lunedì 13 aprile 2015

LIFE - CAPITOLO N. 111

Capitolo n. 111 – life



Il fuoco scoppiettante nel camino, lo stava ipnotizzando.

Richard si accoccolò meglio, sotto l’ala sinistra di Geffen, sopra al divano della suite, affittata dall’avvocato.

Poco distanti, sul tappeto musicale, piazzato da Vas al centro dell’ampia stanza, Lula e Pepe, giocavano con i tre figli dell’architetto, mentre la madre era al centro estetico con Pam e Sveva, in vista della cena di gala, offerta in serata dalla direzione dell’hotel, in onore dei suoi ospiti prestigiosi.

“Sei comodo?” – chiese piano Glam, dandogli un bacio tra i capelli e Ricky annuì, sorridendo.

“Cosa farò, adesso?” – domandò improvvisamente assorto.

“Quello che ti senti, ok?” – replicò pacato il più grande, sollevandosi per guardarlo negli occhi.

Richard arrossì.

“Con Michael è finita, lo sai … Perché dovrei mandare all’aria il mio matrimonio, papà?” – chiese serio.

“Nessuno ha detto che devi farlo, se tu sei felice anche … così”

“No, non lo sono e … E mi sembra ingiusto verso la donna, che mi ha sposato e dato tre splendidi cuccioli” – ed il suo sguardo corse nella loro direzione, commuovendosi.

“Non ti farò pressioni, perché so di essere un po’”

“Papà!” – Richard lo bloccò, poi prese un respiro – “… Perdonami per quello che ti ho detto in quel locale, io avevo perso la testa e non ho mai pensato certe cose”

Geffen sorrise, bellissimo nei suoi quasi sessantadue anni.

“Quelle che tu chiami  cose, su di me, sono tutte terribilmente vere e questo lo sai, campione”

“Me lo dicevi, le volte che venivi a prendermi a scuola”

“Le rarissime volte” – puntualizzò il legale – “Peccato io non possa rimediare agli errori del passato, alle mie mancanze, però sono in grado di recuperare, con ogni sforzo possibile, con ognuno di voi ovviamente”

“Tu l’hai già fatto da un pezzo, papà” – replicò sincero.

“Ok …”

“Ok” – Ricky sorrise più rilassato.

“Esco a fare due passi, vuoi unirti a me?”

“No, devo cambiare i piccoli e poi … Poi vorrei riflettere su cosa dire a Sonia, ecco”

“So che farai la cosa giusta, Ricky, l’hai sempre fatta e sono orgoglioso di te, da quando sei al mondo, credimi”

“Ti ringrazio papà …” – e si abbracciarono, ancora una volta, priva di salutarsi.




Jude si fece portare delle tisane in camera, oltre a qualche fetta di torta.

“Questo è un rimedio della nonna” – disse Law, con quella punta di ingenuità, che Robert adorava.

L’americano se ne stava allungato sul letto, avvolto in un plaid, che il marito si era premurato di usare, per sopperire ai suoi brividi, per la giornata all’aperto e le troppe emozioni.

“Forse anche un cognac, non sarebbe stato male”

“Ma Rob” – e rise, passandogli la tazza, mentre gli si rannicchiava accanto.

“Grazie amore”

Ed ogni volta che lo diceva, a Jude si illuminava l’anima.

“Come ti senti?”

“Un po’ scosso … Come ti ho accennato, durante il nostro rientro, è stato un confronto durissimo e se penso che i nostri figli potrebbero fare lo stesso un giorno”

“Ma che sciocchezze, Robert! Loro ti amano e ti stimano”

Downey lo scrutò, intenerito da quella sua vivace difesa a suo favore – “Con Indio, ad esempio, non sono stato un genitore esemplare: ricordi i suoi problemi di dipendenza? I ricoveri, la depressione”

“E’ accaduto un secolo fa, ora Indio sta bene da anni, è sposato e ti ha persino dato un nipote!”

“Ok Judsie … Ma io non sono un santo”

“Tu sei una persona così speciale, invece … Sei la nostra guida, mia, dei ragazzi … Di Glam” – e sorrise, con una smorfia di finto risentimento.

Downey si rallegrò, per quella sua innata ironia, molto anglosassone – “Glam ha dato segni di cedimento, ma arrivati al dunque, è scattato in uno dei suoi abbracci virili e potenti, tanto che Richard ha dovuto soccombere, a tale e tanto amore”

Law inclinò il capo stempiato, ma ancora biondo – “Anche a te, è successo?” – lo domandò con tenerezza.

Downey avvampò – “Temo di sì … E’ dura sfuggirgli”

Risero, complici, dandosi poi un lungo bacio.




I suoi passi lo fecero trasalire.

Jared se ne stava appoggiato ad una colonna, sotto ai portici del centro commerciale, poco affollato a quell’ora.

“Cosa ci fai tu qui?” – chiese Geffen, arridendo alla sua vista.

“Ehi ciao … Come sta Richard?” – gli chiese con tono apprensivo.

“Abbastanza tranquillo, sta riflettendo su cosa fare della propria vita, senza ingerenze”

“Oh Glam, lui era solo incazzato, per Michael, per le bugie, che avrà dovuto sostenere”

“Tu e Robert siete stati molto comprensivi e … dinamici, con Richard”

“Già, io e Robert …” – inspirò, controllando se Colin uscisse o meno dalle porte scorrevoli, in compagnia di Phil e Xavier.

A questi ultimi venne in mente di noleggiare uno smoking, con tanto di giacca bianca.

“Cos’hai Jared?” – chiese più serio Geffen.

“Nulla, devo andare adesso”

“Andare dove? Perché non soddisfi la tua curiosità, visto e considerato che ti frulla qualcosa in quella testolina!?” – sbottò innervosendosi.

“A ME NON”

Glam lo baciò, facendo morire sul nascere quell’invettiva del cantante.
Facendo morire Jared.

Artigliandogli il volto asciutto, che non sembrava volere ancora arrendersi all’incedere del tempo, Geffen lo scrutò vibrante – “A te importa di me, almeno quanto a me importa di te, Jay” – sentenziò brusco, ma le sue iridi erano così amorevoli, da frantumare quelle blu cobalto, che vi si stavano specchiando dentro.

“Glam …”

“Sì, ti libero di me, non preoccuparti, so quale è il mio posto, quanto il tuo”

“Perché fai così?” – ed avrebbe voluto prenderlo per le mani e scomparire da lì e da quella vita, reinventandosene una nuova.

Quei pensieri, erano talmente egoistici, realizzò Leto, vergognandosi, appena intravide il marito palesarsi a pochi metri di distanza, rinnovando un senso di colpa ormai tristemente perpetuo ed immutabile.

Alla vista dell’irlandese, la figura di Geffen era celata dalle colonne, in cemento armato.

Dietro le stesse, Glam sparì, come se non fosse mai stato lì, seppure rimanendo marchiato a fuoco, nel cuore di Jared, che abbozzò un sorriso, a favore di Farrell, che non esitò ad avvolgerlo.

“Certo che potevi anche entrare, Jay” – lo rimproverò, passando gli acquisti a Xavier, per muoversi liberamente.

“Avevo bisogno d’aria Cole, perdonami …”

“Per così poco …” – Farrell gli sorrise, dandogli un bacio tenero.

Già, per così poco.




Il bussare di Niall fu lieve, come il suo sorriso imbarazzato, appena Kevin gli aprì.

“Ciao … Sono passato per sapere come sta Mark, però se disturbo, me ne vado subito” – esordì teso.

Nei suoi jeans strappati, gli scarponi intonsi ed il maglione, una taglia più comoda della sua, Horan ispirava solo simpatia.

Anche nel bassista, che si fece da parte, lasciando che si accomodasse – “Prego, vieni pure, gli farà piacere: Mark sta guardando una partita in tv”

“Di basket?”

“No, hockey su ghiaccio” – Kevin sorrise.

“Ah ok …” – anche Niall lo fece, avanzando più sicuro di sé.

Ruffalo rimase seduto, sorpreso, piacevolmente, nel ritrovarselo lì.

“Ehi …”

“Ciao Mark, come ti senti? Spero di non”

“Molto meglio, ti ringrazio … Vuoi da bere? Noi stavamo per farci un tè, vero Kevin?” – e divise un’occhiata affettuosa, tra i suoi interlocutori.

“No, mi fermo un minuto, non di più, so che devi riposarti” – e deglutì a vuoto, fissandolo, con la voglia di abbracciarlo.

Identica a quella, che anche Ruffalo stava provando.

“I dottori hanno detto che è stato un bene scoprire questa malformazione e se è accaduto per via dello stress dell’ultimo periodo, ben venga Niall, però non voglio assolutamente, che tu ti senta responsabile, non esiste” – dichiarò con fermezza, incurante dell’espressione di Kevin.

“Io … io sono mortificato, per averti fatto soffrire”

“Almeno sei stato sincero” – replicò sereno il più adulto.

Kevin passò in camera da letto, senza dire nulla.

Niall lo sbirciò, rialzandosi dalla poltrona, ormai scomoda, come l’intera situazione.

“Il mio numero ce l’hai, Mark, se non ti crea grossi problemi, vorrei mi tenessi aggiornato sui tuoi progressi, ok?”

“Ok … Lo farò, contaci.”




Taylor scriveva e cancellava.

Quel messaggio proprio non voleva saperne di avere il tono, che lui intendeva dargli, per essere simpatico, ma non invadente, nel reclamare l’attenzione di Richard, del quale aveva perso notizie da ore.

“Ancora in giro? Non vai a prepararti per la cena?”

“Glam!?” – sobbalzò sulla seggiola centrale, al bancone del bar della hall.

“Dio, faccio così spavento?” – e rise - “Sembra tu abbia visto un fantasma e forse è così, sai?” – anche Geffen si accomodò – “Un Martini, grazie … Tu cosa bevi?”

“Niente … Sono a stomaco vuoto … Come sta Ricky?”

Glam inarcò un sopracciglio – “Non ci girerò intorno: come stanno le cose, tra voi, Taylor?”

Kitsch avvampò nuovamente.

“Abbiamo … parlato” – balbettò.

“Non ti conviene raccontarmi frottole”

“Mi stai minacciando?” – ribatté buffo e Geffen scoppiò a ridere.

“Ha ragione mio figlio: ho una pessima reputazione … Da difendere” – e, schiacciandogli l’occhiolino, Glam prese il bicchiere e si diresse verso la saletta, dove solitamente lui ed il resto degli amici, si riunivano prima dei pasti, per chiacchierare o guardare la tv.

Lux era lì, elegantissimo ed in piena solitudine, ad inviare e-mail sul suo tablet.

“Ciao Vincent”

“Buonasera … Non verrai mica così, al tavolo del direttore?” – e ridacchiò guascone, facendogli posto, sul sofà in velluto verde smeraldo.

“Che si fotta” – bofonchiò – “… l’altra mattina, voleva propinarmi dei lucrosi investimenti, per un nuovo centro benessere”

“Ma dai … E poi non è mica una brutta idea, Glam”

“Figurati … Voglio dedicarmi ai miei tesori …”

“Minorenni o maggiorenni?”

“Sei spiritoso …” – e lo guardò di sguincio, facendolo divertire maggiormente.

Lux era una canaglia, difficile da impressionare.

Semmai ci poteva riuscire Louis, appena giunto, in un completo di Armani, dono del francese.

“Quindi come mi sta? Harry dice che sembro un manichino!” – e mise il broncio, andandosi poi ad incollare all’affarista, con nonchalance.

“Sei uno splendore … E poi ne ho regalato uno anche a lui”

“E’ stato fantastico fare shopping con te, Vincent, ma Harry è uno zuccone!”

“E la nostra principessa?”

“Lei è al settimo cielo ed anche il suo papà ricciolo ha approvato la scelta” – ed ammiccò.

“Mi sento come il terzo incomodo, salgo a cambiarmi!” – si intromise Geffen, scattando in piedi, per poi andarsene un po’ trafelato.

Tomlinson fece una smorfia – “Giornata storta, per il nostro super eroe?” – bisbigliò dispettoso.

“Si dice in giro che Richard abbia fatto faville …” – gli sussurrò l’ex poliziotto.

“In che senso?”

“Nel senso che è gay quanto il padre, nonostante quello schianto di ex modella e prole al seguito …”

“Ops … Ma è uno scherzo?!”

“Non direi mon petit … Ah eccoli, sembrano la famigliola felice dell’anno, non trovi?”

“Dopo il tuo scoop, direi proprio di no.”








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