giovedì 26 marzo 2015

LIFE -. CAPITOLO N. 106

Capitolo n. 106 – life



Tim fece cadere la pinza delle insalate e Kevin gliela recuperò prontamente, con un mezzo sorriso, nel porgergliela.

“Grazie …” – disse esitante il ragazzo, fissandolo a disagio.

“Figurati, per così poco. Vi state divertendo, tu e Niall?” – domandò secco, rimestando un mega cucchiaio, tra fette di pomodori e mais, senza raccogliere il suo sguardo smarrito.

“Sì, un sacco” – Tim tossì – “anche tu e Mark, indubbiamente”

“Cosa te lo fa credere?” – bissò ridendo con fastidio il suo ex.

“Le tue occhiaie Kevin: dovresti fare attenzione, con lui, non è una matricola, bensì un professore over quaranta, magari non li regge certi ritmi, i tuoi intendo, io li conosco bene” – lo pungolò, chiedendosi mentalmente perché si comportasse in quel modo, più che esaustivo.

“Sei geloso? E poi lo so, che le matricole te le scopi tu, Tim, anche se è una novità, visto che sei partito dai  professori, non certo corretti quanto Mark, che mai ti avrebbe preso in considerazione, temo”

Era la guerra.

E ferirsi risultò così facile, quanto sanguinare, senza paura di morirci, davanti a quel buffet vegetariano.

A Tim brillarono le iridi colore del ghiaccio o della cenere: due elementi così opposti, eppure così congeniali, in lui, che aveva saputo cambiare, per Kevin e questo il bassista lo sapeva bene.
Lo sapevano entrambi.

“Scusami Tim io non so più quello che dico e”

“No, lo sai benissimo e sai come farmi male, senza un minimo di ritegno, l’hai sempre fatto, usando Glam: ora hai solo cambiato soggetto, ma ti butterà via anche lui, perché tu non sai amare nessuno in modo esclusivo, fattene una ragione, come è successo a me!” - sibilò, andandosene con uno sfuggente e gelido – “Buon appetito.”




Hugh stava lottando con il cambio della sua preistorica Lada Niva, lasciatagli in eredità da un vecchio zio londinese, un certo James Laurie, arrancando per la strada verso Aspen, in clamoroso ritardo rispetto al resto della comitiva, evitata elegantemente alla partenza, con una scusa di lavoro.

Sui sedili posteriori, Jimmy e Scott, con in mezzo Nasir, si stavano divertendo come pazzi, nell’ascoltare i battibecchi della coppia.

Jim sbuffò, controllando il navigatore del suo tablet.

“E questo tu me la chiami una jeep, Hugh?!” – ringhiò all’ennesimo strattone.

“Sì! Sì mio caro, il vecchiardo James Laurie ci andava a caccia a Mid qualche cosa!”

Scott, rovistò in una sacca laterale, attaccata malamente alla portiera sinistra, trovandoci delle riviste porno anni ottanta.

“E con queste, che ci faceva zio James?” – chiese ridacchiando.

Laurie buttò un’occhiata veloce allo specchietto retrovisore, per poi bofonchiare – “Ecco perché non prendeva mai niente! Non un fagiano, una lepre” – e scosse il capo spettinato, aggiustandosi il colletto della dolcevita nera, appena donatagli da Mason, che lo osservava innamorato.

Ad una strombazzata esterna, Laurie imprecò, appena sorpassato dal fratello e da Brent, a bordo della fiammante Aston Martin dell’analista.

“E quella me la chiami un’auto adatta, eh Jim bello?! Quell’invasato di Brendan crede di essere 007, la spia venuta dal freddo! Bahhh!”

“Dio che vacanza … Ma Glam non poteva regalarci una settimana alle Barbados?” – sospirò mesto l’oncologo.

“Non credo proprio, ha bisogno di noi, dice che ci sono molti vulcani pronti ad esplodere su all’hotel” – Laurie sogghignò aspro.

Jimmy scartò una merendina a Nasir, che continuava a giocare con i lacci della sua felpa, intenerendolo come nessuno.

Con Scott, erano pronti all’adozione: l’istituto di Miss. Gramble doveva completare i documenti ed entro poche settimane, anche loro avrebbero potuto accudire un cucciolo, con piena consapevolezza ed immensa gioia, finalmente.




Ruffalo, attraverso le porte a vetri, aveva colto alcuni frammenti dello scontro tra Tim e Kevin, ma l’intercettare Niall, appena uscito dall’ascensore, ebbe la priorità su ogni altra considerazione.

“Ciao tesoro” – lo accolse il docente, con un bel sorriso.

“Ehi ciao Mark … Scusami, devo andare da Tim e Layla”

“La bimba è con lui, guardali, non c’è urgenza o meglio io … Io volevo solo rubarti un paio di minuti per spiegarti”

“Cosa? Di te e di Kevin?” – e gli sorrise, con benevolenza.

Horan non era turbato o almeno così sembrò a Mark, che se ne risentì, senza esternarlo.

“A parte questo” – e prese un lungo respiro – “… è un periodo complicato Niall, sono in balia di un dolore tale, che mi sono rivolto a Brendan Laurie”

“Forse dovevi limitarti a lui e non vendicarti con Kevin, di noi, perché non serve a niente” – replicò sereno.

Horan non voleva infierire, solo essere chiaro, limpido, come la neve, che aveva ricominciato a cadere, oltre le vetrate rotonde ad oblò.

“Tu … tu lo ami davvero così tanto?” – Ruffalo si appoggiò alla parete, portandosi i palmi dietro, per infilarli nelle tasche dei jeans sbiaditi.

Era completamente aperto e disarmato, pronto a ricevere il colpo finale.

“Abbiamo dei progetti, vogliamo adottare un secondo bimbo, sposarci, aprire un asilo, dove svolgerei la mia attività di pediatra e Tim mi coadiuverebbe, anche se non si sta laureando per questo” – sorrise innocente.

“Sono sogni a lungo raggio Niall …” – sorrise rassegnato, piegandosi un po’ in avanti – “… sono certo li realizzerete tutti … con … con successo”

Il nodo in gola lo stava soffocando, ma un minimo di dignità la doveva pescare da qualche parte, quel texano dagli occhi scuri, le labbra carnose, il profumo buono del suo deodorante, che saliva dallo scollo della camicia a quadri aderente: era persino smagrito, era più interessante, ma a Niall non interessava più, evidentemente.

“Ti ringrazio Mark, sapevo che avresti compreso”

“Davvero?” – le iridi lucide, sembrarono vacillare in quel bianco, striato di rosso.

La pressione dei capillari era salita, così l’affanno nel parlare.

Horan aggrottò la fronte, perplesso – “Mark ti senti male?”

“Co cosa?”

Fu un attimo.
Poi il buio.

La fitta al petto, lancinante, l’ultima cosa che Ruffalo sentì nitida.
Poi l’urlo di Niall, che lo chiamava.

Scott era appena arrivato nella hall e l’agitarsi di chi gli stava intorno e reclamava un medico, lo fece intervenire immediato.

Gli amici erano accalcati attorno a Mark, mentre Kevin era inginocchiato di lato a lui, invocandolo, disperato.

L’ospedale era a due isolati: Vas e Glam non aspettarono l’ambulanza.

Con una barella del soccorso alpino, caricarono Mark sull’hammer insieme a Scott e Mason.

Niall, Tim e Kevin chiesero un passaggio a Hugh, sulla sua auto scassata e lo psicologo non esitò a caricarli, lanciandosi in un pseudo inseguimento, per il quale Jim lo avrebbe di sicuro rimproverato, al suo arrivo al pronto soccorso.

I bimbi rimasero in custodia a Pam, Sveva, Xavy, Phil e Peter, mentre Jimmy, Robert, Jude, Jared e Colin riuscirono ad intercettare una navetta, carica di turisti, evitando così di prendersi un malanno sotto quella, che era ormai divenuta una tormenta.

Di Taylor nessuna traccia.


Il centro cardiologico di Aspen era all’avanguardia.

Scott si unì all’equipe chirurgica, formata da colleghi conosciuti a diversi congressi, mentre Jim volle analizzare gli esami e le lastre di Mark, portato subito in sala operatoria per salvargli letteralmente la vita.


“Un attacco cardiaco, non ci sono dubbi, però c’è qualcosa che non mi quadra” – mormorò Mason, analizzando il tracciato dell’ECG ed i riscontri dei diversi referti, ottenuti a tempo di record, grazie ad apparecchiature di ultima generazione, in grado di scandagliare il corpo del paziente, in un unico passaggio ed in tempi rapidissimi.

“C’è forse un tumore?” – bisbigliò Laurie.

Geffen sbucò dai bagni, dove si era dato una rinfrescata.

“Miseria che serata … Ehi Kevin, come ti senti?” – domandò apprensivo, raggiungendolo in una saletta per i parenti, dove Niall e Tim si erano ammutoliti in un angolo, accomodandosi distanti dal musicista.

“E a te cosa importa?” – replicò assente, lo sguardo fisso nel vuoto.

“Kevin …”

“No, ma sul serio, a te importa qualcosa?? Eh Glam??!” – scattò in piedi feroce – “Ed a voi due?? Sentiamo!? A te soprattutto” – e si rivolse a Niall, veemente – “a te che gli hai spezzato il cuore! Perché è questo ciò che hai fatto, se non te ne fossi reso conto!! Volevi portarmi via anche Mark, su rispondi!!” – nell’inveire, Kevin lo afferrò per il bavero della giacca, portandoselo al centro della stanza.

Intervennero tutti, specialmente Tim, che diede un ceffone al suo ex, così forte da rimbombare in quell’ambiente angusto e sterile.

Horan corse via in lacrime, sconvolto.
Tim lo rincorse.

Scott si palesò, strappandosi la mascherina e la cuffietta, con aria nervosa – “Lo sapete dove siamo?! Cosa sono queste piazzate accidenti Kevin!!?”


Jared apparve dal nulla e strinse a sé il chitarrista, che non respinse il suo abbraccio.

Glam era mortificato, ma non tergiversò, chiedendo immediato notizie a Scott, che si ossigenò, bevendo dell’acqua, passatagli da Jimmy.

In quel trambusto, ognuno sembrò avere un ruolo preciso.

“Posso dirvi che Mark è stato fortunato ad avere questo micro infarto, diversamente una rara malformazione ventricolare, non sarebbe mai emersa, se non nel momento in cui l’avrebbe stroncato, senza alcun preavviso o sintomo”

“Cosa vuol dire …?” – chiese spaesato Kevin.

“Forse tra un anno o due, Mark sarebbe morto, di colpo, senza che nessuno potesse fare nulla … Insomma se qualcuno o qualcosa gli ha provocato questo stress, paradossalmente, dovrebbe ringraziarlo” – e sorrise, più rilassato – “… l’operazione durerà per un’altra ora, ma il problema è stato individuato e risolto all’istante dal dottor Gruber, è stato straordinario”

“Non finirò mai di ringraziarlo” – disse piano l’artista – “Jay mi accompagni a prendere un po’ d’aria?”

“Certo, non ti senti bene?” – bissò con dolcezza il leader dei Mars.

“Voglio andarmene da qui e poi tornare da Mark, appena si sveglia … Potrò vederlo, vero Scott?”

“Appena possibile, non preoccuparti, ok?” – e gli diede una carezza paterna.


Robert scrutò Glam, escluso nettamente e per la prima volta, dal campo emotivo di Kevin, completamente rivolto a Jared, come se fosse l’unica persona affidabile, tra loro, per il suo ex.

Jude e Colin uscirono dal reparto, con la scusa di aggiornare gli altri sull’esito del ricovero di Ruffalo.

A loro volta, avevano bisogno di riprendersi da quelle emozioni, ritrovandosi nella reciproca complicità amichevole, che li univa da sempre.

Jimmy scortò Scott a cambiarsi e Geffen rimase con Downey, che selezionò due mega caffè alla macchinetta, dietro di sé.

“Ok, beviamoci questa brodaglia e calmiamoci, vuoi Glam?”

“Sì … e sediamoci anche … Idea grandiosa, questa vacanza” – provò a scherzare, nel vano tentativo di distrarsi dal magone, che gli pesava sullo stomaco.

Robert gli si affiancò sulla panca, passandogli quella dose di caffeina allungata e scura.

Jim diede una gomitata a Hugh, portandoselo poi via.

“Ma come, sul più bello?” – gli sussurrò irriverente Laurie, per poi baciarlo in ascensore, come un adolescente – “Sei stato un eroe, con Scotty, prima, mentre Geffen e  ti spiezzo in due!, si improvvisavano crocerossine da asporto!” – ridacchiò, avvinghiato a lui nella cabina, diretta alla sala mensa.

“Hugh ma tu proprio non riesci ad essere serio neppure ora” – e sorrise amorevole, spostandogli i capelli ai lati.

“Voglio fare l’amore con te Jim”

Mason avvampò, per il tono roco del consorte, per quel suo modo di mandarlo in orbita con i sensi, dopo anni.

“Io … io vorrei mangiare un panino …”

“Dopo, non hai otto anni, resisti ed accontenta questo satiro” – e gli leccò il collo, bollente.

Jim si arrese.
Tremendamente felice.











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