mercoledì 13 giugno 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 131

Capitolo n. 131 - sunrise


Era la quarta volta che Colin lo chiamava.
Jude non poteva rimandare oltre una risposta.
“Ehi ciao …”
“Jude … ciao, dov’eri finito, sempre al lavoro?”
La voce dell’irlandese era allegra, mentre nel cuore di Jude si era spezzato qualcosa, irreparabilmente.
“Sì, siamo piuttosto impegnati …”
“Stavate cenando?”
“No, già fatto, Rob è sceso nella via qui sotto, con Camilla, c’è una boutique aperta fino a tardi e lei ha visto un vestitino con il cappotto rosso … La bimba adora questo colore”
“Sì lo so Jude … Senti stavo pensando a noi …”
“In che senso?” – chiese brusco.
“Nel senso che … in aula ecco …”
“Ti ho mandato una e-mail Colin”
“Ed io ti ho risposto, però”
“Però niente, ti ho chiesto scusa” – protestò, avvampando.
“Jude stammi a sentire …” – replicò pacato Farrell – “O forse non ti fidi più di me?”
Ci fu un imbarazzante silenzio.
“E’ comprensibile UK buddy … Potresti dirlo soltanto a Robert, è un argomento delicato”
“Di che diavolo parli?!”
“E’ stata una semplice associazione di idee, ma dovremmo parlarne di presenza, non al telefono Jude.”
“Devo andare”
“No, non devi, ma potresti sfogarti con me”
“Non me la sento Colin”
“Ho fatto del male a Jared, ma ora siamo tornati insieme …”
Jude inghiottì a vuoto – “Siete …?”
“Sì e ne sono immensamente felice …”
A Jude sembrò di vederlo, quel sorriso raggiante, a cui voleva bene, prima che Colin …
Jude non voleva neppure più pensarla quella parola orrenda.
“Ciò non toglie” – proseguì Colin –“che i miei sbagli restano incancellabili e devono esserti sembrati così scomodi e brutali, dopo che hai subito un’aggressione Jude …”
“Sì … hai ragione …” – disse come cristallizzato.
“Io temo che … che quel maledetto stronzo non ti abbia solo dato un sacco di botte Jude, io penso che …”
Un'altra pausa.
Due lacrime scesero dalle iridi di Law.
“Ti … ti prego … non farmi questo Colin …”
In un tono vuoto, quanto dilatato dalla disperazione, Jude sembrò supplicare Colin, come avrebbe fatto quella notte, se solo si fosse reso conto di quanto stava accadendo, nella speranza che non gli facesse del male, che la smettesse di toccarlo, spogliarlo, invaderlo, come certamente era successo, mentre l’inglese era privo di sensi.
“Voglio solo aiutarti Jude”
Il cellulare del biondo finì contro alla parete del soggiorno.
Lui rimase seduto sul tappeto, appoggiato al divano, le gambe raccolte, tremando, come non avveniva da giorni.


Jared passeggiava nel parco, per poi fermarsi alle panchine, davanti al laghetto, dove le ninfee si erano raggruppate nel centro, a causa del vento, che gli stava scompigliando i capelli.
Colin gli si avvicinò quasi con cautela.
“Amore …” – lo salutò Leto, aggrappandosi a lui, in una stretta, che Colin accolse con una gioia, mai scontata.
“Ci sono Jay … ci sarò sempre …” – e lo baciò, cercando il contatto con la sua pelle, sotto alla felpa.
Si accorse infine del suo pianto, provando a consolarlo.
“So che non è stato facile …”
“Affatto Cole … Mi ha rispettato … mi ha voluto bene, Glam”
“Non smetterà e so che per te è essenziale, non posso e non voglio impedirlo, ho piena fiducia in te, anzi, in voi, Jared.”
“State dimostrando entrambi una comprensione, che mi sconvolge … Non ne sono sorpreso, però è come se fossimo cresciuti Cole …” – e sorrise, tornando a sprofondare nel collo di Farrell, come se fosse stremato da quelle ore.
“Jay …”
“Cosa …?”
“Facciamo l’amore?”
Se lo dissero, senza guardarsi, non era necessario.
Jared annuì, tirando su dal naso.
Colin lo prese per i polsi delicatamente, baciandoli, prima di tornare verso casa.


“Come ti senti Glam?”
“Credevo fossi andato via Scott …”
“Ti preparo da mangiare, puoi rimanere lì, anche se”
“Mi sono spiaggiato …”
Risero piano.
“Ok, ti raggiungo nel living, dammi dieci minuti.”
“Fai con comodo … Pasta al pesto? Ne ho visto un barattolo nel frigo.”
“Lo prepara Antonio, con Carmela, è ottimo … Un po’ indigesto per me”
“Basta aggiungerci del limone Glam.”
“Limone?”
“Sì, ti fidi?”
“Di te sempre Scotty.”


Kevin bussò, prima di suonare il campanello.
Udì dei rumori, poi la blindata si aprì lentamente.
“Mi fai entrare …?” – chiese educatamente.
Tim era in boxer, una lattina di birra nella mano sinistra, gli occhi arrossati, spettinato e bellissimo.
Il ragazzo si scostò, tornando in camera, dove Kevin lo seguì in silenzio.
“E’ successo qualcosa …?” – chiese con voce incolore, tornando a letto per riabbracciare il cuscino.
Kevin si tolse la giacca in pelle, piazzandosi scomodamente sul bordo, al lato opposto rispetto a quello di Tim, che non smetteva di fissarlo.
“Ero preoccupato …”
“Sensi di colpa Kevin? Risparmiameli, li detesto.” – disse serafico.
“Detesti anche me?”
“Abbastanza.” – e stropicciandosi la faccia, gli diede le spalle – “Vorrei dormire.”
“Hai mangiato Tim?”
“No”
“Potrei cucinarti … No, meglio che ordini la cena” – abbozzò un sorriso.
“Fai come vuoi.”
“Vorrei fare ben altro.”
“Allora fallo, tanto io non decido mai niente, probabilmente non sono all’altezza, ha ragione la Madison, sono un mediocre.”
Kevin ebbe un moto di stizza: scalciò via le proprie scarpe, e quasi si avventò su Tim, rivoltandolo a sé, stringendolo e baciandolo con una foga inaudita.
In risposta, il giovane si allacciò a lui, come se volesse sentirlo il più possibile, ma non gli bastava: strappò letteralmente gli abiti a Kevin, in preda ad una frenesia reciproca, fatta di baci, carezze profonde, che andavano a segnare tutte le porzioni di pelle disponibili.
Tim scoppiò a piangere, senza staccare però le loro bocche, finché Kevin sembrò imporre una tregua, contemplativa ed estatica.
Passò le dita tra le ciocche di Tim, guardandolo amorevole.
“Andrà bene … voglio impegnarmi con te, io voglio stare con te …” – disse convinto il bassista.
“Anche se non valgo niente …?” – replicò tremante, le pulsazioni a mille, per i sentimenti che Kevin suscitava nel suo cuore ribelle.
“Sono io a non meritarti abbastanza Tim e tu questo lo sai … lo sai e basta” – si baciarono di nuovo, facendo scivolare l’intimo sino alle rispettive caviglie, liberandosene con uno scatto nervoso ed impaziente.
Poche spinte, lubrificate unicamente di saliva, furono sufficienti a Kevin per sancire anche un’unione carnale con quell’angelo dalle iridi di cielo, ancora troppo spaventate per potergli dichiarare un amore acerbo, ma ormai concreto.







RYAN PHILLIPPE is Kevin - pic 2012

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