giovedì 16 aprile 2015

LIFE .- CAPITOLO N. 113

Capitolo n. 113 – life



Lux si tamponò il naso dolorante, con la salvietta, che Scott gli passò, isolatosi con lui nel bagno del medico.

“Come sta Louis?” – domandò assorto il francese.

“Meglio, era solo disidratato e … brillo” – sorrise, dandogli una pacca sulla schiena – “E tu come ti senti?”

“Uno straccio, ma ho visto di peggio” – rise mesto – “… essere preso a pugni da un ragazzino ipervitaminico mi mancava, comunque, nemmeno ai tempi delle ronde a Parigi”

Qualcuno bussò.
Era Styles.

“Posso?”

Scott lo fissò, inarcando un sopracciglio, in segno di disapprovazione.

Vincent lo notò, ma intervenne al posto suo – “Ma no, lascialo entrare, tanto ho quanto mi occorre: disinfettante, kleenex” – provò a scherzare, amareggiato.

“Vorrei parlarti, non prenderti a cazzotti, anche se non concepisco come ti sia potuto approfittare di Boo ubriaco e”

“Louis ti ha raccontato questo?” – si intromise Scott, brusco.

“Harry ha ragione, è colpa mia, non ho saputo trattenermi” – Lux si alzò di scatto – “… quindi chiedo scusa e me ne vado, ok? Finiamola qui!”

Styles rimase interdetto – “Pertanto lo ammetti”

“Certo! E ti confesso che ne ho abbastanza di voi e di questi giochetti! Salutami tuo marito e cercate entrambe di starmi alla larga, ok?!” – ribadì aspro, puntandolo a pochi centimetri dal volto tirato.

Harry annuì, facendolo passare.

Faceva male, male da morire: Vincent non capì neppure come riuscì ad arrivare all’uscita della suite, per infilarsi nella propria, due numeri avanti a quella di Scott, con il cuore a mille ed una voglia di urlare incontenibile.

Doveva succedere, prima o poi ed a certe situazioni non si poteva che dare un taglio netto.

Per non soffrire più.
Per non morirne per davvero.




Geffen si sfilò la cravatta, slacciandosi anche quel colletto troppo stretto, mentre se ne stava seduto nella penombra della camera di Pepe, in attesa di lui e Robert, che dopo qualche secondo si palesò.

L’avvocato rimase immobile sopra al bracciolo di una poltrona, sistemata vicino ad un ampio davanzale, invaso da peluche e giocattoli.

L’attore lo colse perduto in chissà quali pensieri, a fissare il buio, oltre ai vetri, così la neve, ora più fitta e la fiaccolata dei maestri di sci, allineati in una serpentina perfetta.

“Eccoci qui” – mormorò Downey, per non svegliare la loro birba.

“Ehi …” – Glam si voltò finalmente, sorridendo ad entrambi – “… E’ crollato?” – sussurrò amorevole, mentre il moro glielo passava delicatamente.

“Eh già, ha fatto merenda tardi, non so se gli andrà la pizza con Lula, Kevin e Layla”

“La mangeranno Peter e Vas”

“Ci saranno anche loro?”

“Sai che non abbasso mai la guardia Robert …”

“Pensi di essere ancora in pericolo per i Mendoza?”

“Non si sa mai … Però tu non angosciarti, d’accordo? Sono io ad essere paranoico”

“No, affatto, tu sei semplicemente protettivo e …” – inspirò, mentre lo fissava – “… meraviglioso, Glam”

“Credi?” – sorrise a metà.

Pepe si stava muovendo, sul suo petto, la testolina spalmata sulla spalla sinistra dell’avvocato – “… i miei papà …”

“Siamo qui tesoro … Ci saremo sempre per te, lo sai” – disse dolcemente Geffen, stringendolo un po’ di più.

Downey guardò in basso, poi una carezza sul proprio fianco destro, riportò i suoi pozzi liquidi su Glam.

“Sei dimagrito …”

“Ma no … Forse qualche chilo …” – scherzò l’artista – “… Ho qualche timore, per Jude, ad essere sinceri”

“Come mai?”

“La sua schiena, ecco … Ha delle fitte, dopo il trapianto e non me l’ha detto subito”

“Anche lui, come vedi, è protettivo e vorrebbe evitarti ogni disagio, io lo capisco” – disse limpido.

“Appena torniamo a Los Angeles vorrei si sottoponesse a delle visite, ma lui diventa scontroso sull’argomento” – si lamentò.

“Perché ha sofferto parecchio, in quegli ospedali, non è semplice e poi si ha paura di scoprire chissà cosa, ma Jude starà bene, te lo garantisco: ho un amico in Svizzera, che si occupa di queste patologie, potremmo andarci subito, anche domani Robert” – lo rassicurò.

Downey sorrise – “Tu sei … unico … Non mi stancherò mai di dirlo”

“A scoppio ritardato, ma sì, lo sono, giusto un pochino”

“Glam … Stai ancora rimuginando sulla sfuriata di Richard?”

“Sì … E’ stata dura, non potevo difendermi, perché lui aveva ragione su ogni rimprovero”

“E sia, hai commesso degli errori, ma adesso tu sei ciò che sei, anche grazie a questi sbagli, lo sai, vero?”

“So di potere contare su di te, questo è il mio immenso conforto Robert e mi auguro lo sarà anche in futuro”

Downey tremò – “Certo … Assolutamente Glam”

Si abbracciarono, tenendo Pepe tra loro, che sorrise, senza farsi vedere.




Tim e Niall stavano ballando, scatenati, con Xavier, al centro della pista, ricavata nel mezzo del salone delle feste dell’albergo.

La cena era più che altro in piedi ed ognuno cercava poi posto un po’ ovunque, anche in salette più appartate.

Farrell si fece largo tra una folla di invitati, palesemente attirati dalla sua eleganza e da una bellezza ormai più matura ed affascinante.

Anche Kevin lo intercettò, distraendosi per un attimo dallo spettacolo, che il suo ex stava dando a pochi metri da lui.

“Ciao Colin … Anche tu solo?”

“Ciao … Ah no, Jared sta mettendo a letto i gemelli, arriverà a minuti, beviamo un drink?”

“Mi andrebbe di traverso” – e riguardò Tim, ora allacciato ad Horan, per una danza più lenta e suadente.

“Mi dispiace … Eravate una bella coppia”

“Non abbastanza … Ora, però, con Mark sto … carburando” – ed arrossì.

Colin lo osservò, inclinando la testa – “Lo dici come se fosse un problema, Kevin, invece è una cosa bellissima, non credi?”

“Sono spaventato, ecco … E se fallissi di nuovo?”

“Non succederà, se hai messo sul serio della distanza, tra te e Glam”

“Sì, l’ho fatto” – e, nell’affermarlo secco, il musicista guardò oltre Colin, che si girò, istintivamente, accorgendosi anche lui dell’arrivo di Geffen, in compagnia di Robert.

“Buonasera …” – li salutò perplesso il legale, avendo notato il loro scambio di confidenze e l’imbarazzo dell’ex – “Lula ti sta aspettando …” – disse educatamente, rivolgendosi a lui.

“Lo so Glam, ci stavo andando infatti” – bissò asciutto – “… buona serata Colin, ciao Rob”

“Ciao …” – contraccambiò un po’ stranito Downey, esitante davanti a quella tensione, non ancora sopita, da parte di Kevin nei confronti dell’uomo, che entrambi avevano sposato.

In un’altra vita.




Taylor quasi si scontrò con Richard, impegnato al tavolo dei dolci, con diversi piattini, per accontentare i suoi pargoli e la moglie.

“Dov’eri finito?” – domandò brusco il giovane interprete.

L’architetto gli lanciò un’occhiata storta – “Ero con i miei e poi con mio padre, abbiamo chiarito”

“Bene … Almeno con lui ci sei riuscito”

“Non è stato piacevole, però mi sono tolto un bel po’ di sassolini dalla scarpa”

“E cosa hai deciso di fare?” – chiese con una velata speranza nel tono, sin troppo esaustivo per Ricky, che sembrò volere tagliare corto.

“Non ora, c’è Sonia, con i bimbi e”

“Ok, ho capito”

“Cosa hai capito, scusa?”

Kitsch fece un sorriso di circostanza, gli occhi lucidi, odiandosi per quanto fosse fragile ed evidentemente ingenuo.

“Sei solo un coglione, uno senza palle” – gli bisbigliò – “Hai fatto la voce grossa con il leone capo branco, ma hai lasciato le cose a metà e così sarà per sempre, vero Richard?”

L’arrivo della consorte, pose fine a quello scambio di battute, divenuto ormai aspro e pericoloso.

“Salve” – l’apostrofò Taylor, sparendo tra i presenti, senza aggiungere altro.

“Tutto a posto, amore?” – domandò lei, incuriosita da quella situazione.

“Certo … Hai lasciato da soli i piccoli?”

“Ma no, figurati, ci sono Pam e Sveva, sono delle zie straordinarie” – puntualizzò lei, aiutandolo con un secondo vassoio.

“Ok … Io devo fare una telefonata, torno tra cinque minuti” – disse trafelato.

“Una telefonata, proprio ora?”

“Sì, non posso rimandare, abbi pazienza Sonia, ok?”

“Ok … A più tardi allora, noi non ci muoviamo da qui”




Lux schiacciò nervosamente il pulsante dell’ascensore, imprecando nella sua lingua madre.

Un rumore dal fondo del corridoio lo distrasse.

Era Kitsch, intento a dare un calcio al trolley, che si era messo di traverso, inciampando in una corsia rossa, posta al centro del parquet a scacchi.

“Stai tornando in città Vincent?”

“Sì … anche tu?”

“Già, ma sono senza auto, mi ha portato qui Colin”

“Ok … Se ti va ti posso dare un passaggio, ma ti avverto, non sarò una buona compagnia”

“Nemmeno io, se è per questo …”

Le ante si aprirono.

“Oh finalmente, non vedo l’ora di andarmene” – sbuffò l’affarista, entrando in cabina, con un bagaglio piuttosto leggero.

Il resto dell’attrezzatura l’aveva già caricata al mattino.

Al piano terra i due vennero visti dalla balconata superiore unicamente da Ricky, che si precipitò lungo la scalinata, inutilmente.

Il suv di Lux era già sotto ad una pensilina, grazie ad un inserviente molto solerte-
La partenza fu immediata.

Richard rimase come invischiato, in una marea di persone chiassose e poco sobrie, intente a festeggiare al meglio quell’occasione mondana, che lui in realtà detestava.

Forse fu meglio così, pensò, con un nodo alla gola, che difficilmente si sarebbe sciolto presto.



 TAYLOR




 TIM




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