Capitolo n. 235 – zen
“Sebastian mi passi
del disinfettante?”
“Eccolo, tieni Glam
…”
La sua voce, il suo
profumo, tutto arrivò al cuore ed al cervello di Geffen come una stilettata:
l’uomo sgranò le iridi turchesi, prima di alzarsi dalla sedia, davanti alla
quale stazionava una bimba, all’improvviso sorridente, verso chi aveva
provveduto ad esaudire la richiesta di quell’infermiere improvvisato, che tutti
consideravano un padre od uno zio adorabile.
“Jay …?!” - mormorò
stranito.
Lo stupore era pari
alla gioia di averlo lì, al suo fianco: un posto che Glam aveva pensato come
giusto, in un tempo mai abbastanza lontano per entrambi.
“Non potevo restare a
Los Angeles …”
Si abbracciarono.
Forte.
Così forte da
rimescolare i respiri ad un singulto reciproco, balenato negli occhi lucidi,
che adesso si fissavano.
Estatici.
Scott sorrise.
Aveva i risultati e
Jamie non sapeva più dove mettere le mani, seduto sulla lettiga, dove Hopper
non lo aveva lasciato solo un istante.
“Tesoro respira” –
provò a scherzare l’avvocato.
“Tra un secondo Marc
… dopo la lettura degli esiti, ok?” – e, raccogliendo le gambe magre, tra i
bicipiti asciutti e nervosi, si apprestò ad ascoltare quella che sembrava una
sentenza.
“Dunque la chiamiamo
fragilità capillare, dovuta a lievi sbalzi di pressione, oltre a costituire un
effetto collaterale per la terapia, che non hai mai interrotto Jamie, ok?” –
spiegò quasi con dolcezza il medico, accomodandosi sopra uno sgabello.
“Quindi …”
“Quindi a parte il
fattore estetico, che miglioreremo con questa pomata qui, noi risolveremo il
problema cambiando posologia e passando ad un protocollo nuovo di zecca, che ne
pensi? Unica conseguenza un po’ di sonno, quindi non assumerlo al mattino o non
metterti alla guida di un mezzo, che ne pensi?”
“Penso che … me la
sono fatta sotto gente” – e tirò un sospiro di sollievo, lasciandosi
abbracciare da Marc, praticamente in lacrime.
“E devo chiamare subito
Kurt” – aggiunse il ballerino, tornando a guardare il consorte, che annuì,
arrossendo.
Rossi preparò del tè,
portandolo con un vassoio colmo di dolci, tra le lenzuola, dove il compagno si
era come arrotolato.
Sembrava un gatto,
pronto a fare le fusa, più che ad affrontare il discorso rimandato da Palm
Springs, dove, dopo lo scontro con Hopper, aveva chiesto semplicemente a Dave
di baciarlo e farlo sentire al sicuro, senza parole.
L’ex detective aveva
acconsentito, con la sua tenerezza, che mai avrebbe urtato Kurt con discorsi
inopportuni, di gelosia o possesso.
Rossi sapeva ogni
cosa.
E capiva.
“Buongiorno …”
“Ciao Kurt” – e lo
baciò tra le scapole, accompagnando il suo movimento nel voltarsi a lui.
“E’ tardi?”
“No, comunque pensavo
avresti voluto mangiare qualcosa …”
“I tuoi tramezzini
sono la mia passione … come molto altro” – e lo baciò, profondo.
David si sentì
pervadere da un’eccitazione scabrosa, che partiva dalla gola ed arrivava
all’inguine: poche ore prima, Kurt, lo aveva fatto godere, baciandolo come
nessuno aveva mai fatto.
Era la sua
esperienza, accumulatasi nel peggiore dei modi, a renderlo un amante
formidabile; così un cuore spezzato in molte parti, che Rossi aveva ricomposto
amorevole, dopo la perdita di Brandon.
Le sue foto erano
ancora lì, come a guardare quanto Kurt fosse di nuovo sereno.
Un miracolo.
“Vuoi parlarne …” –
abbozzò il profiler, distaccandosi malvolentieri.
“Sì …” – replicò come
rassegnato Kurt, mordendosi il labbro inferiore.
“Non sei obbligato” –
e gli sorrise.
Kurt scosse la testa
spettinata, sorridendo anch’egli, senza remore – “E’ necessario e lo sappiamo
sia tu, che io, Dave …” – lo guardò.
“So che non volevi
offendere Marc”
“Ho agito in preda ad
un istinto, hai ragione, forse ad un ricordo amaro e terribile … Mi … mi
picchiava ogni volta ci incontravamo …”
“Crane?”
Kurt fece cenno di
sì, nascondendo il volto tra le braccia, incrociate sulle ginocchia.
Rossi sciolse le sue
difese, anche con un ulteriore bacio.
Rovente di un amore
puro.
“Perdonami Dave …”
“Per cosa? Per essere
sincero, per essere autentico? So che vuoi bene a Jamie, tu lo veneri, direi” –
affermò, tra il serio e lo scherzoso, affabile come lui solo sapeva essere.
“Jam è speciale … non
so spiegarti come …”
“Come lo era Jared?
Tu non mi hai mai nascosto nulla tesoro e sono grato alla vita di averti, così
come sei, non ti cambierei mai” – bissò convinto.
“Sì, forse due amori
impossibili?”
“Probabilmente due
amici concreti, due brave persone, dopo averne incontrate troppe pessime, Kurt”
“Sì … Parlerò con
Marc …”
“Penso lui abbia
compreso, sai?”
La telefonata di
Jamie li interruppe.
La Spa dove Lux aveva
organizzato un pomeriggio speciale per Louis, era stato aperto da poco sulle
colline di Los Angeles, attirando comunque da subito decine di vip, veri o
presunti.
Boo si guardava
intorno, mentre si sottoponeva a trattamenti e massaggi, così come Vincent, che
si assicurava fossero unicamente ragazze a prendersi cura di lui: nessun essere
umano di genere maschile doveva avvicinarsi a Louis, il francese ci aveva
scherzato sopra, prima di entrare con il suo petit.
“Harry non sa cosa si
perde” – rise Lux, stiracchiandosi sul materassino, colore avorio, dopo che
un’inserviente aveva servito loro uno spuntino davvero allettante.
“E’ sempre infognato
in quel tribunale del cavolo, capisco la carriera, ma sta più con Sylvie e
Marc, che con me!” – si lamentò imbronciandosi.
“Ed i tuoi esami come
vanno?”
“Bene, manca poco
alla laurea e ce l’ho fatta anche senza Ivo”
Il ricordarlo lo
rammaricava e non certo per il successo o meno nell’ambito universitario.
“Su con la vita mon
petit … Yum, finalmente soli, la vuoi una tartina al salmone?” – l’affarista
rise, mitigando l’atmosfera e piazzandosi accanto a Louis, che gli fece posto
volentieri.
“Abbiamo finito? O ci
sono altre sorprese?” – chiese, morsicando lieve il bordo di quel pane bianco e
farcito deliziosamente.
“No, mon petit …
adesso ce ne stiamo tranquilli, poi se vuoi passiamo in sauna, una doccia e via
… Anche no” – e gli accarezzò lo zigomo sinistro, guardandolo.
Boo avvampò, tornando
a stendersi.
C’era un ottimo aroma
nell’aria; il tepore dei loro corpi andava intensificandosi, senza che
accadesse niente di particolare; non ancora, almeno.
“Louis ascolta …” –
un mormorio di Lux ruppe il silenzio.
Boo non voleva deluderlo,
in un misto di devozione e senso di colpa, che lo stavano come divorando.
Il giovane si abbassò
l’asciugamano, che gli fasciava i fianchi stretti e proporzionati, lasciandolo
cadere sul parquet.
Chiuse al tempo
stesso le palpebre, lievemente tremolanti.
Vincent perse un
battito, poi si abbassò tra le sue cosce, schiuse di poco, per posare baci,
carezze timide, poi sempre più audaci, ma esclusive e senza pretese.
Inghiottì’ l’erezione
di Louis, che si inarcò, spalancando gli occhi luminosi.
Lux ne sembrò
disperatamente vorace, come se fosse l’ultima occasione, in cui essere così
vicino a Louis.
“Vinc … Vincent
mioddio” – gemette son petit.
“Non dire nulla … e
non fare nulla Louis … Tu esisti, mi basta, mi colma di gioia, mi rende felice”
– gli sussurrò nel collo, per poi tornare a farlo godere, con le labbra capaci
ed ingorde.
Il giro di
vaccinazioni si concluse e la presenza di Glam e Jared venne reclamata dai
bimbi del dormitorio, per la consueta favola prima di dormire.
La cena veniva
servita sul presto, così da permettere ai volontari un rientro a casa per
un’ora decente.
Alla Fondazione
restava l’equipe di specialisti ed infermieri, per il turno di notte.
“Anche le gemelline
sono crollate … Hanno due anni, non so fino a che punto hanno compreso la
trama” – bisbigliò Leto, riponendo i libri sugli scaffali.
“Le hai cambiate?”
“Sì Glam … Ok ed ora
che si fa? Ho una fame …”
“Bene, c’è giusto
un’auto che ci sta aspettando” – ribatté Geffen, prendendolo sotto l’ala
sinistra, dandogli un bacio tra i capelli raccolti.
Appena giunsero
all’appartamento, che Jared aveva occupato ai tempi del suo soggiorno
sull’isola, al leader dei Mars si spezzò il fiato.
“Cavoli, non è
cambiato nulla …” – disse sgranando i suoi zaffiri.
“Mettiti comodo
tesoro, prendo i viveri dal frigo: un angelo custode l’ha riempito per noi,
come …”
“Ai vecchi tempi Glam
…” – inspirò Jared, prendendo posto su di una sdraio in vimini.
La luce del tramonto
investì il suo volto splendido, che non conosceva cedimenti.
Geffen lo scrutò e
Leto ricambiò quello sguardo innamorato.
“Ti voglio così bene
Glam …”
“Anch’io angelo mio.
Anch’io Jay.”
Louis si rivestì un
po’ troppo svelto.
Lux gli arrivò alle
spalle, già pronto ad andarsene.
Lo cinse per la vita,
respirandogli nella nuca un – “Ti chiedo scusa … ho esagerato, ho abusato della
tua pazienza … della tua benevolenza, mon petit” – disse mortificato.
Boo si girò di
scatto, appendendosi a lui, sconvolto.
“Mi mancherai Vincent
…”
“Non pensarci amore”
– replicò, con naturalezza.
Louis era e sarebbe
stato per sempre il suo amore intoccabile
ed immortale.
Lux raccolse i polsi
esili di quel ragazzo, che mai avrebbe abbandonato, condannandosi ad una lenta
agonia, vedendolo felice accanto ad un altro.
Vincent si era affezionato
ad Harry, per uno strano gioco del destino, che, probabilmente, ora stava
giocando con lui, guascone e ribelle da sempre.
Louis lo baciò.
Improvviso.
Come quelle folate di
vento, che in primavera spalancano le finestre, dimenticate aperte, quando
invece si credeva averle chiuse.
Sigillate.
In fondo ad un mare,
che avrebbe custodito anche l’ultimo sogno.
Il migliore.
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