giovedì 23 gennaio 2014

ZEN - CAPITOLO N. 240

Capitolo n. 240 – zen



Ivan si allacciò la cravatta, sotto lo sguardo attento di Chris.

“Mmm troppo ingessato … Non credi?” – e si voltò verso il ragazzo, innamorato e sorridente.

“No, sei una meraviglia amore” – disse limpido.

Il gigante sovietico avvampò, togliendosi con cura la giacca ed esplodendo un po’ nella camicia attillata ed estremamente sensuale.

Il camerino era deserto, così cinse la vita di Christopher, con un gesto di desiderio puro e, con lo stesso, baciò il leader dei Red Close, intensamente.



Mancava poco all’alba e le conchiglie erano ancora lì, sulla sabbia.

Geffen girò intorno ad esse, con lo sguardo assorto, come a cercare una risposta, poi uno strano suono attrasse la sua attenzione.

Era un vero e proprio ritmo musicale, fatto di tamburi e campanelli.

Poco distante, infatti, alcune persone stavano danzando intorno ad un fuoco, che divampava nella notte, con lingue e scintille, piuttosto ipnotiche.

Glam pensò fossero turisti, ma l’abbigliamento non confermava la sua impressione.


Erano abitanti dell’isola: ne fu certo, una volta avvicinatosi abbastanza per farsi notare.

Le donne, intente a ballare un po’ forsennatamente, riunite a cerchio, lo ruppero per fare posto a quello sconosciuto.

In verità tutti sapevano chi era Glam Geffen, ma nessuno lo salutò esplicitamente.

Solo un uomo, il più anziano, rugoso e canuto, dai capelli alla barba, ben delineata intorno al volto, sembrò farsi avanti, gli occhi spiritati ed inquietanti.

Le pulsazioni di Glam accelerarono: quella persona lo impauriva.

Eppure lui non aveva mai avuto timore di nessuno, pensò, senza riuscire a muoversi, per andarsene da lì.

Le stelle sembrarono precipitare, in un crepitio assurdo, tra le onde dell’oceano, improvvisamente agitato.


“Dunque hai scelto?” – gli chiese greve, quello che sembrava un santone, puntandogli l’indice destro sul petto.

Geffen avvertì una fitta, quindi si svegliò di soprassalto.

Era solo, Jared si era alzato per preparare del caffè.


“Jay??!” – urlò angosciato.

“Eccomi! Ehi che succede?”

Glam era in un bagno di sudore; ricrollò sul cuscino, ossigenandosi e premendosi le costole, all’altezza del cuore.

“Mio Dio, ti senti male?? Chiamo Sebastian!”

“No … NO! … Te tesoro vieni qui … non ho bisogno di dottori … ho bisogno di te, Jay”

Il cantante si precipitò da lui, abbracciandolo forte.

“Sono qui Glam … hai fatto solo un brutto sogno … Vero?”

Geffen annuì tremante, poi iniziò a calmarsi.

Jared gli diede un bacio, rassicurandolo con il suo sorriso.

Era tempo di andarsene da Haiti.



Claudine scelse delle porcellane molto raffinate, ma Colin non era convinto.

“E tu credi che Harry e Louis le useranno?” – disse con un sorriso ironico, grattandosi la nuca.

La sorella fece una smorfia – “Certo che sì! Durante le loro cene importanti … Sei sempre il solito guasta feste e shopping! Oh, guarda, c’è Shan, ora lo chiedo a lui” – ed allegra si precipitò dal batterista, che la salutò stranito, arrossendo vistosamente, appena si accorse anche di Farrell.


L’irlandese rimase impalato tra servizi di piatti e teiere, mentre Claudine si esaltava nel sollecitare una conferma da Leto senior, sulla propria scelta del regalo.

“Sono … deliziose …” – abbozzò Shannon, senza mai smettere di fare correre lo sguardo a Colin, che si decise ad andargli vicino, anche per salvarlo da Claudine.


“Ciao … Tu cosa hai scelto?” – domandò rigido.

“Ancora niente … So che c’è una lista …”

“Sì, ma sono rimasti solo dei vasi veneziani, a me non piacciono granché” – si intromise ancora lei, senza badare alle reazioni di Colin, ormai in pieno imbarazzo.

“Ok faccio un giro, magari delle posate d’argento” – abbozzò Shan, mettendo un po’ di distanza tra sé ed il cognato.

“Le ha già comprate Owen …” – disse timido Colin.

“Non me ne va bene una allora” – e rise nervoso, rispondendo immediato ad una telefonata, che credeva provvidenziale.

Invece era Jared.

“Ehi ciao …”

“Ciao Shan, non riesco a trovare Colin, volevo avvisarvi che stiamo per decollare”

“Tuo marito è qui, c’è anche Claudine, stiamo scegliendo un presente per Harry e Louis …”

“E’ Jay?” – “Sì Colin … te lo passo …”

“Cole che è successo al tuo cellulare?”

“Qui non prende, ma ha dei problemi, è caduto nel lavandino mentre mi facevo la barba … scusami tesoro, come stai?” – chiese concitato.

“Quasi a bordo, ci sono anche Kevin, Tim e Lula, sono arrivati ieri …” – spiegò più sereno.

Ogni contrattempo gli dava un’ansia incontrollabile, da quando Geffen si era ammalato.


“Non vedo l’ora di riaverti qui amore mio …”

“Anche tu mi manchi Colin … Tra poche ore … Devo andare, ci sono i piloti, siamo autorizzati a decollare … Finalmente” – e sospirò.

“A presto Jay … salutami gli altri, ti amo tanto” – e riattaccò, inspirando profondamente.

“Stanno tornando?”

“Sì Shan …”

“Tutto a posto?”

“Jared mi sembrava oltre modo impaziente”

“E’ esaurito, prosciugato dalla condizione di Glam: sono così preoccupato per lui e noi, Colin, dobbiamo parlare” – replicò serio, approfittando del fatto che Claudine era salita al piano superiore, dove erano esposte lampade di ogni genere.

“Parlare di cosa Shan?! Di quanto siamo stati folli e stronzi??” – ringhiò a tono basso.

“Io non riuscirò a portarmi questo peso sappilo! Lo dirò a Jared in un modo o nell’altro!” – bissò adirato.
“E cosa credi Shan, che io voglia tenere nascosta a Jared questa carognata??”

Leto provò come un capogiro – “Ne morirà … Jared ne morirà … come abbiamo potuto …” – ed i suoi occhi si riempirono di lacrime.

“Shan …” – Farrell gli sfiorò il braccio destro, ma lui scappò via.



Harry raccolse le proprie cose, chiudendo poi la ventiquattr’ore con una certa solerzia.

Voleva arrivare al loft al più presto.

Erano rimasti lui e Sylvie ad archiviare le ultime pratiche.

“Dunque domani è il gran giorno e poi per due settimane vacanza …” – disse lei improvvisa, indossando il soprabito, sopra ad un tubino aderente.

Styles la guardò di sguincio, borbottando un – “Sì, le Hawaii sono splendide di questa stagione … dicono”

“Infatti, ottima destinazione” – rise, provando a dissolvere quell’imbarazzo tra loro, ormai consolidato, da quando si erano “distratti un attimo”.

“Peccato non averla fatta noi” – sospirò il giovane, chiudendosi il trench nero, molto elegante.

“I … i bottoni Harry”

“I bottoni cosa Sylvie?” – bissò asciutto.

“Ne hai saltato uno … E’ un vizio” – e sorrise, senza malizia.

Ciò nonostante Haz si sentì pungere sul vivo e prese la porta con uno strattone.

“Ehi calmati” – lo tallonò lei – “Vorrei solo che ci comportassimo da persone civili!”

“E cosa stiamo facendo?? A me sembra di essere fin troppo educato!”

La ragazza si bloccò, davanti alle ante dell’ascensore.

“Ok Harry, quel giorno sono stata sgarbata, come se fosse solo colpa tua e”

“Smettila! E taci, non vorrei che qualcuno ci ascoltasse, cazzo!” – si adirò.

“Non siamo mica in una soap, con la pettegola dietro l’angolo ad origliare, miseria!!”

“Non si può mai sapere Sylvie, spesso la vita fa brutti scherzi …”

“Come l’essere finiti a letto insieme?” – bisbigliò lei, scrollando la folta chioma scura.

“Appunto … No, non è così … Ma almeno ora riconosci di esserne responsabile anche tu, mentre quel giorno sembrava il contrario …”

“Sono stata stronza, ma non volevo ammettere che mi era piaciuto …” – arrossì – “Tu sei un tipo in gamba, molto attraente … e acerbo” – scherzò.

“Sì, il boy toy perfetto, ma dai” – e rise, sciogliendosi un minimo.


“Amici?” – e gli tese la mano.

“Amici …” – Haz sorrise e gliela strinse.

“Aperitivo?”

“No Sylvie, voglio vedere Louis … Voglio trascorrere più tempo possibile insieme a lui, perché questa professione ci farà dannare abbastanza più andremo avanti … E non voglio più deluderlo” – affermò serio.

“Ottimo lavoro Styles” – replicò serena, dandogli un buffetto, prima di scendere ai garage, dove si congedarono con un amichevole abbraccio ed un arrivederci alla cerimonia.



Louis prese fiato e si schiacciò le dita, nervoso.

“Ecco quello che mi chiedo è se riuscirò mai a fare a meno di lui … se smetterò di cercarlo …”

Brendan lo scrutava ad intervalli regolari, prendendo appunti.

“Non pensi che dovrebbe essere lui a sollevarti da questa incombenza, se ti ama così tanto?” – quasi lo provocò lo psicologo.

Boo storse le labbra – “Se Vincent lo facesse, forse, lo odierei … Noi siamo stati così bene quando eravamo una coppia, funzionavamo sotto tutti i punti di vista” – ed avvampò tenero.


Laurie sorrise – “Forse dovresti rivolgerti a quel vecchiardo di Hugh … Noi siamo cognati o lo diverremo ufficialmente, perché io voglio sposare Brent” – e si illuminò.

“Sarete felici … Ne sono certo Brendan …” – ribatté cristallino – “Mi spiace, però, che per te sia un problema ascoltarmi …”

“Non lo è affatto, ma i vincoli parentali, in analisi, spesso sono un handicap … In ogni caso, vorrei che tu vivessi il tuo rapporto con Lux in maniera più costruttiva: lui sarà per te un appoggio costante, un punto di riferimento, nel mondo degli adulti, anche un supporto economico, se mai ne avessi la necessità”

“Insomma un surrogato di padre?”

“Realisticamente … sì Lou.”

“Me ne dovrei fare una ragione, ma non è così semplice … Anzi è incestuoso!” – e rise leggero.

“Louis ami Harry?” – chiese diretto.

“Sì Brendan.” – gli confermò deciso Boo.

“Allora non so tu che impegni hai, ma il sottoscritto, domani, dovrà tirare del riso a due bravi ragazzi …” – e, schiacciandogli l’occhiolino, lo lasciò tornare dal suo principe consorte.









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