Capitolo n. 243 – zen
Boydon gli stava
parlando da almeno dieci minuti, ma Jude era così frastornato da capire una
parola su tre.
Farrell lo sosteneva
letteralmente, perché l’amico era come in crisi di ossigeno, a causa dell’angoscia
per le sorti di Robert.
“Glieli dobbiamo
asportare, entrambi i reni, non c’è tempo da perdere Jude: sei suo marito, devi
firmare il consenso per l’operazione, visto che Robert è sedato, ok?” –
continuò Steven con educata impazienza.
Sapeva che non era
semplice prendere una simile decisione.
“Entrambi … i reni” –
balbettò l’inglese – “… Ma come può vivere senza?” – e due lacrime gli
segnarono gli zigomi asciutti.
“Ovviamente lo
aiuteranno delle apparecchiature di nuova generazione, ma nel frattempo
impianteremo subito un rene artificiale: la chirurgia dei trapianti ha fatto
progressi inauditi, sai?” – lo rassicurò – “Senza escludere anche un possibile
donatore compatibile per il secondo organo e la tua famiglia è già pronta a
sottoporsi al test”
“Co … cosa? …”
“Jude diamine firma questo
foglio e rimetteremo in sesto il tuo Robert, ok?” – lo scrollò Colin
esasperato.
“Va bene … Spero di
non fare un torto a Robert … Forse lui preferirebbe … non lo so neppure io” – e
singhiozzò, per il pensiero terribile, che si era affacciato alla sua mente
stravolta.
Downey sembrava
entrato in una lunga agonia, carica di rimpianti, di delusioni, di sconfitte,
di inadeguatezza e tutto a causa di Jude, del suo carattere schifoso, pensò l’attore,
di una gelosia insana, mescolata a quei tradimenti, letali per il suo compagno.
Forse Rob preferiva
andarsene, perché quel destino sembrava scritto sulla stessa pagina, dove era
stata siglata la condanna a morte di Geffen.
I due si sarebbero
completati a vicenda, se avessero colto l’opportunità di sposarsi, Law ne era
certo.
Li aveva quasi
uccisi, con la propria follia, mentre solo lui meritava di crepare su quella
scogliera: si convinse mestamente anche di questo.
Jude si accasciò, a
quel punto, come aveva fatto Robert, nel bagno di villa Lux, dopo avere emesso
un grido di dolore puro, per il quale Glam, insieme a lui, per fortuna, si era
spaventato come mai prima.
Quindi l’emorragia,
istantanea e copiosa, come se si fosse rotta una diga interna.
Infine Downey era
come collassato.
Scott distribuì una
brochure informativa ed un foglio da compilare e sottoscrivere, nel caso fosse
stata rilevata idoneità alla donazione.
“Sembrano due fagioli
… Eppure sono così fondamentali” – Brent si grattò la nuca, mentre scriveva i
propri dati e Brendan faceva lo stesso, seduto accanto a lui in una saletta,
dove si erano riuniti in parecchi.
Lo psicologo lo baciò
dolcemente sulla tempia destra, sussurrandogli – “Non sei obbligato a farlo …”
Brent lo scrutò – “Neppure
tu … Però lo fai” – e sorrise, notando l’arrivo del colonnello Tomlinson, che
si premeva un batuffolo di cotone sull’avambraccio sinistro.
“Papà …?!” – si alzò
di scatto, andandogli incontro.
L’uomo lo abbracciò –
“E’ solo un prelievo in fondo, quelle cartacce le guarderò dopo, perché devo
ripartire, anzi, fai tu una firma falsa per me” – rise piano, fissandolo.
“Vai già via?” –
replicò deluso, vedendo giungere Harry e Louis dal fondo del corridoio.
Tomlinson senior fece
un cenno ai due freschi sposi, attirando poi a sé entrambi, per riunirli in
quel gesto, con Brent, che non si era mai staccato da lui.
“Vi chiedo scusa …
Per tutto ... Anche se non è né il luogo, né forse la giusta occasione, che
però ci prenderemo presto o tardi, magari in un incontro meno movimentato …
Anche alla base militare, se vi andrà” – propose sereno.
Louis gli si appese
al collo – “Grazie papà … E grazie a te” – tornò da Haz, stritolandolo quasi
con quelle due ali gracili, ma ben proporzionate.
Brendan si avvicinò
con le mani in tasca – “Lei è davvero in gamba, suocero” – sorrise mascalzone,
ma affabile.
Tomlinson gli strinse
la mano e si congedò, non potendo fare altrimenti, aggiungendo un ultimo
dettaglio.
“Brent … La settimana
prossima c’è il processo … Era stato rimandato, ma adesso ci siamo”
“Lo so papà … Mi sto
preparando e tu?”
“Voglio giustizia,
quanto te figliolo” – ribatté fermo, poi se ne andò definitivamente.
Geffen sbuffò seduto
sulla lettiga nello studio di Mason – “Ma perché no, accidenti Jim! E tu Scott
cosa ne pensi?”
“Sei pazzo … Tu sei
fuori Glam, accidenti!” – sbottò il diagnosta.
L’oncologo scosse il
capo – “Anche se i tuoi reni fossero compatibili, con le chemio ed il resto non
saresti il massimo come donatore, senza offesa e moriresti nel giro di pochi
giorni, con il sistema immunitario a zero” – spiegò calmo.
“Tanto accadrà
comunque! Anzi, mi risparmio la seconda fase del calvario, non sarebbe male” –
ironizzò, gli occhi lucidi.
Scott gli si avvicinò
con una siringa – “Ok, giusto per darti la soddisfazione di sapere se sei compatibile con Robert anche su questo” –
sibilò adirato.
Geffen lo guardò
storto – “Ti sembra il caso …?”
“Ma vaffanculo Glam!
Io uno straccio di speranza per te ce l’ho ancora, ma a te non frega un cazzo!”
Mason scivolò via,
impacciato.
“Scotty … Che bei momenti …” – e l’avvocato rise e
pianse.
Si abbracciarono.
Come due coglioni.
Tomo scese dall’auto
come una furia.
Erano nel parcheggio
dell’ospedale, avvisati dagli altri su quanto stava succedendo, ma, soprattutto,
dell’iniziativa di sottoporsi alle analisi per aiutare Robert.
Shannon glielo aveva
appena detto.
Di lui e di Farrell.
Il batterista spense
il motore, appoggiandosi con la fronte al volante, dopo averci incrociato i
muscolosi bicipiti contro.
Fuori scoppiò un
temporale.
Jared fissava la
pioggia battere sui vetri dell’ambulatorio, dove gli avevano appena aspirato
pochi millilitri di sangue.
Il cerotto aveva degli
orsacchiotti stampati sopra e l’infermiera gli disse che erano rimasti senza,
così da doversi rivolgere alla pediatria, per averne qualche scatola.
Era tutto così buffo,
quasi ridicolo: una riflessione amara.
“Ho un po’ di nausea …”
– si lamentò composto e lei gli permise di rimanere lì, tanto non c’era urgenza
di alzarsi.
Geffen stava
transitando, mentre la donna usciva e le chiese il permesso di entrare.
“Vada pure e gli dia
anche questo”
“Succo di frutta?” –
sorrise.
“Sì, ha un calo di
zuccheri … A dopo.”
“Ehi campione …”
“Glam … Anche tu hai …?”
“Già, ma mi hanno già
scartato ai blocchi di partenza, sai sono una carcassa poco appetibile” – rise,
sedendosi sul bordo, anche per dargli una carezza, spostandogli le ciocche a
lato di quel viso così bello.
“Hai già salvato
Nasir, l’hai dimenticato?” – sorrise – “Ora non esagerare”
“L’ho sempre fatto in
vita mia … In certe fasi non abbastanza, comunque” – replicò assorto.
“Sì, lo so …”
“Dov’è Colin? Accanto
a Jude, suppongo”
“Non te lo so dire …
Non mi interessa” – disse a bassa voce, tornando a guardare fuori.
“Avete litigato?”
Leto annuì,
asciugandosi un principio di pianto incombente.
“Mi dispiace Jay,
venire ad Haiti è stato un gesto meraviglioso per me, come averti vicino
durante questo percorso ad ostacoli … In ogni caso non volevo crearti dei
problemi e non ragiono mai quando si tratta di te, di noi …”
“Anche Colin non l’ha
fatto, se è per questo” – ridacchiò acre – “In compenso ha trovato consolazione
…”
“Come scusa?”
“Nell’unica maniera
con la quale mi ha sempre umiliato, ma questo giro ha toccato il fondo … E’ un
punto di non ritorno, te lo assicuro Glam”
Boydon disse al suo
assistente di occuparsi di Marc e Denny.
“Qui ci penso io …
Ciao Christopher”
“Steven … Ciao” – gli
sorrise a metà.
Quando il leader dei
Red Close era decollato verso Londra, si erano lasciati con un litigio
sgradevole e non si erano più parlati.
Unicamente e-mail,
per Clarissa ed i turni di visita, con affidamento congiunto.
“Tutto a posto?” – e gli
controllò il punto in cui era stato infilato l’ago.
“Sì … Ti ringrazio.”
“Come stai?”
“Sto bene Steven, con
Ivan non sono mai stato meglio” – disse schietto, senza intenzione di ferirlo.
Era la semplice realtà.
“Ne sono contento Christopher”
– bissò l’ex, altrettanto sincero.
“E tu …?” – domandò il
giovane, con una velata timidezza.
“Me la cavo … La
carriera mi impegna al cento per cento, fortunatamente”
“Alla mia non voglio
pensare un granché … Avevi ragione, quando dicevi che il cinema e la tv non
fanno per me”
“Non è vero
Christopher: tu sei perfetto per ogni settore del mondo dello spettacolo, anche
se è un ambiente complicato e … discutibile”
“Sì, ma mi sento al
sicuro … E questo vale per Ivan, ma anche per quando eravamo una coppia, tu ed
io, doc” – sorrise di uno splendore unico.
Boydon era come
incantato, ma poi si scosse, per dargli un consiglio, anche se scarsamente
etico.
“Se anche risultassi
idoneo, Christopher, sarebbe opportuno evitare, rinunciare insomma: vivere con
un solo rene, mentre il secondo è artificiale …”
“Cioè quello che
viene donato, verrà sostituito con uno finto?”
“Sì, al pari di chi
lo riceve, nel caso di Robert: uno vero ed uno … di plastica” – sorrise teso.
“Sei tenero a
preoccuparti per me, so che non sarebbe più come ora, sì, insomma, a livello
fisico avrei qualche magagna, l’ho letto sul fascicolo … E non mi importa, se
Robert si salverà: è come un padre per me e tu questo lo sai …”
“Sì tesoro, lo so” –
e si sollevò lento dalla sedia, prendendo un appunto sulla cartellina, dalla
quale non si separava mai.
Ivan bussò, varcando
poi la soglia ad un cenno di Boydon, che lo salutò garbatamente.
Christopher gli tese
le braccia, come un bimbo ed Ivan lo avvolse amorevole, cullandolo e dandogli
un lungo bacio.
Bastava poco per
essere felici.
GERARD BUTLER is STEVEN BOYDON
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