lunedì 20 aprile 2015

LIFE - CAPITOLO N. 114

Capitolo n. 114 – life



Quella che a tutti apparve come un’innocua nevicata, si tramutò ben presto in un’autentica bufera.

Lux intravide l’insegna di un grande complesso residenziale, con annesso un resort di lusso e vi si diresse immediatamente.

Peccato che molti altri automobilisti, poco prima di lui, avessero avuto la stessa idea.


“Abbiamo solo una mansarda, all’attico, molto bella … Lei e suo figlio potrete stare comodi e”

“Lui non è mio padre, siamo amici e poi non vede i documenti?” – si intromise brusco Kitsch, rimasto silenzioso durante tutto il viaggio.

Vincent non proferì parola, riponendo il passaporto nel portafogli.

Un dono di Louis.

“Sì, scusatemi … Comunque vi chiedo una gentilezza: con tutta questa confusione, il direttore ha richiesto il pagamento anticipato”

“Nessun problema” – Lux sorrise, estraendo la carta di credito – “Quanto le devo?”

“Divida il conto in due, per favore” – si impose nuovamente il giovane, porgendo la propria Visa, con un’occhiata che lasciava poco spazio a qualsiasi contestazione.

L’addetto alla reception stampò due ricevute, saldandole con i rispettivi addebiti.

Una volta saliti in ascensore, con un bagaglio minimo, la coppia si guardò.

“Sei stato un po’ acido, prima” – esordì l’affarista, con pacatezza.

“Mi mantengo da solo e ne ho fin sopra i capelli di certe cose” – sbottò Taylor.

“Di cosa esattamente?” – e scesero all’ultimo piano, facendo passare il badge nella porta in fondo al corridoio.

“Di voi grandiosi, tu, Geffen, pieni di soldi da fare schifo”

“Ok …” – Vincent inspirò – “… non credo sia questo il motivo della tua rabbia, se vuoi parlarne, ti ascolterò volentieri”

Kitsch lo puntò severo – “Invece lo è! Far parte di questa famiglia” – e rise nervoso, alzando gli occhi al soffitto ed allargando le braccia – “… è come essere fagocitati da un vortice di ipocrisia, di inganni, di false promesse!”

Lux si accomodò sul davanzale, dopo avere aperto una brochure – “Hai fame? Qui dice che la cucina non chiude mai”

“Ma mi stai ascoltando, cazzo?!”

“Non potrei farne a meno, neppure se lo volessi” – e rise leggero, ma non provocatorio.

“Credevo tu fossi diverso, Vincent”

“Lo sono, però sono pochi ad accorgersene” – obiettò più rigido, afferrando la cornetta – “Sì signorina, vorrei ordinare, dunque … Una bottiglia di champagne, acqua minerale, una grigliata di pesce ed una di verdure, molte salse e due fette di Saint Honoré … Perfetto, sì siamo alla 512, dica al cameriere che paghiamo in contanti, la ringrazio, arrivederci” – e riattaccò.

Taylor si era ammutolito.

“Spero tu li abbia, così facciamo alla romana, come si dice in Italia, hai presente?”

“Alla … romana …?” – bissò timido.

“Me l’ha detto Antonio, il … nonno” – e gli fece un occhiolino simpatico.

“Ah ecco, sì … No, devo scendere a fare un bancomat”

“Se non ti offendi e non mi sbrani, ci penserò io e mi offrirai un pranzo, domani magari, a Los Angeles, che ne pensi?” – chiese calmo, le braccia incrociate sul petto.

“L’avrei fatto comunque, per il passaggio, per ringraziarti …”

“Ok, allora aggiungo un aperitivo, così siamo pari: tu non mi devi niente, io non ti devo niente, ok?”

“Ok …” – deglutì a vuoto – “… vado a farmi una doccia”

“Bene, a dopo!” – ed allegro, l’uomo andò a spaparanzarsi sul divano, accendendo la tv.

“A dopo …” – replicò mesto Kitsch, sparendo in una frazione di secondo.




A Mark più che un bussare, quel rumore sembrò un leggero tonfo.

Aprì, dopo essersi infilato la casacca del pigiama, per coprire la medicazione, appena cambiata personalmente, senza però allacciarsi i bottoni e lasciando il tutto visibile, a chi era oltre la porta della sua camera.

Niall.

“Ehi …”

“Oh cavoli ho sbagliato piano” – rise il ragazzino, palesemente alticcio.

“Credevo fosse Kevin” – replicò lui con un sorriso – “… vuoi che ti accompagni?”

“Co cosa? … E’ che dovevo prendere un maglione per Tim, ora … ora salgo o … o scendo, non ricordo il numero della suite” – e si accovacciò contro lo stipite, con aria interrogativa.

“Su entra, non diamo spettacolo” – e lo accompagnò verso una seggiola – “… ho ancora del caffè caldo, te ne verso una tazza, ok?” – propose dolce.

“Ok …” – e, sollevando lo sguardo, Niall si accorse delle bende, sul cuore di Ruffalo.

“Cosa guardi piccolo?”

“Eh …?” – ebbe un sussulto – “… la tua … la tua ferita” – rispose mortificato Horan.

“Non è nulla tesoro” – e si inginocchiò – “… non fa male, sai?”

“A me sì … E’ … è colpa mia” – e scoppiò a piangere.

Ruffalo lo strinse a sé, cullandolo lieve – “Sai che non è vero ed ora tu non sei abbastanza lucido per affrontare questo discorso Niall … Dai vieni, sciacquati il viso e calmati, qui nessuno ha delle colpe: è la vita, ok? Ed io sto bene, davvero” – e lo guardò, sereno.

Horan gli sfiorò il mento ed il contorno delle labbra, con la punta dell’indice sinistro – “Mi … mi vuoi ancora bene, nonostante”

“Sì, te ne voglio amore … Te ne vorrò per sempre” – e lo abbracciò caldo, ma castamente.




Ricky gli apparve agitato ed un po’ bugiardo, Geffen lo pensò senza esitazioni.

“Stai cercando qualcuno?” – domandò il legale, mettendogli la giacca sulle spalle.

Il figlio stava tremando, in camicia, dopo essere uscito all’aperto, per seguire, in lontananza, la partenza improvvisa di Kitsch con Lux.

“Grazie papà … No … No, è che … Che volevo prendere una boccata d’aria”

“Hai parlato con Sonia?”

Richard lo fissò stranito – “Non ancora … Non ci riesco, non è il caso comunque”

Glam scosse il capo rasato, ossigenandosi – “Temo sia una pessima idea: mentirle, intendo”

“So cosa intendi” – ribatté angosciato – “… E’ la mia fottuta esistenza fatta di menzogne ad essere in gioco ed io devo scegliere se non fare crollare il castello di carte oppure fare finta di niente, ora che Michael l’ho perso, senza più speranze, giusto?!” – gridò a tono basso e controllato, anche se con esasperazione profonda.

“L’hai appena detto tu, Ricky: è un castello di carte, fragile almeno quanto il tuo animo, adesso che sei riuscito a dire la verità, a me, a Robert, a Jared e credo anche a Taylor, vero? E’ lui che rincorrevi prima, non sono uno stupido e non mi distrarrò più da te e da ciò che hai bisogno, ok?”

“Io non ho bisogno di Taylor” – sibilò acre.

“Eppure il fatto che se ne sia andato con Vincent ti irrita, questo vorrà dire pure qualcosa!” – sbottò con fermezza Geffen.

Richard continuava a rinnegare sé stesso, le proprie inclinazioni, i desideri, lasciati marcire nello squallore delle bugie e della finzione.

Le sue iridi vennero inondate da malinconia e rammarico.

“Non riesco ad essere come sei tu, papà … Non posso sacrificare i miei bambini ed anche mia moglie, alla mia vigliaccheria … Mi sono assunto delle responsabilità e devo portarle sino in fondo, verso un futuro dove non ha importanza la mia felicità”

“Ma non è giusto!” – avvampò.

Ricky sorrise amaro – “No, quello che non è giusto è fare prevalere le mie esigenze, in questo preciso istante del mio percorso, visto che ci sono arrivato scegliendo io cosa mi faceva più comodo e meno paura!”

“Questa integrità ti fa onore, però ti condanna”

“E’ il mio destino, è ciò che ho scelto e non ne faccio più neppure una colpa a te, papà, perché non ne hai, questo è il punto: certo hai avuto delle mancanze, nei miei riguardi e non solo, però è troppo facile giocare a scarica barile, è immaturo, è da coglioni …”

Geffen lo avvolse – “Tu non meriti questa agonia … So che tutto ti apparirà complicato, ingestibile, però possiamo farcela e tu non verrai meno ai tuoi doveri di padre … Sonia comprenderà”

“No … Non voglio correre rischi … Io non voglio perdere i miei bimbi” – e si sciolse in un pianto carico di afflizione e pensieri bui, verso il domani.




Lux masticò l’ultimo boccone di torta.

Si erano piazzati sul tappeto, quasi accampati, lasciando unicamente le abatjour accese, in angoli poco distanti al loro desco, apparecchiato su di un tavolo basso, da salotto, ma molto ampio.

Le schiene appoggiate alla seduta del sofà, gli sguardi un po’ persi, nello scambiarsi qualche confidenza, senza più tensioni.

“La mia storia con Kirill è stata straordinaria … In ogni sua sfumatura, di luce e di … di morte … La morte si è portata via le persone che ho amato di più … Mio figlio e poi Kirill, appunto …”

“Mi dispiace, si sente che lo adoravi, te ne sei preso cura, non l’hai mai abbandonato”

“E’ un mio difetto, talvolta” – sorrise scrutandolo – “… Con Louis ad esempio”

“Da quel poco che so, eravate una bella coppia: come mai non ha funzionato?”

“Mi sono arreso”

“Davanti al suo amore per Harry?”

“Sì certo” – ed annuì convinto – “… ho pensato fosse la cosa giusta per entrambi, lasciarli andare, permettere che adottassero Petra, al posto mio … Ho … Ho delegato l’amore ad altri cuori”

“Il tuo non ne era capace, di affrontarli, questi sentimenti? Non ci credo Vincent”

“C’est la vie” – sospirò.

“E Kirill è stato il tuo riscatto?”

“Forse …”

“Io credevo lo fosse Jude” – rivelò tranquillo e riflessivo – “… Dopo essermi illuso di avere una chance con Colin … Ecco lui mi ha sempre affascinato, però il suo spirito inquieto, le sue debolezze, i suoi crolli e le rinascite, li ho sempre collegati all’intervento di Jared, tanto da creare una dipendenza reciproca”

“Le dipendenze non sono sane”

“Già … Ma per loro sembrano essenziali” – rise.

“E Jude ti ha deluso?”

“Profondamente”

“Lo ami ancora?”

“Credo di sì … Mi fa così rabbia … Per questo penso di non avere mai smesso di amarlo”

“E ti fideresti, se ti venisse ancora a cercare, Taylor?”

“No”

“Non è per lui che te ne sei venuto via da Aspen, però”

“E’ per …” – poi si morse il labbro inferiore – “… Centra Ricky”

“Hai avuto problemi con lui?”

“In un certo senso … Divergenze di opinione … E poi do sempre un’eccessiva confidenza ai casi disperati, probabilmente perché anch’io lo sono” – e rise triste.

Lux si grattò la nuca – “Sei un ragazzo bellissimo, con dei sogni, delle possibilità, non dovresti affrettare i tempi e”

“Quindi se ti chiedessi di dormire con te, mi giudicheresti male?” – chiese di botto.

“Se si trattasse unicamente di dormire, darei il mio assenso” – provò a scherzare, bonario.

“Non vuoi più essere gay?”

“Oh cavoli questa è una battuta carina Taylor … Davvero carina” – rise, poi prese fiato - “E’ tardi …” – l’affarista controllò l’orologio – “… e continuerò ad essere gay, anche se non faremo sesso insieme … Non questa notte, almeno” – e si alzò, andandosene in bagno, per una doccia veloce.

Quando tornò, Kitsch si era assopito sopra al piumone, al centro del materasso, senza spogliarsi.

Lux cercò una tuta e recuperò una coperta dalla cassapanca, accanto all’ingresso, dove avevano lasciato il resto della loro roba.

Ci si rannicchiò sotto, un minuto dopo, allacciandosi a cucchiaio a Taylor, che sorrise nel cuscino.

Senza dire niente.





RICHARD GEFFEN

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