Capitolo n. 116 – life
Farrell si aggiustò
l’auricolare, mentre guidava e parlava con Taylor.
I gemelli dormivano sul
sedile posteriore, controllati di tanto in tanto da Jared, assorto a fissare oltre
il finestrino, il paesaggio che fuggiva via e mutava, chilometro dopo
chilometro, dal Colorado alla California.
Si sentiva allo stesso
modo, sospeso tra Colin e Glam, che li seguiva a distanza di sicurezza, ma mai
abbastanza per uscire dalla vita della coppia.
Jude, Robert, Cami e
Dadi condividevano l’abitacolo del suv dell’irlandese, che ora rideva, alle
confidenze di Kitsch, con il quale sarebbe tornato sul set il giorno dopo.
Law dormiva, la testa
appoggiata sulla spalla sinistra di Downey, che di tanto in tanto lo baciava
sulla tempia, girandosi di quel poco, per scrutare Geffen, sorridente a quel
contatto, mentre chiacchierava con un loquace Lula ed un vivace Pepe, impegnato
a corteggiare Luna, coccolata da Tom e Chris, unitisi a loro per il rientro.
Sveva e Pam avevano
preferito il van di Vas e Peter, con il resto dei bimbi, oltre a Phil e Xavier,
che badavano a loro volta ai guapiti, come
li definiva affettuoso lo scultore.
Harry, Louis, Liam e
Zayn, con Petra ed Eric, avevano noleggiato un’auto, abbandonati ad Aspen da
Lux, appena ripartito dal resort con Taylor.
Kevin e Mark avevano
preso a bordo Scott e Jimmy, mentre Tim, Niall e Layla, avevano scelto lo
scassatissimo fuoristrada di Hugh, che con Jim e Nasir, erano in coda,
strombazzanti, in vani tentativi di sorpasso, che, in compenso, riuscivano
benissimo a Brendan e Brent, solitari ed allegri sulla loro Aston Martin,
comoda esclusivamente per due.
“Tutto bene tesoro?”
Ruffalo ruppe il
silenzio, anche nella testa di un Kevin assente, dalla partenza.
“Sì … Sì, certo,
scusami non sono di compagnia”
“Non sei l’unico” –
bisbigliò simpatico, indicando con gli occhi Jimmy, con le cuffiette e Scott
immerso nella lettura di un manuale di chirurgia, ricevuto il Natale precedente
dalla sua equipe di infermiere.
Kevin sorrise a metà,
inspirando greve, come se avesse un peso sul cuore.
“Forse preferivi
viaggiare con Glam e Lula …” – accennò il professore.
“No, no, assolutamente …
I miei figli, come vedi, stanno benissimo con altri” – e si riferì soprattutto
a Layla.
Mark scosse il capo
riccioluto e nuovamente folto – “Nessuno ti ha estromesso dalle loro vite e
puoi portare i tuoi bambini da me quando vuoi, sai che li adoro” – rivelò
sincero.
“Sì, sarebbe bello …” –
replicò inquieto.
Ruffalo gli prese la
mano, appoggiata al bracciolo, percependola gelida.
“Tu con me puoi parlare
di ciò che vuoi Kevin, ok?” – aggiunse comprensivo e disponibile.
“Ok … E’ … E’ un
momento delicato, ecco … Tu mi … Mi prendi parecchio” – e rise nervoso.
“E’ reciproco” – ed
arrise alla propria constatazione, con un pizzico di senso di colpa, nel
ricordare l’espressione di Niall, appoggiato a quello stipite, solo poche ore
prima, al suo bacio sfuggente, ai suoi fanali lucidi e vibranti.
“Siamo in bilico
entrambi tra due relazioni finite male, nelle quali credevamo, io poi sono
reduce da un bel divorzio ed è il secondo … Fallisco puntualmente, come vedi ed
ho una paura fottuta di imbarcarmi nella terza catastrofe sentimentale della
mia vita” – quasi si sfogò, limpido.
“Allora sarà come la
terza guerra mondiale”
“Cioè?”
“Non ci sarà mai.”
Richard era partito
all’alba da Aspen, con i suoi, per raggiungere prima possibile la città.
Ormai accumulava scuse
e bugie con Sonia, compresa quella levataccia mattutina, per non rimandare
impegni di lavoro tanto urgenti quanto immaginari.
Usando un escamotage
piuttosto ridicolo, strappò a Flora, la storica segretaria del padre,
l’indirizzo di Kitsch, essendo l’attore tra i clienti dello studio, che curava
la parte legale delle produzioni dove lavorava Farrell.
In quel frangente,
l’architetto si sentì alla stregua del famigerato genitore, capace di ottenere
qualsiasi cosa, quando si prefissava un obiettivo preciso.
E Taylor era là, ora, a
pochi metri dalla sua vettura bipower, ecologica ed all’avanguardia quanto la
sua attività, sempre attenta alla salvaguardia dell’ambiente e delle risorse
energetiche.
Quante belle parole era
in grado di dire l’affascinante architetto, anche davanti a platee numerose, ai
vari congressi, dove il primogenito di Geffen era spesso ospite d’onore, per le
sue ricerche costantemente innovative.
Chissà se con quel
giovane, Ricky, avrebbe saputo sfoderare lo stesso carisma: il dubbio lo
attanagliava, accartocciato dietro al volante, che con le dita stava
stritolando.
La ragione di quel
disagio, gli stava contorcendo lo stomaco.
Kitsch era sceso dalla
jeep di Lux, pronto a prendergli il bagaglio e porgerglielo con gentilezza, se
non che Taylor gli si appese al collo, per stampargli un bacio sulla bocca, di
quelli che di dubbi non te ne lasciano.
Vincent era persino
arrossito, ma, nonostante le iridi dell’altro erano un invito sfacciato a
salire da lui, l’affarista sembrò rinunciarvi, congedandosi trenta secondi
dopo.
Trenta secondi durante
i quali Ricky non riuscì a riorganizzarsi mentalmente un discorso logico, per
chiedere scusa a Taylor.
Era troppo incazzato.
Troppo geloso.
Geloso marcio.
Se ne rese pienamente
conto appena raggiunse il pianerottolo dell’amico,
all’attico del palazzo elegante, in cui abitava Taylor, ma in una zona lontana
da quelle più in di L.A.
Con una spinta, Richard
lo buttò nell’ingresso, costringendolo in un angolo, nella penombra, dopo
avergli brandito i polsi, in una morsa febbrile, come i suoi occhi, le sue
esternazioni, i suoi baci.
“Ma sei impazzito!?” –
esclamò spaventato Kitsch.
“Sei stato anche con
lui, avanti dimmelo!!”
“Ricky lasciami, stai
dando i numeri e” – però un ulteriore bacio smorzò le sue deboli proteste.
Aveva il cuore a mille,
per la sorpresa, per la gioia di sentirsi trattare in quel modo, anche se
brutale ed imprevedibile.
Richard poteva essere
uno psicopatico, per quanto ne poteva sapere Taylor, ma quella supposizione
neppure lo sfiorò lontanamente.
“Sei una … una puttana
ragazzino” – gli ansimò nel collo, infuriato, come le sue mani, nel cercare di
spogliarlo.
“A te andava bene,
quando è stato il tuo turno, non ho niente da rimproverarmi, ok?!” – si ribellò
a quelle ingiurie, lasciandosi toccare dappertutto.
Crollarono sul parquet,
seminudi, aggrovigliati e sudati.
Richard non aveva mai
abbandonato le sue labbra, continuando ad inveire contro di lui ed il suo modo
di comportarsi – “Ti lasceresti scopare da chiunque, non hai una morale, non
hai un minimo di vergogna”
“Quello che si deve
vergognare sei tu, stronzo di un bugiardo e vigliacco!” – strepitò, scalciando
e punendolo con dei pugni sulla schiena, nonostante lo stesse stringendo forte
a sé, con la paura che finisse, che se ne andasse, vinto dalla sua eterna paura
di volare.
“Non puoi dirlo, ora
sono qui!” – la sua voce si spezzò.
“E cosa vuoi da me,
fottuto bastardo viziato??!” – gemette, avvolgendolo come se fossero l’uno il
riflesso dell’altro, per tante ragioni, mentre lo fissava esigente.
“Io voglio te Taylor …
Voglio … fare l’amore con te”
La sua risposta,
rimbombò nell’addome di Kitsch, ormai senza più barriere, per arginare l’invasione
virile di Ricky, che si inebriò di lui e di come fosse già bagnato e pronto a
riceverlo: prepararlo fu pressoché inutile, mentre saziarsi di lui,
indescrivibile, per intensità e passione.
Le stesse con cui
Richard lo marchiò, con il proprio ritmo incessante, con i jeans scesi alle
caviglie, mentre quelli di Taylor erano stati strappati via dalla sua furia di
averlo.
Vennero
insieme.
Piangendo.
La pausa per un caffè
alla stazione di servizio, fu l’occasione per Ruffalo di rimanere da solo con
Kevin.
Si guardarono, un po’
smarriti.
“La terza guerra mondiale
… Quindi non accadrà mai, ma cosa Mark? Una nostra relazione?”
“No, mi hai frainteso:
io mi riferivo all’esatto contrario, per te e per me, senza alcuna catastrofe
annunciata o scontata” – gli sorrise.
“Vuoi darci questa
opportunità, quindi?”
“Di cosa hai paura,
Kevin? Che io ti lasci per un capriccio o chissà cosa?” – obiettò sereno.
Davanti al loro mezzo,
transitarono in quell’istante Geffen, che teneva per le orecchie, divertito,
Lula e Pepe, rei di qualche marachella, pensò il bassista, facendo loro un
cenno.
Ruffalo deglutì a vuoto,
ma non perse il proprio equilibrio.
Il passato di Kevin
sarebbe stato un eterno presente, con cui fare i conti ogni giorno.
Doveva unicamente
capire se ne sarebbe valsa la pena e sino a che punto.
https://www.youtube.com/watch?v=fZpMrm1YQts
Jared si appoggiò ad un
muretto, dove scorrevano pubblicità, dietro ad un pannello luminoso, inserito
tra la base ed il ripiano, in mattoni pieni, dove il cantante si mise seduto,
le mani in tasca, gli zaffiri perduti nella brezza del tardo pomeriggio.
Il tramonto stava
bussando tra le nuvole.
Forse era in arrivo un
temporale.
Robert lo guardò, poi
scese, dicendo a Law che avrebbe preso delle bibite per lui e le bimbe.
L’artista gli si
avvicinò, con quei carboni liquidi, capaci di incantarti, come la sua
dialettica, le sue espressioni tipiche ed incisive.
“E’ come se tu ed io
dovessimo dirci delle cose e non ne fossimo più capaci, Jay … Cosa ci è
successo?” – esordì, affiancandolo, per scrutare, quanto lui, l’orizzonte,
azzurro ed arancio.
“Non lo so Rob … Tu che
pensi?”
“Penso che dovremmo ritrovarci
Jay … Eravamo uniti, eravamo complici” – sorrise.
“E poi? Siamo diventati
rivali per colpa di Glam?” – chiese secco.
“Sicuramente sì, era
inevitabile”
“E siamo stati incapaci
di recuperare, dopo?”
“Dopo, Jared?” – Downey
rise sarcastico – “Il dilemma, per noi, è che non ci siamo lasciati nulla alle
spalle, riguardo a Glam!” – sibilò, mostrando ai passanti il suo profilo
migliore.
“Parla per te!”
“Dio, ma sei ridicolo!!”
Colin li interruppe,
bruscamente – “Volete un arbitro?”
Leto avvampò e Downey
si ammutolì, andandosene, stizzito.
“Perché litigavate?”
“No … Noi stavamo …
Lasciamo perdere Cole … Non vedo l’ora di essere a casa nostra, chiudere la
porta ed archiviare questa vacanza del cazzo!”
“Devi dirmi qualcosa,
Jay?” – domandò, sollevandogli il mento, con il pollice e l’indice mancini.
“Assolutamente … Mi
dispiace sono irritabile, ho l’emicrania e la nausea da quando ci siamo messi
in viaggio” – si lamentò, senza mentire comunque.
Farrell lo avvolse, con
la consueta tenerezza – “Penso sarà l’ultima volta Jay”
“L’ultima volta per
cosa, scusa?”
“Temo che l’armonia dei
vecchi tempi, non tornerà più, per una serie di circostanze” – replicò tranquillo.
“E’ … è solo un periodo
di crisi, di tensioni, ma la nostra famiglia ne uscirà più solida di prima!” –
affermò con decisione il leader dei Mars.
Solo
in apparenza: non ci credeva più neppure lui, in fondo.
ROBERT
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