

I due annuirono, ancora intrecciati.




La nuova suite affittata da Farrell era semplicemente sontuosa.
Con Jared avevano fatto l’amore tutta la notte, come se fosse stata la loro prima volta.

Erano sfiniti, ma solo l’irlandese ancora dormiva, nonostante l’ora.

Avevano saltato il pranzo, rimasto in corridoio.

Leto si sporse per recuperarlo, quasi in maniera furtiva.

Ormai era tutto freddo, ma almeno gli antipasti di pesce erano più che allettanti: peccato non avesse appetito.

In accappatoio, si rannicchiò sul divano del salottino, sgranocchiando una cialda salata.

Era stato tutto perfetto, dalla cerimonia intima a quella luna di miele, con l’unico dettaglio che lui era come disconnesso o meglio lo era ad intermittenza.

Ciò che Farrell gli stava dimostrando, era quanto di meglio il leader dei Mars potesse augurarsi, dopo tanto tempo di convivenza e di rapporto, spesso inquieto ed instabile.

Eppure l’incontro con Geffen lo aveva segnato, specie perché incompiuto, nell’intento che Jay aveva di confermargli i propri sentimenti.

Anche lui aveva visto i servizi on line, presagendo che Glam si fosse lasciato con Robert; per giunta Colin gli aveva dato anche una sommaria conferma, dopo avere scortato Jude, in auto, sino a quel negozio di dolciumi, dove l’inglese, comunque, non pensava di vedersi arrivare Downey, a sorpresa.

Questi dettagli nessuno li conosceva ancora.

Il cellulare di Glam, risultava spento da ore.
Il legale aveva dormito in un hotel qualunque, poco distante dall’abitazione di Sadie Frost.

I passi di Colin, improvvisi, lo fecero destare come da uno stato di trans, dove l’artista si arrovellava in mille ipotesi.

“Tesoro sei qui? Dio che fame …”

“Buongiorno Cole, sì, provavo a mangiare qualcosa, mentre tu dormivi come un orso” – e gli sorrise amorevole.

Farrell era diventato un uomo splendido, più che in passato.
Jared lo stava ammirando, provando quella serie di emozioni, che nessuno gli aveva mai suscitato, neppure Geffen.

Così come nessuno, neppure Colin, gli aveva mai fatto provare, ciò che il front man sentiva nei riguardi di Glam.

Era come un incastro, complesso ed affascinante, ma che poteva solo logorarti, dopo averti sedotto, irreparabilmente.

“Che ne dici se tornassimo a Los Angeles, Jay? Preferisco rientrare alla End House, che fare arrivare tutti a Dublino: Eamon e Steven ci seguiranno direttamente da qui” – propose sereno, masticando una tartina al caviale.

Leto si illuminò – “Sarebbe fantastico, ma dobbiamo sbrigarci, prima che sospendano i voli, hai guardato la tv?”

Farrell rise giocoso – “No, stavo facendo l’amore con un bel ragazzo di Bossier City” – poi lo baciò intenso e presente.

Forse come mai prima di allora.




Downey si appiccicò alle finestre della casa di Sadie.

La donna aveva salutato a malincuore Geffen e Pepe, così il resto dei presenti.

Law era rimasto in disparte, anche se Glam non aveva mostrato alcun astio nei suoi riguardi, nessuna parola cattiva, anzi; dopo avere sistemato i regali sotto l’albero, Geffen si era congedato con molta educazione, stringendo sul petto Camy e Dady, che non volevano andasse via.

“Ci vedremo in montagna, ok? Tra due settimane, così andrete sulla neve con Peter” – assicurò loro, sforzandosi di non fare melodrammi, se ne sarebbe vergognato a morte.

In compenso non vedeva l’ora di salire in taxi e dirigersi in aeroporto.

Tenendo per mano Pepe, Glam salì sul mezzo tinta nero pece, senza voltarsi indietro, mentre il bimbo faceva un cenno mesto a Robert, ma poi si abbarbicava al padre rimastogli accanto, con un sorriso di incoraggiamento.

“So che non è semplice, ci siamo passati tutti Rob …”

“Non adesso Jude” – inspirò, chiudendo le palpebre, ripetendo la frase, che proprio Glam gli aveva detto poche ore prima, in volo per Londra.

“Sì, volevo solo sapere se avevi bisogno di qualcosa …” – e fece un passo avanti, nella semioscurità della stanza, verso quella schiena, che avrebbe voluto ricoprire di baci, quel corpo, che sognava di possedere da ore: Law non poteva farne a meno, ne era innamorato follemente.

L’americano si girò lento – “Ho solo bisogno di voltare pagina, di non permettere più ai sensi di colpa di schiacciarmi, Jude”

“Ma io posso aiutarti!” – lo incalzò affettuoso, ormai a pochi centimetri dal suo viso contratto, ma affascinante.

“E tu come ci sei riuscito?” – chiese, con una punta di polemica.

Forse di critica.

“Non puoi paragonare la mia storia con Taylor, a quella che hai vissuto con Glam in questi anni, Robert …”

“Quindi per te è stato semplice, giusto?” – e sorrise nervoso.

“Affatto: io l’ho ferito, ma Taylor è giovane e potrà superare questa crisi, questa esperienza, durante la quale io non gli ho mentito e lui, da qualche parte nel suo cuore lo sa, anche se si è sentito preso in giro da me”

“Già, la vostra litigata al Cafè de Paris … Siamo sulla bocca di tutti”

“Non potremmo impedirlo, neppure se lo volessimo Robert! Che dicano ciò che vogliono, che si inventino qualsiasi calunnia, a me non importa un cavolo! A me importa di riaverti nei miei giorni e questa volta per sempre!”

E lo baciò, senza dargli più scampo.




24 dicembre 2022

Le dieci e trenta di mattina.
Matt sbirciò il quadrante rotondo dell’orologio, che Dimitri aveva dimenticato sul comodino.

Accadeva sempre, quando usciva a fare una corsa sulla spiaggia, camuffato nel suo giubbino di felpa, il cappuccio alzato, gli occhiali scuri, senza sapere rinunciare ad un minimo di allenamento.

Suonarono eppure le chiavi non le aveva di certo scordate, pensò Miller, controllando dallo spioncino chi fosse.

Sorrise incredulo, quindi aprì.

“Glam … Ciao, dai entra! Che sorpresa”

Quello splendido trentenne l’aveva quasi pugnalato ed ora gli si rivolgeva come se fossero amici di vecchia data, con entusiasmo ed una sottile eccitazione nel ritrovarselo lì, inaspettatamente.

“Buongiorno Matt, il tuo socio non c’è?” – chiese un po’ brusco, guardandosi intorno.

Si erano sistemati davvero bene.

“No, no, ma io volevo approfittare per dirti grazie, ecco … Lo vuoi un caffè?”

“No”

“Non ti avveleno, giuro!” – e rise solare.

“Non ho voglia di scherzare Matt, devo parlare con Dimitri” – insistette arido.

“E Dimitri è qui, ciao Geffen”
Il mercenario era appena arrivato, accaldato e già in fibrillazione per la sua presenza – “Non è una visita di cortesia, Matt, cosa credevi che Glam passasse per consegnarci una strenna?” – e ridacchiò, aprendosi una birra.

“Non bere a quest’ora Dim …” – disse sommesso il giovane.

“Non rompere, cazzo …” – sbuffò, quindi puntò Geffen – “Sentiamo cuore infranto, cosa ti porta nella nostra, ma che dico, TUA, bella dimora? E’ giunto il momento di saldare il conto?” – domandò sarcastico, le mani gelide e non certo per la lattina ormai vuota a metà.

“Mi serve un infiltrato, per entrare alla villa dei Mendoza e raccogliere nuove informazioni: in parte le ho già ottenute da Alviero Jr”

“Quel tossico?!” – sbottò il sovietico, con disprezzo.

“Tossico o meno, mi ha fornito degli indizi interessanti! Stammi a sentire, avevi ragione prima, sono qui per riscuotere” – replicò deciso.

Matt tremò, a ridosso della parete, come se ci si potesse rifugiare dentro in qualche modo.

“Ed io cosa dovrei fare? Non hanno più molta fiducia in me, dopo che sono sparito!”

“Dovrai riconquistarla, a me non interessa come, accidenti!” – esclamò con durezza.

“E dopo? Passarti ciò che avrò origliato, con il rischio di prendermi una pallottola ad ogni passo? Mica ci si può muovere agilmente in quel posto!”

“Tu lo facevi un tempo o sbaglio?”

“Sì, può darsi …” – bofonchiò assorto – “… Alviero potrebbe aiutarmi, non creedi?”

“In parte sì, ma è ai ferri corti con lo zio”

“Però abita ancora lì, nessuno di loro ha mai lasciato la dimora del patriarca, da quanto sapevo io almeno …”

“Sarà mia cura verificarlo, Dimitri e la settimana prossima ti muoverai per Haiti, senza fare scherzi, ok?” – gli intimò secco.

“Ed io? Io cosa farò, che ne sarà di me?!” – si intromise allarmato Miller.

Sembrava un bambino impaurito e la cosa faceva male al cuore del suo compagno.
In fondo lo amava, a modo suo, certo, sempre un po’ spigoloso, ma a Matt piaceva anche così.

Purché durasse.


“Sarai la ragione perché il tuo amato torni in California” – gli rispose Geffen, in modo sgarbato.

Dimitri lo fulminò con lo sguardo – “Non prenderti gioco di lui, non è una marionetta e tanto meno lo sono io! Potrei farti fuori anche ora Glam!”

Geffen non si scompose: rise piano, poi fece come uno scatto, afferrando Dimitri per la gola, scaraventandolo con una sola mano contro il muro, dal quale Miller si era già spostato, per poi sollevarlo di mezzo metro, con il braccio sinistro.

I suoi turchesi divennero liquidi, opachi, come la notte al porto, quando insieme a Kiro, tesero una trappola al tirapiedi di Mendoza, che aveva pestato Robert.

“Tu prova a toccarmi ed io ti riduco in pezzi, per quanto sono incazzato adesso e con voi lo sarò a vita, credimi!” – gli ruggì sinistro ad un millimetro dalla faccia atterrita.

Quindi lo liberò da quella morsa spietata e se ne andò – “Ti richiamo tra tre giorni, fatti trovare Dimitri, se ci tieni alla pelle!”

La porta fece un rumore ridondante, come un proiettile, che sembrò colpire Matt, all’addome, facendolo accasciare, quasi fosse un fantoccio.

“Non finirà mai …” – disse flebile.

Dimitri corse ad abbracciarlo: non poteva fare di più.








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