Capitolo n. 102 – life
I due finirono in un
motel in anticipo, rispetto a qualsiasi, logica o scontata, previsione.
C’era qualcosa di
struggente, nel modo in cui Mark gli stava facendo l’amore ed a Kevin non
importava nulla, di ciò che avrebbe pensato
la gente.
Così di Glam e dell’intera
famiglia, prossima a riunirsi a casa Meliti, al primo imbrunire, di quella sera
particolare.
Il bassista, invaso
dalle spinte dell’altro, che conosceva a malapena, guardava gli occhi di
Ruffalo, intensi, dolcissimi, profondi, come i baci dell’uomo, suo coetaneo.
La similitudine, che li
legava, era incontrovertibile.
L’abbandono.
Crudo, violento,
assoluto: lo avevano subito entrambi, ma non metabolizzato.
Quello che stava
accadendo, non rappresentava un premio di consolazione, bensì la stipula di un
tacito accordo, di un’intesa, mirata a riportarsi a casa i rispettivi compagni.
Un’impresa, che si
sarebbe concretizzata a partire dall’incombente fine settimana, durante il
quale avrebbero raggiunto in massa il Colorado.
La consueta vacanza
sulle nevi, sarebbe divenuto teatro di strategie ed agguati sentimentali, dove
si potevano correre rischi di ogni genere, pur di riavere nella loro vita Tim e
Niall.
Un gioco pericoloso.
Un massacro annunciato,
per i cuori, di chi sarebbe tornato a mani vuote da quel viaggio, con il peso
di un’ulteriore sconfitta.
Durante la seduta con
Brendan, Mark era rimasto in silenzio per quasi tutto il tempo.
Il dolore, che gli
percorreva gli zigomi, le dita, l’addome, in un tremore più che visibile,
avevano inquietato Laurie, come se ciò potesse riguardarlo, avendo un consorte
più giovane.
Brendan si immaginò una
situazione simile, capace di mandare in pezzi la sua unione con Brent, da un
momento all’altro, come capitato a Kevin ed a Mark.
Questi provò a
ripercorrere, faticosamente, il confronto avuto con l’ormai ex fidanzato: le
parole di Niall, i suoi sguardi, la sua determinazione, così dissonanti, in
toto, con ciò che avevano condiviso, sino al giorno prima.
Un incubo.
“E pensare che io
credevo avesse preso una cotta per Geffen … O tuttalpiù per suo figlio”
“Ma chi, Richard? E’
gay?” – chiese l’analista incuriositosi in merito a quell’uscita del suo
paziente.
“No … Non lo so, non ne
ho idea, certo è un tipo interessante, da copertina e Niall si emozionava
quando si incrociavano alla villa sull’oceano, senza contare la sua venerazione
per Glam, nelle vesti di padre e di nonno … Insomma Geffen sembrava essere la
risposta giusta, ai sogni del mio piccolo …” – e scoppiò a piangere.
Ora, Ruffalo, stava
posando un bacio tra le scapole di Kevin, sfinito, a pancia in giù in mezzo al
letto disfatto da un paio di amplessi, dove l’artista confermò la sua arte
amatoria straordinaria.
Mark ne rimase turbato,
nonostante il suo pensiero corresse impellente a come riconquistare Horan: non
c’era bisogno di nasconderlo, anzi.
“Niall non mi
appartiene” – gli sospirò sulla pelle il neo professore, appoggiandosi poi con
la nuca alla schiena dell’altro – “… di sicuro non posso obbligarlo a tornare
con me, però la sua scelta è stata avventata ed io vorrei dimostrargli di
meritare ancora il suo amore, sai?”
Il musicista si lisciò
il mento sull’avambraccio destro, incrociato sopra a quello sinistro,
ossigenandosi, prima di replicare a tono basso e roco – “Io ho sbagliato un
sacco di volte con Tim, l’ho esasperato e poi non sono riuscito a nascondergli
le intenzioni, che il ritrovamento di Lula, avevano innescato in me ad Haiti”
“Risposarti con Geffen?”
“Sì, certo …” – inspirò
greve – “… una follia … Non ho ancora imparato, quanto Glam non sia mai stato
mio per davvero”
Ruffalo si girò,
puntandosi sui gomiti, per poi scrutarlo nella semi oscurità.
“E di chi sarebbe?”
“Di Jared, da sempre” –
bissò diretto, senza alcuna esitazione.
“Quella camicia è
orrenda”
La voce di Leto lo
investì, piacevole, alle spalle.
Geffen rise,
specchiandosi nella cabina armadio.
“E’ un regalo, di
Pamela, quindi se ti sentisse, sappi che non avresti più un solo tacos, da qui
all’eternità” – Glam scherzò, giocando con i bottoni, per poi allacciarli sino
a metà sterno.
In quel punto,
caldissimo e dal buon sapore del suo dopobarba, Jared impresse un bacio, dopo
avergli cinto il busto massiccio, con devozione e timidezza.
“Jay, ma cosa …” – gli sussurrò
l’avvocato, che ben presto si arrese e cercò la sua bocca, per un bacio, a
significare un’appartenenza totale e reciproca.
Se
solo avessero potuto azzerare ogni cosa.
Ogni
singola, fottuta, cosa.
Si distaccarono lievi,
come se potesse fare male anche quello.
“Tesoro io … io temo
sia il solito sbaglio …”
“E’ inutile parlarne
Glam” – mormorò stanco il cantante – “… tu sei come una droga per me: sarò
banale, ripetitivo, ti annoierò”
“No, questo mai” – lo interruppe
brusco, per poi avvolgerlo fortemente a sé.
Un rumore strano li
distrasse: proveniva dalla camera adiacente, una sorta di cigolio.
Era la sedia a rotelle
di Lula.
Geffen si precipitò da
lui.
“Amore sei qui”
Soldino annuì,
togliendosi gli occhiali scuri, con un po’ di incertezza nei gesti.
“Aspetta ti aiuto, ma
prima attivo il nuovo sistema di luci, non levarli ancora, ok cucciolo?”
Lula sorrise, guardandosi
poi intorno, appena un riverbero blu invase l’ambiente e le tende si chiusero,
come per magia.
“Ecco, in questo modo
la tua retina si abituerà meglio e gradualmente alla luce” – e si inginocchiò
ai suoi piedi, mentre glielo spiegava con tenerezza.
“Ok papà” – bisbigliò il
bimbo, provando a schiarirsi la gola.
“Non sforzarti, vuoi
del gelato?”
“Sì, grazie … Solo se
ne mangi anche tu e zio Jay”
Leto si palesò – “Lula,
Lula, non ti si può nascondere niente” – rise amorevole, avvicinandosi.
“Vorrei disegnare papà …”
“D’accordo, ma tra poco
andiamo dal nonno, potresti colorare da lui, con Xavier, cosa ne pensi?” –
propose sereno.
“Okkei!” – e gli diede
una carezza, con il palmo, una sua tipica abitudine, che Geffen stava
riscoprendo, con immensa gioia.
Fu come un tripudio di
colori e risa, la corsa verso Lula, da parte dei bambini di quel clan così
anticonvenzionale.
Geffen camminava lento,
sul viale della residenza di Antonio, estremamente commosso nel ritrovare il
suo nipotino preferito.
Soldino lo era per
tutti, in fondo.
Era l’anima bella, di
ognuno di loro.
Anche se ancora debole,
Lula non risparmiava sorrisi a quel benvenuto corale ed entusiasta.
Violet, in un abitino
rosso fiammante, fu l’ultima ad apparire sul viale.
Aveva tra le mani una
catenina ed un ciondolo, dono di Lula.
L’ultimo, che il
bambino le aveva consegnato, parecchio tempo addietro.
Pepe rispondeva ad ogni
domanda, lasciando intendere che Lula gliele stesse trasmettendo nitide nella
mente.
Probabilmente era così.
Robert si incrociò improvvisamente
con Glam, ebbro di felicità, per come si erano risolte le cose.
Geffen gli accarezzò
gli zigomi – “Mi concedi questo ballo?”
“Glam …?”
“La musica”
“Sì, la sento, un
vecchio pezzo in Italiano, non capisco il testo”
“Non serve, è
bellissima”
Downey annuì,
lasciandosi avvolgere da quell’essere umano meraviglioso e controverso.
Cominciarono a danzare,
ipnotizzati l’uno dall’altro.
“A volte, sai Rob, io
penso di essere stato immensamente fortunato, nonostante tutto”
“Nonostante … me?”
Risero.
“No, no, tu sei …” –
Glam prese un respiro – “… Tu sei una creatura così preziosa, con questi tuoi
occhi liquidi, queste tue mani, bellissime, e poi le labbra, come petali di un
fiore, che sanno schiudersi in sorrisi incantevoli … TU sei così Robert e lo
sarai per l’eternità, per me”
Lo lasciò scivolare
via, proseguendo in quel cammino, tra palloncini, coriandoli, stelle filanti.
Downey seguì ogni suo
passo.
Quindi volse lo sguardo
verso i cancelli.
Jude li aveva appena
varcati, con la luce dell’amore, che nutriva per lui, nelle iridi e nell’abbraccio,
che presto lo raggiunse, insieme alle emozioni, uniche, che esclusivamente Law
sapeva infondergli.
Diverse da quelle di
Glam.
Eppure simili.
Anche Robert, si sentì
immensamente fortunato, in quell’attimo, quando chiuse gli occhi, ma non per
non vedere o per non sentire.
Anzi
…
Taylor avrebbe voluto
andarsene subito, ma Colin quasi lo spinse giù dal suv, con una risata
complice.
“E dai, non fare il
difficile, presto o tardi l’avresti incontrato comunque: Jude è il mio migliore
amico” – provò a convincerlo.
Kitsch sbuffò,
passandosi le mani tra i capelli accorciati, per esigenza di scena.
Il suo profilo si
stagliò contro gli ultimi raggi di quel tramonto: Farrell si soffermò a
fissarlo: Taylor era davvero affascinante.
“Ok, andiamo Colin …
Alle brutte, finiremo per picchiarci” – rise nervoso.
“Ma no … Oh guarda, sta
arrivando Kevin … Con Mark?!” – su quella constatazione, il tono dell’irlandese
si smorzò.
“Sì, in effetti
sembrerebbe lui … anzi, è lui: che ne è stato di Niall e Tim?”
“Saranno già qui,
Taylor …”
“Quei due sembrano
usciti dal frullatore, sicuro non gli sia successo niente?”
Ricky scosse il capo,
sulla battuta di Brent, in piedi dall’altra parte del bancone.
“Questo cocktail è
dinamite, altro che all’acqua di rose!” – l’architetto rise fragorosamente,
incontrando l’occhiata, che Tomlinson jr gli stava regalando, senza malizia.
Brendan, appena giunto
nel locale, perse un battito.
Le
coincidenze non gli erano mai piaciute.
“Ciao amore!” – lo salutò
Brent, andandogli poi incontro – “Tu conosci Richard Geffen?”
“No … Piacere” – si
presentò un po’ rigido.
“Il piacere è mio, sei
fratello di Hugh, giusto? Ero andato ad una sua conferenza, secoli fa, mi pare
a Boston, prima di trasferirmi in Australia”
Il maggiore dei Laurie
lo avrebbe liquidato con un “E potevi
pure restarci tra i canguri, non credi?!” – con acido sarcasmo, che ora
ribolliva nello stomaco di Brendan.
“Rimarrai a Los
Angeles?” – domandò lo psicologo, senza badare molto a Brent, che tornò a
sbrigare un po’ di faccende, prima di chiudere.
“Sì, l’idea è questa,
ho dei progetti, mi hanno offerto un lavoro … Bevi qualcosa?”
“No, cioè sì, una birra
… Grazie” – ed abbozzò un sorriso tirato, appollaiandosi su di uno sgabello,
come il suo interlocutore.
“Brent una Guinnes per
tuo marito” – ordinò simpatico e Laurie aggrottò la fronte.
“Ok, arriva … E non
fate pettegolezzi su di me, ok?”
“Figurati” – bissò secco
Brendan, poi tornò ad analizzare ogni mossa di Ricky, che mise una banconota da
venti dollari, in un piattino apposito.
“Tieni il resto, si sta
bene qui, ci tornerò con mia moglie ed i miei figli, ok?”
“Ok, abbiamo menu per
ogni età” – si affrettò a precisare Tomlinson, da ottimo commerciante.
“Bene, vado alla festa
da Meliti, per Lula, venire anche voi più tardi?”
Brendan e Brent si
guardarono.
“Non saprei …” –
rispose incerto l’analista.
“Carmela e Pam faranno
da mangiare per un esercito, poi ci sono giochi, clown, voi avete dei bambini?”
“No, non ancora, ma ci
stiamo lavorando” – esclamò l’ex capitano, ammutolendo Laurie.
“Ben fatto, ora devo
proprio scappare, ci si vede in giro” – e se ne andò, indossando un giubbotto
da motociclista, che lo rendeva anche sexy, come i suoi jeans modaioli.
In effetti, oltre la
pensilina del Dark Blue, era parcheggiata una HD splendida.
Ricky la avviò esperto
e se ne andò sgommando.
“Carino …” – bofonchiò Brendan,
riprendendo un minimo di controllo.
Quella sequenza lo
aveva mandato in piena confusione emotiva e la cosa lo scocciava estremamente.
Brent, con nonchalance,
azzerò la distanza e lo baciò con passione.
Bastava quello, a
cancellare i malumori.
Almeno fino al prossimo
ostacolo.
RICHARD GEFFEN
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