lunedì 17 febbraio 2014

ZEN - CAPITOLO N. 250

Capitolo n. 250 – zen



Kurt glielo disse, appena David posò il trolley nel living, spegnendo il suo sorriso, per essere tornato a casa.

Accartocciato sopra ad una poltrona, quel ragazzo, che non era mai stato adolescente, forse neppure bambino, sembrò esplodere, nella sua stessa vergogna, nel rivelare quanto accaduto poche ore prima con Jared.


“Kurt …”

La voce di Rossi era calda, composta, mentre si inginocchiava, prendendogli le mani.

“Non ho scuse … Non so spiegarti Dave … Io non so davvero”

“Ora calmati … Ti prendo dell’acqua” – e si rialzò lento.

Kurt avrebbe voluto trattenerlo, implorandolo, strisciando, si immaginò una sequenza di gesti persino ridicola, al pensiero di come sapevano parlare e reagire, anche alle situazioni più spinose.

“Ecco, bevi con calma …” – il profiler gli porse il bicchiere, senza sorridere.

Stava riflettendo, era evidente, senza dare peso ai termini come “abbiamo scopato … No, non so neppure io come definire questo incontro … Jared mi ha cercato, credevo volesse sfogarsi per Shannon, perché Colin lo ha tradito proprio con il fratello”.

Tutto perdeva un senso netto; era una verità senza contorni, sfocata, come la vista dell’ex agente FBI.

Stava per piangere, dando le spalle al compagno, che gli si era avvicinato improvviso.

Rossi poteva avvertire l’affanno nel suo respiro, oltre al mesto tentativo, da parte di Kurt, di sfiorarlo, almeno, con le dita subito ritirate e chiuse a pugno, gelide, insicure.

Si voltò di scatto, fissandolo.

“Non merito niente Dave … io so che … non merito neppure la tua compassione e”

Il suo respiro si spezzò, mentre i suoi zigomi divennero più pallidi.

David lo strinse forte a sé – “Amore mio … Kurt ascolta” – e gli raccolse il volto, stravolto dal pianto.

“Ciò che più mi ferisce e mi fa stare male, è sapere che lui ti ha usato, approfittando della tua amicizia, di ciò che provi, mancandoti di rispetto: Jared non deve più permettersi di fare questo ad un altro essere umano, perché non esiste un solo motivo valido, per legittimarlo ad un simile abominio” – disse serio, quindi lo riavvolse, con la tenerezza, che Kurt mai aveva trovato in una persona, se non in Brandon.

Il ricordo di entrambi, senza dirselo, corse a lui, al suo modo di accettare ed amare anche i limiti di Kurt, le sue insicurezze, la sua voglia di trasgredire e punirsi di continuo, per delle colpe ormai remote, ma che non si sarebbero mai cicatrizzate del tutto.


“Adesso vai da Martin … Vai da nostro figlio Kurt, a villa Meliti … Sappi che io non rinuncerò mai alla famiglia, che mi hai donato con lui … Ed alle emozioni, che non potrei ritrovare in altri, neppure se campassi mille anni” – si sforzò di sorridere, ma poi lo baciò convinto, immensamente dolce.

Appena si distaccarono, Kurt tremò.
“Tu dove vai …?” – chiede timido.

“Ti accompagno da Antonio, poi proseguo per Palm Springs. Devo parlare a Jared: una volta per tutte e, temo, come nessuno ha mai fatto con lui.”



I poliziotti entrarono in aula, pochi secondi prima, che Mayer pronunciasse la sentenza, contro i due aggressori di cinque reclute e tre graduati, tra cui Brent, che si era irrigidito sulla sedia, nella parte riservata all’accusa.

“… Pertanto venite congedati con disonore e consegnati alla giustizia civile, per un processo penale, con l’accusa di aggressione, abusi sessuali e violenza carnale. In tale sede, l’ex capitano Brent Tomlinson junior potrà fare richiesta di un equo risarcimento danni. Agenti, portateli via.”

La coppia di ufficiali, rimase raggelata da quella decisione.

Nonostante le testimonianze raccolte, non senza pudore e qualche indecisione, da parte delle vittime, tranne Brent, che fu il più determinato, i due forse speravano ancora di cavarsela.

Il generale prese un respiro, poi concluse – “E per quanto riguarda Brent senior … Colonnello, qui ci sono i suoi gradi: li ha ampiamente guadagnati, con abnegazione e senso del dovere, in questi anni. Mi creda.” – e gli sorrise – “La seduta è tolta” – dichiarò secco, invitando i membri della commissione a ritirarsi.

Louis e Brent si precipitarono dal padre, abbracciandolo forte.

L’uomo si commosse profondamente – “E’ finita ragazzi … Mi dispiace così tanto” – e li guardò.

“Va tutto bene papà” – disse Brent, sostenuto dall’assenso di Boo, ormai alle lacrime anche lui.

“C’è la mamma …” – aggiunse Louis, correndo poi a stringerla, coccolato da una carezza di Jordan.

Brendan fece altrettanto tra le scapole di Brent e tutti si diressero all’uscita.

Fuori brillava un sole magnifico.

Ormai era maggio.



Geffen scartò gran parte del pollo, mentre Jared nemmeno sfiorò il suo hamburger vegetale, spappolandolo tra le verdure miste.

Colin sbirciava i loro movimenti e la rispettiva inappetenza.

Lui non era certo da meno, mentre masticava nervoso una piccante miscela di salse e legumi, preparata da Pana.

Il maori era rimasto in solarium insieme a Daniel, per degli esercizi di yoga ed un pranzo in pieno relax, distanti da quelle tensioni palpabili.

“Farete quindi una festa?”
Glam interruppe il silenzio, bruscamente.

Leto ebbe un lieve sussulto – “Sì … sì pensavamo di celebrare anche la nascita della cucciola del nonno … Forse la battezzeranno, tra due settimane … E’ appena nata” – replicò distratto il cantante, sentendo il campanello.

Lula, rimasto in disparte sino a quell’istante, scattò in piedi – “Vado io!” – e fuggì verso il patio.

Pochi secondi e Rossi si palesò, scuro in volto, preceduto da un soldino imbarazzato.

“C’è lo zio Dave …”

“Ehi detective, ti unisci a noi?” – chiese gentile l’avvocato, ma l’amico non aveva mai smesso di puntare il marito di Colin.

“Buongiorno a tutti … No, vorrei parlare con Jared. In privato, grazie.”

Farrell li seguì con lo sguardo, restando immobile, come Geffen, mentre Lula giocava sul tappeto del salotto, con dei trenini elettrici.

Nel frattempo un’ambulanza parcheggiò nel piazzale antistante la villa: Scott ne discese, dando istruzioni ad un infermiere ed all’autista di aiutare Jude e Robert a raggiungere l’interno dell’abitazione di Glam, per il loro periodo di convalescenza.

Era stata una decisione presa quasi con un sorriso, da tre cariatidi acciaccate, come aveva scherzato Downey qualche giorno prima, rivolgendosi a Scott ed a Geffen stesso.

La presenza di Daniel, infermiere specializzato, oltre che fisioterapista, convinse il medico definitivamente.



Rossi chiuse la porta della mansarda, dove Leto lo aveva condotto.

“Ok ti ascolto David” – gli diede le spalle, andando alla finestra – “Anche se conosco il motivo della tua visita” – disse incolore, come svuotato, senza alcuna voglia di combattere, tanto meno discutere.

“Guardami, non parlerò alla tua schiena Jared” – ribatté lui, severo, senza alzare i toni.

Quello che Kurt considerava speciale, l’insieme di carne, ossa, sangue, capelli, iridi zaffiro, falangi affusolate, arti asciutti e scattanti, roteò netto, guardandolo, inerme, ora.


“Bene … Ora vorrei che tu la smettessi di invadere la vita altrui, Jared, facendola a pezzi, umiliando coloro i quali si sono fidati di te, come Kurt”

“Gli ho voluto bene … gli voglio bene”

“So cosa hai fatto per Kurt, so di Martin, so ogni cosa di voi” – sottolineò, ripetendo il nome del convivente, come a rimarcarne non tanto il possesso, ma la piena affezione reciproca.

“Non volevo separarvi o”

“Taci! Tu non riuscirai mai in questo e se mi altero, lascio spazio a quella parte di me, che tu hai offeso, con la tua giovinezza ad oltranza, il tuo fascino indiscutibile, il puro e semplice fatto di avere toccato ed invaso Kurt! Ma ciò che mi fa incazzare, come neppure riuscirei a descriverti, è che tu hai abusato della sua ingenua debolezza nei tuoi riguardi, la sua infatuazione perenne! E lo fai con tutti Jared, maledizione! Per i tuoi cazzo di problemi, i tuoi casini, a me non importa, ma a Kurt sì!”

Leto si ossigenò, sedendosi comunque sul davanzale, le gambe molli.

“Cosa dovrei fare Dave? Chiedere scusa, a te, a Kurt? Non l’ho aggredito, siamo adulti … Ok, è stato spregevole, ma lui ed io …” – fissò il vuoto, come se si stesse spegnendo.

“Tu e lui cosa?! Jared hai dei problemi, credo dalla nascita, non è dipeso da te, questo posso capirlo, però riversare il tuo inferno su chi non ha alcuna responsabilità diretta, è l’unico modo per restare da soli, te lo posso garantire!” – sbottò, senza accorgersi dell’arrivo di Colin.

L’irlandese andò da Jared e lo cinse, sollevandolo – “Tesoro andiamocene … David non sto scappando da questa cosa e tanto meno il padre dei miei figli, però hai ragione, sia Jay che io abbiamo dei problemi … E dobbiamo risolverli, ad ogni costo” – e scivolarono via, senza che Leto aggiungesse una sillaba.



Styles rispose al telefono, uscendo in giardino.

Nel villino del suocero erano ormai ai saluti.

Era lo studio.
Era Sylvie.

“Ciao, come stai?” – chiese sereno il ragazzo.

“Bene e tu? Quando tornate?”

Sembrava tesa.

“Oggi stesso … Domani mattina rientro in ufficio, ci sono novità?” – sorrise.

“No, sì … Cioè, non proprio, la consueta routine, un paio di clienti nuovi, un divorzio al veleno e diritti d’autore calpestati … E’ uno scrittore …” – fu vaga.

“Ok, ok, ci darò un’occhiata, se Hopper non ha tempo”

“E’ molto preso in tribunale … E Louis?”

“E’ al settimo cielo” – si illuminò – “Con il padre sembra essersi sistemata ogni vecchia problematica, poi abbiamo incontrato anche la madre, con il suo nuovo fidanzato, insomma è stato incredibile … E Brent sta per sposarsi, i due maiali che lo hanno violentato sono stati spediti in galera” – riepilogò vivace.

Sylvie si massaggiò l’addome contratto, mentendogli – “Devo andare, mi stanno cercando … Saluta Louis, un abbraccio”

“Va bene … ciao …” – bissò lui perplesso, dimenticandosi di quella chiamata un attimo dopo, appena Boo gli si appese al collo, dandogli un lungo bacio, carico di felicità cristallina.















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