Capitolo n. 127 - sunrise
OSD: listen while you read, if you want: Mario Venuti - Quello che ci manca
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Erano arrivate le cinque di mattino, nel silenzio increspato unicamente da un vento caldo e carico di profumi.
Eppure alle narici di Jared arrivò sopra agli altri, quello del dopo barba di Colin.
L’attore si era seduto sul bordo di quel giaciglio semplice nella struttura, ma arricchito con l’unica persona dalla quale dipendeva, a volte in modo sublime, in altre senza scampo: a Colin non importava, quando si ama davvero qualcuno, è inevitabile succeda.
I polpastrelli di Colin, nonostante il clima, fremevano, gelidi, tra le ciocche di Jared, che si destò con un sussulto, chiamando il suo nome.
“Cole …” – ancora prima di rendersi conto che era proprio lui.
“Tienimi con te Jay”
Jared si sollevò, spuntando da quell’involucro con una maglietta di Shannon, troppo grande per il suo fisico asciutto.
“Colin” – mormorò, stringendo l’irlandese a sé.
Fu come rinascere, al rallentatore, assaporando un attimo dietro l’altro, nell’imparare istintivamente a respirare, a vedere, a toccare, investiti dapprima da una luce, poi dai colori, dai suoni, dall’odore buono di chi era stato separato da noi, ritrovandolo simbiotico e pronto a riceverci.
Era un bacio, simile ai precedenti, innumerevoli negli anni della loro relazione, ma così diverso, a sancire l’ennesimo inizio dopo l’ennesima fine.
Jared prese per mano Colin, portandolo al piano inferiore, nella stanza retrostante l’ambulatorio di Scott, dove il cantante dormiva di solito.
Farrell inciampò in una seggiola, poi un attaccapanni, mentre invece Jared sembrava abituato a quel riverbero lieve, che filtrava dai finestroni protetti da grate e vetri anti proiettile.
Chiuse a chiave – “Staremo meglio qui Colin … se vuoi …”
L’irlandese annuì, lasciando cadere il suo zaino.
Jared sorrise, affrettandosi ad abbracciarlo di nuovo e più intensamente di prima, baciandolo ancora ed ancora.
Sembrava che nulla più contasse, che quanto accaduto fosse divenuto polvere: gli errori, gli insulti, le liti, i rancori.
Colin crollò in ginocchio, trascinando anche Jared in quella caduta, perché loro dovevano essere insieme nel bene e nel male.
Due semplici parole, che si riaffacciavano nel quotidiano, in qualche rimprovero ai loro bambini o nel rinfacciarsi il passato, fatto di periodi smembrati dalle incomprensioni, ma contemporaneamente reso unico ed incancellabile da altri istanti di autentica gioia.
Gli stessi termini, rimescolati ai loro nomi, Jared e Colin, alle scelte portate avanti senza ascoltare chi stava loro intorno, ma soprattutto i battiti del cuore, soffocati dall’orgoglio.
“Lo sbaglio più grande che ho fatto Jared è stato odiare il tuo amore per qualcuno che non fossi io”
“Colin”
Jared non riuscì a replicare, l’indice ed il medio di Farrell si erano posati delicatamente, ma diretti, sulle sue labbra – “Tu non sei mio Jay … Sei dei figli che mi hai dato, senza preoccuparti del prezzo da pagare, pur di accontentarmi”
“Ho amato farlo Cole”
Farrell annuì, tremando, senza smettere di incidere sulle guance di Jared degli arabeschi, riconoscendo nel suo sembiante l’anima che aveva perduto, con quella dignità riconquistata, essenzialmente grazie al suo ragazzo americano.
“Tu mi hai dato troppo Jay, anche ora … ho tanta paura di perderti, ho così paura di non poterti rimanere accanto …”
Si allacciarono nuovamente, spogliandosi, su iniziativa di Jared, che sentiva bruciare le lacrime sulla pelle rigata dal sole africano.
Si rialzarono e Colin lo prese in braccio, portando Jared sul letto.
Una zanzariera bianca circondava quel baldacchino improvvisato, ma senz’altro più comodo della branda in terrazza.
Colin sarebbe anche restato sul pavimento in legno grezzo, pur di non rinunciare a quella meravigliosa riconciliazione.
La sentì ben oltre quel significato, incontrando negli occhi di Jared la medesima impressione.
Qualcuno accese la luce nel corridoio, illuminando di poco la camera, grazie ad un lucernaio in plastica arancione.
La pelle dei loro corpi sembrò avvampare, già madida per la temperatura di quell’ambiente ridotto.
“Sei bellissimo Jay …”
A quel complimento, il cuore di Jared gli saltò in gola.
Capì quanto fosse stato assurdo ed inutile allontanarsi da Colin, di quanto l’aveva desiderato al proprio ritorno da Haiti, di come si fosse convinto, senza alcuno sforzo, che era pronto a condividere il domani con lui, con suo marito.
“Io … sono tuo Cole …” - mormorò, cercando con urgenza la sua bocca, soffocandola con i propri baci, umidi e sconvolgenti.
Colin brandì i suoi polsi, conducendoli oltre la testa del consorte.
Intrecciò le loro mani, muovendole sinuose, come il proprio sesso, che scivolò facilmente in Jared, dischiusosi senza remore a quella rovente invasione.
Colin fece durare l’amplesso il più a lungo possibile, cambiando le rispettive posizioni, in modo fluido e terribilmente erotico, dando un piacere smisurato al compagno.
Quasi al culmine, Farrell si accovacciò sulle gambe piegate, al centro del materasso, senza staccarsi da Jared, che gli dava le spalle e che lo seguì, creando una figura armonica nel suo incastro perfetto.
Colin lo aiutò ad ondeggiare, ancorando i palmi ai suoi fianchi sottili, dirigendolo in ogni angolazione più consona al suo massimo ludibrio: Jared si piegò in avanti, stordito dall’estasi.
Si aggrappò alla testata ed inarcando la schiena, accelerò il proprio ritmo nel spingersi più a fondo il membro di Colin, ormai allo spasimo, ma attento nel masturbare Jared affinché venissero all’unisono.
“Vo-voglio guardarti amore” – ansimò il moro, uscendo da lui improvviso, per rimetterlo in posizione supina.
Colin riaffondò, gemendo nel baciarlo e fissarlo, fondendo quegli sguardi di inchiostro e mare, capaci di trasportarli in quell’oltre, che nessuno conosceva quanto loro.
L’orgasmo fu calibrato, dosato, centellinato da Farrell, come se da quel defluire di umori reciproci, ad ogni singola goccia, corrispondesse un “perdonami”, ripetuto senza parlare, ma mai così tangibile e sincero, come in quel momento.
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