mercoledì 20 giugno 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 134

Capitolo n. 134 - sunrise


Il cellulare di Tim suonò a lungo, mentre lui si attardava sotto la doccia.
Pensava, anzi sperava, fosse Kevin, ma quando vide un numero sconosciuto, esitò nel rispondere.
Si arrese alla curiosità, ma all’altro capo riconobbe subito la voce squillante di un bimbo, che già adorava.
“Ciao Tim, sono Lula!”
“Tesoro … ciao …”
“Hai già pranzato?”
“No … Hai qualche idea?” – e sorrise.
“Sì! Vieni qui dal nonno, ma portati anche maglioni, pantaloni pesanti, cose da montagna insomma, così ti unisci a noi, vero?” – e rise allegro, quanto contagioso.
“Dove …?”
“In Colorado, ci sono anche gli zii, la mia Violet, i cuginetti, ci sono Pam e Carmela, con il suo bebè, che deve ancora nascere!”
“Sembra interessante Lula, però io”
“Non accetto rifiuti! Ehm, l’ho sentita al cinema questa frase ahhahaha … Comunque ci sono anche papà Glam e papà Kevin … A proposito di lui, se ne sta in giardino con un muso, sapessi …” – ed enfatizzò l’ultima frase.
“Mi dispiace per Kevin” – disse mesto.
“Tu puoi risolvere tutto!”
“Lo vorrei … davvero Lula …”
“Allora mando Vassily a prenderti, dammi l’indirizzo!”
“Ok … Kevin comunque lo sa?”
“Sì, sì …” – ed arricciò il naso, facendo sorridere Geffen, seduto sul divano accanto a lui.
“Ci vediamo tra poco, ciao piccolo.”
“Ciao, ciao!” – riattaccò e facendo un saltello, si alzò – “Ora seconda parte del piano, pista!!!” – e si precipitò nel parco.


“Lo snow board l’hai preso tu Dean?”
“Sì … anche i doposci … Non trovo le calze Sammy”
“Le ho già messe in valigia, manca solo qualche camicia.”
“Ok, ci facciamo una pizza surgelata e poi andiamo a villa Meliti?”
“Perfetto … come questa vacanza, prima di …”
Dean lo fissò – “Dillo Sammy … Dovremo affrontare questo incubo per le prossime tre settimane almeno …”
“Te lo ha detto Marc?”
“Infatti, anche in hotel studieremo la causa … Non riuscirò a sfuggirgli” – e rise nervoso.
Sammy lo avvolse, baciandolo profondamente.
Dean si aggrappava alla sua forza, sentendone una dipendenza assoluta.
Cercava Sammy ogni notte, anche quando erano stanchissimi per il lavoro: lo voleva sentire dentro il più possibile, per esorcizzare le sue paure, sostituendole con il piacere, che il suo gigante buono sapeva donargli senza condizioni.


Le dita di Robert erano calde ed esperte.
La stanza avvolta dalle tenebre, dava un senso di protezione a Jude, che affondava la propria bocca nel collo di Downey, concentrato a dilatarlo con cura e pazienza.
Law non gli aveva più fatto l’amore, preferendo appartenergli, ma solo nell’intimità della loro stanza.
Erano abituati a consumare i loro amplessi ovunque, ma Jude ormai aveva costantemente una sottile tensione, che gli percorreva i muscoli, spegnendo quella magia eccitante, condivisa da sempre con Downey.
L’incedere di Rob, il suo ritrarsi, l’insistere, capace di sconvolgerlo, fino al momento successivo, sublime, in cui l’americano lo penetrava, lubrificato di gel, il sapore dei suoi baci, dei gemiti, che sembravano tuffarsi nella gola di Jude, che li riceveva, almeno come stava facendo con il membro dell’altro, tutto ciò rappresentava un autentico esercizio di intesa perfetta.
Finchè alla sua mente non si affacciò l’immagine di Colin ed una scarica di pensieri, sembrò precipitare sino al petto di Jude, contraendolo: pur non avendone memoria, Law immaginò la brutalità fuori controllo dell’irlandese, così distante dall’appassionante dolcezza di Downey.
Sembrò che ogni dettaglio, ogni ansito, ogni reciproco sguardo, venisse improvvisamente sporcato ed alterato.
Un “no …” sommesso si insinuò tra loro, scaturendo da Jude, che cominciò a sentirsi soffocare dall’angoscia.
Robert, con delicatezza, uscì da lui, cospargendo baci consolatori sulle sue tempie, per riportarlo alla calma.
“Tesoro … ehi …” – un altro bacio, una carezza sulla schiena madida e gelida.
“Rob perdonami …”
“Nessun problema, ora ti preparo un tè … ok?” – disse Downey, sopprimendo un impeto di sconforto verso chi aveva rovinato l’anima meravigliosa e pulita del suo Jude.
Lo avrebbe ucciso, se soltanto se lo fosse ritrovato davanti: non avrebbe esitato.

Passando in cucina, Robert rovesciò le tazze e la zuccheriera: avrebbe voluto urlare, ma seraficamente le risistemò nello scaffale, afferrando il bollitore colorato di rosso: lo aveva scelto Camilla, preferendo quella nuance, tra almeno venti in esposizione.
Quando poi rientrò nella stanza, Jude era rannicchiato sul davanzale, fuori nevicava.
“Prenderai un malanno …” – e si prodigò per avvolgerlo in una coperta.
“La mia malattia è ben più grave Rob …”
“Ci vuole pazienza … e tempo Jude …”
Il biondo lo scrutò, come interdetto.
“Tu sai che è impossibile … L’hai constatato sulla tua pelle, è accaduto ad entrambi, da adolescenti Robert e ce lo siamo portato appresso come una macchia.”
“Non ne siamo stati responsabili, abbiamo subito un atto criminale, un omicidio, Jude, da parte di adulti, che si sono approfittati di noi …”
“I miei aguzzini erano studenti, come me, solo un po’ più grandi …”
“Lo so Jude …” – mormorò, consumato e triste.
“Ho … ho commesso a mia volta un atto spregevole, quando difesi Colin, nonostante lui avesse abusato di Jared ad Haiti: non riesco a smettere di pensare che sono stato punito, per la mia arroganza Rob”
“Cosa farnetichi, amore?!”
Downey lo strinse forte, asciugando il suo pianto con il suo tocco paterno, con le sue labbra carnose.
“Non voglio più ascoltare simili sciocchezze” – affermò perentorio, per poi tornare a coricarsi con Jude, che avrebbe voluto sparire, risparmiando al compagno le sue crisi esistenziali, senza sbocco.


Tim sbirciava ogni tanto Vassily, concentrato alla guida dell’hummer.
“Sei russo allora …?” – disse timido.
“Sì.”
“E di poche parole” – sorrise.
Vassily lo guardò di sfuggita – “Preferisco ascoltare.”
“Ti piace la montagna?”
“Odio la neve, la mia infanzia è colorata di bianco, accecante, solo brividi.”
“Sai pattinare?”
“Sì, ma evito … sai la lastra cede, gli altri si arrabbiano.” – e rise in maniera grassa.
“Immagino …” – sussurrò Tim.
“Peter è più … leggero … lui ci va, con Lula”
“Peter sarebbe …”
“Il mio ragazzo.”
Tim sbarrò le palpebre – “Sei gay?!”
“Trovi strano?”
“No … ehm …” – Tim arrossì vistosamente, innescando nuovamente l’ilarità del sovietico.
“Ho lasciato moglie e figli per stare con lui, è il mio amore più grande, ma i cuccioli mi mancano … Durante le vacanze li vedrò, in primavera” – e sorrise.
“Meno male … Che ne pensi della grande famiglia?”
“Sono pazzi, ma si vogliono un bene profondo, aiutano chiunque, credimi.” – disse serio.
“Sì della loro follia mi ero reso conto, in effetti non vorrei essere fagocitato dal clan, ma per amore di Kevin potrei anche cambiare idea …”
“Kevin è un’ottima persona.”
“E di Geffen che mi dici?”
“Lui è proprietà privata di Jared Leto e non fa nulla per impedirlo, gli piace e basta. Fine della storia.”



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