mercoledì 15 aprile 2015

LIFE - CAPITOLO N. 112

Capitolo n. 112 – life



Geffen si allacciò svogliatamente gli ultimi bottoni in alto, della camicia elegante.

“Come siamo belli!”

La testolina e la voce di Lula, spuntarono alle sue spalle.
Il bimbo fece capolino da dietro lo stipite, in compagnia di qualcuno, che rimase pochi secondi oltre la soglia.

Tenendolo per mano, soldino portò dentro la stanza anche Tom, sorridente quanto lui, nel vedere Glam.

“Ehi ragazzi” – li accolse l’avvocato, illuminandosi, anche per un’altra, evidente ragione.

Lula stava camminando senza difficoltà.

“Oggi, in palestra, abbiamo fatto dei notevoli progressi Glam” – esordì il terapista, mentre l’altro si inginocchiava, chiudendo in un abbraccio caloroso il figlio ritrovato.

“Amore come ti senti? Grazie Tommy, sei stato fantastico con lui”

“Lula mi ha aiutato”

“Vero, vero” – rise gioioso il bimbo – “… E stasera guardo i cartoni con papake e mangio la pizza!” – esultò.

“Certo cucciolo, tutto ciò che vuoi” – e gli si strinse il cuore, al pensiero di come era riuscito ad essere un ottimo genitore con soldino e molto meno con Richard ed i suoi fratelli, durante la loro infanzia e adolescenza.

“Dove sei andato papi, mentre io ero con zio Tom e zio Chris?” – domandò curioso.

“A fare un giro … E Pepe dov’è?” – Geffen arrossì.

“E’ rimasto con Richy ed i suoi bambini” – spiegò Hiddleston, controllando l’ora – “Recupero il mio vichingo e scendiamo per il gala, ci vediamo lì?”

“Ok …” – replicò Glam, poco convinto.

“Ho visto Chris che sollevava dei pesi così, sai papi?!”

“Lo so, lo so …” – sorrise bonario, congedando amichevolmente Tom.

Una volta rimasti da soli, Lula andò a stendersi sulla trapunta, a pancia in giù, ciondolando le gambe, mentre si teneva il volto con i palmi, in una posa simpatica ed allegra.

Il suo sguardo, era vispo, quanto curioso.

“Mmm scommetto che hai visto zio Jay …”

Geffen stava finendo di vestirsi ed annuì, colto in castagna.

“Ok, non ti posso nascondere nulla, lo so amore”

“Ricordati che mi hai ridato i miei … doni” – e rise.

“So anche questo … Non ho più alcun … super potere” – bissò divertito, scompigliandogli la testolina riccioluta.

“E quindi cosa combini con zio JJ?”

“Al solito …” – e si accomodò, con aria rassegnata – “… sono sempre innamorato di lui”

Soldino aggrottò la fronte spaziosa – “A me sembrava, di averti detto una volta, secoli fa, come mai non lo sposavi … Se non è successo, in tutto questo tempo, forse vi è sfuggito qualche particolare … un dettaglio” – sorrise dispettoso.

“L’unico che conosco, ha un accento di Dublino, porta scarpe usurate, ma comode e … Ed è perdutamente innamorato di suo marito” – sospirò.

“Il dettaglio è che anche suo marito, lo è di lui! Semplice papi!” – e la sua risata, colmò l’ambiente di leggerezza e l’animo di Geffen, di un minimo di sollievo.

In fondo, lui aveva di nuovo Lula.
Aveva tutto.




Kevin ondeggiò ancora un paio di volte, accogliendo dentro di sé l’erezione turgida di Mark, prima di piegarsi verso la sua bocca, per baciarlo intenso e sudato.

“Amore …” – gli sussurrò l’ex infermiere, facendolo tremare, per come lo guardava.

Anzi, ammirava.

Niente più di ciò, era sesso, tra loro.
Il bassista provò una forte emozione, aggrovigliarsi intorno alla sua gola, infiammandogli infine gli occhi.

Ruffalo sentì il proprio divenire imminente, così capovolse le posizioni, colpendolo con esperienza, laddove Kevin potesse avere il massimo da quell’orgasmo, mentre si apriva a lui oscenamente arrendevole.

“Ma Mark” – balbettò, appeso al suo collo taurino, quasi in lacrime ormai.

“Tesoro eccomi” – gli ansimò tra le labbra, divorandole, carpendole, come se da questo dipendesse la propria vita.

Fu bellissimo.

Come credere che Niall se n’era andato dalla vita dell’altro, senza più ripensamenti.

Il pensiero di Tim, invece, lo riempiva di rabbia: era complicato tramutarla in un’energia positiva, come gli aveva consigliato il maggiore dei Laurie.

Per lui era semplice, dietro quella scrivania, sputare sentenze, aveva concluso Kevin, decidendo di non rivolgersi più all’analista, non per il momento, almeno.




“Ma dobbiamo proprio andarci?” – bofonchiò Hugh, rotolandosi sul tappeto con Nasir, imbrattati entrambi di cioccolata e panna.

“Oh mio Dio! Come vi siete conciati!!” – tuonò Mason, appena uscito dalla cabina armadio, indossando lo smoking, che Derado gli aveva consegnato, dopo che Xavier aveva cambiato idea sul look da sfoggiare durante quella serata conclusiva, per le vacanze del loro clan.

“Mio Dio sembri un gelataio Jim!!” – squittì lo psicologo, canzonandolo di rimando e facendo ridere come un pazzo il loro cucciolo.

“Dici …?” – ribatté mesto, deprimendosi.

Laurie gli passò pronto un po’ di dolci avanzati sul vassoio della merenda – “Tieni, sei uno schianto, altro che … Io sembro un clochard!” – e sfilò claudicante sulla moquette, nel suo pigiama storico, con orsetti e clown, in flanella, dal quale non si sarebbe separato mai.

Mason lo guardò innamorato, prendendo sulle ginocchia Nasir ed infischiandosene di come il bambino gli stesse imbrattando la giacca immacolata – “Io vi amo …” – sussurrò l’oncologo, tendendo le mani al consorte, che gli si piazzò tra le gambe, riguadagnando un posto rassicurante sul soffice rivestimento della loro suite.

“Jeans e maglione del college?” – chiese allegro Hugh.

“Andata socio! Dammi un cinque!”




Kitsch arrivò nel salone con un po’ di anticipo.

Sembrò smarrito, in presenza di tanti sconosciuti, che lo avevano notato e da giorni, senza il coraggio di chiedergli un autografo.

Law decise di andare a salvarlo, inaspettatamente.

“Ciao Taylor, posso offrirti un aperitivo?”

Prima o poi doveva accadere: un chiarimento, una tregua, in quel gioco di silenzi ed occhiate aspre, che il giovane gli lanciava ad ogni incontro, casuale o meno.

“Ok, se insisti”

“Insisto!” – decretò irresistibile il mitico Watson, con quel suo piglio di chi riesce a farsi dire sempre di sì.

“Ti ringrazio … Dov’è Robert?” – domandò distratto, seguendolo in zona bar.

“Andava a portare Pepe da Geffen, credo li vedremo arrivare insieme”

“Come una bella famigliola?” – sottolineò spinoso.

“No, la birba resta con la babysitter, Lula e Kevin, da quanto ne so” – spiegò calmo il biondo, senza scomporsi.

“Ok, ho detto la mia stronzata, ma non è facile”

“Cosa Taylor? Avere un rapporto civile, tra noi?”

Rapporto, che uso inadeguato del vocabolario riesci a fare, quando ti fa comodo”

“Tu in compenso stai facendo un uso sconsiderato dell’erede di sua maestà, non credi?”

Ora toccava a Law essere irritante.

Kitsch si morse le labbra perfette, deglutendo a vuoto – “Se ti diverte pensarlo”

“No, affatto. Guarda caso mi piacerebbe vederti felice, anche se non mi crederai”

“Infatti non ti credo Jude!” – sibilò, abbandonando lo sgabello.

“E qui sbagli, anche se so di averti ferito e che ti sembrerà impossibile darmi un posto nella tua vita, come amico, confidente” – argomentò, paternalistico alle orecchie del suo interlocutore, già al limite della sopportazione.

“Ma vai al diavolo!” – e se ne andò, senza concedergli ulteriori repliche.




Lux aveva un ottimo dopobarba e Louis era al terzo drink alcolico, con due noccioline, che gli galleggiavano nella pancia, brontolante e vuota.

“Mon petit non credi di avere esagerato?” – lo rimproverò severo il francese, afferrandolo per un braccio – “Avanti, andiamo a prenderci una boccata d’aria!”

“Cavoli come sei antico, mi stavo annoiando, avevo sete …!” – ridacchiò il ragazzino, appoggiandosi a lui.

“Oh miseria … sei ubriaco Louis!” – ringhiò, infilandogli il cappotto e trascinandolo all’aperto.

“E tu ci vieni così? Ti buscherai un malanno!!” – e rise forte, attirando l’attenzione degli astanti.

“Non pensare a me! Su respira!”

Stava nevicando appena, in una brezza notturna gelida e tagliente.

Sembravano lucciole danzanti, quei fiocchi, nella luce dei lampioni, nel piazzale antistante l’hotel, ormai gremito di ospiti.

“Che bella musica, la senti Vincent …” – e gli si aggrappò, come un fantoccio senza forze.

“Certo non sono sordo … Va un po’ meglio?” – e prendendo della neve da una panchina, gliela passò sulle gote incendiate.

“Ma che fai?? No, è fredda!” – si lamentò Boo, infantile e buffo.

“E’ un rimedio efficace, altro che!”

“No … No, un rimedio efficace sarebbe questo” – e gli diede un bacio sullo zigomo, prendendo poi meglio la mira, sino a centrargli la bocca.

Lux lo respinse – “Smettila mon petit” – reagì brusco, ma mai quanto Harry, piombato sulla scena, per strappargli dalle braccia Louis e sferrare al malcapitato affarista un bel pugno in faccia.

Il sapore del sangue gli inondò le narici e l’effetto sorpresa impedì a Vincent di reagire immediato.

“Sei il solito bastardo, non cambierai mai!!” – gli urlò Styles, mentre il compagno si era accasciato sopra ad un muretto, confuso e con l’impellenza di vomitare.

“Haz, ma sei impazzito!!?” – si difese Lux, inutilmente.

Tomlinson si svuotò, malamente e senza che nessuno si accorgesse di lui.

Almeno finché non arrivò anche Brent, che aveva assistito a quello scontro dalla hall, senza potere intervenire con prontezza.

“Finitela accidenti!! E datemi una mano!” – quasi li implorò Tomlinson jr.

Louis aveva perso i sensi.


 BRENT


VINCENT


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