martedì 21 gennaio 2014

ZEN - CAPITOLO N. 239

Capitolo n. 239 – zen



Scott gli sorrise, attraverso la web cam.

“Cosa devo fare con lui? Credevo di …” – Kevin si morse le nocche della mano sinistra.

“Vedi, purtroppo Glam sta andando incontro ad una depressione inevitabile, ad uno stato emotivo altalenante … Questa crisi di pianto, per Lula, penso sia comprensibile” – gli spiegò con calma.

“Ho sbagliato a portare il bimbo qui, gli ricorderà i tempi felici, anche con Jared: del resto fu lui a convincerlo per l’adozione di soldino, visto che io ero in giro per il mondo a suonare e non mi ero dimostrato pronto a questo passo con il mio ex”

“Non rivangare il passato Kevin” – disse sconsolato il medico – “Guardiamo al presente, dove tu sei importante per Glam, almeno quanto Jared” – puntualizzò.

Il bassista sorrise mesto – “Temo tu sia un po’ ottimista, ma non importa, il mio mondo è Tim, lo amo più che mai” – disse sincero, senza sapere che il marito era alle sue spalle e sorrideva felice per quella conferma.

“Vi aspetto in ospedale per i controlli, se vuoi accompagnare big Geffen …”

“Ok Scotty, agli ordini … Passo e chiudo.”



Lula fece un cerchio con le conchiglie, abbastanza grande per starci in piedi nel mezzo.

“Entra qui papi …” – disse allegro.

Glam lo accontentò, non proprio persuaso da quell’iniziativa.

Il rito del mare.


Il figlio prese quindi un secchiello, lo riempì d’acqua ed iniziò una sorta di danza, gettandone un po’ addosso al padre, che cominciò a ridere.

“Eh no, questa è una cosa seria!” – lo rimproverò simpatico, con quelle sue espressioni buffe ed i saltelli, tipici di Lula.

Geffen si commosse e lo raccolse, con un vigore inatteso, sul petto nudo e smagrito.

Indossava unicamente delle braghe alla pescatora, di colore verde muschio.


“Sembra funzionare …” – gli bisbigliò all’orecchio ed il suo cucciolo rise.

I suoni della sua voce sembravano stagliarsi contro il cielo, per quanto rimbombavano nell’aria.


“Lula …”

“Sono qui” – e lo fissò, appeso al suo collo, leggero quanto una piuma.


“Nessuno potrà mai separarci davvero soldino ... Nessuno.”



Rice si presentò con un bel pacco dono per Josh, verso ora di pranzo.

“Ciao Shan sono in ritardo? La vostra peste è già pronta?” – chiese con un sorriso smagliante.

“Co cosa …?” – balbettò Leto.

Tomo spuntò dal living, accompagnando il bambino, che arrise alla presenza di quello zio, adorato da sempre.


“Shan scusa, non te l’ho detto … Owen porta Josh da Barny …”

“Ok … accomodati” – disse incolore, dando poi una carezza sulla testolina del fratello di Lula, che scalpitava per uscire.


Appena fu sola, la coppia si squadrò perplessa.

“Che c’è Shan?!”

“Niente … Come mai quel damerino è ripiombato nella nostra vita?”

“Owen vuole bene a Josh …”

“Questo lo so anch’io e non ci sono problemi: vorrei si comportasse meglio per July semmai, visto che è anche mia figlia”

“Lo farà.”

“Ma che diavolo dici Tomo?” – sbottò, avvicinandosi.

“Ne abbiamo parlato, alla mostra … Owen è cambiato”

“E da dove nasce tutta questa vostra confidenza?” – si alterò.

“Stiamo parlando dei nostri figli, se permetti Shan, anch’io voglio bene a July!”

Shannon deglutì a vuoto, impallidendo.

“Sono a pezzi Tomo …” – e cominciò a piangere, sommessamente, cercando il suo abbraccio.

Il chitarrista non glielo avrebbe mai negato e lo avvolse amorevole, baciandolo con immensa tenerezza.

“Ti amo Shan …” – gli mormorò nella bocca, aumentando la profondità di quel bacio.

Iniziò anche a spogliarlo, ma il batterista si ritrasse, senza irruenza – “Perdonami, non mi sento ancora bene Tomo … Mi dispiace …”

“No dispiace di più a me, una volta che avevamo l’alcova libera” – e rise, cullandolo.

“Tu sei l’amore … ed io un bastardo”

“No, ti sta sulle palle unicamente Owen … E pensare che un tempo quasi te lo sposavi” – e rise ancora, complice.

“Si è sempre comportato bene con Josh e July, però come fidanzato non è mai stato equilibrato e poi è dispotico … O mi sono perso qualcosa?” – chiese, versandosi un brandy.

“Smettila di bere Shan …”

“D’accordo … Mi scolerò una soda” – rise smarrito.

“Ti è successo qualcosa? Parliamone …” – e provò a toccarlo di nuovo, ma Leto ormai sembrava sgusciargli via, ad ogni tentativo.

“Tomo vado a farmi un giro, devo ancora comprare il regalo a Louis ed Harry” – si giustificò frettoloso.

Quindi sparì.



Le corbeille vennero sistemate lungo la scalinata, che portava al primo piano, dove si sarebbe svolta la cerimonia.

Lux seguiva attento i preparativi, disposti con largo anticipo, onde evitare sorprese.


Louis passò dal sarto per l’ultima prova, quindi ritirò scarpe, camicia e cravatta ed andò alla villa del francese, che lo salutò con molto trasporto, avvertendo un’inconsueta rigidità nel giovane.


“Mon petit … Sei ancora arrabbiato …? Per la Spa?” – domandò, appena si furono isolati, rispetto a quella confusione.

“Mai stato Vincent …” – inspirò, dandogli una carezza sul fianco destro, rassicurandolo.

“E poi l’ho voluto, almeno quanto te” – aggiunse, imporporando le sue gote lisce.

Lux lo stava letteralmente ammirando.

“Come vorrei avere più coraggio … o semplicemente essere un pazzo, Boo” – mormorò, andando al centro della stanza.

“In che senso?”

“Rapirti e portarti via da qui … Ti amo così tanto Louis e dirtelo ora, a poche ore dal tuo matrimonio con Harry è così inutile e deprimente … anzi, me ne vergogno, dovrei ragionare come un padre, visto che ti accompagnerò anche all’altare” – e crollò su di un divano, tenendosi il volto contratto.


“Tu, però, non sei mio padre … Un padre dovrei avercelo, in teoria, ma sarai tu a … a consegnarmi ad Haz” – sorrise timido ed adorabile, i suoi cieli carichi di luce.

Lux si alzò di scatto, andando ad abbracciarlo.
Voleva sentirlo, stabilire un contatto nitido, ma casto.

“La devo smettere di provocarti, Louis, qui l’adulto sono io … in teoria” – rise più disteso.

Louis lo baciò; non riusciva a farne a meno.

“Dio …” – gli respirò nel collo Lux, sentendosi morire di gioia.

“Sarai per sempre importante, per me, Vincent … Per sempre … Una parte di me non riesce a smettere di amarti e sarebbe come rinnegare un periodo, in cui tu mi hai salvato, anche da me stesso, per farmi ritornare da Harry, che domenica diverrà … mio marito” – disse quasi con stupore.

“Andarmene via per un po’ farà bene ad entrambi … anzi a tutti e tre, mon petit”

“L’Africa … Per me è un incubo saperti così lontano … quasi perduto” - e si commosse, lasciando fremere i polpastrelli sul viso dell’affarista, ormai in lacrime quanto Louis.



“Prepari i bagagli Jared?”

“Glam … sì, ma faccio presto, poi andiamo dove vuoi …” – e gli ridiede le spalle, il trolley sul letto disfatto.

Erano tornati separatamente nell’alloggio, dove tutto sembrava statico, nelle suppellettili, nella luce di quel tramonto dorato.

“Chi ti ha accompagnato?” – chiese il cantante, evitando lo sguardo di Geffen.

“E’ stato Tim … C’erano anche Kevine e Lula, poi hanno proseguito per il loro hotel” – spiegò sedendosi in salotto.


“Bene … Ecco fatto, ho pensato anche al tuo borsone … Da quanto tempo ce l’hai? E’ logoro …”

“Un secolo almeno, non scherzo, era di mio nonno materno: fu un regalo, per un compleanno, mi pare il diciottesimo … lui era un vagabondo … Ricco, bellissimo, stravagante … Forse aveva anche un ragazzo” – rise.

“Forse?” – anche Leto si mise comodo, sorridendogli, attento a quel racconto malinconico.

“Sì, insomma, c’erano delle foto per casa, lui diceva a mia nonna che quel pivello era una guida per i safari … Strano che gli capitasse sempre lui, era molto carino … credo” – rise di nuovo, strofinandosi le tempie – “Anche la memoria mi tradisce … E’ tutto sfocato … Forse me lo sono immaginato, sai?” – e lo guardò, intenso.

Jared si inginocchiò, per poi accasciarsi di lato, la testa sulle gambe di Glam, un’abitudine.
Una delle tante.


L’avvocato gli accarezzò i capelli, raccolti in uno chignon particolare.


“Sembri un samurai, Jay … combatterai per me?”

“Sì Glam …” – ed inghiottì un singulto aspro.

“Possiamo dormire un po’ tesoro? … Sono così stanco …” – e si sollevò lento.

“Aspetta, ti aiuto amore”

Gli nasceva così naturale, quel termine, dal cuore, dalle labbra morbide.

Geffen vi posò un bacio, poi quasi si aggrappò a lui, così esile, ma così forte.


“Ok … andiamo Jay …”

Leto annuì, tremando, senza aggiungere altro.




  FUNNY SHOMO

Nessun commento:

Posta un commento