sabato 7 marzo 2015

LIFE - CAPITOLO N. 99

Capitolo n. 99 – life



Jared entrò trafelato nell’alloggio della fondazione, senza accorgersi di non essere solo.

“Ma dove diavolo l’avrò perso?!” – ringhiò a mezza voce, sotto lo sguardo divertito di Geffen, che se ne stava con un peluche in mano, sulla soglia della camera, dove un tempo, ormai lontanissimo, i due dormivano.

Anzi, si amavano.

“Se cerchi questo Jay”

“Dio!” – si girò di scatto – “Glam, cazzo! Mi hai fatto paura” – inspirò greve, tremando quasi.

“Non era mia intenzione tesoro” – gli si avvicinò turbato – “… credevo fossi qui per la mia stessa ragione ovvero Tigro” – e sorrise, avvolgendolo paterno.

“Oh no …” – Leto sorrise emozionato – “… non è per Pepe, sono io ad essere sbadato, non trovo più né la mia triad di oro bianco e tanto meno il mio tablet”

“La collana era tra le lenzuola, eccola qui” – e gliela mostrò, senza staccarsi da lui – “… per il resto, ti consiglio di indagare tra i cuscini del divano, ci perdevi qualsiasi cosa quando” – e si interruppe, ma con serenità nello sguardo.

“Sì … Hai ragione” – Leto si scostò un po’ brusco, rovistando dove Geffen gli aveva indicato.

“Di solito ci si dimentica un oggetto importante, in un posto dove si vorrebbe tornare volentieri o dove si è stati bene” – disse un po’ sommesso, senza perdersi nulla nei suoi gesti, ora più nervosi.

“Niente di tutto ciò” – il leader dei Mars rise, in evidente tensione.

“Lo immagino … Era tanto per dire”

“No, no, tu non dici mai nulla a caso, fa parte delle tue strategie in aula, no?” – bissò acre.

“Cos’hai Jared, posso saperlo?” – domandò calmo.

Leto prese un bel respiro, aveva anche trovato il suo Nokia ultrapiatto ormai – “Vorrei unicamente andarmene, non è una bella giornata per me. Colin mi evita da stamattina, si è fatto una bella corsa in spiaggia, dopo di che è andato alla mensa a servire il pranzo e pulire i tavoli, pur di starmi alla larga, del resto sono piuttosto pesante, quando”

“Quando?”

“Quando ho le mie reazioni stupide, quando do conferma di non essere cresciuto mai, nonostante abbia superato i cinquant’anni da un pezzo, devo continuare?” – sottolineò amareggiato.

“Ed il motivo di questo tuo disagio sarebbe?”

Jared sentì gli occhi pungere, così la rabbia salirgli dal cuore.

“Ti diverti a fare lo stronzo con me, eh Glam? No, perché non è davvero il momento”

“Ma cosa ti inventi, accidenti?!” – inveii, perdendo la pazienza, mentre gli si riavvicinava pericolosamente.

“Perché non te ne torni da Kevin, cosa vuoi da me?!”

“Cosa voglio …?! … Kevin?! Non penserai mica che ci siamo rimessi insieme?!”

Leto si ammutolì, avvampando vergognosamente.

“Avete … avete dato questa impressione e non sarebbe sbagliato, se accadesse per Lula, nonostante …” – quasi balbettò.

“Nonostante Kevin e Tim abbiano adottato una bambina e siano sposati felicemente, giusto?! Miseria Jared, tu proprio mi credi un bastardo a questo livello?!”

“Non … Non incazzarti …”

“Sarebbe il minimo! Tu travisi le situazioni, ti fai dei viaggi mentali assurdi, come se io fossi tuo, OK LO SONO, ma in un modo che mi rende solo come un cane e tu allegramente legato ad un altro! E mi cascasse una tegola su questa zucca vuota, che mi ritrovo, se adesso andrò a perdermi a rifare questo discorso per l’ennesima volta Jared!” – ruggì.

Leto si mise seduto, poi si passò le mani tra i lunghi capelli, lo sguardo basso.

“Mi dispiace Glam …”

“Oh sicuro, fai che sbattere i tuoi occhioni un paio di volte, ammicca, come solo tu sai fare ed io ti lascerò andare con una bella pacca sulla spalla, tanto, qui, il fesso rimarrò sempre io, giusto?!”

“Tu parli così perché sei rimasto ferito dalle decisioni di Robert … Sii sincero” – affermò triste, senza guardarlo ancora.

Geffen si inginocchiò, sollevandogli il viso, con l’indice ed il pollice destri, sotto il suo mento rasato da poco – “Nessuno, nessuno riesce a mandarmi fuori dai gangheri, come riesci a fare tu, Jared Joseph Leto” – sospirò rassegnato.

“Ti voglio così bene Glam … Eppure non riuscirò mai a fare parte della tua vita come vorrei” – disse con il respiro mozzato.

“Te ne ho dato più che un’opportunità perché ciò capitasse, almeno di questo dovrai darmi ragione …”

“Sì, non potrei rinnegarlo, neppure se lo volessi ed io … Io vorrei cose, ancora oggi, irrealizzabili”

L’avvocato lo strinse, mosso da troppe sensazioni scomode, che avrebbe voluto disperdere, come foglie nel vento.

Eppure non era semplice, non lo era mai stato.

“Anche tu, Jay, mi hai fatto sempre desiderare cose nuove per me” – ammise, la bocca tra quelle ciocche dai riflessi dorati, al sapore di miele, come le labbra di Leto.

Adesso.

Baciarsi, perdersi.
Ritrovarsi.

Per loro, questo, era davvero  semplice.

Così liberarsi dai rispettivi abiti, come se fosse stato possibile farlo anche con il fuoco, che li stava consumando dentro e poi sulla pelle.

La pelle di Jared, dove ogni centimetro meritava un bacio, una carezza, nella mente di Geffen.

Un uomo impetuoso, virile, un albero, una montagna, un sogno, che Jared vedeva tramutarsi e realizzarsi.

Nel baciarlo ancora, nel sentirsi sollevato da lui, che era una forza della natura, sino a piombare, precipitare, su quel letto disfatto, ma dove con Colin non aveva fatto l’amore.

Colin svaniva, in un rinnovato tradimento perpetuo.

Perché anche se non si consumavano in incontri clandestini, Glam e Jared non avevano mai smesso di amarsi.

Tradivano chi li amava.
Tradivano loro stessi.
Inesorabilmente.

“Glam …”

“Non dire una sola”

Jared lo baciò, frantumando quell’ordine sul nascere, quell’impetuosa parabola di esternazioni, confuse tra desiderio e razionalità, ormai perduta, in mille rivoli di sudore e bramosia, mentre Glam lo faceva suo, spaccandolo a metà, ripetutamente.

Geffen lo toccava, lo invadeva, lo cullava, tantrico e devastante, colmandolo della propria essenza.

Lo fece più volte, Jared ne perse il senso, contemplandolo, come se l’altro fosse un Dio greco, un guerriero, un invasore benvenuto e benvoluto.

Lo amava come un pazzo e di quella follia, Leto, sarebbe morto anche in quell’istante, per non dovere poi affrontare Farrell.

Reo dell’ennesimo omicidio, perpetrato ai danni del loro legame.




Ruffalo gli andò incontro, con un sorriso carico di entusiasmo ed aspettative.

“Tesoro, bentornato, sei passato in facoltà?” – gli chiese il docente, avvolgendolo amorevole.

“No Mark …”

“Il pranzo è quasi pronto ed ho le brochure del ristorante, se hai tempo le guardiamo, ok?”

Horan sapeva di buono.
Di pulito.
Come le sue iridi agitate, da una tempesta, di cui l’altro non poteva avere sentore.
Assolutamente.

“Hai i capelli umidi piccolo … Ti buscherai un malanno” – disse incerto, fissandolo interrogativo.

Fuori c’era un sole splendido.
Nessun temporale, nessuna pioggia.

“Ho … Ho fatto una doccia e ti devo parlare Mark … Non posso e non devo rimandare” – ammise sconvolto, guadagnando una minima distanza.

Ruffalo era fin troppo navigato per non comprendere al volo la natura di quell’imbarazzo, però si rifiutava di ammetterlo con sé stesso.

Era inconcepibile.

“Sono stato da Tim, a casa sua, al loft insomma, con la bimba, c’era anche lei” – iniziò a spiegare, tormentandosi le mani e l’anello di fidanzamento, che, all’improvviso si sfilò, porgendolo a Mark, scioccandolo.

“Niall …”

“Non è mia intenzione ingannarti, nemmeno se” – e prese un lungo respiro – “… nemmeno se Tim cambiasse idea su di noi, al ritorno di Kevin”

“Idea … Su di voi?!” – replicò alterandosi, almeno nello sguardo puntato su di lui, ma non nei toni.

“Abbiamo cominciato a vederci, a frequentarci e siamo … Lo so che ti sembrerà incoerente con ciò che provavo per te, Mark, però mi sono … Mi sono innamorato di Tim e lui di me”

“Non ti credo amore … Non dopo ciò che abbiamo condiviso!” – sbottò, avanzando di un passo.

“Io non tornerò indietro Mark, questa non è una sbandata, te lo assicuro e lo ripeto, tu non meriti di essere preso in giro, per me è inconcepibile!”

“Anche per me lo è ascoltarti, forse sto vivendo un incubo!”

“No … No è la semplice realtà … Sono mortificato”

“Ma a me non basta Niall! Forse sono stato precipitoso con il matrimonio, tu sei così giovane e”

“No, no, tu sei stato fantastico, hai materializzato le mie aspirazioni, sei una persona gentile, altruista, Mark, per questo non posso coinvolgerti oltre”

Ruffalo si ossigenò – “E come potresti” – rise alienato – “TU sei innamorato di un altro!” – e scoppiò a piangere.

Anche Horan era in lacrime e si precipitò ad abbracciarlo.

“Non odiarmi Mark, ti supplico … Tu sarai per sempre un punto di riferimento per me”

Ruffalo lo allontanò, su quell’esortazione – “Mi chiedi qualcosa che io non mi sento in grado di darti, Niall, non oggi e nemmeno domani … Tu mi stai uccidendo, con i tuoi anni, la tua sfrontatezza ed anche quella di Tim, le cui decisioni non mi riguardano: sei tu il ragazzo che voglio sposare … ERI TU!” – urlò disperato.

“Verrò a prendere le mie cose quando … Quando non ci sarai, non voglio importunarti …” – aggiunse sommesso, riprendendo il giubbotto di jeans dalla poltrona.

Ormai Ruffalo stava per parlare alla sua schiena.

“E’ per l’adozione??! Non hai avuto fiducia in me, vero Niall?!”

Horan non si girò più indietro, non ne aveva il coraggio.

Chiuse la porta.
Senza fare rumore.




Geffen sfilò Farrell, all’ingresso dell’hangar privato, imperturbabile.

L’irlandese era comunque troppo concentrato su Jared, che stava giungendo in lontananza, dalla direzione opposta, a quella da cui era spuntato Glam.

L’attore azzerò quei pochi metri, tra loro, andando ad accoglierlo sul proprio petto.

“Ciao Jay … Hai ritrovato quello che avevi perduto?” – domandò, allineando le loro fronti.

“Sì … ci sono riuscito” – replicò flebile, poi affondò gli zigomi nel collo del consorte.

“Mi sei mancato … Scusami per stamattina, ero di pessimo umore”

“Sì, lo avevo capito …” – sorrise mesto, tornando a scrutarlo, in ogni suo fremito dolce, fatto di amore purissimo.

Il cuore di Jared, lambì un baratro di costernazione.
In un certo senso, ci si era abituato, squallidamente.

Farrell gli pulì le gote con i pollici – “Non volevo vederti piangere, Jay”

“Po possiamo andare a casa?”

“Sì, immediatamente, sono quasi tutti a bordo, dai andiamo” – e gli sorrise, cingendolo per i fianchi stretti.

“Grazie Cole …”

Grazie.








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