Capitolo n. 122 - sunrise
Lula aveva scorrazzato per il parco sul suo mini quad, poi era rientrato di corsa, sempre sotto scorta di Vassily, fino alle braccia di Kevin.
“Ok facciamo il bagno campione, tra poco arriva papà”
Il bassista lo disse spontaneo, era una frase abituale, che non diede noia a Tim, rannicchiato sul divano.
“Ciao!” – esclamò il bimbo nella sua direzione, strappandogli un bel sorriso.
“Ciao Lula … Ho saputo che mangerai una mega pizza oggi.”
“Yeahhh sì sì … Perché non venite anche voi?!” – chiese entusiasta.
Kevin e Tim si guardarono, come spaesati.
“Magari … cioè non so se”
“Un’altra volta, giusto Kevin, se non è un problema per te …” – disse timido.
“Affatto … e poi noi andremo al Master burger domani a cena Lula, giusto? E ci viene anche Tim.”
“Prima dillo a Geffen …” – mormorò flebile.
Kevin portò via il figlio, facendogli un cenno di assenso ed un sorriso imbarazzato.
“Ok arrivati Jared … dai un bacio ai piccoli da parte mia.”
“Non entri un attimo? Così lo fai personalmente Glam …”
“Meglio di no.”
Jared si guardò la mano, priva dell’anello di Geffen e su questi, notò la mancanza della triad.
“L’ho tolta … per rispetto a Kevin …” – lo anticipò.
“Ed io a Colin …” – e inspirò, prendendo quasi coraggio a scendere.
“Ci vediamo domani sera, se hai bisogno prima, sai come trovarmi Jay.”
Leto annuì, inforcando gli occhiali da sole, sfiorando con la mano sinistra il volto di Geffen, teso per quella situazione complessa.
Colin disse a miss Wong che sarebbe stato assente per lavoro fino alla domenica sera e lei riferì a Jared il messaggio.
“Non c’è …? Strano …”
“I pargoli sono di sopra ed i ragazzi al centro ricreativo, ma stanno arrivando.”
“La ringrazio, ci vediamo a tavola allora …” – replicò sconsolato il cantante, cercando con lo sguardo la presenza del compagno almeno nelle fotografie, ma molte sembravano sparite.
In effetti ce n’erano a decine di lui, da solo, con i bambini, idem per Colin, ma della coppia insieme nessuna.
Jared provò un nodo allo stomaco ed una fitta.
Chiese un bicchiere d’acqua ed assunse la bustina di micro granuli, riprendendo poi fiato, per superare il disappunto verso quelle amare novità.
L’edificio gli sembrava deserto, ma in realtà non lo era affatto: anche Colin c’era, nascosto nell’ala ovest, davanti ad una serie di monitor, installati per la sicurezza della End House, da una nuova società, a titolo di prova.
Era un sistema completamente wireless, di web cam, collocate ovunque.
Era stata studiata una posizione strategica per lui, prima di sistemarli nella dependance occupata da Richard e Simon, se Farrell ne avesse confermato l’acquisto.
La trasmissione era di ottima qualità e così il sonoro.
I movimenti di Jared lo stavano emozionando, ma mai quanto il suo comportamento quando arrivò alla nursery per cambiare i gemelli, dopo avere salutato Amèlie ed Isotta, impegnate nei giochi con Catherine, in visita al fratello.
Con Jared si salutarono calorosamente, nonostante le circostanze.
“Sono felice di vederti … Colin non mi aveva avvisato.”
“Mi fermo solo per il week end Jared.”
“Ok … Credevo di trovare anche Cole …”
“Mi ha detto che deve girare un film o meglio rifare delle scene …” – spiegò distratta dalle bimbe.
“Sì … sì certo, ora vado da Thomas e Ryan, si sono svegliati …”
“Già, senti che casino che fanno!” – e rise, congedandolo.
“Papà!!”
Lula gli volò sul cuore, come sempre.
Tim era rimasto in quel salotto, a leggere un libro: quando Geffen transitò, concentrato sul suo soldino di cacio, il giovane scattò in piedi, come un soldato, sentendosi stupido.
“Ciao peste … ehi … sai che pesi?” – disse l’avvocato ridendo, arrossato per lo sforzo – “Meglio che mi sieda.”
“Salve Glam … vuole bere qualcosa?” – e nel dirlo, Tim si affrettò a portargli una bibita fresca.
“Ciao … grazie, ma dov’è Kevin?” – domandò.
“Ora arriva …”
“Sono qui, ciao Glam.”
“Buongiorno Kevin, tutto bene?” – e nel chiederlo, Geffen scrutò i segni sul viso di Tim.
“Sì … Tu come stai? Sembri affaticato.”
“E’ tutto a posto”
“Papà non stai bene?”
“Ma no cucciolo” – e gli diede un bacio – “Andiamo?”
“Okkeii!! Ciao Tim, ciao papi!!” – e si affrettò a dare una coccola a Kevin, che provò a nascondere gli occhi lucidi.
Quando furono in auto, Geffen ricevette una chiamata.
“Ehi abbiamo dimenticato qualcosa Kevin?” – domandò allegro.
“No … no, è che c’erano Lula e Tim, non volevo che ascoltassero …”
“Che succede …?”
“Tra una settimana abbiamo la prima udienza Glam.”
“Non ho ricevuto alcun avviso” – ribatté di colpo seccato.
“Arriverà, ma la condizione era che te ne parlassi io e”
“Ok l’hai fatto e se è ciò che desideri, andremo avanti come meglio credi Kevin.”
“Io non” – ma Geffen chiuse la telefonata bruscamente, imponendosi il sorriso, davanti alle occhiate birichine di Lula, che gli stava spiegando quanto fosse bello il pony di Violet.
“Te ne compro uno se vuoi tesoro” – affermò, con la gola strozzata.
“Maddaiii dove lo mettiamo a Palm Springs!!”
“Pensavo lo tenessimo alla Joy’s house …”
“Papi vuole venderla, lo diceva a Tim, a colazione … Poi lo avrebbe comunicato anche a te, se eri d’accordo!” – precisò Lula.
“Non ne so nulla, quella è la tua casa, non sarà mai venduta, ok?”
“Ok papà … ma non arrabbiarti.”
“Assolutamente” – e rise a fatica – “Siamo arrivati … con i peperoni e le acciughe dunque??”
“Naaaaaaaaaaaaaa!! Wurstel e patatine fritte sopra!!!”
Colin si contorceva le mani.
Avrebbe voluto essere con Jared, a cambiare Thomas e Ryan, come Leto stava facendo amorevole, però l’incontro in aula incombeva e Bishop gli aveva letteralmente imposto un distacco nelle ore precedenti quell’appuntamento fondamentale.
Il legale gli aveva garantito una riuscita ottimale e veloce.
Farrell non aveva approfondito, chiedendo spiegazioni sulla strategia e sull’esito di quella vertenza, alla quale mai sarebbe voluto giungere.
“Ryan sei tremendo … guarda tuo fratello … guarda com’è calmo” – sussurrò Jared, abituato alle intemperanze di quei monelli ed a non soccombere, se non ad una commozione pressante.
“Metterti il pannolino è un’impresa, ma con me non la scampi, sai?” – e rise, tirando su dal naso e passandosi l’avambraccio sullo zigomo destro.
Colin zumò, notando le lacrime ormai copiose, udendo la voce spezzata del suo amore più assoluto.
“Jay …” – disse debole ed angosciato.
“La tutina la conosco … l’abbiamo comprata io e” – Jared si bloccò.
Mise Ryan nel trasportino, senza smettere di accarezzare sia lui che Thomas, ricoprendoli di baci.
“Vi … vi amo così tanto … siete … Io vi amo da impazzire …” – e li strinse, pensando che somigliavano terribilmente a Colin.
Jared provò a controllarsi, specialmente vedendo un principio di agitazione in Ryan e Thomas.
Citofonò a miss Wong chiedendole di raggiungerlo e di provvedere lei con Catherine alla riunione di tutti in sala da pranzo.
Rimise i Ray ban, defilandosi appena la donna varcò la soglia – “Grazie, devo cercare dei vestiti, a tra poco.” – si giustificò sbrigativo, per poi sparire nel corridoio.
Colin non ne perdeva un passo, sino alla loro stanza.
Jared si mise alla scrivania, dove c’era la sua vecchia postazione multimediale.
Collegò il suo palmare al pc, agendo affannosamente, ma con determinazione.
Scaricò parecchie immagini, anche datate, per poi stamparle.
Decine e decine di fogli, che Jared sparse sui mobili, sui cuscini, ovunque, con furore, singhiozzando.
Per un capogiro, crollò, disperandosi maggiormente.
Quando due mani lo afferrarono per le spalle, ebbe un sussulto, che quasi gli fermò il cuore.
“Jay … maledizione, Jay calmati!!”
Il sembiante di Farrell gli apparve sfocato dal pianto e dal malessere generale, che lo aveva investito.
“Vaffanculo!! VAFFANCULO COLE!!” – gli urlò drammaticamente, per poi spegnersi in un sommesso – “Vaffanculo Cole … sei un bastardo … sei un”
Un bacio.
Uno di quelli che possono soltanto o farti incazzare ancora di più oppure renderti felice, visceralmente felice, dopo troppo dolore.
Come se una ferita d’arma da fuoco, potesse essere curata con un cerotto: stessa efficacia, medesima utopica follia.
Quando si staccarono, Jared era sfigurato dalla tensione e dalla sorpresa.
Colin stava piangendo, fissandolo con quegli occhi di oro nero, liquido ed ipnotico.
“Sono … sono diventato il burattino per i tuoi giochetti Colin …? Mi stavi spiando? … Mi hai messo alla prova per capire se ci tenevo a te?!!”
La realtà delle cose era come piombata nella stanza, appena Jared vide una microcamera sconosciuta, penzolare dai tendaggi.
Un led lampeggiava, forse per un guasto, cosa che invece non era per una seconda ed una terza apparecchiatura, di cui Leto si accorse, facendo correre le sue iridi infuocate, in giro per l’ambiente circostante.
Tutto tremava.
Kevin dentro di lui, la spalliera imbottita di quel baldacchino moderno, che sarebbe dovuto restare immobile.
Persino le pareti, gli oggetti, alterati dalla sua visione fluida ed appannata, dalla condizione di avere qualcuno, che ti esplorava, ti spingeva ed opprimeva, come stava facendo Kevin.
Tim, avvinghiato a lui, ma non scultoreo, integro, deciso quanto Kevin, nel possederlo.
Il giovane sentivo le braccia deboli, le gambe sospese, i talloni che rimbalzavano sulla schiena di Kevin, ad ogni suo affondo, cadenzato da respiri carichi di lussuria, ma anche angoscia.
Tim si era nascosto, mentre l’altro telefonava a Geffen.
Lo aveva visto piangere, ma adesso, che Kevin lo stava letteralmente scopando, Tim a tratti se lo immaginava al proprio posto, con Glam che si imponeva, che lo gravava del movimento dei suoi fianchi più solidi e robusti, del suo sesso, che andava ingrossandosi ad ogni gemito del più giovane.
Ora non era più Kevin il più giovane, però.
Ora il mondo si era capovolto o non esisteva più, semplicemente, come Tim lo aveva conosciuto sino ad un istante prima di innamorarsi di Kevin.
Jared si precipitò in bagno, incurante delle parole sofferte di Colin.
Si sentiva vittima di una manipolazione, anche se mossa dall’amore incredibile, che Farrell non avrebbe mai smesso di provare per lui.
“Non sono più capace … forse non lo sono mai stato … in grado di fare la cosa giusta per te Jay”
“Smettila!!” – gli ringhiò tornando, dopo essersi sciacquato abbondantemente il volto ed usato un collirio decongestionante, per non apparire ai figli in uno stato pietoso.
“Jared”
“Tu per l’ennesima volta hai giocato con ciò che sento per te Colin! Hai dato per scontato il mio perdono, dopo esserti fatto Kevin, tanto quello stronzo PATETICO del sottoscritto ti avrebbe dato una pacca e magari liquidato la tua cazzata come un incidente di percorso trascurabile!! Sai quale può essere, invece, la realtà, eh Cole?? Forse siamo diventati due uomini ignobili, anzi, immondi!! Ed abbiamo ammorbato con i nostri egoismi anche persone bellissime come Kevin o Glam o persino Justin!! Te lo ricordi, vero, Justin??!”
Farrell era ormai addossato alla carta da parati, un’emicrania gli spaccava in due la testa.
Jared se ne andò, scendendo in giardino per una breve passeggiata all’aperto, dove una brezza fresca sembrò aiutarlo a tranquillizzarsi.
Colin si chiuse a chiave, fece una doccia e si coricò, non senza assumere un paio di sonniferi.
Era l’oblio, che l’irlandese frapponeva tra le disastrose iniziative per riavere Jared con sé e un nuovo giorno, dove avrebbero potuto almeno comportarsi da genitori assennati e non da relitti, come si consideravano entrambi, ormai.
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