giovedì 30 gennaio 2014

ZEN - CAPITOLO N. 243

Capitolo n. 243 – zen


Boydon gli stava parlando da almeno dieci minuti, ma Jude era così frastornato da capire una parola su tre.

Farrell lo sosteneva letteralmente, perché l’amico era come in crisi di ossigeno, a causa dell’angoscia per le sorti di Robert.

“Glieli dobbiamo asportare, entrambi i reni, non c’è tempo da perdere Jude: sei suo marito, devi firmare il consenso per l’operazione, visto che Robert è sedato, ok?” – continuò Steven con educata impazienza.


Sapeva che non era semplice prendere una simile decisione.

“Entrambi … i reni” – balbettò l’inglese – “… Ma come può vivere senza?” – e due lacrime gli segnarono gli zigomi asciutti.


“Ovviamente lo aiuteranno delle apparecchiature di nuova generazione, ma nel frattempo impianteremo subito un rene artificiale: la chirurgia dei trapianti ha fatto progressi inauditi, sai?” – lo rassicurò – “Senza escludere anche un possibile donatore compatibile per il secondo organo e la tua famiglia è già pronta a sottoporsi al test”

“Co … cosa? …”

“Jude diamine firma questo foglio e rimetteremo in sesto il tuo Robert, ok?” – lo scrollò Colin esasperato.


“Va bene … Spero di non fare un torto a Robert … Forse lui preferirebbe … non lo so neppure io” – e singhiozzò, per il pensiero terribile, che si era affacciato alla sua mente stravolta.

Downey sembrava entrato in una lunga agonia, carica di rimpianti, di delusioni, di sconfitte, di inadeguatezza e tutto a causa di Jude, del suo carattere schifoso, pensò l’attore, di una gelosia insana, mescolata a quei tradimenti, letali per il suo compagno.

Forse Rob preferiva andarsene, perché quel destino sembrava scritto sulla stessa pagina, dove era stata siglata la condanna a morte di Geffen.

I due si sarebbero completati a vicenda, se avessero colto l’opportunità di sposarsi, Law ne era certo.

Li aveva quasi uccisi, con la propria follia, mentre solo lui meritava di crepare su quella scogliera: si convinse mestamente anche di questo.


Jude si accasciò, a quel punto, come aveva fatto Robert, nel bagno di villa Lux, dopo avere emesso un grido di dolore puro, per il quale Glam, insieme a lui, per fortuna, si era spaventato come mai prima.


Quindi l’emorragia, istantanea e copiosa, come se si fosse rotta una diga interna.
Infine Downey era come collassato.



Scott distribuì una brochure informativa ed un foglio da compilare e sottoscrivere, nel caso fosse stata rilevata idoneità alla donazione.

“Sembrano due fagioli … Eppure sono così fondamentali” – Brent si grattò la nuca, mentre scriveva i propri dati e Brendan faceva lo stesso, seduto accanto a lui in una saletta, dove si erano riuniti in parecchi.

Lo psicologo lo baciò dolcemente sulla tempia destra, sussurrandogli – “Non sei obbligato a farlo …”

Brent lo scrutò – “Neppure tu … Però lo fai” – e sorrise, notando l’arrivo del colonnello Tomlinson, che si premeva un batuffolo di cotone sull’avambraccio sinistro.

“Papà …?!” – si alzò di scatto, andandogli incontro.

L’uomo lo abbracciò – “E’ solo un prelievo in fondo, quelle cartacce le guarderò dopo, perché devo ripartire, anzi, fai tu una firma falsa per me” – rise piano, fissandolo.

“Vai già via?” – replicò deluso, vedendo giungere Harry e Louis dal fondo del corridoio.

Tomlinson senior fece un cenno ai due freschi sposi, attirando poi a sé entrambi, per riunirli in quel gesto, con Brent, che non si era mai staccato da lui.

“Vi chiedo scusa … Per tutto ... Anche se non è né il luogo, né forse la giusta occasione, che però ci prenderemo presto o tardi, magari in un incontro meno movimentato … Anche alla base militare, se vi andrà” – propose sereno.

Louis gli si appese al collo – “Grazie papà … E grazie a te” – tornò da Haz, stritolandolo quasi con quelle due ali gracili, ma ben proporzionate.

Brendan si avvicinò con le mani in tasca – “Lei è davvero in gamba, suocero” – sorrise mascalzone, ma affabile.

Tomlinson gli strinse la mano e si congedò, non potendo fare altrimenti, aggiungendo un ultimo dettaglio.

“Brent … La settimana prossima c’è il processo … Era stato rimandato, ma adesso ci siamo”

“Lo so papà … Mi sto preparando e tu?”

“Voglio giustizia, quanto te figliolo” – ribatté fermo, poi se ne andò definitivamente.



Geffen sbuffò seduto sulla lettiga nello studio di Mason – “Ma perché no, accidenti Jim! E tu Scott cosa ne pensi?”

“Sei pazzo … Tu sei fuori Glam, accidenti!” – sbottò il diagnosta.

L’oncologo scosse il capo – “Anche se i tuoi reni fossero compatibili, con le chemio ed il resto non saresti il massimo come donatore, senza offesa e moriresti nel giro di pochi giorni, con il sistema immunitario a zero” – spiegò calmo.

“Tanto accadrà comunque! Anzi, mi risparmio la seconda fase del calvario, non sarebbe male” – ironizzò, gli occhi lucidi.

Scott gli si avvicinò con una siringa – “Ok, giusto per darti la soddisfazione di sapere se sei compatibile con Robert anche su questo” – sibilò adirato.

Geffen lo guardò storto – “Ti sembra il caso …?”

“Ma vaffanculo Glam! Io uno straccio di speranza per te ce l’ho ancora, ma a te non frega un cazzo!”

Mason scivolò via, impacciato.

“Scotty … Che bei momenti …” – e l’avvocato rise e pianse.

Si abbracciarono.

Come due coglioni.



Tomo scese dall’auto come una furia.

Erano nel parcheggio dell’ospedale, avvisati dagli altri su quanto stava succedendo, ma, soprattutto, dell’iniziativa di sottoporsi alle analisi per aiutare Robert.

Shannon glielo aveva appena detto.
Di lui e di Farrell.

Il batterista spense il motore, appoggiandosi con la fronte al volante, dopo averci incrociato i muscolosi bicipiti contro.

Fuori scoppiò un temporale.



Jared fissava la pioggia battere sui vetri dell’ambulatorio, dove gli avevano appena aspirato pochi millilitri di sangue.

Il cerotto aveva degli orsacchiotti stampati sopra e l’infermiera gli disse che erano rimasti senza, così da doversi rivolgere alla pediatria, per averne qualche scatola.

Era tutto così buffo, quasi ridicolo: una riflessione amara.

“Ho un po’ di nausea …” – si lamentò composto e lei gli permise di rimanere lì, tanto non c’era urgenza di alzarsi.

Geffen stava transitando, mentre la donna usciva e le chiese il permesso di entrare.


“Vada pure e gli dia anche questo”
“Succo di frutta?” – sorrise.

“Sì, ha un calo di zuccheri … A dopo.”

“Ehi campione …”

“Glam … Anche tu hai …?”

“Già, ma mi hanno già scartato ai blocchi di partenza, sai sono una carcassa poco appetibile” – rise, sedendosi sul bordo, anche per dargli una carezza, spostandogli le ciocche a lato di quel viso così bello.

“Hai già salvato Nasir, l’hai dimenticato?” – sorrise – “Ora non esagerare”

“L’ho sempre fatto in vita mia … In certe fasi non abbastanza, comunque” – replicò assorto.

“Sì, lo so …”

“Dov’è Colin? Accanto a Jude, suppongo”

“Non te lo so dire … Non mi interessa” – disse a bassa voce, tornando a guardare fuori.

“Avete litigato?”

Leto annuì, asciugandosi un principio di pianto incombente.


“Mi dispiace Jay, venire ad Haiti è stato un gesto meraviglioso per me, come averti vicino durante questo percorso ad ostacoli … In ogni caso non volevo crearti dei problemi e non ragiono mai quando si tratta di te, di noi …”

“Anche Colin non l’ha fatto, se è per questo” – ridacchiò acre – “In compenso ha trovato consolazione …”

“Come scusa?”

“Nell’unica maniera con la quale mi ha sempre umiliato, ma questo giro ha toccato il fondo … E’ un punto di non ritorno, te lo assicuro Glam”



Boydon disse al suo assistente di occuparsi di Marc e Denny.

“Qui ci penso io … Ciao Christopher”

“Steven … Ciao” – gli sorrise a metà.

Quando il leader dei Red Close era decollato verso Londra, si erano lasciati con un litigio sgradevole e non si erano più parlati.

Unicamente e-mail, per Clarissa ed i turni di visita, con affidamento congiunto.

“Tutto a posto?” – e gli controllò il punto in cui era stato infilato l’ago.

“Sì … Ti ringrazio.”

“Come stai?”

“Sto bene Steven, con Ivan non sono mai stato meglio” – disse schietto, senza intenzione di ferirlo.
Era la semplice realtà.

“Ne sono contento Christopher” – bissò l’ex, altrettanto sincero.

“E tu …?” – domandò il giovane, con una velata timidezza.


“Me la cavo … La carriera mi impegna al cento per cento, fortunatamente”

“Alla mia non voglio pensare un granché … Avevi ragione, quando dicevi che il cinema e la tv non fanno per me”

“Non è vero Christopher: tu sei perfetto per ogni settore del mondo dello spettacolo, anche se è un ambiente complicato e … discutibile”

“Sì, ma mi sento al sicuro … E questo vale per Ivan, ma anche per quando eravamo una coppia, tu ed io, doc” – sorrise di uno splendore unico.


Boydon era come incantato, ma poi si scosse, per dargli un consiglio, anche se scarsamente etico.

“Se anche risultassi idoneo, Christopher, sarebbe opportuno evitare, rinunciare insomma: vivere con un solo rene, mentre il secondo è artificiale …”

“Cioè quello che viene donato, verrà sostituito con uno finto?”

“Sì, al pari di chi lo riceve, nel caso di Robert: uno vero ed uno … di plastica” – sorrise teso.

“Sei tenero a preoccuparti per me, so che non sarebbe più come ora, sì, insomma, a livello fisico avrei qualche magagna, l’ho letto sul fascicolo … E non mi importa, se Robert si salverà: è come un padre per me e tu questo lo sai …”

“Sì tesoro, lo so” – e si sollevò lento dalla sedia, prendendo un appunto sulla cartellina, dalla quale non si separava mai.


Ivan bussò, varcando poi la soglia ad un cenno di Boydon, che lo salutò garbatamente.

Christopher gli tese le braccia, come un bimbo ed Ivan lo avvolse amorevole, cullandolo e dandogli un lungo bacio.

Bastava poco per essere felici.





 GERARD BUTLER is STEVEN BOYDON






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