mercoledì 1 aprile 2015

LIFE - CAPITOLO N. 108

Capitolo n. 108 – life



Un posto valeva un altro.

L’abitacolo dell’auto di Geffen.
Uno sgabuzzino.
Un deposito per gli sci.

Invece Glam, lo rapì amorevole, mentre Jared stava vagando per l’ospedale, all’infruttuosa ricerca di Colin, finito chissà dove, insieme a Jude.

Robert era tornato in hotel, Kevin aveva avuto libero accesso alla camera di Mark e quella notte, improvvisamente, a Leto sembrò non finire mai.

Era ciò che più agognava e realizzò questo auspicio, dopo pochi secondi, appena si ritrovò con Geffen addosso, sul pavimento freddo, di un ambulatorio destinato ai vaccini.

C’era scritto su di una targhetta luminosa, unico bagliore, in quell’ambiente asettico, ma non sgradevole.

Le mattonelle lo erano, in compenso, ma il contatto con esse fu breve: Glam lo stava sollevando, perché Jared era una piuma.

Era un angelo, senza consistenza materiale.

Era una visione, in quel riverbero, era voglia di lui, spasmodica, capace di mandare in tilt ogni buon senso di entrambi, di quella bocca, calda e profumata di menta, che lo stava baciando, invadendo, così le mani grandi dell’uomo, destinato ad essere sempre solo, ma così amato, così necessario, a tante, troppe persone.

E Jared stava in cima ad ognuna di loro, Jared stava in cima al mondo.


“Non lasciarmi Jay … Non farlo, ti prego” – gli respirò dentro, mentre la pelle dell’uno, collideva con quella dell’altro, ritrovandola identica e bollente.

“Glam … io …”

Il cantante avrebbe potuto frantumare la tensione erotica con una battuta, certo, ma dove poteva andarsene, catturato in quel modo, da quella morsa virtuosa e senza scampo?

Invece Jared preferì appendersi ancora più saldamente al collo taurino del suo eterno amante, instancabile, passionale, virile: non stavano facendo l’amore, Glam non voleva accadesse in quel modo.

Invece sentirsi, così, alla profondità, dove nessuno dei due aveva mai provato paura di perdersi, era talmente bello da togliere il fiato.

“Ti amo Jay … Io ti amo”

Si era fermato.
Così il mondo.

Le sue parole, vivide, mentre Geffen lo stava fissando, riunendo il proprio cielo, con il mare, impetuoso nelle iridi di Jared, furono tempesta, vento e zampilli di luce.

Quell’amore non sarebbe mai divenuto un fantasma.




La sua guancia sinistra, si era come incollata al dorso della mano di Ruffalo, che sorrise, appena si accorse di lui.

“Kevin …” – mormorò roco, sorridendo al suo immediato risveglio.

“Ehi ciao” – esordì radioso il bassista, sollevandosi per abbracciarlo con cautela.

Mark era collegato a diverse apparecchiature ed un paio di flebo.

“Tesoro, non dovresti dormire su di una sedia, ti verranno i crampi” – scherzò l’ex infermiere, dandogli poi un buffetto ed un bacio caldo, nonostante le mascherine di protezione.

“Come ti senti?”

“Bene direi … anche se non ricordo nulla” – ed aggrottò la fronte, simpatico.

“Hai … Hai avuto un problema cardiaco, però vorrei ne parlassi con i medici, ma devi sapere che è tutto a posto, ok?” – lo rassicurò affettuoso, sedendosi sul bordo e stringendogli le mani.

“Ok … Mi sembri così spaventato Kevin”

“Lo sono … Lo sono stato, ma ora è passata”

“Mi hanno operato, quindi …” – e sbirciò il quadrato di garza, all’altezza del cuore.

“Sì … Ed anche depilato direi” – Kevin rise, coinvolgendo anche il suo interlocutore, che non tardò a tossire.

“Mio Dio, non volevo, chiamo qualcuno”

“Ma no, è normale, dopo un intervento, ho la gola secca come un deserto”

“Bene, ma io avviso comunque, vorranno sapere che sei tornato tra noi” – e schiacciò un pulsante a caso, tra quelli a disposizione su di un multi interruttore.

“Non è quello blu … Pigia il rosso” – disse piano.

“Dimenticavo il tuo precedente lavoro Mark”

“L’importante è che non ti sei dimenticato di me …”

“Come potrei?”

“Ti ho visto con Tim, speravo che le cose, fra voi, si fossero risolte … Se i tuoi orizzonti non sono cambiati Kevin” – azzardò calmo.

“Le tue speranze sono state mal riposte, Mark e, forse, anche quelle verso Niall, suppongo”

“Non rammento bene, so che stavamo parlando e che lui mi ha raccontato dei suoi progetti … dei loro, nuovi progetti” – e strizzò le palpebre, nel tentativo di riordinare i dettagli di quella conversazione.

“A me non importano più … Ho avuto un chiarimento anche con Glam ed ho capito che stavo sbagliando tutto … Ed i miei errori hanno fatto soffrire Tim”

L’equipe medica li interruppe.
Kevin uscì, non senza dare una carezza al volto arrossato di Mark, che non vedeva l’ora di riprendere quel discorso.




“Non risponde, parte la segreteria, forse è tornato in albergo”

Il tono di Farrell era ansioso, mentre ricomponeva veloce il numero di Jared.
Finalmente il marito gli rispose, un po’ in affanno.

“Cole, ma dove sei?!”

La migliore difesa è l’attacco.

“Amore sono ai garage sotterranei, con Jude, non sapevamo più dove cercarti!” – replicò trafelato, mentre si guardava in giro, notando l’arrivo di uno dei tre ascensori.

All’apertura delle ante scorrevoli, il sorriso di Leto lo tranquillizzò immediatamente.

“Hai visto zuccone, che non l’avevi perso” – lo canzonò Law, con la testa leggera, per via degli effetti, ormai quasi esauritisi, dello spinello diviso con Colin.

L’irlandese scese al volo dal suv, andando a stringere il partner.

“Ehi, non ci vediamo da un’oretta” – il front man rise tirato ed in imbarazzo, con il terrore di portare con sé qualche segno del passaggio di Glam – “… credevi mi avessero rapito gli alieni, Cole?”

“Ma no Jay, cosa cavolo dici” – rise anche lui, dandogli un bacio veloce sulla guancia destra – “… è che ne sono successe di ogni, oggi”

“In effetti … Avete notizie di Mark?”

“Si è svegliato, non hai ricevuto il messaggio di Kevin?” – domandò Jude, rispondendo al quesito di Leto, ormai salito a bordo.

“Non ho controllato … Ok, possiamo andare … Io avrei anche fame”

“Anche noi Jared, magari troviamo un bistrot aperto, sulla strada, mi pare di averlo visto, mentre venivamo qui”

“Io preferirei tornare da Robert, se non vi spiace …” – propose l’inglese.

“Hanno il take away, prendiamo qualcosa al volo e rientriamo, che ne pensi UK buddy?” – Colin rise sollevato.

“D’accordo … E Geffen? Che fine ha fatto?”




Il biberon scottava al punto, che Richard fu costretto ad avvolgerlo nella propria sciarpa, mentre usciva dalla saletta del bar, dove gentilmente glielo avevano riscaldato per Veronica.

La mamma della bimba si era dimenticata lo scaldavivande portatile ed il figlio di Glam era sceso, per risolvere al meglio la poppata notturna.

Con il resto dei suoi cari erano appena arrivati ad Aspen, a causa di un appuntamento di lavoro rimandato all’ultimo minuto dai suoi nuovi titolari.

Il cellulare dell’architetto vibrò, quasi quanto la sua espressione, appena lesse il nome sul visore.

Poco distante da lui, senza essere visto, Taylor stava cercando un po’ di riviste, utili a stemperare la sua insonnia.

L’attore si era piazzato su di un divanetto, distratto dal messenger sul proprio tablet, dove il suo agente gli stava inviando dei file, con un nuovo copione.

Il tutto dietro ad un tendaggio, dietro al quale Ricky sembrò nascondersi da sguardi indiscreti.

La conversazione apparve a Kitsch piuttosto vivace, da subito.

A tratti anche la voce all’altro capo di quella chiamata inattesa, gli arrivò nitida.

“Ti sembra questa l’ora di chiamare?!” – ringhiò il primogenito di Geffen.

“Una volta non ti lamentavi degli orari, cazzo!”

“Una volta era una volta, Michael, non so più come dirtelo!”

Silenzio.

“Michael … Ci sei?” – il suo tono divenne subito mortificato.

“Sì”

“Scusami è che … Che devo tornare su, Veronica deve mangiare”

“Certo … So quali sono le tue priorità Richard” – bissò amareggiato.

“Ne abbiamo parlato a lungo, io non ho alternative, con tre figli e”

“E tua moglie, ma è risaputo!!” – gli urlò nell’orecchio, ferito a morte.

Ricky si appoggiò alla parete, anzi, sembrò crollarci contro.
Esausto.

“So che mi hai dato un mare di occasioni per rimediare, per … Per fare funzionare le cose, Michael, la colpa è solo mia”

“La tua colpa è di averla messa incinta per la terza volta, bastardo!”

Riattaccò.

Gli occhi di Richy crepitarono di lacrime, trattenute a stento, appena si avvide di Taylor, scattato in piedi, per andarsene velocemente da lì.

“Ciao … Non volevo origliare, te lo assicuro” – si scusò prontamente l’artista.

“Se ti lasci scappare una sola parola, giuro che”

Davanti a quella minaccia, Kitsch rimase sbigottito – “Vedo che sei davvero il figlio di Glam Geffen, accidenti!”

“Io sono quello che sono e non ti riguarda, ok?!”

Era solo spaventato e Taylor avrebbe voluto abbracciarlo, istintivamente, perché si rivedeva alla perfezione, in quella sofferenza così lacerante.

“Non dirò nulla … E poi a chi …?” – replicò timido.

“A … a mio padre … a chiunque …” – Ricky faticò a ribattere.

“Sei … sei molto innamorato, di questo Michael, vero?” – e gli sorrise, provando ad attenuare il nervosismo reciproco.

“E’ … E’ una storia chiusa, lui è rimasto in Australia, non ci rivedremo mai più”

Taylor fece una smorfia buffa – “Forse non ti hanno avvisato, ma sono stati inventati gli … aerei” – ed aprì le braccia, simulando una virata, non senza ridere.

Anche Richard, finalmente, lo fece, ma appena notò l’arrivo in lontananza di Glam, sparì, senza neppure salutare il suo nuovo amico.

E complice.




 RICHARD GEFFEN


TAYLOR

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