mercoledì 8 aprile 2015

LIFE - CAPITOLO N. 110

Capitolo n. 110 – life



Downey gli massaggiò la schiena, tra le scapole, con un tocco caldo ed affettuoso.

Un’abitudine dura a morire, tra loro.

Geffen fissava il vuoto sconsolato, mentre se ne stavano seduti da mezz’ora, su quella panchina, davanti le seggiovie ferme, per il troppo vento.

“Io … Io credevo che Richard si fidasse di me, invece ho appena scoperto che la sua vita è stata tutta una bugia” – e mandò giù amaro.

“Questo non lo sappiamo, Glam, non possiamo trarre conclusioni affrettate, non è giusto nei suoi riguardi: Ricky ti ha sempre rispettato e poi ti vuole così bene” – lo difese l’attore.

L’avvocato lo fissò, a quel punto.

Un punto di svolta, pensò l’uomo, dove tutto, da quel momento, sarebbe cambiato con il suo primogenito.

Era come un terremoto interiore, quello che lo stava devastando.

“Credo che questo Michael fosse importante per lui, sai? Da come ha reagito il ragazzo, ecco”

“Ok, ok Glam, è una storia finita male, se Richard è stato onesto nelle sue confidenze a colazione”

“Penso di sì …” – replicò smarrito.

Era come se un pezzo di sé, fondamentale, si fosse staccato e stesse andando alla deriva: Geffen non riusciva ad accettarlo.

Amava troppo Ricky.

Downey gli sorrise, segnandogli lo zigomo destro, con il pollice – “Detesto vederti così, credimi: è come se non avessi più punti di riferimento, Glam, però è una situazione sanabile, al cento per cento”

“Ora temo la sua reazione, invece … Ho combinato un bel pasticcio.”




Richard si ritrovò dieci chiamate di Michael, appena riaccese il cellulare, steso sotto ad un piumone ed appoggiato alla testata in legno massiccio, di quel letto comodo e spazioso.

Nella penombra della stanza, un occhio andava al visore, mentre il secondo sbirciava Taylor, che si stava rivestendo, in silenzio.

“Problemi?” – chiese di botto l’attore.

“Eh, cosa?!” – sobbalzò l’altro.

“Tua moglie ti ha cercato?” – Kitsch rise leggero, indossando un pullover aderente, come il resto del suo vestiario sportivo, ma provocante, almeno quanto la sua lingua tagliente.

“No … No, si tratta del mio … del mio ex, di Sidney” – precisò l’architetto, a mezza voce.

“Uh guai in vista!”

“La vuoi smettere?”

“Ma non ti vedi?” – sbuffò il più giovane, rialzandosi da una poltrona, dopo essersi infilato dei doposci strati di rosso ed argento – “… Sei un po’ patetico, non credi?”

“A fare cosa? Ad avere scopato con te, Taylor?”

Kitsch si morse le labbra, riflettendo per un attimo.

“E’ inutile, sai? Scappare da sé stessi, intendo e tu sei come tuo padre, peccato TU non abbia le palle per dirlo al mondo intero”

“Mio padre, già … Ti sei fatto anche lui?” – chiese antipatico, cercando l’intimo tra i cuscini e sul parquet.

“No. No, gli ho dato semplicemente un bacio, una sera, dopo che … Ma a te cosa frega?” – bissò asciutto, controllando, a propria volta, il suo smartphone.

“Romantico, ecco perché ne sei così affascinato” – ridacchiò sarcastico.

“E chi non lo è? Tu per primo Ricky, anzi, direi che potresti essere un bel caso per i Laurie, anche se un po’ scontato”

Il primogenito di Geffen si voltò di scatto, puntandolo aspro – “Non dire stronzate!” – ruggì.

Kitsch fece un sorrisetto canzonatorio – “Ullallà, punto sul vivo, ci ho preso, dunque?” – poi fece una breve pausa, ossigenandosi – “Glam Geffen è unico, dovrai ammetterlo, forse non come genitore, forse non con te, almeno, però ha delle doti granitiche, puoi contare su di lui, perché Glam risolve, non rimanda, non tergiversa, è spietato ed anche giusto, quando necessario, per cui rassegnati, è una montagna così alta da scalare, da dare le vertigini, anche al più coraggioso” – affermò con sicurezza spiazzante.

Richard scosse il capo, guardando altrove – “Io non voglio competere con lui, non l’ho mai fatto” – disse più calmo.

“Diciamo che l’hai evitato, giusto?”

“Ho messo della distanza, tra noi, ho commesso degli errori, è vero, ma … Ma su una cosa hai ragione, Taylor: le mie scelte sono state condizionate da papà, anche se lui non ha fatto nulla, non direttamente, perché era … era implicito, insomma”

“Ok …” – anche Kitsch si tranquillizzò – “… E non pensi che Glam possa aiutarti, a recuperare o meglio a vivere, finalmente, senza più bugie, senza le ali tarpate?”

Gli occhi di Ricky luccicarono, umidi – “Non nel mio caso, non con tre bimbi … Michael voleva fare parte della loro vita, in qualche modo ed era dolce, nel suo proporsi, senza invadenza, senza pressioni … Con lui ho perso un’occasione bellissima, di essere felice” – e la voce gli si incrinò.

Taylor andò ad abbracciarlo, come avrebbe voluto fare la sera prima, senza secondi fini.

“Scusami …” – mormorò affranto Richard, quasi in lacrime – “… io non volevo giudicarti, prima … scusami” – e fece aderire le rispettive fronti, in un gesto delicato e complice.

Si baciarono.
Senza poi più dirsi nulla.




Il primario di cardiologia firmò le dimissioni, in presenza di Mark, già vestito e sulla sedia a rotelle, obbligatoria per lasciare il reparto, con Kevin, in piedi alle sue spalle, che lo sfiorava di tanto in tanto, come a rassicurarlo sulla propria presenza.

“Bene Mr. Ruffalo, la burocrazia è stata espletata …” – poi il dottor Kols li scrutò – “… Volevo raccomandarle una dieta equilibrata, pensieri positivi e … Con il suo partner non si faccia problemi, ok? Potrete avere una sana vita sessuale, anzi, direi che sarà un ottimo coadiuvante, durante la sua piena ripresa” – e sorrise, sinceramente convinto, di ciò che diceva.

Kevin arrossì, mentre Mark gli prendeva le mani – “Sì, il mio compagno ed io non la deluderemo professore, mi creda” – ribatté solare, per poi andarsene da lì, finalmente.

Una volta in auto, il bassista si mise alla guida, prendendo una coperta dal sedile posteriore, passandola gentile al suo passeggero speciale.

“Non vorrei prendessi freddo …” – disse esitante, gli occhi grandi su Mark, che per poco non si commosse.

“Tesoro, non sono moribondo, non hai sentito il doc, prima?” – e rise divertito.

“Sì, sì, certo, non volevo offenderti o”

Un bacio, mozzafiato, pose fine al suo adorabile imbarazzo.




Le parole di Michael furono dure e risentite.

L’escursione online, messa in atto da Geffen, poche ore prima, lo aveva destabilizzato e messo in una sgradevole situazione con la zia, ancora perplessa sull’intero episodio.

Il promettente manager, unico suo erede, le aveva infatti propinato delle scuse banali, sul perché Glam gli avesse provocato una tale reazione negativa.

Richard non seppe come scusarsi ed il telefono sbattutogli in faccia da Michael, sapeva tanto di porta chiusa definitivamente.

La loro conversazione non passò inosservata.

Jared ne ascoltò una parte e, vedendo Ricky sconvolto, si affrettò a raggiungerlo, per capire cosa lo tormentasse.

Scoprire la verità, dopo il suo sfogo, fu per Leto un’autentica sorpresa.

“Avevo intuito qualcosa, sai?” – gli disse paterno, il cantante, spostandogli un ciuffo di capelli, seduti ad un tavolino della brasserie, deserta in quel pomeriggio, dove in pochi si azzardavano ad uscire.

“Ora dovrò passare il resto della mia vita a scusarmi, con tutti, vero?”

“No, perché dovresti? Tu non devi nulla a nessuno, per come sei” – e gli sorrise – “… certo tuo padre reclamerà delle spiegazioni, ma solo perché Glam ti ama”

“Lui mi fa imbestialire, quando fa così, quando si intromette, come con Michael, accidenti!” – sbottò, notando, dopo un secondo, l’arrivo del genitore, in compagnia di Downey.

“Ah eccolo, aspetta gli vado incontro e”

“No Jared, sei stato comprensivo e ti ringrazio, ma questa guerra la devo affrontare da solo” – e si alzò in piedi, stringendo i pugni.

“Ma non è una guerra, accidenti Richard!” – sibilò Leto, per poi voltarsi in favore della coppia, appena transitata nell’ingresso del locale.

Geffen non aveva mai smesso di guardarlo ed il figlio perse più di un battito, ma non la sua rabbia.

“Ciao Richard, per fortuna che ti ho trovato”

“Non penso la sia, sai papà? Cosa ti è saltato in mente, quando hai deciso di invadere l’esistenza del mio amico e gettarlo nel panico, nella vergogna?!?” – esplode, incurante dei pochi avventori.

Robert provò a porsi tra loro – “Non è il caso di fare piazzate Ricky, per favore”

“Non rimanderò questo discorso, non illuderti!” – inveii più determinato.

Glam si strofinò il volto tirato – “D’accordo Ricky, sono stato avventato, curioso, indiscreto, non so cosa mi sia preso, ok?!”

“Invece lo sai benissimo, perché tu fai sempre così, TU SEI COSI’! Invadente, presuntuoso ed arrogante! Fin da quando ero piccolo, non ricordo una sola occasione in cui tu non debordavi, volevi sapere, ficcare il naso, decidere, invadere e conquistare, prevalere ad ogni costo!!”

Erano malumori incancrenitisi, in un cuore gonfio di delusione, di abbandono.

Geffen avrebbe preferito ricevere una carica di botte, ma non quell’attacco così vivido ed incontrovertibile.

“Dio smettila, Richard o gli farai venire un infarto!” – intervenne Jared, spaventato da tanto rancore.

“No, no Jay, lascialo parlare, temo sia la prima volta, per Ricky, senza maschere” – lo affrontò, senza alcuna ironia.

“Oh sì, dici bene, maschere, finzioni! La tua specialità, vero?! Ho sempre cercato di non deluderti, quando tu, invece, facevi l’esatto contrario, mentre io provavo a fare qualcosa che fosse onesto e pulito, conquistando comunque il tuo rispetto! E così quello dei miei docenti, dei conoscenti, ma non bastava mai, ero sempre e nonostante ogni mio sforzo, IL FIGLIO DI GLAM GEFFEN, IL LEGALE DEI VIP, IL MAFIOSO, IL DONNAIOLO, IL PUTTANIERE!!”

Geffen si asciugò una lacrima, mentre Robert sembrava piegarsi, al posto suo, per ogni invettiva di Richard, ormai livido ed in affanno.

“Mi dispiace per Michael, sul serio”

“Non parlare di lui!! Ho rinnegato me stesso, per avere una famiglia, di cui non vergognarmi, per essere un padre esemplare, un marito fedele, ma ho dovuto cambiare continente, per uscire dalla tua ombra, dalla tua ignobile reputazione!”

“So che avresti meritato un padre migliore, sai Richard?”

“NO … No … ognuno ha ciò che si merita, Michael me lo ha urlato contro, paragonandomi a te, dopo che gli avevo raccontato ogni dettaglio delle tue imprese, delle tue assenze, dei compleanni dimenticati, di mamma che piangeva e si ubriacava, cambiando analista ogni mese …” – disse sfinito.

“Io non ho mai capito niente, Richard, io pensavo tu fossi felice … E’ nata anche Veronica”

“E’ quello che volevo credere anch’io, papà … E’ per Veronica, che tra Michael e me è finita, perché …” – e si sentì mancare – “… Perché lui pensava che io avessi deciso per il divorzio, che non dormissimo neppure più insieme e sapere che mia moglie era rimasta di nuovo incinta, è stato così umiliante”

Jared stava fissando il vuoto, impietrito contro la parete degli attaccapanni.

Robert lo stava osservando, temendo che crollasse, per una serie di emozioni, che il moro riuscì a decodificare, come nessuno.

“Tu non avevi alternative, eri schiacciato dal peso delle tue responsabilità, dalla solitudine, alla quale ti eri condannato con le tue mani, Ricky … So cosa vuole dire affliggersi e non vedere vie d’uscita: Michael te ne aveva offerta una e Dio mi è testimone, se ti dico che darei qualsiasi cosa, farei qualsiasi cosa, per mandare indietro il tempo e ritrovarti realizzato con lui, in una soluzione accettabile per tutti”

Richard sorrise mesto – “La tua dialettica, le tue arringhe … Dopo la scuola, mi infilavo in tribunale, per spiarti, ascoltarti … ammirarti” - e scoppiò a piangere, su quell’ultima asserzione.

Geffen lo strinse forte, senza esitare, senza rimandare.

“Tu non dovrai più conoscere questo dolore, Richard, io non lo permetterò, ok?” – anche Geffen stava piangendo.


Jared corse fuori, in crisi di ossigeno.

Robert lo rincorse, per confortarlo.

“Tesoro, cosa ti prende?”

“Nu nulla Rob … Io … Io avevo così bisogno di quello che … che Glam ha appena fatto, con suo figlio, ma mi è sempre mancato … Un padre vero, capisci?”

“Respira, avanti, questo è un attacco di panico, mio Dio … Vuoi che cerchi Colin?” – domandò concitato l’artista.

Per un frammento, incastonato nel loro destino, come una gemma di inestimabile valore, Farrell stava arrivando, a bordo di una moto slitta, con Jude, che si teneva al maniglione posteriore, in equilibrio piuttosto precario, ma non abbastanza a disagio per non arridere alla vista di Robert.

I quattro si riunirono in un abbraccio corale, a sostegno del leader dei Mars.

“Sentivo che eri in difficoltà Jay … Non so come, però era come una fitta, qui, allo stomaco, amore” – gli rivelò l’irlandese, cullandolo poi, mentre Jude e Robert, allacciati come ragazzini, si stavano allontanando.

Aveva smesso di nevicare.

Anche il vento si era fermato.

Così i loro sguardi, naufragati in un bacio profondo.

Assoluto.













Nessun commento:

Posta un commento