Capitolo n. 99 – life
Jared entrò trafelato
nell’alloggio della fondazione, senza accorgersi di non essere solo.
“Ma dove diavolo l’avrò
perso?!” – ringhiò a mezza voce, sotto lo sguardo divertito di Geffen, che se
ne stava con un peluche in mano, sulla soglia della camera, dove un tempo,
ormai lontanissimo, i due dormivano.
Anzi, si amavano.
“Se cerchi questo Jay”
“Dio!” – si girò di
scatto – “Glam, cazzo! Mi hai fatto paura” – inspirò greve, tremando quasi.
“Non era mia intenzione
tesoro” – gli si avvicinò turbato – “… credevo fossi qui per la mia stessa
ragione ovvero Tigro” – e sorrise, avvolgendolo paterno.
“Oh no …” – Leto
sorrise emozionato – “… non è per Pepe, sono io ad essere sbadato, non trovo
più né la mia triad di oro bianco e tanto meno il mio tablet”
“La collana era tra le
lenzuola, eccola qui” – e gliela mostrò, senza staccarsi da lui – “… per il
resto, ti consiglio di indagare tra i cuscini del divano, ci perdevi qualsiasi
cosa quando” – e si interruppe, ma con serenità nello sguardo.
“Sì … Hai ragione” –
Leto si scostò un po’ brusco, rovistando dove Geffen gli aveva indicato.
“Di solito ci si
dimentica un oggetto importante, in un posto dove si vorrebbe tornare
volentieri o dove si è stati bene” – disse un po’ sommesso, senza perdersi
nulla nei suoi gesti, ora più nervosi.
“Niente di tutto ciò” –
il leader dei Mars rise, in evidente tensione.
“Lo immagino … Era
tanto per dire”
“No, no, tu non dici
mai nulla a caso, fa parte delle tue strategie in aula, no?” – bissò acre.
“Cos’hai Jared, posso
saperlo?” – domandò calmo.
Leto prese un bel
respiro, aveva anche trovato il suo Nokia ultrapiatto ormai – “Vorrei
unicamente andarmene, non è una bella giornata per me. Colin mi evita da
stamattina, si è fatto una bella corsa in spiaggia, dopo di che è andato alla
mensa a servire il pranzo e pulire i tavoli, pur di starmi alla larga, del
resto sono piuttosto pesante, quando”
“Quando?”
“Quando ho le mie
reazioni stupide, quando do conferma di non essere cresciuto mai, nonostante
abbia superato i cinquant’anni da un pezzo, devo continuare?” – sottolineò
amareggiato.
“Ed il motivo di questo
tuo disagio sarebbe?”
Jared sentì gli occhi
pungere, così la rabbia salirgli dal cuore.
“Ti diverti a fare lo
stronzo con me, eh Glam? No, perché non è davvero il momento”
“Ma cosa ti inventi,
accidenti?!” – inveii, perdendo la pazienza, mentre gli si riavvicinava
pericolosamente.
“Perché non te ne torni
da Kevin, cosa vuoi da me?!”
“Cosa voglio …?! …
Kevin?! Non penserai mica che ci siamo rimessi insieme?!”
Leto si ammutolì,
avvampando vergognosamente.
“Avete … avete dato
questa impressione e non sarebbe sbagliato, se accadesse per Lula, nonostante
…” – quasi balbettò.
“Nonostante Kevin e Tim
abbiano adottato una bambina e siano sposati felicemente, giusto?! Miseria
Jared, tu proprio mi credi un bastardo a questo livello?!”
“Non … Non incazzarti
…”
“Sarebbe il minimo! Tu
travisi le situazioni, ti fai dei viaggi mentali assurdi, come se io fossi tuo,
OK LO SONO, ma in un modo che mi rende solo come un cane e tu allegramente
legato ad un altro! E mi cascasse una tegola su questa zucca vuota, che mi
ritrovo, se adesso andrò a perdermi a rifare questo discorso per l’ennesima
volta Jared!” – ruggì.
Leto si mise seduto,
poi si passò le mani tra i lunghi capelli, lo sguardo basso.
“Mi dispiace Glam …”
“Oh sicuro, fai che
sbattere i tuoi occhioni un paio di volte, ammicca, come solo tu sai fare ed io
ti lascerò andare con una bella pacca sulla spalla, tanto, qui, il fesso
rimarrò sempre io, giusto?!”
“Tu parli così perché
sei rimasto ferito dalle decisioni di Robert … Sii sincero” – affermò triste,
senza guardarlo ancora.
Geffen si inginocchiò,
sollevandogli il viso, con l’indice ed il pollice destri, sotto il suo mento
rasato da poco – “Nessuno, nessuno riesce a mandarmi fuori dai gangheri, come
riesci a fare tu, Jared Joseph Leto” – sospirò rassegnato.
“Ti voglio così bene
Glam … Eppure non riuscirò mai a fare parte della tua vita come vorrei” – disse
con il respiro mozzato.
“Te ne ho dato più che
un’opportunità perché ciò capitasse, almeno di questo dovrai darmi ragione …”
“Sì, non potrei
rinnegarlo, neppure se lo volessi ed io … Io vorrei cose, ancora oggi,
irrealizzabili”
L’avvocato lo strinse,
mosso da troppe sensazioni scomode, che avrebbe voluto disperdere, come foglie
nel vento.
Eppure non era
semplice, non lo era mai stato.
“Anche tu, Jay, mi hai
fatto sempre desiderare cose nuove per me” – ammise, la bocca tra quelle
ciocche dai riflessi dorati, al sapore di miele, come le labbra di Leto.
Adesso.
Baciarsi, perdersi.
Ritrovarsi.
Per loro, questo, era
davvero semplice.
Così liberarsi dai
rispettivi abiti, come se fosse stato possibile farlo anche con il fuoco, che
li stava consumando dentro e poi sulla pelle.
La pelle di Jared, dove
ogni centimetro meritava un bacio, una carezza, nella mente di Geffen.
Un uomo impetuoso,
virile, un albero, una montagna, un sogno, che Jared vedeva tramutarsi e
realizzarsi.
Nel baciarlo ancora,
nel sentirsi sollevato da lui, che era una forza della natura, sino a piombare,
precipitare, su quel letto disfatto, ma dove con Colin non aveva fatto l’amore.
Colin svaniva, in un
rinnovato tradimento perpetuo.
Perché anche se non si
consumavano in incontri clandestini, Glam e Jared non avevano mai smesso di
amarsi.
Tradivano
chi li amava.
Tradivano
loro stessi.
Inesorabilmente.
“Glam …”
“Non dire una sola”
Jared lo baciò,
frantumando quell’ordine sul nascere, quell’impetuosa parabola di esternazioni,
confuse tra desiderio e razionalità, ormai perduta, in mille rivoli di sudore e
bramosia, mentre Glam lo faceva suo, spaccandolo a metà, ripetutamente.
Geffen lo toccava, lo
invadeva, lo cullava, tantrico e devastante, colmandolo della propria essenza.
Lo fece più volte,
Jared ne perse il senso, contemplandolo, come se l’altro fosse un Dio greco, un
guerriero, un invasore benvenuto e benvoluto.
Lo amava come un pazzo
e di quella follia, Leto, sarebbe morto anche in quell’istante, per non dovere
poi affrontare Farrell.
Reo dell’ennesimo
omicidio, perpetrato ai danni del loro legame.
Ruffalo gli andò
incontro, con un sorriso carico di entusiasmo ed aspettative.
“Tesoro, bentornato,
sei passato in facoltà?” – gli chiese il docente, avvolgendolo amorevole.
“No Mark …”
“Il pranzo è quasi
pronto ed ho le brochure del ristorante, se hai tempo le guardiamo, ok?”
Horan sapeva di buono.
Di pulito.
Come le sue iridi
agitate, da una tempesta, di cui l’altro non poteva avere sentore.
Assolutamente.
“Hai i capelli umidi
piccolo … Ti buscherai un malanno” – disse incerto, fissandolo interrogativo.
Fuori c’era un sole
splendido.
Nessun temporale,
nessuna pioggia.
“Ho … Ho fatto una
doccia e ti devo parlare Mark … Non posso e non devo rimandare” – ammise sconvolto,
guadagnando una minima distanza.
Ruffalo era fin troppo
navigato per non comprendere al volo la natura di quell’imbarazzo, però si
rifiutava di ammetterlo con sé stesso.
Era inconcepibile.
“Sono stato da Tim, a
casa sua, al loft insomma, con la bimba, c’era anche lei” – iniziò a spiegare,
tormentandosi le mani e l’anello di fidanzamento, che, all’improvviso si sfilò,
porgendolo a Mark, scioccandolo.
“Niall …”
“Non è mia intenzione
ingannarti, nemmeno se” – e prese un lungo respiro – “… nemmeno se Tim cambiasse
idea su di noi, al ritorno di Kevin”
“Idea … Su di voi?!” –
replicò alterandosi, almeno nello sguardo puntato su di lui, ma non nei toni.
“Abbiamo cominciato a
vederci, a frequentarci e siamo … Lo so che ti sembrerà incoerente con ciò che
provavo per te, Mark, però mi sono … Mi sono innamorato di Tim e lui di me”
“Non ti credo amore …
Non dopo ciò che abbiamo condiviso!” – sbottò, avanzando di un passo.
“Io non tornerò indietro
Mark, questa non è una sbandata, te lo assicuro e lo ripeto, tu non meriti di
essere preso in giro, per me è inconcepibile!”
“Anche per me lo è
ascoltarti, forse sto vivendo un incubo!”
“No … No è la semplice
realtà … Sono mortificato”
“Ma a me non basta
Niall! Forse sono stato precipitoso con il matrimonio, tu sei così giovane e”
“No, no, tu sei stato
fantastico, hai materializzato le mie aspirazioni, sei una persona gentile,
altruista, Mark, per questo non posso coinvolgerti oltre”
Ruffalo si ossigenò – “E
come potresti” – rise alienato – “TU sei innamorato di un altro!” – e scoppiò a
piangere.
Anche Horan era in
lacrime e si precipitò ad abbracciarlo.
“Non odiarmi Mark, ti
supplico … Tu sarai per sempre un punto di riferimento per me”
Ruffalo lo allontanò,
su quell’esortazione – “Mi chiedi qualcosa che io non mi sento in grado di
darti, Niall, non oggi e nemmeno domani … Tu mi stai uccidendo, con i tuoi
anni, la tua sfrontatezza ed anche quella di Tim, le cui decisioni non mi
riguardano: sei tu il ragazzo che voglio sposare … ERI TU!” – urlò disperato.
“Verrò a prendere le
mie cose quando … Quando non ci sarai, non voglio importunarti …” – aggiunse sommesso,
riprendendo il giubbotto di jeans dalla poltrona.
Ormai Ruffalo stava per
parlare alla sua schiena.
“E’ per l’adozione??!
Non hai avuto fiducia in me, vero Niall?!”
Horan non si girò più
indietro, non ne aveva il coraggio.
Chiuse la porta.
Senza fare rumore.
Geffen sfilò Farrell,
all’ingresso dell’hangar privato, imperturbabile.
L’irlandese era
comunque troppo concentrato su Jared, che stava giungendo in lontananza, dalla
direzione opposta, a quella da cui era spuntato Glam.
L’attore azzerò quei
pochi metri, tra loro, andando ad accoglierlo sul proprio petto.
“Ciao Jay … Hai
ritrovato quello che avevi perduto?” – domandò, allineando le loro fronti.
“Sì … ci sono riuscito”
– replicò flebile, poi affondò gli zigomi nel collo del consorte.
“Mi sei mancato …
Scusami per stamattina, ero di pessimo umore”
“Sì, lo avevo capito …”
– sorrise mesto, tornando a scrutarlo, in ogni suo fremito dolce, fatto di
amore purissimo.
Il cuore di Jared,
lambì un baratro di costernazione.
In un certo senso, ci
si era abituato, squallidamente.
Farrell gli pulì le
gote con i pollici – “Non volevo vederti piangere, Jay”
“Po possiamo andare a
casa?”
“Sì, immediatamente,
sono quasi tutti a bordo, dai andiamo” – e gli sorrise, cingendolo per i
fianchi stretti.
“Grazie Cole …”
Grazie.
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