Capitolo n. 67 – life
Il silenzio, alla End
House, aveva un non so che di strano.
Jared lo percepì in
quel modo, salendo al primo piano, dove non c’era la solita musica, ascoltata
dalle figlie, a volume quasi massimo oppure i simpatici litigi tra i più
piccoli, in sala giochi.
Improvvisamente il
cantante ricordò che la prole era in visita dal nonno, per gli addobbi natalizi
ed una festa, per i suoi figli, organizzata da Carmela.
Leto sorrise amaro, per
come l’incontro con Glam, gli avesse fatto perdere la cognizione del tempo e
delle cose.
Le sue labbra, però, da
schiuse, si serrarono di colpo, appena si accorse della confusione, nella sua
camera.
Sua e di Colin,
accovacciato sopra al davanzale, un borsone da viaggio ai suoi piedi, con
qualche indumento ed alcuni libri.
Farrell detestava
volare e si portava appresso qualsiasi cosa potesse impegnargli il tempo, sino
a destinazione.
Jared pensò immediato
all’Irlanda, al progetto del rinnovo delle promesse, una volta ristabilitisi
entrambi, ai discorsi del marito in proposito, però la sua espressione era
sofferente.
Come dilaniata ed
appena Farrell si voltò in suo favore, al leader dei Mars, si gelò il sangue.
“Cole ciao … Ma che è
successo, è passato un tornado?”
“Da dove viene, Jay?” –
chiese secco, fissandolo, senza muoversi.
“Da … da là fuori …”
Da quel punto, in cui
Geffen lo aveva abbandonato a sé stesso, scaricandolo, come una promessa non
mantenuta ed ormai logora, nel suo rinnovarsi, senza alcun fondamento: perché parlargliene,
si domandò Jared, perché rimestare negli anfratti di un supplizio, che mai
avrebbe superato, certo, ma che almeno si impegnava a nascondere dietro ad un
sorriso di circostanza.
Come se il cantante
stesse scherzando, con quel “… là fuori”.
Farrell rise, le
lacrime agli occhi.
“I casi fortuiti della
vita, mi hanno portato in collina, per andarmi a leggere un copione a casa di
Danica” – la sua pr storica.
“Colin …”
Cosa aveva mai potuto
vedere?
L’ennesima riflessione,
inutile, di Jared.
“Eri così affranto …
Jay … E Glam, uscito cinque minuti dopo da quel cottage, dove andate a rintanarvi
ancora oggi, era così incazzato, come non l’avevo mai visto … Non che lui non
piangesse, come stavi facendo tu, appena hai messo in moto l’auto, per
andartene … Vi siete lasciati, forse?”
“Co cosa …?! No, no,
Cole, ma tu hai frainteso”
“FRAINTESO COSA?!?”
Il suo grido, ferì l’aria,
quasi quanto il tuono, che annunciò sinistro, un temporale, arrivato sul
principio della sera, sopra Los Angeles.
Il trolley con gli
adesivi delle città, visitate dalla coppia, quando erano ancora adolescenti,
appena avevano in tasca qualche soldo, era appoggiato storto ad uno zaino, di
fattura militare, dono di Brent, al fratello, durante il dodicesimo compleanno
di Louis.
Louis che posò le
chiavi nel posacenere in acciaio, sopra la mensola dell’ingresso, dove si
bloccò, cogliendo l’inevitabile, nello sguardo di Harry, che gli si parò
davanti, a dorso nudo, scalzo, i jeans di Boo addosso, quelli neri, con gli
strappi alle ginocchia, portati da Tomlinson al loro primo concerto degli U2,
dove passarono più tempo a pomiciare ed a toccarsi, tra la folla, anziché seguire
la performance di Bono e soci.
Bei
tempi.
Come se non bastasse,
il legale, brandiva, nella mano destra, una bottiglia di vodka, ormai vuota per
due terzi.
“Mio Dio ... Haz”
“Non so a quale Dio,
Louis, potrai votarti stavolta per ottenere il mio perdono” – biascicò furente,
ondeggiando – “Temo non l’abbiano ancora inventato!!” – ruggì Styles,
accasciandosi.
Boo si precipitò da
lui, per aiutarlo, ma, in cambio di quell’istintiva premura, ricevette un colpo
all’addome, che lo fece contorcere sopra al parquet, dove crollò, dolente e
sbigottito.
Ne seguirono schiaffi,
calci, rimescolati alle lacrime di entrambi, allo stupore, alla passività di
Louis, che non reagì, non subito.
Vedendosi strappare i
vestiti, nel mezzo di quella lite furibonda, il ragazzo ebbe come uno scatto di
lucidità ed autoconservazione.
Forse Harry l’avrebbe
ammazzato di botte, ma, dai gesti febbrili, le sue intenzioni sembrarono ben
diverse, ma altrettanto violente.
“Haz smettila!! Mi fai
male!!” – gridò soffocato, dalle mani del consorte, più massiccio di lui, che
lo stava sovrastando alle spalle, costringendolo con la faccia sul pavimento,
le dita strette in una morsa, intorno alla gola di Louis.
Con l’altra mano,
veemente ed allucinato dal livore, Styles gli stava slacciando maldestramente i
pantaloni, passando poi ai propri, già scivolati oltre i glutei, per quel
dimenarsi disperato e convulso di entrambi.
La porta era rimasta
socchiusa, inavvertitamente.
“Harry smettila, ti
prego!!” – singhiozzò Boo, avvertendo poi nitido un aroma di dopo barba, assai
noto ai suoi sensi.
La presa di Lux, sul
suo aggressore, sull’uomo che amava e che Louis aveva sposato, adottando una
bimba, al sicuro a villa Meliti, con il resto dei cugini, fu rapida e
risolutiva.
Senza ricordarsene le
sequenze successive, Boo si ritrovò sulla fuoriserie di Vincent, sotto la
pioggia battente, abbagliato dai fari delle auto, in transito sulla
superstrada, che conduceva fuori città.
Lontano da quel dramma,
che non si era consumato per un soffio.
“Lui stava per … stava
per …” – esordì il giovane, come ripresosi da uno stato catatonico, all’apparenza
irreversibile, sino a quell’istante.
“Non l’avrebbe mai
fatto, mon petit, anche se …” – il fiato gli si spezzò in gola: Lux stava
mentendo, al suo acerbo ex ed a sé stesso.
Come mai prima di
allora.
A pugni chiusi,
rigidamente tornato in piedi, a fronteggiarlo, ad un palmo dal suo viso,
tornato così bello, Colin Farrell stava per vomitare addosso a Jared Leto, ogni
pensiero e cattiveria, capaci di avergli molestato il cuore e l’anima, sino a
quel fatale momento, per la loro unione.
“Perché fai sempre
finta di sostenermi e di perdonarmi, Jay, quando invece mi pugnali alle spalle,
ogni volta, ogni dannatissima volta!!” – sbottò acre l’irlandese, in crisi di
ossigeno ed energie.
“Non ho fatto nulla di
ciò che dici, Cole” – replicò lui, sommesso, impaurito, anzi terrorizzato.
“Sai mentire così
spudoratamente … Il tuo amore, i tuoi sentimenti migliori, li riservi ormai ad
un uomo, che non si interessa più a te, che non ti considera nemmeno: Glam
Geffen è innamorato di Robert, l’ha voluto nella propria vita come nessuno e TU
VEGETI ALL’OMBRA DI ROBERT STESSO!! E SEI PATETICO!!”
“Perché rovini tutto
così …”
“Dopo quello che ti ho fatto,
Jared??! AVANTI RINFACCIAMELO!! HO SEMPRE PAGATO I MIEI ERRORI, CON TE,
SEMPRE!!” – sottolineò, esasperato.
“Colin calmati, non
vorrei che ti sentissi male e”
Leto aveva le lacrime
agli occhi, tremava, sinceramente preoccupato per la sua salute, nel vano
tentativo di sfiorare le gote di Farrell, livido ed arreso, privo di armi,
derubato persino della sua dignità, se non tranne un briciolo, sufficiente per decidere
di andarsene, senza più voltarsi indietro.
Taylor si mise le mani
nelle tasche del trench, provando un brivido lungo la spina dorsale, mentre
accelerava il passo, lungo un vicolo, che portava al suo quartiere, dimezzando
il percorso.
Senza ombrello e
neppure una cuffia, a riparargli i lunghi capelli, l’attore guadagnò finalmente
il viale principale, più affollato da passanti in fuga quanto lui, verso un
paio di locali aperti da poco, sul boulevard.
Kitsh non aveva
intenzione di entrarci, per scolare l’ennesima lattina di coca o birra
analcolica.
L’ultima, bevuta venti
minuti prima, dopo le riprese quotidiane, sembrava gorgogliargli ancora nello
stomaco vuoto.
Pensò di cucinarsi
della pasta oppure di mettere in micro onde una pizza surgelata: non aveva
altro in frigo: doveva riprendersi un minimo, andare a fare la spesa,
organizzarsi.
Il suo loft era
arredato scarnamente, come il riflesso grigio, della sua esistenza, giunta ad
una svolta, almeno nelle buone intenzioni di Taylor.
L’ultimo film era stato
un ottimo lavoro professionalmente parlando e l’ingaggio cospicuo: avrebbe
messo da parte una buona scorta di denaro e, con il resto, avrebbe fatto
acquisti, non solo per la sezione provviste.
Sorrise, era ormai
arrivato e, anche se solo, se la sarebbe cavata, senza più chiedere nulla al
fratello maggiore, che viveva a San Diego e tanto meno ai genitori, che lo
avrebbero applaudito sul red carpet, fieri di lui e di quella lunga gavetta.
Avrebbe comprato un
cagnolino, ci pensava da settimane, di media taglia, per correre insieme sulla
spiaggia.
L’amore lo aveva messo
da parte, anche se Jude gli mancava da morire, persino nel suo modo rozzo di
volergli bene.
Pochi sms, nulla di
che, ma erano in contatto, nonostante tutto.
Il clacson, che lo fece
sussultare, ormai giunto al portone, gli sembrò un richiamo, irrimandabile.
Si girò di scatto,
riconoscendo il suv di Farrell.
Era davvero lui.
“Ciao … Ciao Taylor,
scusami, non volevo spaventarti” – lo salutò, dopo avere abbassato il
finestrino.
“Colin … ciao, ma che
ti è successo?”
In effetti, l’amico era
sconvolto, Kitsh lo notò immediato.
“Ho avuto una pessima
serata …”
“Parcheggia, saliamo e
beviamo qualcosa, anzi, sto morendo di fame, se ti va, ho molto tempo per darti
retta” – provò a scherzare, sdrammatizzando la situazione.
“Io ho solo voglia di
bere e … E non è il caso”
“Assolutamente no … No,
non devi, te lo dice un esperto, che ne è appena uscito”
“Taylor, hai davanti il
re degli alcolizzati”
“Un re decaduto, mi
riferisco alla bottiglia, non fraintendere” – rise.
Era solare, era
magnifico.
“Accetto il tuo invito
e poi … Poi non so dove andare … Sto da schifo” – ed accostò, scendendo mesto
dall’auto, per poi chiuderla, lasciandola in strada.
Lux pagò la suite, in
quel resort in periferia, sino al lunedì seguente.
Tre giorni, in cui non
sarebbe cambiato niente, né nella testa di Harry e tanto meno nelle sorti di
Louis.
Questi, dopo una lunga
doccia, riapparve nel salottino, dove il francese aveva fatto portare la cena.
“Ti ringrazio Vincent,
per tutto, ma non mi andrebbe giù neppure uno spillo, mi dispiace” – disse
debole, tamponandosi le chiome fradice e spettinate, a contorno del suo
attraente profilo.
“Te lo avevo detto che
sarebbe stata una follia …” – sospirò, versandosi del vino della sua terra d’origine
– “Abbia pazienza, mon petit, ma io devo mangiare, sto facendo una cura” –
rivelò cauto.
“Una cura? Per cosa?” –
sembrò quasi che Boo, si destasse da un gravoso dormiveglia.
“Non vorrei parlarne,
per scaramanzia, però con te non posso sottrarmi, Louis” – sorrise limpido – “…
mi sei sempre stato accanto, con Petra, mi hai confortato, restituendomi la
voglia di vivere”
Boo azzerò la distanza,
sedendosi a tavola.
“Su racconta, sono
curiosissimo”
“Si tratta di un
trattamento, propostomi da Scott, nella massima riservatezza, perché sperimentale:
si tratta di sostituire il mio sangue, completamente”
“Come hanno fatto Glam
e Jared, giusto?” – bissò vivace.
“Infatti, ma con l’ausilio
di una terapia, atta a ripulire i miei organi, per dirla in parole povere, dal
virus, di cui sono portatore sano”
“Il virus due dell’Aids,
quello che non ti dà scampo, incurabile, per ora” – aggiunse assorto.
“A cosa pensi, mon
petit?”
“Ecco …” – Louis arrossì
– “… Penso al fatto che potrai ricominciare, Vincent e … ed amare, chi vuoi,
come vuoi, senza più lo spettro della malattia … E’ … è fantastico” – esitò,
elevando comunque il calice, per un brindisi, quasi liberatorio.
Lux lo assecondò, con
piena fiducia nel futuro.
Un futuro ricco di
sorprese, si augurava.
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