Capitolo n. 233 – zen
C’erano proprio
tutti.
I suoi figli, i
nipotini, le ex, Pamela e Sveva, le ultime a dargli dei bimbi meravigliosi, che
Geffen cullava amorevole, senza distrarsi da nessun altro.
Aveva un sorriso per
ognuno di loro, una parola, un ricordo, in un misto di malinconia e
rassegnazione, lambito dai suoni dell’oceano, che Robert, nello stesso preciso
momento, percepiva dalla terrazza all’ultimo piano, della villa di Palm
Springs.
Jude arrivò in
silenzio alle sue spalle, senza fare rumore.
“Ciao tesoro …
finalmente ti ho ritrovato” – esordì timido l’inglese, mantenendo una breve
distanza dal consorte, ancorato alla balaustra, i capelli mossi da vento, lo
sguardo perso in riflessioni a tratti amare.
“Non me ne sono mai
andato, anche se avrei voluto” – e si girò a guardarlo fisso.
“Tu qui stai bene,
Rob?” – chiese, deglutendo a vuoto.
“Sì, finchè ci sarà
Glam, sì” – replicò composto, le mani sudate.
Law sorrise a metà,
scrutando in basso, mentre si affiancava a lui – “Mancherà a tutti … amici e
nemici, complici ed amanti”
“Devo andare Jude” –
lo interruppe, scostandosi brusco.
Quando lo afferrò per
un braccio, lo sguardo di Downey si scontrò con il suo, mortificato e vivido.
Law lo liberò subito
– “Perdonami, non so più quello che faccio Rob, anzi … non lo so mai, quando ci
sei di mezzo tu e la nostra storia” – e si tamponò le guance, con le maniche
del pullover, che gli oltrepassavano i polsi.
Downey lo abbracciò,
attirandolo a sé quasi con uno scatto, prendendolo per la nuca con la destra e
cingendogli il busto con il braccio sinistro, aprendo poi, sulla schiena di
Jude, la mano a stampo, come se dovesse trattenerlo.
Nessuno se ne sarebbe
andato da quell’abbraccio.
“Robert …” – gli
singhiozzò nel collo, affranto.
Aveva così bisogno di
lui, da stare male, da non riuscire neppure a respirare.
“Jude ora calmati …
ok?” – quasi gli impose, ma con le iridi velate di dolcezza.
Quella di quei sette
anni, che li separavano, che facevano di Downey un uomo solido all’apparenza in
frangenti come questi, ma anche prossimo a sgretolarsi in mille pezzi, perché
non aveva più molte certezze.
Geffen levò il
calice, alzandosi al capotavola, dove era stata sistemata una poltrona, che
ricordava simpaticamente un trono.
Lula era lì accanto e
Glam lo teneva vicino, sorridendogli, mentre prendeva un lungo respiro.
Gli invitati
fermarono il loro chiacchiericcio in un silenzio statico.
“Bene … Non credevo
fosse possibile vedervi qui, tutti, oggi, ma è un giorno speciale e di sicuro …
irripetibile” – sorrise.
Quindi proseguì.
“Se potessi fermare
il tempo e tornare ad un giorno preciso” – fissò Lula – “io lo farei, sapete?
Invece è un’utopia e così io guardo il tempo, adesso, nei vostri occhi, lo
sento arrivarmi addosso, come l’affetto e l’amore, che mi avete riservato e che
proprio oggi sento ancora più nitidi … Ho commesso troppi errori eppure mi
avete perdonato … Sempre.” – inspirò, scuotendo un po’ la testa rasata, quindi
la sua espressione venne pervasa da una tenerezza infinita.
La tribù di bambini
lo circondò, festante e commossa, perché in parte sapevano che zio Glam era malato, anche se nessuno
dei genitori aveva voluto spiegare loro quanto fosse grave la situazione.
“Facciamo una foto,
che ne dite? Poi aprirò i regali … ok?”
I cuccioli
esultarono, lanciando coriandoli dorati e porgendo a Geffen anche dei bouquet
di rose bianche e celesti, come le sue iridi, ormai invase da un pianto, non
più rimandabile.
Lo mascherò alla
meglio, sedendosi, per prendere sulle ginocchia Isotta, Jay Jay, Alexander e
Sebastian, mentre Lula sistemava come poteva anche gli altri cuginetti ed il
fratello Josh.
Shannon e Tomo si
improvvisarono reporter, mentre Jared e Robert spostavano bicchieri e
stoviglie, agglomerando pacchi e pacchetti sulla tovaglia in seta avorio.
Era tutto così bello.
Così perfetto, pensò
Geffen, mentre faceva correre la sua vista, annebbiata dalle lacrime, tra
quelle testoline cariche di sogni e di innocenza.
Il futuro apparteneva
a loro.
Louis si grattò
nervosamente la nuca, abbozzando un sorriso, mentre Vincent lo informava di una
novità.
“Africa … Ma starai
via molto?” – chiese il giovane, un po’ smarrito.
“Un paio di mesi mon
petit … E’ volontariato, mi farà bene …” – aggiunse quasi imbarazzato, poi
chiarì ulteriormente la sua scelta.
“Sai Louis, quando
Jacques morì, questo progetto mi salvò … Ed anche ora, in occasione del tuo
matrimonio, per me, sarà come una sorta di lutto, capisci? Non volermene, non
sto tracciando un paragone con mio figlio e quanto accaduto a lui: quella è
stata una disgrazia terribile, mentre voi vi avviate alla felicità, che
meritate a pieno, sia chiaro” – e sorrise, dandogli una carezza sugli zigomi
asciutti.
“Sì, sì, io so di
avere pretesto troppo da te e” – tremò.
Lux gli spostò le
ciocche dalla fronte, dove posò un bacio d’impeto, sussurrandogli – “No, no,
sai che ogni cosa che faccio, per te, viene da qui” – e portò le mani di Boo,
intrecciate alle proprie, su quel cuore, che gli aveva consegnato da un pezzo.
“Ora non piangere Lou
… Sta arrivando Harry, dai …”
“Ok, ok” – tirò su
dal naso, infantile ed irresistibile – “Ma potremo sentirci, al telefono, al
pc?” – domandò trafelato.
“Temo di no … Avrò un
satellitare, però la zona è davvero isolata”
“Ma non pericolosa
vero?”
“No … a parte qualche
leone” – e rise di gusto, alzandosi dalla panchina bianca, per accompagnare
Louis verso il futuro coniuge, che non capì cosa stesse succedendo.
“Boo che hai?” – e lo
strinse a sé, puntando Lux, un po’ torvo.
L’affarista, senza
scomporsi, illustrò anche a lui quanto aveva deciso ed Harry approvò, anche se
perplesso – “Un’iniziativa lodevole Vincent … Tornerai per fine maggio, quindi?”
“Sì, l’idea è questa …
Ora vi lascio” – e con le mani in tasca, senza più guardarsi indietro, ma con i
cieli di Louis ficcati tra le scapole, Lux si allontanò verso il centro della
festa.
C’era uno spicchio di
azzurro, tra le tavole di legno, dipinte di bianco; il ricovero per gli
attrezzi era isolato, rispetto alla villa, ci si arrivava da un sentiero, che
attraversava la caletta privata di Geffen.
Lui non c’era.
C’era Jude e le sue
mani grandi, a tenerlo sollevato.
C’erano le sue spalle
smagrite, ma sufficientemente robuste, per aggrapparsi e sentirsi sospeso, per
Robert, che non voleva essere guardato da Jude, mentre questi, gli risaliva
dentro.
Così lo teneva
saldato al proprio busto, percependo quello di Law febbrile, nudo, nel
bloccarlo contro la parete ruvida, senza avere tolto a Downey la casacca scura,
perché non si facesse male.
Robert non voleva
nemmeno baciarlo.
Voleva semplicemente
ricordarlo in luoghi diversi, dove la scena si incastrava a meraviglia, intrisa
d’amore e non di disperazione, come in quell’istante.
Lula raggiunse con
una corsetta il gazebo, dove Farrell restava seduto sugli scalini da più di
venti minuti.
“Ciao zio!” – lo salutò
vivace.
“Tesoro … ciao, come
stai?” – lo accolse gradevole.
“Ho mangiato due
fette di torta!”
“Bravissimo …” –
sospirò, con un sorriso spento.
“Senti io … volevo
ringraziarti per quello che stai facendo per il mio papà” – gli disse più
serio.
“Ti ringrazio soldino
… Ma non ho alcun merito, sai?”
“Oh no sbagli …” – e fece
una faccina buffa.
“Il tuo papà è felice
quando c’è Jared, chi più di me può capirlo?”
“Sì, però …”
“Lo so Lula … Ho
accettato questa … questa cosa, questo periodo, perché trovo giusto sia così …
anche se sono geloso e” – sorrise più leggero.
“Lo sarei anch’io!” –
puntualizzò il bimbo, con la consueta vivacità.
“Sì … Tu non sei
spaventato, Lula?”
“No”
“Sai qualcosa, che
non puoi dire a nessuno?” – domandò curioso, dandogli un buffetto.
“So che siete
meravigliosi … E che papà non potrebbe essere più fortunato”
“Una strana fortuna …”
Geffen chiuse il
trolley, controllando il passaporto ed i documenti, che Hopper gli aveva
consegnato.
“Dove stai andando?”
“Jared …”
“Glam, che stai
facendo?” – ed entrò nella stanza dell’avvocato, chiudendo la porta.
“Vado ad Haiti: il
jet di Antonio decolla tra un paio d’ore, in serata dovrei essere a
destinazione”
“Ma scherzi?!” – sbottò
il cantante incredulo.
“No Jay, perché dovrei?
Devo sistemare un miliardo di cose al centro e”
“Nelle tue
condizioni?” – protestò.
“Ora o mai più, Jared”
– rise, arrossendo.
“Ma … Ma le tue
terapie, la cura e le chemio”
“Starò via pochi
giorni, torno per le nozze di Harry e Louis, domenica prossima, le hai
dimenticate?” – e lo abbracciò, quasi a consolarlo.
“No, io non le ho
dimenticate, ma tu lo hai fatto con la tua salute ed il buon senso a quanto
pare!”
Glam lo baciò,
rimescolandosi al suo sapore ed a quei capelli lunghi, dai riflessi dorati.
Quando si staccarono,
Jared era sconvolto.
“Sono incorreggibile,
giusto?” – bisbigliò Geffen, dandogli ancora una carezza, prima di andare via.
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