mercoledì 11 febbraio 2015

LIFE - CAPITOLO N. 90

Capitolo n. 90 – life



Ci stavano mettendo troppo.

Geffen strinse i pugni, mentre Kevin rimaneva in un angolo, insieme ad un tecnico delle pompe funebri, che, a bassa voce, gli stava spiegando il procedimento più corretto, per estrarre il feretro di Lula dal loculo, all’interno della cappella di Meliti, che li aveva appena raggiunti.

In quell’ambiente gelido, fatto di marmi bianchi e neri, striati d’argento, con centinaia di lumini accesi, la luce del temporale avvampava da feritoie a forma di croce, alquanto suggestive.

Il rumore sordo di tuoni, feriva l’aria, dove il respiro dei presenti, assumeva forme diverse, nel gelo di quella sera ormai inoltrata.

“Grazie per essere intervenuti nel giorno di Natale” – disse sommesso il bassista.

Antonio gli diede una carezza sulla spalla destra.
Per lui Kevin era come un figlio, almeno quanto Jared.

Il leader dei Mars era rimasto alla Joy’s House, dove, con Colin, aveva riaccompagnato Tim e Layla, scortati da Vassily e Peter.

Geffen non aveva voluto al seguito i bodyguard, preferendo che rimanessero con lo sposo di Kevin e la loro piccola.

Leto avrebbe voluto unirsi a loro due, ma l’occhiata di Farrell fu esaustiva, nel trattenerlo, senza alcuna protesta da parte del cantante.


“Non c’è modo di velocizzare le operazioni?” – chiese impaziente Glam.

“Daddy calmati, hai l’aspetto di uno che sta per avere un infarto”

Kevin non stava scherzando, anche se in parte, la sua intenzione era quella di distrarre l’ex.

Inutilmente.

Appena la bara di soldino venne posata sul pavimento a mosaico, l’avvocato si fece largo, per provvedere personalmente alla rimozione dei quattro fermi in ottone, che ne bloccavano il coperchio.

“Aspetti signor Geffen, così la rovinerà”

“Non importa, ne prenderemo un’altra se sarà necessario!” – esclamò, strappando con forza e disperazione, l’ultima barriera tra sé e le spoglie di Lula.

Un gesto vigoroso, bagnato da lacrime e furore, per scoprire la verità.

Glam emise un urlo strozzato – “Noo!! No … non è possibile …”

Kevin gli si avvicinò svelto, così Meliti.

“Sassi … sono … sono solo sassi” – mormorò il giovane.

Geffen ne prese alcuni, come se stesse scavando, ma non c’era nient’altro che pietre e nessun corpo.




Colin preparò una tisana, per non pensare a quanto stava accadendo a pochi chilometri dalla residenza di Tim e Kevin.

Jared gli andò vicino, con cautela.

“Hai avuto notizie …?” – chiese timido.

“Affatto” – poi rise amaro, senza guardarlo – “E non credo che Glam si preoccupi di darle a me, sai?” – aggiunse, disponendo a cerchio le tazze, su di un vassoio d’argento.

“Colin, che hai?”

“Nulla di nuovo, sul fronte occidentale: tu sei sempre tu, Jay, e Glam altrettanto” – bissò secco, provando ad andarsene.

“Ero dispiaciuto per lui e Robert, ho solo provato a dirglielo” – obiettò.

“Provato? In che senso, spiegami, perché dopo anni di questo tira e molla tra voi, di questa agonia, PER NOI, ancora sono curioso, tu pensa!” – ringhiò ferito.

“Non devi vivere come una minaccia, il nostro legame, tra Glam e me”

“Fai bene a precisarlo, perché a volte mi escludi così tanto dal vostro mondo del cazzo, fatto di bugie, segreti, sospiri, melodrammi, che io non so più neppure chi sono o cosa centro in questo casino maledetto!!” – sbottò, lasciando cadere sul ripiano il vassoio, con tutto il resto.

“Colin non fare così, non estremizzare una situazione, che ti stai inventando di sana pianta!”

“Io mi inventerei cosa??! Ci siamo fatti del male, ho reagito da immaturo, andando a scoparmi Taylor, che, per inciso, è l’altro fregato della  situazione in corso, ma tu davvero non riesci a vederti, ad ascoltarti, mentre prendi per il culo il sottoscritto, per l’ennesima volta?!” – ribadì con durezza.

“Ma non è successo niente, miseria!!”

Farrell scrollò le spalle, gli occhi lucidi – “A voi basta uno sguardo, avete un’intesa talmente profonda, che potreste perdervi per un secolo e ritrovarvi, senza che un briciolo, di ciò che provate, sia cambiato … Voi due vi amate, io non trovo altre parole, per descrivere ciò che continuo a vedermi scorrere davanti, quasi fosse un film … Peccato non sia il nostro film, Jared” – e se ne andò.




Kevin quasi si schiantò contro la portiera posteriore dell’hummer, dopo una corsa, per fuggire da quel luogo, dove non voleva più rimanere oltre.

Aprì lo sportello, crollando poi sul sedile a divano, allungandosi a pancia in giù, come a volere appiattirsi e sparire da un mondo, dove era come esploso un conflitto, di dubbi, paure, angosce laceranti.

Continuava a ripetere il nome di Lula, singhiozzando, atterrito da quell’amara scoperta.

Si chiedeva mentalmente che fine avesse potuto fare il corpicino del figlio, in quella terra lontana, dove albergava ogni sorta di magia, ben diversa dai poteri benevoli di soldino.

Meliti si era congedato da Geffen, con un lapidario – “Risolviamo questa faccenda e risolviamola subito, ok?”

Glam aveva annuito, per poi precipitarsi da Kevin e sincerarsi di come stesse.

Uno schifo, quanto lui, appena lo vide e lo strinse a sé.

“Tesoro calmati … Io … Io scoprirò la verità” – lo rassicurò, senza crederci un minimo.

Il sentore che si trattasse di un gioco più grande di loro, Geffen lo aveva capito da un pezzo, ma adesso tutto gli apparve come un grottesco imbroglio, un massacro emotivo, non solo ai suoi danni, purtroppo.

“Ri riportami Lula … o ciò che ne resta di lui … è … è insopportabile que questo vuoto daddy” – balbettò l’ex, come gli succedeva quando era sotto pressione.

Kevin lo stava guardando, percorso dagli zigomi all’addome, da un fremito di spossatezza e dolore ingestibili.

Geffen gli spostò le ciocche dalle tempie, dove posò un bacio e poi un altro – “Non sopporto di vederti così … Non dovevi seguirmi, tu non”

“Era il nostro bambino, Glam, era anche mio” – protestò, come quando gli si scagliò contro, quando era arrivato a detestarlo, per avergli nascosto la fine di Lula, ma ora era diverso, ora entrambi volevano la verità, ne avevano un disperato bisogno.

Così come di fondersi, madidi di pioggia e di quel pianto, che non accennava a placarsi, nemmeno con le carezze, con successivi baci.

E non fu sufficiente a nessuno.
Per riemergere da quel baratro, per salvarsi dall’abisso, confortarsi, amandosi, come due animali colpiti a morte e sanguinanti, divenne un epilogo inevitabile.

Sentire il corpo di Glam, animarsi nel proprio, per Kevin, fu come un volo, dove non c’erano più incubi, dove quell’oscurità era già giunta al termine, anche senza un’alba, semplicemente un cielo, scheggiato del turchese di quegli occhi, che lo penetravano e lo facevano rinascere.

Geffen lo sollevò, sbattendolo poi contro lo schienale, spingendosi in lui, con una foga, che non era amore, non era simbiosi, era unicamente follia.

La follia di un attimo, capace di portare ulteriore sofferenza, a chi li amava.
Inevitabilmente.




Jared gli portò una cioccolata calda, mentre Farrell stava sistemando una bambola, sotto la trapunta di Isotta.

Erano finalmente tornati alla End House.

“Dorme come un angelo, lei non fa brutti sogni …” – disse sommesso l’irlandese, commuovendosi, in presenza di quella cucciola, così somigliante al ragazzo che amava.

“Ti chiedo scusa Cole” – sussurrò appena, ma con sincerità.

“Non devi …” – e lo guardò – “Scusa per cosa, Jay?” - chiese piano, alzandosi.

Leto lo seguì, non avrebbe lasciato quel discorso in sospeso.

Giunti nella loro camera, iniziarono a spogliarsi, scrutandosi appena.

“Siamo ricascati in vecchi problemi Colin, è insano, è illogico”

“Tiri il sasso e poi nascondi la mano, Jared, non ti fa onore, non ad una persona intelligente quale tu sei” – puntualizzò, infilando un pigiama.

“Hai freddo?”

“Ho mal di testa, devo prendere le mie pastiglie e dormire il più possibile, lasciami in pace, per favore” – replicò svilito.

“Io non ti lascio da solo …” – bissò colpevole, ma poi sorrise, gli zaffiri vividi di blu ed argento – “… dovrai sopportarmi Cole” – e tirò su dal naso, andando a stendersi accanto al marito, speculare a lui.

“Ti ho rinnovato le mie promesse, pensavo avesse un valore per te”

“Ok sfogati Colin, posso sopportarlo e superarlo”

“Ma tu non mi devi sopportare, sarebbe odioso”

“Mi hai frainteso”

“Ok smettiamola di giocare con le parole, Jay!” – sbottò esausto.

“Non l’ho mai fatto, sai cosa provo per te Cole, Dio se lo sai” – e gli passò il palmo sinistro sulla guancia ispida – “… ehi ma scotti, hai la febbre” – e si mise seduto, recuperando un termometro dal comodino – “ti cerco un’aspirina” – disse trafelato, con apprensione.

“Jay …”

“Non agitarti, per la pressione Cole, non”

Farrell lo afferrò per le braccia, riportandolo a sé, per baciarlo, bollente.

“Colin tu non dovresti” – gemette, sotto di lui.

“Non dovrei cosa? Fare l’amore a mio marito? A chi più amo, a questo mondo, con i nostri bambini?” – e lo raccolse a sé, virile, devastante nella sua irruente bellezza.

Jared ne era ipnotizzato.

“Cole io ti amo …”

“Tu più mi fai incazzare e più io ti voglio nella mia vita, cazzo” – gli ringhiò nel collo, mentre Leto gli toglieva quel poco, che Farrell aveva addosso.

Sorrisero baciandosi.
Perdendosi.




Geffen accostò, nel viale della Joy’s House.

“Eccoci …”

“Ti chiamo domani daddy” – gli disse con freddezza Kevin, tirando la maniglia della portiera, pronto a scendere, letteralmente in fuga da quella situazione, ormai soffocante.

“Io non volevo”

Il bassista lo fissò, severo, ma con una nota di dolcezza, negli occhi puntati su di lui.

“Tu mi hai fatto male, così tante volte Glam … Ma non questa notte” – e fuggì via.










Nessun commento:

Posta un commento