Capitolo n. 108 – life
Un posto valeva un
altro.
L’abitacolo dell’auto
di Geffen.
Uno sgabuzzino.
Un deposito per gli
sci.
Invece Glam, lo rapì
amorevole, mentre Jared stava vagando per l’ospedale, all’infruttuosa ricerca
di Colin, finito chissà dove, insieme a Jude.
Robert era tornato in
hotel, Kevin aveva avuto libero accesso alla camera di Mark e quella notte,
improvvisamente, a Leto sembrò non finire mai.
Era ciò che più
agognava e realizzò questo auspicio, dopo pochi secondi, appena si ritrovò con
Geffen addosso, sul pavimento freddo, di un ambulatorio destinato ai vaccini.
C’era scritto su di una
targhetta luminosa, unico bagliore, in quell’ambiente asettico, ma non
sgradevole.
Le mattonelle lo erano,
in compenso, ma il contatto con esse fu breve: Glam lo stava sollevando, perché
Jared era una piuma.
Era un angelo, senza
consistenza materiale.
Era una visione, in
quel riverbero, era voglia di lui, spasmodica, capace di mandare in tilt ogni
buon senso di entrambi, di quella bocca, calda e profumata di menta, che lo
stava baciando, invadendo, così le mani grandi dell’uomo, destinato ad essere
sempre solo, ma così amato, così necessario, a tante, troppe persone.
E Jared stava in cima
ad ognuna di loro, Jared stava in cima al mondo.
“Non lasciarmi Jay …
Non farlo, ti prego” – gli respirò dentro, mentre la pelle dell’uno, collideva
con quella dell’altro, ritrovandola identica e bollente.
“Glam … io …”
Il cantante avrebbe
potuto frantumare la tensione erotica con una battuta, certo, ma dove poteva
andarsene, catturato in quel modo, da quella morsa virtuosa e senza scampo?
Invece Jared preferì
appendersi ancora più saldamente al collo taurino del suo eterno amante,
instancabile, passionale, virile: non stavano facendo l’amore, Glam non voleva
accadesse in quel modo.
Invece sentirsi, così,
alla profondità, dove nessuno dei due aveva mai provato paura di perdersi, era
talmente bello da togliere il fiato.
“Ti amo Jay … Io ti
amo”
Si era fermato.
Così
il mondo.
Le sue parole, vivide,
mentre Geffen lo stava fissando, riunendo il proprio cielo, con il mare,
impetuoso nelle iridi di Jared, furono tempesta, vento e zampilli di luce.
Quell’amore
non sarebbe mai divenuto un fantasma.
La sua guancia
sinistra, si era come incollata al dorso della mano di Ruffalo, che sorrise,
appena si accorse di lui.
“Kevin …” – mormorò
roco, sorridendo al suo immediato risveglio.
“Ehi ciao” – esordì
radioso il bassista, sollevandosi per abbracciarlo con cautela.
Mark era collegato a
diverse apparecchiature ed un paio di flebo.
“Tesoro, non dovresti
dormire su di una sedia, ti verranno i crampi” – scherzò l’ex infermiere,
dandogli poi un buffetto ed un bacio caldo, nonostante le mascherine di
protezione.
“Come ti senti?”
“Bene direi … anche se
non ricordo nulla” – ed aggrottò la fronte, simpatico.
“Hai … Hai avuto un
problema cardiaco, però vorrei ne parlassi con i medici, ma devi sapere che è
tutto a posto, ok?” – lo rassicurò affettuoso, sedendosi sul bordo e
stringendogli le mani.
“Ok … Mi sembri così
spaventato Kevin”
“Lo sono … Lo sono
stato, ma ora è passata”
“Mi hanno operato,
quindi …” – e sbirciò il quadrato di garza, all’altezza del cuore.
“Sì … Ed anche depilato
direi” – Kevin rise, coinvolgendo anche il suo interlocutore, che non tardò a
tossire.
“Mio Dio, non volevo,
chiamo qualcuno”
“Ma no, è normale, dopo
un intervento, ho la gola secca come un deserto”
“Bene, ma io avviso
comunque, vorranno sapere che sei tornato tra noi” – e schiacciò un pulsante a
caso, tra quelli a disposizione su di un multi interruttore.
“Non è quello blu …
Pigia il rosso” – disse piano.
“Dimenticavo il tuo
precedente lavoro Mark”
“L’importante è che non
ti sei dimenticato di me …”
“Come potrei?”
“Ti ho visto con Tim,
speravo che le cose, fra voi, si fossero risolte … Se i tuoi orizzonti non sono
cambiati Kevin” – azzardò calmo.
“Le tue speranze sono
state mal riposte, Mark e, forse, anche quelle verso Niall, suppongo”
“Non rammento bene, so
che stavamo parlando e che lui mi ha raccontato dei suoi progetti … dei loro,
nuovi progetti” – e strizzò le palpebre, nel tentativo di riordinare i dettagli
di quella conversazione.
“A me non importano più
… Ho avuto un chiarimento anche con Glam ed ho capito che stavo sbagliando
tutto … Ed i miei errori hanno fatto soffrire Tim”
L’equipe medica li
interruppe.
Kevin uscì, non senza
dare una carezza al volto arrossato di Mark, che non vedeva l’ora di riprendere
quel discorso.
“Non risponde, parte la
segreteria, forse è tornato in albergo”
Il tono di Farrell era
ansioso, mentre ricomponeva veloce il numero di Jared.
Finalmente il marito
gli rispose, un po’ in affanno.
“Cole, ma dove sei?!”
La
migliore difesa è l’attacco.
“Amore sono ai garage
sotterranei, con Jude, non sapevamo più dove cercarti!” – replicò trafelato,
mentre si guardava in giro, notando l’arrivo di uno dei tre ascensori.
All’apertura delle ante
scorrevoli, il sorriso di Leto lo tranquillizzò immediatamente.
“Hai visto zuccone, che
non l’avevi perso” – lo canzonò Law, con la testa leggera, per via degli
effetti, ormai quasi esauritisi, dello spinello diviso con Colin.
L’irlandese scese al
volo dal suv, andando a stringere il partner.
“Ehi, non ci vediamo da
un’oretta” – il front man rise tirato ed in imbarazzo, con il terrore di
portare con sé qualche segno del passaggio di Glam – “… credevi mi avessero
rapito gli alieni, Cole?”
“Ma no Jay, cosa cavolo
dici” – rise anche lui, dandogli un bacio veloce sulla guancia destra – “… è
che ne sono successe di ogni, oggi”
“In effetti … Avete
notizie di Mark?”
“Si è svegliato, non
hai ricevuto il messaggio di Kevin?” – domandò Jude, rispondendo al quesito di
Leto, ormai salito a bordo.
“Non ho controllato …
Ok, possiamo andare … Io avrei anche fame”
“Anche noi Jared,
magari troviamo un bistrot aperto, sulla strada, mi pare di averlo visto,
mentre venivamo qui”
“Io preferirei tornare
da Robert, se non vi spiace …” – propose l’inglese.
“Hanno il take away,
prendiamo qualcosa al volo e rientriamo, che ne pensi UK buddy?” – Colin rise
sollevato.
“D’accordo … E Geffen?
Che fine ha fatto?”
Il biberon scottava al
punto, che Richard fu costretto ad avvolgerlo nella propria sciarpa, mentre
usciva dalla saletta del bar, dove gentilmente glielo avevano riscaldato per
Veronica.
La mamma della bimba si
era dimenticata lo scaldavivande portatile ed il figlio di Glam era sceso, per
risolvere al meglio la poppata notturna.
Con il resto dei suoi
cari erano appena arrivati ad Aspen, a causa di un appuntamento di lavoro
rimandato all’ultimo minuto dai suoi nuovi titolari.
Il cellulare dell’architetto
vibrò, quasi quanto la sua espressione, appena lesse il nome sul visore.
Poco distante da lui,
senza essere visto, Taylor stava cercando un po’ di riviste, utili a stemperare
la sua insonnia.
L’attore si era
piazzato su di un divanetto, distratto dal messenger sul proprio tablet, dove
il suo agente gli stava inviando dei file, con un nuovo copione.
Il tutto dietro ad un
tendaggio, dietro al quale Ricky sembrò nascondersi da sguardi indiscreti.
La conversazione
apparve a Kitsch piuttosto vivace, da subito.
A tratti anche la voce
all’altro capo di quella chiamata inattesa, gli arrivò nitida.
“Ti sembra questa l’ora
di chiamare?!” – ringhiò il primogenito di Geffen.
“Una volta non ti
lamentavi degli orari, cazzo!”
“Una volta era una
volta, Michael, non so più come dirtelo!”
Silenzio.
“Michael … Ci sei?” –
il suo tono divenne subito mortificato.
“Sì”
“Scusami è che … Che
devo tornare su, Veronica deve mangiare”
“Certo … So quali sono
le tue priorità Richard” – bissò amareggiato.
“Ne abbiamo parlato a
lungo, io non ho alternative, con tre figli e”
“E tua moglie, ma è
risaputo!!” – gli urlò nell’orecchio, ferito a morte.
Ricky si appoggiò alla
parete, anzi, sembrò crollarci contro.
Esausto.
“So che mi hai dato un
mare di occasioni per rimediare, per … Per fare funzionare le cose, Michael, la
colpa è solo mia”
“La tua colpa è di
averla messa incinta per la terza volta, bastardo!”
Riattaccò.
Gli occhi di Richy
crepitarono di lacrime, trattenute a stento, appena si avvide di Taylor,
scattato in piedi, per andarsene velocemente da lì.
“Ciao … Non volevo
origliare, te lo assicuro” – si scusò prontamente l’artista.
“Se ti lasci scappare
una sola parola, giuro che”
Davanti a quella
minaccia, Kitsch rimase sbigottito – “Vedo che sei davvero il figlio di Glam
Geffen, accidenti!”
“Io sono quello che
sono e non ti riguarda, ok?!”
Era solo spaventato e
Taylor avrebbe voluto abbracciarlo, istintivamente, perché si rivedeva alla
perfezione, in quella sofferenza così lacerante.
“Non dirò nulla … E poi
a chi …?” – replicò timido.
“A … a mio padre … a
chiunque …” – Ricky faticò a ribattere.
“Sei … sei molto
innamorato, di questo Michael, vero?” – e gli sorrise, provando ad attenuare il
nervosismo reciproco.
“E’ … E’ una storia
chiusa, lui è rimasto in Australia, non ci rivedremo mai più”
Taylor fece una smorfia
buffa – “Forse non ti hanno avvisato, ma sono stati inventati gli … aerei” – ed
aprì le braccia, simulando una virata, non senza ridere.
Anche Richard,
finalmente, lo fece, ma appena notò l’arrivo in lontananza di Glam, sparì,
senza neppure salutare il suo nuovo amico.
E
complice.
TAYLOR
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