Capitolo n. 112 – life
Geffen si allacciò
svogliatamente gli ultimi bottoni in alto, della camicia elegante.
“Come siamo belli!”
La testolina e la voce
di Lula, spuntarono alle sue spalle.
Il bimbo fece capolino
da dietro lo stipite, in compagnia di qualcuno, che rimase pochi secondi oltre
la soglia.
Tenendolo per mano,
soldino portò dentro la stanza anche Tom, sorridente quanto lui, nel vedere
Glam.
“Ehi ragazzi” – li accolse
l’avvocato, illuminandosi, anche per un’altra, evidente ragione.
Lula stava camminando
senza difficoltà.
“Oggi, in palestra,
abbiamo fatto dei notevoli progressi Glam” – esordì il terapista, mentre l’altro
si inginocchiava, chiudendo in un abbraccio caloroso il figlio ritrovato.
“Amore come ti senti?
Grazie Tommy, sei stato fantastico con lui”
“Lula mi ha aiutato”
“Vero, vero” – rise gioioso
il bimbo – “… E stasera guardo i cartoni con papake e mangio la pizza!” –
esultò.
“Certo cucciolo, tutto
ciò che vuoi” – e gli si strinse il cuore, al pensiero di come era riuscito ad
essere un ottimo genitore con soldino e molto meno con Richard ed i suoi fratelli,
durante la loro infanzia e adolescenza.
“Dove sei andato papi,
mentre io ero con zio Tom e zio Chris?” – domandò curioso.
“A fare un giro … E
Pepe dov’è?” – Geffen arrossì.
“E’ rimasto con Richy
ed i suoi bambini” – spiegò Hiddleston, controllando l’ora – “Recupero il mio
vichingo e scendiamo per il gala, ci vediamo lì?”
“Ok …” – replicò Glam,
poco convinto.
“Ho visto Chris che
sollevava dei pesi così, sai papi?!”
“Lo so, lo so …” –
sorrise bonario, congedando amichevolmente Tom.
Una volta rimasti da
soli, Lula andò a stendersi sulla trapunta, a pancia in giù, ciondolando le
gambe, mentre si teneva il volto con i palmi, in una posa simpatica ed allegra.
Il suo sguardo, era
vispo, quanto curioso.
“Mmm scommetto che hai
visto zio Jay …”
Geffen stava finendo di
vestirsi ed annuì, colto in castagna.
“Ok, non ti posso
nascondere nulla, lo so amore”
“Ricordati che mi hai
ridato i miei … doni” – e rise.
“So anche questo … Non
ho più alcun … super potere” – bissò divertito, scompigliandogli la testolina
riccioluta.
“E quindi cosa combini
con zio JJ?”
“Al solito …” – e si
accomodò, con aria rassegnata – “… sono sempre innamorato di lui”
Soldino aggrottò la
fronte spaziosa – “A me sembrava, di averti detto una volta, secoli fa, come
mai non lo sposavi … Se non è successo, in tutto questo tempo, forse vi è
sfuggito qualche particolare … un dettaglio” – sorrise dispettoso.
“L’unico che conosco,
ha un accento di Dublino, porta scarpe usurate, ma comode e … Ed è perdutamente
innamorato di suo marito” – sospirò.
“Il dettaglio è che
anche suo marito, lo è di lui! Semplice papi!” – e la sua risata, colmò l’ambiente
di leggerezza e l’animo di Geffen, di un minimo di sollievo.
In fondo, lui aveva di
nuovo Lula.
Aveva
tutto.
Kevin ondeggiò ancora
un paio di volte, accogliendo dentro di sé l’erezione turgida di Mark, prima di
piegarsi verso la sua bocca, per baciarlo intenso e sudato.
“Amore …” – gli sussurrò
l’ex infermiere, facendolo tremare, per come lo guardava.
Anzi, ammirava.
Niente più di ciò, era
sesso, tra loro.
Il bassista provò una
forte emozione, aggrovigliarsi intorno alla sua gola, infiammandogli infine gli
occhi.
Ruffalo sentì il
proprio divenire imminente, così capovolse le posizioni, colpendolo con
esperienza, laddove Kevin potesse avere il massimo da quell’orgasmo, mentre si
apriva a lui oscenamente arrendevole.
“Ma Mark” – balbettò,
appeso al suo collo taurino, quasi in lacrime ormai.
“Tesoro eccomi” – gli ansimò
tra le labbra, divorandole, carpendole, come se da questo dipendesse la propria
vita.
Fu bellissimo.
Come credere che Niall
se n’era andato dalla vita dell’altro, senza più ripensamenti.
Il pensiero di Tim,
invece, lo riempiva di rabbia: era complicato tramutarla in un’energia
positiva, come gli aveva consigliato il maggiore dei Laurie.
Per lui era semplice,
dietro quella scrivania, sputare sentenze, aveva concluso Kevin, decidendo di
non rivolgersi più all’analista, non per il momento, almeno.
“Ma dobbiamo proprio
andarci?” – bofonchiò Hugh, rotolandosi sul tappeto con Nasir, imbrattati
entrambi di cioccolata e panna.
“Oh mio Dio! Come vi
siete conciati!!” – tuonò Mason, appena uscito dalla cabina armadio, indossando
lo smoking, che Derado gli aveva consegnato, dopo che Xavier aveva cambiato
idea sul look da sfoggiare durante quella serata conclusiva, per le vacanze del
loro clan.
“Mio Dio sembri un
gelataio Jim!!” – squittì lo psicologo, canzonandolo di rimando e facendo
ridere come un pazzo il loro cucciolo.
“Dici …?” – ribatté mesto,
deprimendosi.
Laurie gli passò pronto
un po’ di dolci avanzati sul vassoio della merenda – “Tieni, sei uno schianto,
altro che … Io sembro un clochard!” – e sfilò claudicante sulla moquette, nel
suo pigiama storico, con orsetti e clown, in flanella, dal quale non si sarebbe
separato mai.
Mason lo guardò
innamorato, prendendo sulle ginocchia Nasir ed infischiandosene di come il
bambino gli stesse imbrattando la giacca immacolata – “Io vi amo …” – sussurrò l’oncologo,
tendendo le mani al consorte, che gli si piazzò tra le gambe, riguadagnando un
posto rassicurante sul soffice rivestimento della loro suite.
“Jeans e maglione del
college?” – chiese allegro Hugh.
“Andata socio! Dammi un
cinque!”
Kitsch arrivò nel
salone con un po’ di anticipo.
Sembrò smarrito, in
presenza di tanti sconosciuti, che lo avevano notato e da giorni, senza il
coraggio di chiedergli un autografo.
Law decise di andare a
salvarlo, inaspettatamente.
“Ciao Taylor, posso
offrirti un aperitivo?”
Prima o poi doveva
accadere: un chiarimento, una tregua, in quel gioco di silenzi ed occhiate
aspre, che il giovane gli lanciava ad ogni incontro, casuale o meno.
“Ok, se insisti”
“Insisto!” – decretò irresistibile
il mitico Watson, con quel suo piglio di chi riesce a farsi dire sempre di sì.
“Ti ringrazio … Dov’è
Robert?” – domandò distratto, seguendolo in zona bar.
“Andava a portare Pepe da
Geffen, credo li vedremo arrivare insieme”
“Come una bella
famigliola?” – sottolineò spinoso.
“No, la birba resta con
la babysitter, Lula e Kevin, da quanto ne so” – spiegò calmo il biondo, senza
scomporsi.
“Ok, ho detto la mia
stronzata, ma non è facile”
“Cosa Taylor? Avere un
rapporto civile, tra noi?”
“Rapporto, che uso inadeguato del vocabolario riesci a fare, quando
ti fa comodo”
“Tu in compenso stai facendo
un uso sconsiderato dell’erede di sua maestà, non credi?”
Ora toccava a Law
essere irritante.
Kitsch si morse le
labbra perfette, deglutendo a vuoto – “Se ti diverte pensarlo”
“No, affatto. Guarda
caso mi piacerebbe vederti felice, anche se non mi crederai”
“Infatti non ti credo
Jude!” – sibilò, abbandonando lo sgabello.
“E qui sbagli, anche se
so di averti ferito e che ti sembrerà impossibile darmi un posto nella tua
vita, come amico, confidente” – argomentò, paternalistico alle orecchie del suo
interlocutore, già al limite della sopportazione.
“Ma vai al diavolo!” –
e se ne andò, senza concedergli ulteriori repliche.
Lux aveva un ottimo
dopobarba e Louis era al terzo drink alcolico, con due noccioline, che gli
galleggiavano nella pancia, brontolante e vuota.
“Mon petit non credi di
avere esagerato?” – lo rimproverò severo il francese, afferrandolo per un
braccio – “Avanti, andiamo a prenderci una boccata d’aria!”
“Cavoli come sei antico,
mi stavo annoiando, avevo sete …!” – ridacchiò il ragazzino, appoggiandosi a
lui.
“Oh miseria … sei
ubriaco Louis!” – ringhiò, infilandogli il cappotto e trascinandolo all’aperto.
“E tu ci vieni così? Ti
buscherai un malanno!!” – e rise forte, attirando l’attenzione degli astanti.
“Non pensare a me! Su
respira!”
Stava nevicando appena,
in una brezza notturna gelida e tagliente.
Sembravano lucciole
danzanti, quei fiocchi, nella luce dei lampioni, nel piazzale antistante l’hotel,
ormai gremito di ospiti.
“Che bella musica, la
senti Vincent …” – e gli si aggrappò, come un fantoccio senza forze.
“Certo non sono sordo …
Va un po’ meglio?” – e prendendo della neve da una panchina, gliela passò sulle
gote incendiate.
“Ma che fai?? No, è
fredda!” – si lamentò Boo, infantile e buffo.
“E’ un rimedio
efficace, altro che!”
“No … No, un rimedio
efficace sarebbe questo” – e gli diede un bacio sullo zigomo, prendendo poi
meglio la mira, sino a centrargli la bocca.
Lux lo respinse – “Smettila
mon petit” – reagì brusco, ma mai quanto Harry, piombato sulla scena, per
strappargli dalle braccia Louis e sferrare al malcapitato affarista un bel
pugno in faccia.
Il sapore del sangue
gli inondò le narici e l’effetto sorpresa impedì a Vincent di reagire
immediato.
“Sei il solito
bastardo, non cambierai mai!!” – gli urlò Styles, mentre il compagno si era
accasciato sopra ad un muretto, confuso e con l’impellenza di vomitare.
“Haz, ma sei
impazzito!!?” – si difese Lux, inutilmente.
Tomlinson si svuotò,
malamente e senza che nessuno si accorgesse di lui.
Almeno finché non
arrivò anche Brent, che aveva assistito a quello scontro dalla hall, senza
potere intervenire con prontezza.
“Finitela accidenti!! E
datemi una mano!” – quasi li implorò Tomlinson jr.
Louis aveva perso i
sensi.
VINCENT
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