Capitolo n. 114 – life
Quella che a tutti
apparve come un’innocua nevicata, si tramutò ben presto in un’autentica bufera.
Lux intravide l’insegna
di un grande complesso residenziale, con annesso un resort di lusso e vi si
diresse immediatamente.
Peccato che molti altri
automobilisti, poco prima di lui, avessero avuto la stessa idea.
“Abbiamo solo una
mansarda, all’attico, molto bella … Lei e suo figlio potrete stare comodi e”
“Lui non è mio padre,
siamo amici e poi non vede i documenti?” – si intromise brusco Kitsch, rimasto
silenzioso durante tutto il viaggio.
Vincent non proferì
parola, riponendo il passaporto nel portafogli.
Un dono di Louis.
“Sì, scusatemi …
Comunque vi chiedo una gentilezza: con tutta questa confusione, il direttore ha
richiesto il pagamento anticipato”
“Nessun problema” – Lux
sorrise, estraendo la carta di credito – “Quanto le devo?”
“Divida il conto in
due, per favore” – si impose nuovamente il giovane, porgendo la propria Visa,
con un’occhiata che lasciava poco spazio a qualsiasi contestazione.
L’addetto alla
reception stampò due ricevute, saldandole con i rispettivi addebiti.
Una volta saliti in
ascensore, con un bagaglio minimo, la coppia si guardò.
“Sei stato un po’ acido,
prima” – esordì l’affarista, con pacatezza.
“Mi mantengo da solo e
ne ho fin sopra i capelli di certe cose” – sbottò Taylor.
“Di cosa esattamente?”
– e scesero all’ultimo piano, facendo passare il badge nella porta in fondo al
corridoio.
“Di voi grandiosi, tu,
Geffen, pieni di soldi da fare schifo”
“Ok …” – Vincent
inspirò – “… non credo sia questo il motivo della tua rabbia, se vuoi parlarne,
ti ascolterò volentieri”
Kitsch lo puntò severo
– “Invece lo è! Far parte di questa famiglia” – e rise nervoso, alzando gli
occhi al soffitto ed allargando le braccia – “… è come essere fagocitati da un
vortice di ipocrisia, di inganni, di false promesse!”
Lux si accomodò sul
davanzale, dopo avere aperto una brochure – “Hai fame? Qui dice che la cucina
non chiude mai”
“Ma mi stai ascoltando,
cazzo?!”
“Non potrei farne a
meno, neppure se lo volessi” – e rise leggero, ma non provocatorio.
“Credevo tu fossi
diverso, Vincent”
“Lo sono, però sono
pochi ad accorgersene” – obiettò più rigido, afferrando la cornetta – “Sì
signorina, vorrei ordinare, dunque … Una bottiglia di champagne, acqua
minerale, una grigliata di pesce ed una di verdure, molte salse e due fette di
Saint Honoré … Perfetto, sì siamo alla 512, dica al cameriere che paghiamo in
contanti, la ringrazio, arrivederci” – e riattaccò.
Taylor si era
ammutolito.
“Spero tu li abbia,
così facciamo alla romana, come si dice in Italia, hai presente?”
“Alla … romana …?” –
bissò timido.
“Me l’ha detto Antonio,
il … nonno” – e gli fece un occhiolino simpatico.
“Ah ecco, sì … No, devo
scendere a fare un bancomat”
“Se non ti offendi e
non mi sbrani, ci penserò io e mi offrirai un pranzo, domani magari, a Los
Angeles, che ne pensi?” – chiese calmo, le braccia incrociate sul petto.
“L’avrei fatto
comunque, per il passaggio, per ringraziarti …”
“Ok, allora aggiungo un
aperitivo, così siamo pari: tu non mi devi niente, io non ti devo niente, ok?”
“Ok …” – deglutì a
vuoto – “… vado a farmi una doccia”
“Bene, a dopo!” – ed
allegro, l’uomo andò a spaparanzarsi sul divano, accendendo la tv.
“A dopo …” – replicò
mesto Kitsch, sparendo in una frazione di secondo.
A Mark più che un
bussare, quel rumore sembrò un leggero tonfo.
Aprì, dopo essersi
infilato la casacca del pigiama, per coprire la medicazione, appena cambiata
personalmente, senza però allacciarsi i bottoni e lasciando il tutto visibile,
a chi era oltre la porta della sua camera.
Niall.
“Ehi …”
“Oh cavoli ho sbagliato
piano” – rise il ragazzino, palesemente alticcio.
“Credevo fosse Kevin” –
replicò lui con un sorriso – “… vuoi che ti accompagni?”
“Co cosa? … E’ che
dovevo prendere un maglione per Tim, ora … ora salgo o … o scendo, non ricordo
il numero della suite” – e si accovacciò contro lo stipite, con aria
interrogativa.
“Su entra, non diamo
spettacolo” – e lo accompagnò verso una seggiola – “… ho ancora del caffè
caldo, te ne verso una tazza, ok?” – propose dolce.
“Ok …” – e, sollevando
lo sguardo, Niall si accorse delle bende, sul cuore di Ruffalo.
“Cosa guardi piccolo?”
“Eh …?” – ebbe un
sussulto – “… la tua … la tua ferita” – rispose mortificato Horan.
“Non è nulla tesoro” –
e si inginocchiò – “… non fa male, sai?”
“A me sì … E’ … è colpa
mia” – e scoppiò a piangere.
Ruffalo lo strinse a
sé, cullandolo lieve – “Sai che non è vero ed ora tu non sei abbastanza lucido
per affrontare questo discorso Niall … Dai vieni, sciacquati il viso e calmati,
qui nessuno ha delle colpe: è la vita, ok? Ed io sto bene, davvero” – e lo
guardò, sereno.
Horan gli sfiorò il
mento ed il contorno delle labbra, con la punta dell’indice sinistro – “Mi … mi
vuoi ancora bene, nonostante”
“Sì, te ne voglio amore
… Te ne vorrò per sempre” – e lo abbracciò caldo, ma castamente.
Ricky gli apparve
agitato ed un po’ bugiardo, Geffen lo pensò senza esitazioni.
“Stai cercando
qualcuno?” – domandò il legale, mettendogli la giacca sulle spalle.
Il figlio stava
tremando, in camicia, dopo essere uscito all’aperto, per seguire, in
lontananza, la partenza improvvisa di Kitsch con Lux.
“Grazie papà … No … No,
è che … Che volevo prendere una boccata d’aria”
“Hai parlato con
Sonia?”
Richard lo fissò
stranito – “Non ancora … Non ci riesco, non è il caso comunque”
Glam scosse il capo
rasato, ossigenandosi – “Temo sia una pessima idea: mentirle, intendo”
“So cosa intendi” –
ribatté angosciato – “… E’ la mia fottuta esistenza fatta di menzogne ad essere
in gioco ed io devo scegliere se non fare crollare il castello di carte oppure
fare finta di niente, ora che Michael l’ho perso, senza più speranze, giusto?!”
– gridò a tono basso e controllato, anche se con esasperazione profonda.
“L’hai appena detto tu,
Ricky: è un castello di carte, fragile almeno quanto il tuo animo, adesso che
sei riuscito a dire la verità, a me, a Robert, a Jared e credo anche a Taylor,
vero? E’ lui che rincorrevi prima, non sono uno stupido e non mi distrarrò più
da te e da ciò che hai bisogno, ok?”
“Io non ho bisogno di
Taylor” – sibilò acre.
“Eppure il fatto che se
ne sia andato con Vincent ti irrita, questo vorrà dire pure qualcosa!” – sbottò
con fermezza Geffen.
Richard continuava a
rinnegare sé stesso, le proprie inclinazioni, i desideri, lasciati marcire
nello squallore delle bugie e della finzione.
Le sue iridi vennero
inondate da malinconia e rammarico.
“Non riesco ad essere
come sei tu, papà … Non posso sacrificare i miei bambini ed anche mia moglie,
alla mia vigliaccheria … Mi sono assunto delle responsabilità e devo portarle
sino in fondo, verso un futuro dove non ha importanza la mia felicità”
“Ma non è giusto!” –
avvampò.
Ricky sorrise amaro –
“No, quello che non è giusto è fare prevalere le mie esigenze, in questo
preciso istante del mio percorso, visto che ci sono arrivato scegliendo io cosa
mi faceva più comodo e meno paura!”
“Questa integrità ti fa
onore, però ti condanna”
“E’ il mio destino, è
ciò che ho scelto e non ne faccio più neppure una colpa a te, papà, perché non
ne hai, questo è il punto: certo hai avuto delle mancanze, nei miei riguardi e
non solo, però è troppo facile giocare a scarica barile, è immaturo, è da
coglioni …”
Geffen lo avvolse – “Tu
non meriti questa agonia … So che tutto ti apparirà complicato, ingestibile,
però possiamo farcela e tu non verrai meno ai tuoi doveri di padre … Sonia
comprenderà”
“No … Non voglio
correre rischi … Io non voglio perdere i miei bimbi” – e si sciolse in un
pianto carico di afflizione e pensieri bui, verso il domani.
Lux masticò l’ultimo
boccone di torta.
Si erano piazzati sul
tappeto, quasi accampati, lasciando unicamente le abatjour accese, in angoli
poco distanti al loro desco, apparecchiato su di un tavolo basso, da salotto,
ma molto ampio.
Le schiene appoggiate
alla seduta del sofà, gli sguardi un po’ persi, nello scambiarsi qualche
confidenza, senza più tensioni.
“La mia storia con
Kirill è stata straordinaria … In ogni sua sfumatura, di luce e di … di morte …
La morte si è portata via le persone che ho amato di più … Mio figlio e poi
Kirill, appunto …”
“Mi dispiace, si sente
che lo adoravi, te ne sei preso cura, non l’hai mai abbandonato”
“E’ un mio difetto,
talvolta” – sorrise scrutandolo – “… Con Louis ad esempio”
“Da quel poco che so,
eravate una bella coppia: come mai non ha funzionato?”
“Mi sono arreso”
“Davanti al suo amore
per Harry?”
“Sì certo” – ed annuì
convinto – “… ho pensato fosse la cosa giusta per entrambi, lasciarli andare,
permettere che adottassero Petra, al posto mio … Ho … Ho delegato l’amore ad
altri cuori”
“Il tuo non ne era
capace, di affrontarli, questi sentimenti? Non ci credo Vincent”
“C’est la vie” –
sospirò.
“E Kirill è stato il
tuo riscatto?”
“Forse …”
“Io credevo lo fosse
Jude” – rivelò tranquillo e riflessivo – “… Dopo essermi illuso di avere una
chance con Colin … Ecco lui mi ha sempre affascinato, però il suo spirito
inquieto, le sue debolezze, i suoi crolli e le rinascite, li ho sempre
collegati all’intervento di Jared, tanto da creare una dipendenza reciproca”
“Le dipendenze non sono sane”
“Già … Ma per loro
sembrano essenziali” – rise.
“E Jude ti ha deluso?”
“Profondamente”
“Lo ami ancora?”
“Credo di sì … Mi fa
così rabbia … Per questo penso di non avere mai smesso di amarlo”
“E ti fideresti, se ti
venisse ancora a cercare, Taylor?”
“No”
“Non è per lui che te
ne sei venuto via da Aspen, però”
“E’ per …” – poi si
morse il labbro inferiore – “… Centra Ricky”
“Hai avuto problemi con
lui?”
“In un certo senso …
Divergenze di opinione … E poi do sempre un’eccessiva confidenza ai casi
disperati, probabilmente perché anch’io lo sono” – e rise triste.
Lux si grattò la nuca –
“Sei un ragazzo bellissimo, con dei sogni, delle possibilità, non dovresti
affrettare i tempi e”
“Quindi se ti chiedessi
di dormire con te, mi giudicheresti male?” – chiese di botto.
“Se si trattasse
unicamente di dormire, darei il mio assenso” – provò a scherzare, bonario.
“Non vuoi più essere
gay?”
“Oh cavoli questa è una
battuta carina Taylor … Davvero carina” – rise, poi prese fiato - “E’ tardi …” –
l’affarista controllò l’orologio – “… e continuerò ad essere gay, anche se non
faremo sesso insieme … Non questa notte, almeno” – e si alzò, andandosene in bagno,
per una doccia veloce.
Quando tornò, Kitsch si
era assopito sopra al piumone, al centro del materasso, senza spogliarsi.
Lux cercò una tuta e
recuperò una coperta dalla cassapanca, accanto all’ingresso, dove avevano
lasciato il resto della loro roba.
Ci si rannicchiò sotto,
un minuto dopo, allacciandosi a cucchiaio a Taylor, che sorrise nel cuscino.
Senza
dire niente.
RICHARD GEFFEN
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