lunedì 24 febbraio 2014

ZEN - CAPITOLO N. 251

Capitolo n. 251 – zen



Louis fu svegliato dalle carezze di Harry.
Il compagno, assonnato e caldissimo, lo stava baciando nel collo, dove aveva dimenticato le proprie labbra dalla sera prima, dopo avere fatto l’amore con Boo almeno due volte.

I suoi singulti arrivavano al cuore del giovane, ormai rapito da ogni sua attenzione scabrosa, che lo invadeva tra le gambe, nella bocca, opprimendo dolcemente il suo corpo più esile, rispetto a quello di Styles, sempre più palestrato.

Ci teneva ad essere al meglio per il suo Louis, ma anche per un misto di vanità personale, di cui non si vergognava affatto.

Era cambiato.
Come Louis del resto.

“Dobbiamo impegnarci, sai …? Per il nostro bambino ... Boo sei così … Dio mio!” – gemette forte, traboccando nell’altro, con il vigore dei suoi anni acerbi, ma consapevoli.

Louis aveva perso il senso del tempo e dello spazio.

Tutto ruotava intorno ad Harry e lui ne era felice.
Le paure le aveva lasciate alle spalle.
Forse.



Brent era indeciso tra una cravatta rosso cardinale ed una seconda blu notte.

“Quale scelgo?” – rise, scrutando poi il fratello piuttosto silenzioso, durante quello shopping fuori programma.

“Ehi, sei qui con me, Boo?”

“Scusami Brent è che pensavo a stamattina, ad Harry” - ed arrossì.
“Ah, la faccenda dell’adozione …” – replicò perplesso.

“So che non ti convince la cosa Brent …” – e storse le labbra, facendo scorrere una fila di giacche appese.

“Queste le guardiamo dopo … Dai vieni, andiamo a berci qualcosa.”

Scesero al bar del centro commerciale, colorato di gente e chiasso.

Si accomodarono, ordinando bibite e patatine.

“Quindi Harry vuole un figlio” – esordì l’ex capitano.

“Sì, ma anch’io lo voglio” – precisò schietto Louis, controllando il cellulare.

“E’ la decima volta … Aspetti una telefonata?” – Brent rise solare.

“No … Cioè non saprei, ho scritto a Vincent, ma niente, anche se so che è difficile comunicare, me lo aveva detto … E sono preoccupato”

“Volevi confidarti con lui sull’argomento? Dovrai accontentarti di me, fratellino” – scherzò, non senza una punta di gelosia.

“Ma dai … E’ che la zona in cui si trova è pericolosa … Ho sentito alla tv che c’è una guerriglia …” – bissò triste.

Brent lo scrutò.

“Sei ancora così legato a lui … A Lux intendo”

Boo annuì sincero – “Mi è stato accanto in un momento delicato, ha preso il posto di Haz, di papà … Forse anche il tuo, ero terribilmente solo, mentre ora …” – e si illuminò.

“Non per questo devi dimenticare Vincent, io questo lo capisco, credimi” – ribatté sereno.

“Non accadrà mai … Per il progetto con Harry, comunque, non voglio affrettare i tempi … Lui dice che avrà presto una promozione allo studio, con un aumento di stipendio … Insomma è cresciuto così in fretta, ma sono io quello più vecchio

“Tuo marito è sempre stato precoce o sbaglio?”

“No, Brent … Non ti sbagli …”



Colin domrì nell’ala ovest anche quella notte.

Con Jared avevano avuto una lunga discussione, appena tornati da Palm Springs.
I toni, dapprima pacati, si erano via via infervorati, quando il confronto andò ad incagliarsi su Kurt.

Il gesto del leader dei Mars, poteva sembrare una semplice vendetta, ma in realtà andava ben oltre.

Nella sostanza ed in una forma assai deprimente, Farrell paragonò la loro situazione ad una nave da crociera, che si ostinava a solcare un mare dai fondali troppo bassi e pericolosi.

Gli scogli rappresentavano le tentazioni, ma si poteva oltremodo richiamare la bellezza della barriera corallina, in cui si intrecciavano i reciproci tradimenti, con persone avvenenti e sensuali, quali appunto Kurt, Kevin, Justin e Jimmy, amanti addirittura di entrambi in coniugi, in un passato mai così vicino e devastante.

Glam e Shannon, invece, rappresentavano un discorso a sé stante.

Un oceano dove, senza alcun appiglio, il loro matrimonio rischiava di affogare definitivamente.


Inutile fuggire, questo giro e tanto meno apporre l’ennesima rappezzatura, con un’adozione.

Di bambini a rischio di divorzio genitoriale, ce n’erano già a sufficienza, gli aveva urlato contro l’irlandese.
Quest’ultimo, se mai si fosse illuso, comprese sino a che punto, il loro rapporto aveva subito una frattura insanabile, dopo Shan.

Le iridi di Jared lo trafissero ed il peso delle colpe, su quella metaforica bilancia, oscillò dalla parte di Colin.
Per l’ennesima volta.



L’arrivo di Geffen allo studio, fu una gradita sorpresa per i suoi collaboratori.

Aveva lasciato alla villa Jude e Robert con le cucciole, Diamond e Camilla, accompagnate da Pamela, Xavier e Derado, per ricongiungersi ai padri convalescenti e terribilmente felici di poterle riabbracciare.


Sylvie e Flora lo accolsero entusiaste, portando tè e pasticcini, nell’ufficio di Glam, che nessuno osava occupare.

“Fateci almeno un archivio gente” – propose allegro l’avvocato, mentre Hopper e Denny lo aggiornavano sommariamente sui casi recenti.

Sylvie piazzò sotto al naso di Glam i vari dossier, puntando i dolci sul vassoio, senza sapere resistere.

“Noto con piacere che non badi più alla dieta” – Geffen rise e lei avvampò, smettendo di masticare regolarmente.

“No, è che non ho fatto colazione …”

“Non ti strozzare Sylvie e non fare caso a me, ormai sono un brontolone … E comunque non sono mica qui per lavorare, mi sono ritirato, queste scartoffie ve le lascio volentieri …” – aggiunse più mesto.


Marc riempì le tazze – “Ecco qui, come delle megere inglesi … Non era meglio un brandy o dello champagne?”

“Per me sono vietati … o quasi” – sottolineò con un’espressione delusa Glam, assaggiando una ciambella alla crema – “Deliziosa … Denny che fai, digiuni?”

“No, è che devo andare in tribunale, se mi macchio sarebbe un guaio …”

“Figurati, abbiamo decine di cambi, vero Flora?”

“Sì, abituati com’eravamo ai tuoi macelli Glam …” – replicò con una commossa tenerezza.

Geffen sospirò – “Tutto cambia, mia bella signora …Tutto.”



Jared stava assemblando un enorme puzzle.
Era stato ricavato da una foto ingrandita di lui, Colin ed i bimbi: al termine ne avrebbe potuto fare un quadro da appendere.

Diecimila pezzi.
Diecimila frammenti di loro.

Se ne stava al centro della camera dei giochi, dove venivano scartati i doni di Natale, in ginocchio sul parquet.

Quella stanza rappresentava un posto magico, almeno per lui.

Le finestre erano spalancate ed i lunghi tendaggi avorio, sembravano danzare, nella brezza di maggio inoltrato.

Colin lo osservò per circa cinque minuti, poi chiese permesso.

“Scusami, volevo solo avvisarti che sto per uscire Jay … Ho una riunione agli studi” – mormorò educato.

Leto fece un cenno, senza distrarsi, ma tirando su dal naso, il volto nascosto dai lunghi capelli castani, dai riflessi dorati.

“Vorrei fosse pronto per il tuo b-day Cole … mancano tante tessere … A volte non riesco a ricomporre, ciò che mi sembra semplice … Come la tua faccia … od il tuo sorriso …” – balbettò sul finale, come soffocato da un odioso nodo alla gola.

Farrell si piegò, inginocchiandosi a propria volta, alle sue spalle, con il timore di toccarlo.

Accadeva di rado, ma il senso di colpa sembrò frenare il suo innato istinto a dargli un conforto, anche se, magari, non richiesto o gradito.

Sbagliava.

Nella sua mente, Jared, pregava ogni singolo istante di riavere la sua comprensione, anche se una parte di lui detestava Colin e, come in quel mosaico di cartapesta, continuava a non comprendere i motivi di quel tradimento insieme a Shannon.

Il batterista, in compenso, aveva preferito trasferirsi in un residence sulla costa, in attesa che Tomo cambiasse idea sulla loro unione spezzata senza appello.

Il suo tentativo di calmare il croato era miseramente fallito.
Il chitarrista, infatti, non intendeva passare sopra quell’atto di puro egoismo, di insana follia, di cui Shan si era macchiato, privo di giustificazioni valide.


Perdonarsi sarebbe stato così bello eppure la tela era stata deturpata dalla loro scelta di non fermarsi, di non cadere: Tomo sembrò irremovibile, ma Shan non avrebbe rinunciato a lui tanto facilmente.


Così Farrell a Jared, con i suoi zigomi tremanti, appena il tepore di quel mattino li sfiorò, evidenziando delle rughe di espressione appena accennate, ma che lo facevano sembrare ancora più sofferente.

Arrendersi a quell’emozione, nonostante il terrore di ricevere un rifiuto, di ascoltare l’ennesima invettiva, sembrò a Colin l’unica soluzione per non smettere di respirare, sedando le fitte nelle tempie e nel petto, dove il suo cuore reclamava la possibilità di andare avanti, dopo avere fatto mille sacrifici, per non perdere Jared.

Il suo Jared.

Scivolarono di lato, intrecciandosi gambe e braccia, baciandosi con un abbandono speculare e bellissimo.

Infine si guardarono, raccogliendo dal pavimento due sezioni di un fotogramma, custodito da quel tempo, in cui nulla era impossibile.

Diversamente non sarebbero arrivati dov’erano in quell’istante.
Nel bene e nel male.
Anzi, nel peggio.

I profili collisero, armoniosi e perfetti.

Jared si asciugò una lacrima, poi una seconda.

“Ci hai ritrovati subito, Cole …”

“Ritroverei il tuo sorriso, tra mille facce Jay … Questo dovresti saperlo …” – sorrise lieve, ma senza più la paura di dire o fare la cosa sbagliata.

E senza neanche il bisogno di dirgli ti amo.












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