Capitolo n. 250 – zen
Kurt glielo disse,
appena David posò il trolley nel living, spegnendo il suo sorriso, per essere
tornato a casa.
Accartocciato sopra
ad una poltrona, quel ragazzo, che non era mai stato adolescente, forse neppure
bambino, sembrò esplodere, nella sua stessa vergogna, nel rivelare quanto
accaduto poche ore prima con Jared.
“Kurt …”
La voce di Rossi era
calda, composta, mentre si inginocchiava, prendendogli le mani.
“Non ho scuse … Non
so spiegarti Dave … Io non so davvero”
“Ora calmati … Ti
prendo dell’acqua” – e si rialzò lento.
Kurt avrebbe voluto
trattenerlo, implorandolo, strisciando, si immaginò una sequenza di gesti
persino ridicola, al pensiero di come sapevano parlare e reagire, anche alle
situazioni più spinose.
“Ecco, bevi con calma
…” – il profiler gli porse il bicchiere, senza sorridere.
Stava riflettendo,
era evidente, senza dare peso ai termini come “abbiamo scopato … No, non so neppure io come definire questo incontro …
Jared mi ha cercato, credevo volesse sfogarsi per Shannon, perché Colin lo ha
tradito proprio con il fratello”.
Tutto perdeva un
senso netto; era una verità senza contorni, sfocata, come la vista dell’ex
agente FBI.
Stava per piangere,
dando le spalle al compagno, che gli si era avvicinato improvviso.
Rossi poteva
avvertire l’affanno nel suo respiro, oltre al mesto tentativo, da parte di
Kurt, di sfiorarlo, almeno, con le dita subito ritirate e chiuse a pugno,
gelide, insicure.
Si voltò di scatto,
fissandolo.
“Non merito niente
Dave … io so che … non merito neppure la tua compassione e”
Il suo respiro si
spezzò, mentre i suoi zigomi divennero più pallidi.
David lo strinse
forte a sé – “Amore mio … Kurt ascolta” – e gli raccolse il volto, stravolto
dal pianto.
“Ciò che più mi
ferisce e mi fa stare male, è sapere che lui ti ha usato, approfittando della
tua amicizia, di ciò che provi, mancandoti di rispetto: Jared non deve più
permettersi di fare questo ad un altro essere umano, perché non esiste un solo
motivo valido, per legittimarlo ad un simile abominio” – disse serio, quindi lo
riavvolse, con la tenerezza, che Kurt mai aveva trovato in una persona, se non
in Brandon.
Il ricordo di
entrambi, senza dirselo, corse a lui, al suo modo di accettare ed amare anche i
limiti di Kurt, le sue insicurezze, la sua voglia di trasgredire e punirsi di
continuo, per delle colpe ormai remote, ma che non si sarebbero mai
cicatrizzate del tutto.
“Adesso vai da Martin
… Vai da nostro figlio Kurt, a villa Meliti … Sappi che io non rinuncerò mai
alla famiglia, che mi hai donato con lui … Ed alle emozioni, che non potrei
ritrovare in altri, neppure se campassi mille anni” – si sforzò di sorridere,
ma poi lo baciò convinto, immensamente dolce.
Appena si
distaccarono, Kurt tremò.
“Tu dove vai …?” –
chiede timido.
“Ti accompagno da
Antonio, poi proseguo per Palm Springs. Devo parlare a Jared: una volta per
tutte e, temo, come nessuno ha mai fatto con lui.”
I poliziotti
entrarono in aula, pochi secondi prima, che Mayer pronunciasse la sentenza,
contro i due aggressori di cinque reclute e tre graduati, tra cui Brent, che si
era irrigidito sulla sedia, nella parte riservata all’accusa.
“… Pertanto venite
congedati con disonore e consegnati alla giustizia civile, per un processo
penale, con l’accusa di aggressione, abusi sessuali e violenza carnale. In tale
sede, l’ex capitano Brent Tomlinson junior potrà fare richiesta di un equo
risarcimento danni. Agenti, portateli via.”
La coppia di
ufficiali, rimase raggelata da quella decisione.
Nonostante le
testimonianze raccolte, non senza pudore e qualche indecisione, da parte delle
vittime, tranne Brent, che fu il più determinato, i due forse speravano ancora
di cavarsela.
Il generale prese un
respiro, poi concluse – “E per quanto riguarda Brent senior … Colonnello, qui
ci sono i suoi gradi: li ha ampiamente guadagnati, con abnegazione e senso del
dovere, in questi anni. Mi creda.” – e gli sorrise – “La seduta è tolta” –
dichiarò secco, invitando i membri della commissione a ritirarsi.
Louis e Brent si
precipitarono dal padre, abbracciandolo forte.
L’uomo si commosse
profondamente – “E’ finita ragazzi … Mi dispiace così tanto” – e li guardò.
“Va tutto bene papà” –
disse Brent, sostenuto dall’assenso di Boo, ormai alle lacrime anche lui.
“C’è la mamma …” –
aggiunse Louis, correndo poi a stringerla, coccolato da una carezza di Jordan.
Brendan fece
altrettanto tra le scapole di Brent e tutti si diressero all’uscita.
Fuori brillava un
sole magnifico.
Ormai era maggio.
Geffen scartò gran
parte del pollo, mentre Jared nemmeno sfiorò il suo hamburger vegetale,
spappolandolo tra le verdure miste.
Colin sbirciava i
loro movimenti e la rispettiva inappetenza.
Lui non era certo da
meno, mentre masticava nervoso una piccante miscela di salse e legumi,
preparata da Pana.
Il maori era rimasto
in solarium insieme a Daniel, per degli esercizi di yoga ed un pranzo in pieno
relax, distanti da quelle tensioni palpabili.
“Farete quindi una
festa?”
Glam interruppe il
silenzio, bruscamente.
Leto ebbe un lieve
sussulto – “Sì … sì pensavamo di celebrare anche la nascita della cucciola del
nonno … Forse la battezzeranno, tra due settimane … E’ appena nata” – replicò distratto
il cantante, sentendo il campanello.
Lula, rimasto in
disparte sino a quell’istante, scattò in piedi – “Vado io!” – e fuggì verso il
patio.
Pochi secondi e Rossi
si palesò, scuro in volto, preceduto da un soldino imbarazzato.
“C’è lo zio Dave …”
“Ehi detective, ti
unisci a noi?” – chiese gentile l’avvocato, ma l’amico non aveva mai smesso di
puntare il marito di Colin.
“Buongiorno a tutti …
No, vorrei parlare con Jared. In privato, grazie.”
Farrell li seguì con lo
sguardo, restando immobile, come Geffen, mentre Lula giocava sul tappeto del
salotto, con dei trenini elettrici.
Nel frattempo un’ambulanza
parcheggiò nel piazzale antistante la villa: Scott ne discese, dando istruzioni
ad un infermiere ed all’autista di aiutare Jude e Robert a raggiungere l’interno
dell’abitazione di Glam, per il loro periodo di convalescenza.
Era stata una
decisione presa quasi con un sorriso, da tre
cariatidi acciaccate, come aveva scherzato Downey qualche giorno prima, rivolgendosi a Scott ed a Geffen stesso.
La presenza di
Daniel, infermiere specializzato, oltre che fisioterapista, convinse il medico
definitivamente.
Rossi chiuse la porta
della mansarda, dove Leto lo aveva condotto.
“Ok ti ascolto David”
– gli diede le spalle, andando alla finestra – “Anche se conosco il motivo
della tua visita” – disse incolore, come svuotato, senza alcuna voglia di
combattere, tanto meno discutere.
“Guardami, non
parlerò alla tua schiena Jared” – ribatté lui, severo, senza alzare i toni.
Quello che Kurt
considerava speciale, l’insieme di carne, ossa, sangue, capelli, iridi zaffiro,
falangi affusolate, arti asciutti e scattanti, roteò netto, guardandolo,
inerme, ora.
“Bene … Ora vorrei
che tu la smettessi di invadere la vita altrui, Jared, facendola a pezzi,
umiliando coloro i quali si sono fidati di te, come Kurt”
“Gli ho voluto bene …
gli voglio bene”
“So cosa hai fatto
per Kurt, so di Martin, so ogni cosa di voi” – sottolineò, ripetendo il nome
del convivente, come a rimarcarne non tanto il possesso, ma la piena affezione
reciproca.
“Non volevo separarvi
o”
“Taci! Tu non
riuscirai mai in questo e se mi altero, lascio spazio a quella parte di me, che
tu hai offeso, con la tua giovinezza ad oltranza, il tuo fascino indiscutibile,
il puro e semplice fatto di avere toccato ed invaso Kurt! Ma ciò che mi fa
incazzare, come neppure riuscirei a descriverti, è che tu hai abusato della sua
ingenua debolezza nei tuoi riguardi, la sua infatuazione perenne! E lo fai con
tutti Jared, maledizione! Per i tuoi cazzo di problemi, i tuoi casini, a me non
importa, ma a Kurt sì!”
Leto si ossigenò,
sedendosi comunque sul davanzale, le gambe molli.
“Cosa dovrei fare
Dave? Chiedere scusa, a te, a Kurt? Non l’ho aggredito, siamo adulti … Ok, è
stato spregevole, ma lui ed io …” – fissò il vuoto, come se si stesse
spegnendo.
“Tu e lui cosa?!
Jared hai dei problemi, credo dalla nascita, non è dipeso da te, questo posso
capirlo, però riversare il tuo inferno su chi non ha alcuna responsabilità
diretta, è l’unico modo per restare da soli, te lo posso garantire!” – sbottò,
senza accorgersi dell’arrivo di Colin.
L’irlandese andò da
Jared e lo cinse, sollevandolo – “Tesoro andiamocene … David non sto scappando
da questa cosa e tanto meno il padre dei miei figli, però hai ragione, sia Jay
che io abbiamo dei problemi … E
dobbiamo risolverli, ad ogni costo” – e scivolarono via, senza che Leto
aggiungesse una sillaba.
Styles rispose al
telefono, uscendo in giardino.
Nel villino del
suocero erano ormai ai saluti.
Era lo studio.
Era Sylvie.
“Ciao, come stai?” –
chiese sereno il ragazzo.
“Bene e tu? Quando
tornate?”
Sembrava tesa.
“Oggi stesso … Domani
mattina rientro in ufficio, ci sono novità?” – sorrise.
“No, sì … Cioè, non
proprio, la consueta routine, un paio di clienti nuovi, un divorzio al veleno e
diritti d’autore calpestati … E’ uno scrittore …” – fu vaga.
“Ok, ok, ci darò un’occhiata,
se Hopper non ha tempo”
“E’ molto preso in
tribunale … E Louis?”
“E’ al settimo cielo”
– si illuminò – “Con il padre sembra essersi sistemata ogni vecchia
problematica, poi abbiamo incontrato anche la madre, con il suo nuovo fidanzato,
insomma è stato incredibile … E Brent sta per sposarsi, i due maiali che lo
hanno violentato sono stati spediti in galera” – riepilogò vivace.
Sylvie si massaggiò l’addome
contratto, mentendogli – “Devo andare, mi stanno cercando … Saluta Louis, un
abbraccio”
“Va bene … ciao …” –
bissò lui perplesso, dimenticandosi di quella chiamata un attimo dopo, appena
Boo gli si appese al collo, dandogli un lungo bacio, carico di felicità
cristallina.
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