mercoledì 5 febbraio 2014

ZEN - CAPITOLO N. 246

Capitolo n. 246 – zen



Jared si accese una sigaretta, nervosamente.

Colin andò a sedersi sul davanzale.

“Ne vuoi una?” – chiese il cantante, senza guardarlo.

“No, grazie. Ho smesso definitivamente”

Leto rise – “Già, ma solo con alcune brutte abitudini: altre no” – e lo fissò, buttando fuori il fumo.

“Come stai Jared?”

“Sono vivo. Almeno questo.”

Farrell sospirò, dandogli le spalle.

“Tu, in realtà, non sei incazzato con me, ma con Shannon, vero?”

Jared rimase in silenzio.

“Spesso ho avuto delle divergenze con tuo fratello, anzi, agli inizi, lo detestavo e non sopportavo che tu lo anteponessi a me, con la vostra musica, la complicità, la simbiosi, che vi univa”

“Chi odia, ama” – lo interruppe acre.

“Questa te la potevi risparmiare, Jay!” – e si girò con uno scatto, tenendo ancora le mani in tasca.

“E tu potevi risparmiarmi questa agonia!” – ribatté istintivo.

L’irlandese si passò le mani gelide tra i capelli ormai brizzolati.

“Abbiamo commesso uno sbaglio imperdonabile … Non esiste nulla per porvi rimedio, possiamo solo lasciarci distruggere oppure andare avanti, con la nostra famiglia, i nostri figli, ma, soprattutto, il nostro amore Jared” – e si avvicinò con un paio di passi timidi.

“Non è scopando che ci metterai una toppa, sai Colin?”

“Io non voglio scopare”

“E cosa volevi da Shan?” – domandò con durezza.

Farrell scosse il capo appesantito dalla stanchezza del viaggio.

“Nulla … Ero triste, ero da solo, senza di te, ad aspettarti … E’ una vita che lo faccio Jay”

Quelle ultime parole, sommesse, devastate da un’amarezza insostenibile, fecero tremare l’addome di Jared.

“Mi dispiace Cole, credo di avertelo già detto … E ti ho ringraziato per il tuo sostegno e la comprensione, per Glam e la sua malattia …”

“Non piangere Jay …” – e, senza esitare, gli asciugò una lacrima, con il pollice sinistro, sulla guancia arrossata.

“E ti avrei perdonato … E come faccio a non piangere …?”

Si abbracciarono forte.

Era una fusione, senza contatto diretto della loro pelle, fatta di ghiaccio e fuoco, tra brividi e vampate di emozione pura, del sale del reciproco pianto, irrefrenabile.

Si amavano troppo.
Si amavano e basta.



Il bip del cardiografo aveva un suono ovattato, poi sempre più nitido.

Jude ebbe un sussulto, poi incontrò il sorriso di boydon, oltre il telo protettivo e trasparente, che circondava il suo letto, come se fosse dentro ad un’incubatrice.

In fondo era una rinascita, verso una nuova esistenza.


“E Robert?” – chiese subito.

“Sta bene, come tu del resto: tranquillizzati, vi vedrete molto presto, te lo assicuro”

“Grazie Steven … Ho sete”

“Abbi pazienza per qualche ora, hai comunque la salina, che ti idrata a dovere”

“Ok … Anche Rob ce l’ha, vero?”

“Certo … Siete sulla stessa barca”

“Speriamo di navigare verso un’isola senza paludi … Lontana dagli uragani”

“Sarà così, Jude, ne sono certo. A più tardi.”



Erano appena tornati dalla spiaggia e l’auto non ne voleva sapere di partire.

“Cavoli Louis, te lo avevo detto che era un catorcio!” – si lamentò Harry, gesticolando, mentre gli cadevano a terra borsa frigo, ombrellone e pinne.

Boo posò gli asciugamani sul cofano e si stese sotto la vettura, senza dargli retta.

“Do un’occhiata …”

Si allungò disinvolto, con addosso un costume a boxer piuttosto comodi.

Era una visione incantevole ed altamente sexy.

Alcune ragazze, di passaggio, lo puntarono divertite ed Harry fece loro un salutino, mostrando la fede e bisbigliando – “E’ mio marito!” – quasi scioccandole.


“Fatto!” – esclamò senza uscire ancora – “Prova un po’ adesso”

“Eh …?”

“Tesoro metti in moto … Ma che ti prende?” – chiese riemergendo con un aspetto solare, magnetico.

Harry lo afferrò per un polso, trascinandolo dall’altro lato della strada, nel giardino di un motel.
Il giovane avvocato si copriva il davanti con un mega ventaglio, comprato in spiaggia da uno tedioso ambulante.

Louis cercava di capire quale fosse il suo problema, cogliendo al volo il motivo appena varcata la soglia del bungalow 12, che Styles aprì frenetico.

“Presto! Non ce la faccio più!”

“Haz sei impazzito?? Lascia che mi lavi le mani!” – e si fiondò in bagno, dove il consorte lo seguì a razzo, recuperando dalla doccia una bustina di gel, tra quelle in dotazione.

“E quello a che serve …?”

“Ti avanzano delle domande stupide Boo??” – ansimò, buttandosi con lui sopra il giaciglio ad acqua.

Uno spasso.

Harry strappò i cenci, che li vestivano al minimo, attivando le persiane elettriche, con il comando a distanza: strappò l’involucro, imbrattandosi le mani ed infilandole ovunque, al malcapitato e divertito Louis.

Pochi secondi e Boo sembrò intrappolato dai tentacoli dell’uomo piovra.

“Mioddio …!” – gemette il futuro paleontologo, mentre Harry lo colpiva ripetutamente, baciandolo, mordendolo, leccandolo, tenendogli le gambe spalancate, in maniera piuttosto comica.

La foga fece loro dimenticare la porta aperta e l’urletto della signora delle pulizie li riportò per una frazione in quella stanza, che la donna risigillò all’istante, dopo che Haz le urlò – “Chiuda, accidenti!!!”

Louis avrebbe voluto sotterrarsi, ma si stava divertendo troppo.
Davvero troppo.



I palloncini bianchi e rossi spuntavano oltre il vetro, come tenuti da qualcuno molto basso.

Downey rise, accorgendosi che lì accanto c’era Geffen.

L’avvocato lo salutò, mandandogli anche un bacio e sollevando Lula, portatore di quel dono colorato.

Era piccino, come quando arrivò da Haiti.

Rob si stropicciò gli occhi, poi lo vide con il consueto aspetto, al quale era abituato.

Provò una strana sensazione: quei farmaci gli provocavano delle allucinazioni, probabilmente.

Fece un cenno e Glam gli mostrò un cartello, con sopra scritto – “Ci manchi da impazzire” e Lula esclamò – “Anche zio Jude!!”

Geffen rise – “Ok, semmai ricicliamo il nostro manifesto d’amore … ok?” – disse attraverso l’interfono acceso.

Downey alzò il pollice, in segno di approvazione, poi si assopì, più sereno.


Tomlinson senior fece loro strada.

“Sono alloggi spartani, ma starete comodi e poi la cucina è nettamente migliorata, sai Brent?”

“Sul serio? Meno male, c’era sempre un polpettone sospetto” – rise, dando una carezza tra le scapole a Brendan, che lo precedeva con i bagagli.

“Staremo bene colonnello, la ringrazio” – disse educato lo psicologo.

“Non … Non potremmo darci del tu, Brendan?” – chiese esitante.

Brent li scrutò entrambi, in piedi e speculari, nel mezzo della camera, arredata in modo essenziale.

“Certo” – Laurie sorrise, stringendogli la mano.

“Perfetto, ne sono onorato.”



“Come hai fatto?”

Louis lo chiese improvviso, mentre se ne stavano esausti a guardare il soffitto a scacchi arancio e viola.

Un obbrobrio.

“Ma, sai, ho preso il doccia schiuma, l’ho messo sul”

“Eddai Haz!!! Ahahaha …”

“Ah, non mi chiedevi quello?” – e si girò sul fianco, giocherellando con i suoi capezzoli, con l’indice ed il pollice destri.

“Mi riferivo a mio padre …” – proseguì più serio, girandosi anche lui.

Styles prese un lungo respiro, poi gli diede un bacio colmo di tenerezza.

“Gli ho parlato della mia solitudine … Gli ho scritto una e-mail a dire il vero, raccontandogli com’era vivere senza di te, Louis” – spiegò emozionato, come nel momento in cui digitò quel testo, così esaustivo e capace di toccare il cuore di Tomlinson senior.


“Di quando ci eravamo lasciati …?”

“Infatti, quando eri andato a vivere con Vincent, ma anche prima, quando non stavamo ancora insieme come avrei voluto … Ed avevi la relazione con Ivo … Ero uno spettatore a volte silenzioso, a volte incapace di saperti dare ciò che volevi e che meritavi, Boo … Gli ho parlato dei miei limiti, di ciò che non sapevo superare, perché mi sentivo diverso da te, inadeguato alla tua caparbietà, senza apprezzare quanto ti sacrificavi, per aiutarmi, come nessuno aveva fatto mai … Nessuno mi aveva amato mai e tu non ti arrendevi con me, nonostante i litigi, gli insulti, il mio brutto carattere …”

“Tu non hai un brutto carattere Haz, non certo come papà …” – replicò sul punto di commuoversi, anche per averlo detto.

“Papà … Ha un bel suono, giusto? Pensa che in qualche modo considero tale proprio Lux, per questo non l’ho ancora fatto fuori” – abbozzò scherzoso, ma era sincero.

“Grazie Harry … Per il tuo candore … Ti ho sempre ammirato per questo, consapevole che non mi avresti deluso, al contrario di me …”

Styles lo baciò intenso.

Infine lo guardò.

“Tu non mi hai mai deluso Boo … Sei la mia vita, non dimenticartelo, ok?” – e gli sorrise, meraviglioso nei suoi anni, nel suo fascino indiscutibile.

Si incastrarono, con gambe e braccia, addormentandosi senza neppure sapere se fuori era ancora giorno oppure già notte.

In fondo, cosa importava?










 LOUIS ... EHM ... E L'AUTO PARE SIA QUELLA DI HARRY ;-)




LULA petit ...

Nessun commento:

Posta un commento