Capitolo n. 69 – life
Law chiuse la
telefonata con Robert, addossato alla macchinetta del caffè; poi si voltò,
ritrovandosi davanti Geffen, che, dall’espressione del viso, aveva ascoltato
ogni loro parola.
“Ciao Glam …”
“Buongiorno Jude, come
sta Taylor?” – chiese incolore, ma come frastornato.
“Migliora” – sorrise smarrito,
andandogli vicino, per abbracciarlo, a sorpresa – “… devo tornare da lui … Abbi
cura di Robert” – mormorò, ancora commosso.
Confuso.
Quasi quanto Glam, che
annuì, assorto in molteplici e nitide considerazioni.
Un passo indietro, poi
un altro, appena l’inglese si allontanò da lui e Geffen si ritrovò agli
ascensori.
Ne discese trafelato
Hemsworth, con un plico di fogli in mano, quelli da compilarsi in caso di
ricovero urgente.
Tom aveva avuto un
malore, subito dopo colazione.
La pressione arteriosa
era scese pericolosamente, così i suoi globuli, in un rimescolio di cifre e
dettagli, che Mason aveva provato a spiegargli, mentre tentava invano di
tranquillizzarlo.
La terapia era stata
aggressiva ed il fisico di Hiddleston non aveva retto, seppure in fase di piena
guarigione, per la sua leucemia.
Al tenente rimbombava
in testa la battuta chiassosa di un collega anziano “l’operazione è riuscita, ma il paziente è morto!”
Ora non c’era nulla da
ridere, anzi.
Gli occhi di Geffen
sembrarono trafiggerlo, con il loro malcelato affanno.
Lo stesso, che
albergava nelle iridi del poliziotto.
“E’ successo qualcosa a
Tommy?” – domandò istintivo il legale.
“Sì, un collasso, ora è
in oncologia ed io devo riempire questi moduli e non so neppure da dove
cominciare” – quasi piagnucolò, lui che non aveva paura durante le sparatorie,
lui così grande e grosso da incutere riverenza, appena si accigliava cupo.
Chris sembrava un bambino,
all’improvviso, spinto alla deriva, senza il suo Tom.
“Ti aiuto io, avanti,
non preoccuparti” – Glam gli sorrise, paterno ed in quell’attimo Hemsworth capì
molte cose, nell’atteggiamento del compagno, che si era affezionato a Geffen
per buone ragioni, assolutamente pulite.
“Ok … Sì, sì grazie,
Tommy direbbe che sono il solito caprone”
“Lui è l’anima poetica
della vostra unione e tu sei la forza, la quercia …” – disse piano l’uomo, dopo
essersi accomodato, le mani gelide.
Stava pensando a Robert
ed alle lacrime di Jude.
Di certo, anche il
marito, ne aveva versate a fiumi, nell’apprendere che l’ex avrebbe iniziato una
relazione con Taylor.
Era la svolta, era il
cambio vita, a cui Law voleva rinunciare e questo doveva avere gratificato
Downey, come non mai, dopo tante umiliazioni.
Per una frazione di
secondo, quel questionario sembrò tremargli tra le dita: Glam provò a calmarsi,
concentrandosi sulla seconda pagina, scoprendo che era divenuta bianca, per poi
macchiarsi di minuscole chiazze su un’unica riga, dove apparve una scritta “tu puoi salvare, chi dona al mondo un cuore
puro, come Tom”.
Geffen ebbe un
sussulto, poi percepì un suono, forse delle risa, forse un riflesso di un’eco
lontana, ma quel documento era tornato come prima, con le sue caselle, da
selezionare, con i puntini di sospensione, negli spazi vuoti, da completare.
L’avvocato si erse di
colpo, fissando poi Chris – “Andiamo da Tom: voglio vederlo, adesso.”
Le
impronte sulla spiaggia erano quelle di un bambino.
Tom
lo pensò, sorridendo, scrutandole, mentre ne seguì le tracce, verso la
battigia.
Provò
un’angoscia inspiegabile, come se qualcuno fosse in pericolo, ma non c’era anima
viva.
Si
diresse veloce verso le onde, nonostante ciò e dopo una frazione di secondo,
alcuni rumori lo distrassero nuovamente.
Provenivano
da un punto alle sue spalle, indecifrabile, almeno finché non lo vide e
riconobbe.
“Lula
…?!”
Il
suo tono era debole, come la visione di ciò che lo circondava.
Forse
il suo sangue si era spogliato di ogni energia.
Soldino
arrivò correndo ed avrà avuto sei o sette anni: Hiddleston lo conobbe ben dopo,
a Los Angeles, ma quel faccino, quei capelli ed infine i fanali colore cioccolato,
non potevano essere che di Lula.
“Zio
Tom!!”
Sì,
era lui.
“Ciao
tesoro” – e lo accolse sul petto, inginocchiandosi, anche per la stanchezza.
“Ma
tu non dovresti essere qui!” – esclamò allegro, prendendolo poi per mano.
“Dove
mi porti?” – domandò perplesso, ma ubbidiente alle sue iniziative vivaci.
“Da
nessuna parte, il tuo posto è accanto a Chris e Luna, non credi?”
“Sì
… Qui, però, non sento dolore …”
“Giusto!
… Però non hai intorno il loro affetto, anche quando ti fanno arrabbiare” – e rise
gioioso.
“Sì,
in effetti …” – il terapista sorrise, affiancandolo, seduto, sulla sabbia
tiepida.
“Presto
tornerai a casa, zio … E dovrai ricordarti una cosa … Un nome, ok?”
“Un
nome, Lula? Ok, ci proverò”
“Alaysa”
“Al
cosa?” – ed aggrottò la fronte, per poi strabuzzare la vista.
Soldino
era sparito.
“Alaysa!”
– echeggiò nell’aria, satura di luce.
Sempre
più accecante.
“Alaysa? Tom svegliati!”
Era Glam, erano le sue
braccia, il suo calore, il suo profumo, anche di adulto, con quel torace
spazioso, non meno di quello di Chris, ma Geffen era diverso, era qualcosa, che
Tom avrebbe fatto fatica a descrivere, soprattutto nella serenità, con la quale
si accorse di lui, ridestandosi felice, da quel sogno così strano.
“Glam …”
“Bentornato, forse
avevi la febbre, deliravi” – lo accolse, commosso, provando ad essere spiritoso.
“Ho visto Lula …”
“Cosa …?!” – gli uscì
come un sussurro.
Geffen sapeva che
quella non poteva essere una coincidenza.
Mason arrivò
tempestivo, avvisato da Chris, sul risveglio di Tom.
Lo raggiunse anche
Scott, con un kit per analisi immediate, di nuova generazione.
Pochi elementi furono
sufficienti ed esaustivi.
Jim era attonito, anche
se soddisfatto per quei risultati preliminari.
“Certo dobbiamo fare
altri esami e subito” – precisò, mentre Hemsworth era incollato al suo angelo dagli occhi belli come le stelle.
“Ti senti bene, vero?” –
chiese innamorato, cullandolo.
“Ho … appetito … Non lo
trovi strano Chris?” – e rise, come alleggerito da un macigno, scomparso di
netto.
Così come Glam, che
nessuno riuscì a trovare, da nessuna parte.
Liam chiuse la valigia,
accovacciato al lato destro del letto, dove l’aveva posata, riempiendola di
indumenti alla rinfusa.
Abbassando il bordo
superiore, tornò a guardare Zayn, seduto su di una poltrona, in fondo alla
stanza, a contorcersi le mani, mentre lo stava ascoltando.
“Ti ho mentito su
troppe cose, Zee … Comprendo la tua necessità di rifugiarti in Louis, nella sua
bellezza, che non eguaglierò mai ed in qualcosa, che io non ho … Che non ho
saputo darti” – affermò mesto, cercando le scarpe ed innervosendosi, mentre non
le trovava.
Aveva perso così tanto,
con i propri errori, questa la sua conclusione.
“Ma perché ti
colpevolizzi in questo modo?!” – sbottò Malik, alzandosi, per aiutarlo.
“Lascia stare, faccio
da solo” – quasi protestò, sollevando la trapunta, ritrovandosi faccia a faccia
con lui, che aveva un così buon profumo, un profilo incantevole, un corpo
asciutto e smagrito dalla tensione.
Zayn non mangiava da
diversi giorni, anzi, si nutriva a mala pena.
Payne, dopo essersi
congedato da Harry, era corso da lui, per vuotare il sacco, pentendosi per
quell’indagine personale, anche se legittimata dal loro fidanzamento, dal desiderio
di avere un futuro, dopo la riabilitazione di Liam.
“Louis mi ha scritto
una e-mail, suo marito lo ha aggredito, in preda ad una sbornia pesante e per
poco non è accaduto il peggio” – rivelò di un fiato il paleontologo, repertando
finalmente quei maledetti stivaletti da motociclista, che proprio lui aveva
regalato a Liam, che avvampò.
“Mi spiace, ma ero
distrutto dal vostro comportamento, dal fatto che tu piangevi, tra le braccia
di Louis, per qualcosa, che non avevi voluto condividere con me!” – si scaldò –
“E ti perdono per i baci, anche se mi hanno ucciso! E persino se ci hai
scopato, non me ne importa un cazzo, io ti perdono, ti perdono e basta!!” – si
prese la testa, scattando come una molla, come se un fuoco lo stesse divorando.
Malik seguì il suo
movimento, sostenendolo poi, avvolgendolo, amorevole e sincero.
“Io non ho smesso di
amarti Liam … Ho combinato un casino, con Boo, ho giocato con il fuoco, in
principio e … Ed è sempre stato così, tra noi, dopo Vincent, come se non
fossimo rivali, bensì complici …”
Payne scosse il capo
sudato, stava morendo di caldo.
“De devo farmi una
doccia” – sussurrò esausto, per gli effetti dei farmaci, che ancora prendeva,
onde evitare di ricadere nel vizio della cocaina.
Un percorso ad
ostacoli, che lui affrontava dignitosamente e, prima di quell’amara scoperta,
con la consapevolezza di non essere più da solo, che Zee ci sarebbe stato
sempre per lui: aveva persino comprato gli anelli, fantasticando sul loro
matrimonio e preparando addirittura Eric, con dolcezza, quasi con metodo.
Si baciarono, dopo
essersi fissati per un minuto senza fine.
Sotto la doccia, poi,
iniziarono a fare l’amore, forse per l’ultima volta.
Meliti sbuffò,
facendoli accomodare.
“Harry è già qui, con
Petra, nel salone al primo piano” – brontolò scorbutico, facendo strada a Lux
ed a Louis, pallido e triste.
“Ok, mon petit voleva
parlargli, giusto Louis?” – gli si rivolse affettuoso, mentre Antonio si
accendeva un sigaro.
Tomlinson, senza
aggiungere niente a quel saluto iniziale al nonno, si allontanò, per andare
dalla sua famiglia o ciò che ne restava.
“State di nuovo
insieme, voi due?” – chiese brusco l’anziano patriarca.
“Ma non dire
sciocchezze!” – sbottò il francese, versandosi un aperitivo.
“Questi ragazzi sono un
disastro, non che sia una novità: in famiglia sono pochi a salvarsi”
“Tu come stai?”
“Tiro avanti, verso un
venticinque dicembre, che già prevedo sotto tono, con una rassegna di mugugni e
rancori da antologia” – spiegò, affossandosi sul divano in pelle trapuntata
bordeaux.
“Ti riferisci a Jared e
Colin?”
“Vedo che il gossip
corre veloce Vincent” – rise divertito – “Ma non solo loro: tu credi che Robert
e Glam siano gli sposini dell’anno?”
“Ancora adesso mi
chiedo come mai non ti sono bastato”
Styles lo disse senza
alcun risentimento, mentre Louis, relegato ad una scrivania, guardava stranito,
le carte del divorzio.
Il
loro divorzio.
Si tamponò gli zigomi,
mentre Haz stava dicendo ancora qualcosa, ma non gli importava cosa.
Si stava spegnendo, in
un’angoscia schiacciante.
“C’era … C’era un tale,
uno che frequentava la tavola calda, dove facevo il cameriere, appena arrivato
a Los Angeles … Era brutto, ma simpatico, ci sapeva fare con le ragazze e se ne
portava appresso sempre una diversa, magari gli offrivano anche il pranzo,
fingeva di avere perso il portafogli o di averlo dimenticato” – tirò su dal
naso, scorrendo le formalità, con le iridi tremolanti ed invase dal pianto.
“Boo ascolta …”
“No, non ho ancora
finito” – sorrise alienato – “… e poi lui diceva che non era bello lasciarsi,
sotto le feste, con il rischio di rimetterci un regalo … Era un coglione,
mentre io pensavo che sarebbe stato unicamente più triste farlo prima di
Natale, perché è una ricorrenza che amplifica le emozioni, siano esse positive
o negative … Ma, in questo ultimo caso, è orribile perdere chi si ama, per
tutte quelle fottute abitudini semplici, magari condivise per anni oppure una
volta sola …” – ed incrociando le braccia sulla cartellina, vi ci posò sopra la
fronte, stanco.
Styles gli si avvicinò,
sfiorandogli con il palmo sinistro, la porzione tra le scapole, dove era solito
spargere baci caldissimi, come le lacrime, che adesso segnavano le gote di
entrambi.
Erano così simili,
nella loro afflizione.
Nel
loro fallimento.
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