martedì 2 dicembre 2014

LIFE - CAPITOLO N. 67

Capitolo n. 67 – life



Il silenzio, alla End House, aveva un non so che di strano.

Jared lo percepì in quel modo, salendo al primo piano, dove non c’era la solita musica, ascoltata dalle figlie, a volume quasi massimo oppure i simpatici litigi tra i più piccoli, in sala giochi.

Improvvisamente il cantante ricordò che la prole era in visita dal nonno, per gli addobbi natalizi ed una festa, per i suoi figli, organizzata da Carmela.

Leto sorrise amaro, per come l’incontro con Glam, gli avesse fatto perdere la cognizione del tempo e delle cose.

Le sue labbra, però, da schiuse, si serrarono di colpo, appena si accorse della confusione, nella sua camera.

Sua e di Colin, accovacciato sopra al davanzale, un borsone da viaggio ai suoi piedi, con qualche indumento ed alcuni libri.

Farrell detestava volare e si portava appresso qualsiasi cosa potesse impegnargli il tempo, sino a destinazione.

Jared pensò immediato all’Irlanda, al progetto del rinnovo delle promesse, una volta ristabilitisi entrambi, ai discorsi del marito in proposito, però la sua espressione era sofferente.

Come dilaniata ed appena Farrell si voltò in suo favore, al leader dei Mars, si gelò il sangue.

“Cole ciao … Ma che è successo, è passato un tornado?”

“Da dove viene, Jay?” – chiese secco, fissandolo, senza muoversi.

“Da … da là fuori …”

Da quel punto, in cui Geffen lo aveva abbandonato a sé stesso, scaricandolo, come una promessa non mantenuta ed ormai logora, nel suo rinnovarsi, senza alcun fondamento: perché parlargliene, si domandò Jared, perché rimestare negli anfratti di un supplizio, che mai avrebbe superato, certo, ma che almeno si impegnava a nascondere dietro ad un sorriso di circostanza.

Come se il cantante stesse scherzando, con quel “… là fuori”.

Farrell rise, le lacrime agli occhi.

“I casi fortuiti della vita, mi hanno portato in collina, per andarmi a leggere un copione a casa di Danica” – la sua pr storica.

“Colin …”

Cosa aveva mai potuto vedere?
L’ennesima riflessione, inutile, di Jared.

“Eri così affranto … Jay … E Glam, uscito cinque minuti dopo da quel cottage, dove andate a rintanarvi ancora oggi, era così incazzato, come non l’avevo mai visto … Non che lui non piangesse, come stavi facendo tu, appena hai messo in moto l’auto, per andartene … Vi siete lasciati, forse?”

“Co cosa …?! No, no, Cole, ma tu hai frainteso”

“FRAINTESO COSA?!?”

Il suo grido, ferì l’aria, quasi quanto il tuono, che annunciò sinistro, un temporale, arrivato sul principio della sera, sopra Los Angeles.




Il trolley con gli adesivi delle città, visitate dalla coppia, quando erano ancora adolescenti, appena avevano in tasca qualche soldo, era appoggiato storto ad uno zaino, di fattura militare, dono di Brent, al fratello, durante il dodicesimo compleanno di Louis.

Louis che posò le chiavi nel posacenere in acciaio, sopra la mensola dell’ingresso, dove si bloccò, cogliendo l’inevitabile, nello sguardo di Harry, che gli si parò davanti, a dorso nudo, scalzo, i jeans di Boo addosso, quelli neri, con gli strappi alle ginocchia, portati da Tomlinson al loro primo concerto degli U2, dove passarono più tempo a pomiciare ed a toccarsi, tra la folla, anziché seguire la performance di Bono e soci.

Bei tempi.

Come se non bastasse, il legale, brandiva, nella mano destra, una bottiglia di vodka, ormai vuota per due terzi.

“Mio Dio ... Haz”

“Non so a quale Dio, Louis, potrai votarti stavolta per ottenere il mio perdono” – biascicò furente, ondeggiando – “Temo non l’abbiano ancora inventato!!” – ruggì Styles, accasciandosi.

Boo si precipitò da lui, per aiutarlo, ma, in cambio di quell’istintiva premura, ricevette un colpo all’addome, che lo fece contorcere sopra al parquet, dove crollò, dolente e sbigottito.

Ne seguirono schiaffi, calci, rimescolati alle lacrime di entrambi, allo stupore, alla passività di Louis, che non reagì, non subito.

Vedendosi strappare i vestiti, nel mezzo di quella lite furibonda, il ragazzo ebbe come uno scatto di lucidità ed autoconservazione.

Forse Harry l’avrebbe ammazzato di botte, ma, dai gesti febbrili, le sue intenzioni sembrarono ben diverse, ma altrettanto violente.

“Haz smettila!! Mi fai male!!” – gridò soffocato, dalle mani del consorte, più massiccio di lui, che lo stava sovrastando alle spalle, costringendolo con la faccia sul pavimento, le dita strette in una morsa, intorno alla gola di Louis.

Con l’altra mano, veemente ed allucinato dal livore, Styles gli stava slacciando maldestramente i pantaloni, passando poi ai propri, già scivolati oltre i glutei, per quel dimenarsi disperato e convulso di entrambi.

La porta era rimasta socchiusa, inavvertitamente.

“Harry smettila, ti prego!!” – singhiozzò Boo, avvertendo poi nitido un aroma di dopo barba, assai noto ai suoi sensi.

La presa di Lux, sul suo aggressore, sull’uomo che amava e che Louis aveva sposato, adottando una bimba, al sicuro a villa Meliti, con il resto dei cugini, fu rapida e risolutiva.

Senza ricordarsene le sequenze successive, Boo si ritrovò sulla fuoriserie di Vincent, sotto la pioggia battente, abbagliato dai fari delle auto, in transito sulla superstrada, che conduceva fuori città.

Lontano da quel dramma, che non si era consumato per un soffio.

“Lui stava per … stava per …” – esordì il giovane, come ripresosi da uno stato catatonico, all’apparenza irreversibile, sino a quell’istante.

“Non l’avrebbe mai fatto, mon petit, anche se …” – il fiato gli si spezzò in gola: Lux stava mentendo, al suo acerbo ex ed a sé stesso.

Come mai prima di allora.




A pugni chiusi, rigidamente tornato in piedi, a fronteggiarlo, ad un palmo dal suo viso, tornato così bello, Colin Farrell stava per vomitare addosso a Jared Leto, ogni pensiero e cattiveria, capaci di avergli molestato il cuore e l’anima, sino a quel fatale momento, per la loro unione.

“Perché fai sempre finta di sostenermi e di perdonarmi, Jay, quando invece mi pugnali alle spalle, ogni volta, ogni dannatissima volta!!” – sbottò acre l’irlandese, in crisi di ossigeno ed energie.

“Non ho fatto nulla di ciò che dici, Cole” – replicò lui, sommesso, impaurito, anzi terrorizzato.

“Sai mentire così spudoratamente … Il tuo amore, i tuoi sentimenti migliori, li riservi ormai ad un uomo, che non si interessa più a te, che non ti considera nemmeno: Glam Geffen è innamorato di Robert, l’ha voluto nella propria vita come nessuno e TU VEGETI ALL’OMBRA DI ROBERT STESSO!! E SEI PATETICO!!”

“Perché rovini tutto così …”

“Dopo quello che ti ho fatto, Jared??! AVANTI RINFACCIAMELO!! HO SEMPRE PAGATO I MIEI ERRORI, CON TE, SEMPRE!!” – sottolineò, esasperato.

“Colin calmati, non vorrei che ti sentissi male e”

Leto aveva le lacrime agli occhi, tremava, sinceramente preoccupato per la sua salute, nel vano tentativo di sfiorare le gote di Farrell, livido ed arreso, privo di armi, derubato persino della sua dignità, se non tranne un briciolo, sufficiente per decidere di andarsene, senza più voltarsi indietro.




Taylor si mise le mani nelle tasche del trench, provando un brivido lungo la spina dorsale, mentre accelerava il passo, lungo un vicolo, che portava al suo quartiere, dimezzando il percorso.

Senza ombrello e neppure una cuffia, a riparargli i lunghi capelli, l’attore guadagnò finalmente il viale principale, più affollato da passanti in fuga quanto lui, verso un paio di locali aperti da poco, sul boulevard.

Kitsh non aveva intenzione di entrarci, per scolare l’ennesima lattina di coca o birra analcolica.

L’ultima, bevuta venti minuti prima, dopo le riprese quotidiane, sembrava gorgogliargli ancora nello stomaco vuoto.

Pensò di cucinarsi della pasta oppure di mettere in micro onde una pizza surgelata: non aveva altro in frigo: doveva riprendersi un minimo, andare a fare la spesa, organizzarsi.

Il suo loft era arredato scarnamente, come il riflesso grigio, della sua esistenza, giunta ad una svolta, almeno nelle buone intenzioni di Taylor.

L’ultimo film era stato un ottimo lavoro professionalmente parlando e l’ingaggio cospicuo: avrebbe messo da parte una buona scorta di denaro e, con il resto, avrebbe fatto acquisti, non solo per la sezione provviste.

Sorrise, era ormai arrivato e, anche se solo, se la sarebbe cavata, senza più chiedere nulla al fratello maggiore, che viveva a San Diego e tanto meno ai genitori, che lo avrebbero applaudito sul red carpet, fieri di lui e di quella lunga gavetta.

Avrebbe comprato un cagnolino, ci pensava da settimane, di media taglia, per correre insieme sulla spiaggia.

L’amore lo aveva messo da parte, anche se Jude gli mancava da morire, persino nel suo modo rozzo di volergli bene.

Pochi sms, nulla di che, ma erano in contatto, nonostante tutto.

Il clacson, che lo fece sussultare, ormai giunto al portone, gli sembrò un richiamo, irrimandabile.

Si girò di scatto, riconoscendo il suv di Farrell.

Era davvero lui.

“Ciao … Ciao Taylor, scusami, non volevo spaventarti” – lo salutò, dopo avere abbassato il finestrino.

“Colin … ciao, ma che ti è successo?”

In effetti, l’amico era sconvolto, Kitsh lo notò immediato.

“Ho avuto una pessima serata …”

“Parcheggia, saliamo e beviamo qualcosa, anzi, sto morendo di fame, se ti va, ho molto tempo per darti retta” – provò a scherzare, sdrammatizzando la situazione.

“Io ho solo voglia di bere e … E non è il caso”

“Assolutamente no … No, non devi, te lo dice un esperto, che ne è appena uscito”

“Taylor, hai davanti il re degli alcolizzati”

“Un re decaduto, mi riferisco alla bottiglia, non fraintendere” – rise.

Era solare, era magnifico.

“Accetto il tuo invito e poi … Poi non so dove andare … Sto da schifo” – ed accostò, scendendo mesto dall’auto, per poi chiuderla, lasciandola in strada.




Lux pagò la suite, in quel resort in periferia, sino al lunedì seguente.

Tre giorni, in cui non sarebbe cambiato niente, né nella testa di Harry e tanto meno nelle sorti di Louis.

Questi, dopo una lunga doccia, riapparve nel salottino, dove il francese aveva fatto portare la cena.

“Ti ringrazio Vincent, per tutto, ma non mi andrebbe giù neppure uno spillo, mi dispiace” – disse debole, tamponandosi le chiome fradice e spettinate, a contorno del suo attraente profilo.

“Te lo avevo detto che sarebbe stata una follia …” – sospirò, versandosi del vino della sua terra d’origine – “Abbia pazienza, mon petit, ma io devo mangiare, sto facendo una cura” – rivelò cauto.

“Una cura? Per cosa?” – sembrò quasi che Boo, si destasse da un gravoso dormiveglia.

“Non vorrei parlarne, per scaramanzia, però con te non posso sottrarmi, Louis” – sorrise limpido – “… mi sei sempre stato accanto, con Petra, mi hai confortato, restituendomi la voglia di vivere”

Boo azzerò la distanza, sedendosi a tavola.

“Su racconta, sono curiosissimo”

“Si tratta di un trattamento, propostomi da Scott, nella massima riservatezza, perché sperimentale: si tratta di sostituire il mio sangue, completamente”

“Come hanno fatto Glam e Jared, giusto?” – bissò vivace.

“Infatti, ma con l’ausilio di una terapia, atta a ripulire i miei organi, per dirla in parole povere, dal virus, di cui sono portatore sano”

“Il virus due dell’Aids, quello che non ti dà scampo, incurabile, per ora” – aggiunse assorto.

“A cosa pensi, mon petit?”

“Ecco …” – Louis arrossì – “… Penso al fatto che potrai ricominciare, Vincent e … ed amare, chi vuoi, come vuoi, senza più lo spettro della malattia … E’ … è fantastico” – esitò, elevando comunque il calice, per un brindisi, quasi liberatorio.

Lux lo assecondò, con piena fiducia nel futuro.

Un futuro ricco di sorprese, si augurava.














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