lunedì 13 gennaio 2014

ZEN - CAPITOLO N. 235

Capitolo n. 235 – zen



“Sebastian mi passi del disinfettante?”

“Eccolo, tieni Glam …”

La sua voce, il suo profumo, tutto arrivò al cuore ed al cervello di Geffen come una stilettata: l’uomo sgranò le iridi turchesi, prima di alzarsi dalla sedia, davanti alla quale stazionava una bimba, all’improvviso sorridente, verso chi aveva provveduto ad esaudire la richiesta di quell’infermiere improvvisato, che tutti consideravano un padre od uno zio adorabile.

“Jay …?!” - mormorò stranito.

Lo stupore era pari alla gioia di averlo lì, al suo fianco: un posto che Glam aveva pensato come giusto, in un tempo mai abbastanza lontano per entrambi.

“Non potevo restare a Los Angeles …”

Si abbracciarono.
Forte.
Così forte da rimescolare i respiri ad un singulto reciproco, balenato negli occhi lucidi, che adesso si fissavano.

Estatici.



Scott sorrise.
Aveva i risultati e Jamie non sapeva più dove mettere le mani, seduto sulla lettiga, dove Hopper non lo aveva lasciato solo un istante.

“Tesoro respira” – provò a scherzare l’avvocato.

“Tra un secondo Marc … dopo la lettura degli esiti, ok?” – e, raccogliendo le gambe magre, tra i bicipiti asciutti e nervosi, si apprestò ad ascoltare quella che sembrava una sentenza.


“Dunque la chiamiamo fragilità capillare, dovuta a lievi sbalzi di pressione, oltre a costituire un effetto collaterale per la terapia, che non hai mai interrotto Jamie, ok?” – spiegò quasi con dolcezza il medico, accomodandosi sopra uno sgabello.

“Quindi …”

“Quindi a parte il fattore estetico, che miglioreremo con questa pomata qui, noi risolveremo il problema cambiando posologia e passando ad un protocollo nuovo di zecca, che ne pensi? Unica conseguenza un po’ di sonno, quindi non assumerlo al mattino o non metterti alla guida di un mezzo, che ne pensi?”

“Penso che … me la sono fatta sotto gente” – e tirò un sospiro di sollievo, lasciandosi abbracciare da Marc, praticamente in lacrime.

“E devo chiamare subito Kurt” – aggiunse il ballerino, tornando a guardare il consorte, che annuì, arrossendo.



Rossi preparò del tè, portandolo con un vassoio colmo di dolci, tra le lenzuola, dove il compagno si era come arrotolato.

Sembrava un gatto, pronto a fare le fusa, più che ad affrontare il discorso rimandato da Palm Springs, dove, dopo lo scontro con Hopper, aveva chiesto semplicemente a Dave di baciarlo e farlo sentire al sicuro, senza parole.

L’ex detective aveva acconsentito, con la sua tenerezza, che mai avrebbe urtato Kurt con discorsi inopportuni, di gelosia o possesso.

Rossi sapeva ogni cosa.
E capiva.


“Buongiorno …”
“Ciao Kurt” – e lo baciò tra le scapole, accompagnando il suo movimento nel voltarsi a lui.

“E’ tardi?”
“No, comunque pensavo avresti voluto mangiare qualcosa …”

“I tuoi tramezzini sono la mia passione … come molto altro” – e lo baciò, profondo.

David si sentì pervadere da un’eccitazione scabrosa, che partiva dalla gola ed arrivava all’inguine: poche ore prima, Kurt, lo aveva fatto godere, baciandolo come nessuno aveva mai fatto.

Era la sua esperienza, accumulatasi nel peggiore dei modi, a renderlo un amante formidabile; così un cuore spezzato in molte parti, che Rossi aveva ricomposto amorevole, dopo la perdita di Brandon.

Le sue foto erano ancora lì, come a guardare quanto Kurt fosse di nuovo sereno.

Un miracolo.


“Vuoi parlarne …” – abbozzò il profiler, distaccandosi malvolentieri.

“Sì …” – replicò come rassegnato Kurt, mordendosi il labbro inferiore.

“Non sei obbligato” – e gli sorrise.

Kurt scosse la testa spettinata, sorridendo anch’egli, senza remore – “E’ necessario e lo sappiamo sia tu, che io, Dave …” – lo guardò.

“So che non volevi offendere Marc”

“Ho agito in preda ad un istinto, hai ragione, forse ad un ricordo amaro e terribile … Mi … mi picchiava ogni volta ci incontravamo …”

“Crane?”

Kurt fece cenno di sì, nascondendo il volto tra le braccia, incrociate sulle ginocchia.

Rossi sciolse le sue difese, anche con un ulteriore bacio.

Rovente di un amore puro.

“Perdonami Dave …”

“Per cosa? Per essere sincero, per essere autentico? So che vuoi bene a Jamie, tu lo veneri, direi” – affermò, tra il serio e lo scherzoso, affabile come lui solo sapeva essere.

“Jam è speciale … non so spiegarti come …”

“Come lo era Jared? Tu non mi hai mai nascosto nulla tesoro e sono grato alla vita di averti, così come sei, non ti cambierei mai” – bissò convinto.

“Sì, forse due amori impossibili?”

“Probabilmente due amici concreti, due brave persone, dopo averne incontrate troppe pessime, Kurt”

“Sì … Parlerò con Marc …”

“Penso lui abbia compreso, sai?”

La telefonata di Jamie li interruppe.



La Spa dove Lux aveva organizzato un pomeriggio speciale per Louis, era stato aperto da poco sulle colline di Los Angeles, attirando comunque da subito decine di vip, veri o presunti.

Boo si guardava intorno, mentre si sottoponeva a trattamenti e massaggi, così come Vincent, che si assicurava fossero unicamente ragazze a prendersi cura di lui: nessun essere umano di genere maschile doveva avvicinarsi a Louis, il francese ci aveva scherzato sopra, prima di entrare con il suo petit.

“Harry non sa cosa si perde” – rise Lux, stiracchiandosi sul materassino, colore avorio, dopo che un’inserviente aveva servito loro uno spuntino davvero allettante.


“E’ sempre infognato in quel tribunale del cavolo, capisco la carriera, ma sta più con Sylvie e Marc, che con me!” – si lamentò imbronciandosi.

“Ed i tuoi esami come vanno?”

“Bene, manca poco alla laurea e ce l’ho fatta anche senza Ivo”

Il ricordarlo lo rammaricava e non certo per il successo o meno nell’ambito universitario.

“Su con la vita mon petit … Yum, finalmente soli, la vuoi una tartina al salmone?” – l’affarista rise, mitigando l’atmosfera e piazzandosi accanto a Louis, che gli fece posto volentieri.

“Abbiamo finito? O ci sono altre sorprese?” – chiese, morsicando lieve il bordo di quel pane bianco e farcito deliziosamente.

“No, mon petit … adesso ce ne stiamo tranquilli, poi se vuoi passiamo in sauna, una doccia e via … Anche no” – e gli accarezzò lo zigomo sinistro, guardandolo.

Boo avvampò, tornando a stendersi.

C’era un ottimo aroma nell’aria; il tepore dei loro corpi andava intensificandosi, senza che accadesse niente di particolare; non ancora, almeno.

“Louis ascolta …” – un mormorio di Lux ruppe il silenzio.

Boo non voleva deluderlo, in un misto di devozione e senso di colpa, che lo stavano come divorando.

Il giovane si abbassò l’asciugamano, che gli fasciava i fianchi stretti e proporzionati, lasciandolo cadere sul parquet.

Chiuse al tempo stesso le palpebre, lievemente tremolanti.

Vincent perse un battito, poi si abbassò tra le sue cosce, schiuse di poco, per posare baci, carezze timide, poi sempre più audaci, ma esclusive e senza pretese.

Inghiottì’ l’erezione di Louis, che si inarcò, spalancando gli occhi luminosi.

Lux ne sembrò disperatamente vorace, come se fosse l’ultima occasione, in cui essere così vicino a Louis.

“Vinc … Vincent mioddio” – gemette son petit.

“Non dire nulla … e non fare nulla Louis … Tu esisti, mi basta, mi colma di gioia, mi rende felice” – gli sussurrò nel collo, per poi tornare a farlo godere, con le labbra capaci ed ingorde.



Il giro di vaccinazioni si concluse e la presenza di Glam e Jared venne reclamata dai bimbi del dormitorio, per la consueta favola prima di dormire.

La cena veniva servita sul presto, così da permettere ai volontari un rientro a casa per un’ora decente.

Alla Fondazione restava l’equipe di specialisti ed infermieri, per il turno di notte.


“Anche le gemelline sono crollate … Hanno due anni, non so fino a che punto hanno compreso la trama” – bisbigliò Leto, riponendo i libri sugli scaffali.

“Le hai cambiate?”
“Sì Glam … Ok ed ora che si fa? Ho una fame …”

“Bene, c’è giusto un’auto che ci sta aspettando” – ribatté Geffen, prendendolo sotto l’ala sinistra, dandogli un bacio tra i capelli raccolti.


Appena giunsero all’appartamento, che Jared aveva occupato ai tempi del suo soggiorno sull’isola, al leader dei Mars si spezzò il fiato.

“Cavoli, non è cambiato nulla …” – disse sgranando i suoi zaffiri.

“Mettiti comodo tesoro, prendo i viveri dal frigo: un angelo custode l’ha riempito per noi, come …”

“Ai vecchi tempi Glam …” – inspirò Jared, prendendo posto su di una sdraio in vimini.

La luce del tramonto investì il suo volto splendido, che non conosceva cedimenti.

Geffen lo scrutò e Leto ricambiò quello sguardo innamorato.

“Ti voglio così bene Glam …”

“Anch’io angelo mio. Anch’io Jay.”



Louis si rivestì un po’ troppo svelto.

Lux gli arrivò alle spalle, già pronto ad andarsene.

Lo cinse per la vita, respirandogli nella nuca un – “Ti chiedo scusa … ho esagerato, ho abusato della tua pazienza … della tua benevolenza, mon petit” – disse mortificato.

Boo si girò di scatto, appendendosi a lui, sconvolto.

“Mi mancherai Vincent …”

“Non pensarci amore” – replicò, con naturalezza.

Louis era e sarebbe stato per sempre il suo amore intoccabile ed immortale.


Lux raccolse i polsi esili di quel ragazzo, che mai avrebbe abbandonato, condannandosi ad una lenta agonia, vedendolo felice accanto ad un altro.

Vincent si era affezionato ad Harry, per uno strano gioco del destino, che, probabilmente, ora stava giocando con lui, guascone e ribelle da sempre.

Louis lo baciò.
Improvviso.

Come quelle folate di vento, che in primavera spalancano le finestre, dimenticate aperte, quando invece si credeva averle chiuse.
Sigillate.

In fondo ad un mare, che avrebbe custodito anche l’ultimo sogno.

Il migliore.












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