Capitolo n. 106 – life
Tim fece cadere la
pinza delle insalate e Kevin gliela recuperò prontamente, con un mezzo sorriso,
nel porgergliela.
“Grazie …” – disse
esitante il ragazzo, fissandolo a disagio.
“Figurati, per così
poco. Vi state divertendo, tu e Niall?” – domandò secco, rimestando un mega
cucchiaio, tra fette di pomodori e mais, senza raccogliere il suo sguardo
smarrito.
“Sì, un sacco” – Tim
tossì – “anche tu e Mark, indubbiamente”
“Cosa te lo fa
credere?” – bissò ridendo con fastidio il suo ex.
“Le tue occhiaie Kevin:
dovresti fare attenzione, con lui, non è una matricola, bensì un professore
over quaranta, magari non li regge certi ritmi, i tuoi intendo, io li conosco
bene” – lo pungolò, chiedendosi mentalmente perché si comportasse in quel modo,
più che esaustivo.
“Sei geloso? E poi lo
so, che le matricole te le scopi tu, Tim, anche se è una novità, visto che sei
partito dai professori, non certo corretti quanto Mark, che mai ti avrebbe preso
in considerazione, temo”
Era la guerra.
E ferirsi risultò così
facile, quanto sanguinare, senza paura di morirci, davanti a quel buffet
vegetariano.
A Tim brillarono le
iridi colore del ghiaccio o della cenere: due elementi così opposti, eppure
così congeniali, in lui, che aveva saputo cambiare, per Kevin e questo il
bassista lo sapeva bene.
Lo sapevano entrambi.
“Scusami Tim io non so
più quello che dico e”
“No, lo sai benissimo e
sai come farmi male, senza un minimo di ritegno, l’hai sempre fatto, usando
Glam: ora hai solo cambiato soggetto, ma ti butterà via anche lui, perché tu
non sai amare nessuno in modo esclusivo, fattene una ragione, come è successo a
me!” - sibilò, andandosene con uno sfuggente e gelido – “Buon appetito.”
Hugh stava lottando con
il cambio della sua preistorica Lada Niva, lasciatagli in eredità da un vecchio
zio londinese, un certo James Laurie, arrancando per la strada verso Aspen, in
clamoroso ritardo rispetto al resto della comitiva, evitata elegantemente alla
partenza, con una scusa di lavoro.
Sui sedili posteriori,
Jimmy e Scott, con in mezzo Nasir, si stavano divertendo come pazzi,
nell’ascoltare i battibecchi della coppia.
Jim sbuffò,
controllando il navigatore del suo tablet.
“E questo tu me la chiami
una jeep, Hugh?!” – ringhiò all’ennesimo strattone.
“Sì! Sì mio caro, il
vecchiardo James Laurie ci andava a caccia a Mid qualche cosa!”
Scott, rovistò in una
sacca laterale, attaccata malamente alla portiera sinistra, trovandoci delle
riviste porno anni ottanta.
“E con queste, che ci
faceva zio James?” – chiese ridacchiando.
Laurie buttò
un’occhiata veloce allo specchietto retrovisore, per poi bofonchiare – “Ecco
perché non prendeva mai niente! Non un fagiano, una lepre” – e scosse il capo
spettinato, aggiustandosi il colletto della dolcevita nera, appena donatagli da
Mason, che lo osservava innamorato.
Ad una strombazzata
esterna, Laurie imprecò, appena sorpassato dal fratello e da Brent, a bordo
della fiammante Aston Martin dell’analista.
“E quella me la chiami
un’auto adatta, eh Jim bello?! Quell’invasato di Brendan crede di essere 007,
la spia venuta dal freddo! Bahhh!”
“Dio che vacanza … Ma
Glam non poteva regalarci una settimana alle Barbados?” – sospirò mesto
l’oncologo.
“Non credo proprio, ha
bisogno di noi, dice che ci sono molti vulcani pronti ad esplodere su
all’hotel” – Laurie sogghignò aspro.
Jimmy scartò una
merendina a Nasir, che continuava a giocare con i lacci della sua felpa,
intenerendolo come nessuno.
Con Scott, erano pronti
all’adozione: l’istituto di Miss. Gramble doveva completare i documenti ed
entro poche settimane, anche loro avrebbero potuto accudire un cucciolo, con
piena consapevolezza ed immensa gioia, finalmente.
Ruffalo, attraverso le
porte a vetri, aveva colto alcuni frammenti dello scontro tra Tim e Kevin, ma l’intercettare
Niall, appena uscito dall’ascensore, ebbe la priorità su ogni altra
considerazione.
“Ciao tesoro” – lo
accolse il docente, con un bel sorriso.
“Ehi ciao Mark …
Scusami, devo andare da Tim e Layla”
“La bimba è con lui,
guardali, non c’è urgenza o meglio io … Io volevo solo rubarti un paio di minuti
per spiegarti”
“Cosa? Di te e di
Kevin?” – e gli sorrise, con benevolenza.
Horan non era turbato o
almeno così sembrò a Mark, che se ne risentì, senza esternarlo.
“A parte questo” – e prese
un lungo respiro – “… è un periodo complicato Niall, sono in balia di un dolore
tale, che mi sono rivolto a Brendan Laurie”
“Forse dovevi limitarti
a lui e non vendicarti con Kevin, di noi, perché non serve a niente” – replicò sereno.
Horan non voleva
infierire, solo essere chiaro, limpido, come la neve, che aveva ricominciato a
cadere, oltre le vetrate rotonde ad oblò.
“Tu … tu lo ami davvero
così tanto?” – Ruffalo si appoggiò alla parete, portandosi i palmi dietro, per
infilarli nelle tasche dei jeans sbiaditi.
Era completamente
aperto e disarmato, pronto a ricevere il colpo finale.
“Abbiamo dei progetti,
vogliamo adottare un secondo bimbo, sposarci, aprire un asilo, dove svolgerei
la mia attività di pediatra e Tim mi coadiuverebbe, anche se non si sta
laureando per questo” – sorrise innocente.
“Sono sogni a lungo
raggio Niall …” – sorrise rassegnato, piegandosi un po’ in avanti – “… sono
certo li realizzerete tutti … con … con successo”
Il nodo in gola lo
stava soffocando, ma un minimo di dignità la doveva pescare da qualche parte,
quel texano dagli occhi scuri, le labbra carnose, il profumo buono del suo
deodorante, che saliva dallo scollo della camicia a quadri aderente: era
persino smagrito, era più interessante, ma a Niall non interessava più,
evidentemente.
“Ti ringrazio Mark,
sapevo che avresti compreso”
“Davvero?” – le iridi lucide,
sembrarono vacillare in quel bianco, striato di rosso.
La pressione dei
capillari era salita, così l’affanno nel parlare.
Horan aggrottò la
fronte, perplesso – “Mark ti senti male?”
“Co cosa?”
Fu un attimo.
Poi il buio.
La fitta al petto,
lancinante, l’ultima cosa che Ruffalo sentì nitida.
Poi l’urlo di Niall,
che lo chiamava.
Scott era appena
arrivato nella hall e l’agitarsi di chi gli stava intorno e reclamava un medico,
lo fece intervenire immediato.
Gli amici erano
accalcati attorno a Mark, mentre Kevin era inginocchiato di lato a lui,
invocandolo, disperato.
L’ospedale era a due
isolati: Vas e Glam non aspettarono l’ambulanza.
Con una barella del
soccorso alpino, caricarono Mark sull’hammer insieme a Scott e Mason.
Niall, Tim e Kevin
chiesero un passaggio a Hugh, sulla sua auto scassata e lo psicologo non esitò
a caricarli, lanciandosi in un pseudo inseguimento, per il quale Jim lo avrebbe
di sicuro rimproverato, al suo arrivo al pronto soccorso.
I bimbi rimasero in
custodia a Pam, Sveva, Xavy, Phil e Peter, mentre Jimmy, Robert, Jude, Jared e
Colin riuscirono ad intercettare una navetta, carica di turisti, evitando così
di prendersi un malanno sotto quella, che era ormai divenuta una tormenta.
Di Taylor nessuna
traccia.
Il centro cardiologico
di Aspen era all’avanguardia.
Scott si unì all’equipe
chirurgica, formata da colleghi conosciuti a diversi congressi, mentre Jim
volle analizzare gli esami e le lastre di Mark, portato subito in sala
operatoria per salvargli letteralmente la vita.
“Un attacco cardiaco,
non ci sono dubbi, però c’è qualcosa che non mi quadra” – mormorò Mason,
analizzando il tracciato dell’ECG ed i riscontri dei diversi referti, ottenuti
a tempo di record, grazie ad apparecchiature di ultima generazione, in grado di
scandagliare il corpo del paziente, in un unico passaggio ed in tempi
rapidissimi.
“C’è forse un tumore?” –
bisbigliò Laurie.
Geffen sbucò dai bagni,
dove si era dato una rinfrescata.
“Miseria che serata …
Ehi Kevin, come ti senti?” – domandò apprensivo, raggiungendolo in una saletta
per i parenti, dove Niall e Tim si erano ammutoliti in un angolo, accomodandosi
distanti dal musicista.
“E a te cosa importa?” –
replicò assente, lo sguardo fisso nel vuoto.
“Kevin …”
“No, ma sul serio, a te
importa qualcosa?? Eh Glam??!” – scattò in piedi feroce – “Ed a voi due??
Sentiamo!? A te soprattutto” – e si rivolse a Niall, veemente – “a te che gli
hai spezzato il cuore! Perché è questo ciò che hai fatto, se non te ne fossi
reso conto!! Volevi portarmi via anche Mark, su rispondi!!” – nell’inveire,
Kevin lo afferrò per il bavero della giacca, portandoselo al centro della
stanza.
Intervennero tutti,
specialmente Tim, che diede un ceffone al suo ex, così forte da rimbombare in
quell’ambiente angusto e sterile.
Horan corse via in
lacrime, sconvolto.
Tim lo rincorse.
Scott si palesò, strappandosi
la mascherina e la cuffietta, con aria nervosa – “Lo sapete dove siamo?! Cosa
sono queste piazzate accidenti Kevin!!?”
Jared apparve dal nulla
e strinse a sé il chitarrista, che non respinse il suo abbraccio.
Glam era mortificato,
ma non tergiversò, chiedendo immediato notizie a Scott, che si ossigenò,
bevendo dell’acqua, passatagli da Jimmy.
In quel trambusto,
ognuno sembrò avere un ruolo preciso.
“Posso dirvi che Mark è
stato fortunato ad avere questo micro infarto, diversamente una rara
malformazione ventricolare, non sarebbe mai emersa, se non nel momento in cui l’avrebbe
stroncato, senza alcun preavviso o sintomo”
“Cosa vuol dire …?” –
chiese spaesato Kevin.
“Forse tra un anno o
due, Mark sarebbe morto, di colpo, senza che nessuno potesse fare nulla …
Insomma se qualcuno o qualcosa gli ha provocato questo stress, paradossalmente,
dovrebbe ringraziarlo” – e sorrise, più rilassato – “… l’operazione durerà per
un’altra ora, ma il problema è stato individuato e risolto all’istante dal
dottor Gruber, è stato straordinario”
“Non finirò mai di
ringraziarlo” – disse piano l’artista – “Jay mi accompagni a prendere un po’ d’aria?”
“Certo, non ti senti
bene?” – bissò con dolcezza il leader dei Mars.
“Voglio andarmene da
qui e poi tornare da Mark, appena si sveglia … Potrò vederlo, vero Scott?”
“Appena possibile, non
preoccuparti, ok?” – e gli diede una carezza paterna.
Robert scrutò Glam,
escluso nettamente e per la prima volta, dal campo emotivo di Kevin,
completamente rivolto a Jared, come se fosse l’unica persona affidabile, tra
loro, per il suo ex.
Jude e Colin uscirono
dal reparto, con la scusa di aggiornare gli altri sull’esito del ricovero di
Ruffalo.
A loro volta, avevano
bisogno di riprendersi da quelle emozioni, ritrovandosi nella reciproca
complicità amichevole, che li univa da sempre.
Jimmy scortò Scott a
cambiarsi e Geffen rimase con Downey, che selezionò due mega caffè alla
macchinetta, dietro di sé.
“Ok, beviamoci questa
brodaglia e calmiamoci, vuoi Glam?”
“Sì … e sediamoci anche
… Idea grandiosa, questa vacanza” – provò a scherzare, nel vano tentativo di
distrarsi dal magone, che gli pesava sullo stomaco.
Robert gli si affiancò
sulla panca, passandogli quella dose di caffeina allungata e scura.
Jim diede una gomitata
a Hugh, portandoselo poi via.
“Ma come, sul più
bello?” – gli sussurrò irriverente Laurie, per poi baciarlo in ascensore, come
un adolescente – “Sei stato un eroe, con Scotty, prima, mentre Geffen e ti
spiezzo in due!, si improvvisavano crocerossine da asporto!” – ridacchiò,
avvinghiato a lui nella cabina, diretta alla sala mensa.
“Hugh ma tu proprio non
riesci ad essere serio neppure ora” – e sorrise amorevole, spostandogli i capelli
ai lati.
“Voglio fare l’amore
con te Jim”
Mason avvampò, per il
tono roco del consorte, per quel suo modo di mandarlo in orbita con i sensi,
dopo anni.
“Io … io vorrei
mangiare un panino …”
“Dopo, non hai otto
anni, resisti ed accontenta questo satiro” – e gli leccò il collo, bollente.
Jim si arrese.
Tremendamente
felice.
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