Capitolo n. 10 – nakama
Will imprecò, nella
pioggia e nel vento della prima sera, una volta giunto al centro del parco
antistante la sua abitazione, senza avere ancora ritrovato Rambo.
L’antibiotico, che gli
somministrava da giorni, provocava a quella povera bestiola un sacco di effetti
collaterali.
Confusione,
insofferenza, senso dell’orientamento pari a zero.
Si era già perso un
paio di volte, ma questa sembrò da subito la peggiore.
Graham riprese il passo
svelto, era già fradicio, ma non gli importava.
Il clima era torrido e
quel temporale avrebbe reso l’atmosfera ancora più irrespirabile.
Uno dei punti preferiti
da Rambo era il chiosco di panini, ma le ricerche si confermarono infruttuose,
appena il medico giunse sotto al patio di quel ritrovo per vegani, dove anche
lui mangiava spesso, tra un turno e l’altro.
“Maledizione!” – sibilò
verso il vuoto, quindi si riavviò, esasperato.
“Buonasera dottor
Laurie, la ringrazio per avermi ricevuto fuori orario”
Hugh sorrise,
indicandogli la poltrona – “Mikkelsen, qual buon vento? Non dovevamo vederci
più?” – ed ammiccò, notando un’ombra, camminare avanti ed indietro, oltre alla
porta chiusa, grazie alla fessura sottostante, tra il bordo dell’infisso ed il
pavimento.
Era Jim, con in braccio
Nasir, in attesa che lui finisse, per portare il bimbo alla sala giochi, con
annessa gelateria, come promessogli sin dal mattino dai genitori.
Mads, però, era un caso
talmente interessante, da avere intrigato Laurie sin dal principio delle loro
sedute.
Un chirurgo così
brillante e carismatico, che sfogava istinti bestiali, scagliandosi su giovani,
che di innocente avevano ben poco, dai suoi racconti, a volte deliranti.
Mikkelsen era di certo
affetto da un ego grande quanto una casa, in quel periodo nero della sua
esistenza, quasi da considerarsi un paziente banale, per certe peculiarità
narcisistiche, se non fosse stato per quella dolcezza e quel candore,
traboccanti da ogni sua movenza o parola, nell’istante in cui parlava di Will
Graham.
Hugh ne rimase a dire
poco affascinato e la sua terapia, per recuperare Mads, si basò proprio sull’impegno
ed il progetto concreto di riuscire ad entrare nel cuore di Will stesso,
conquistandolo, attraverso una rinascita inattesa ed inconfutabile.
“Lei aveva degli impegni,
vero? Ho notato Mason in corridoio” – esordì serio, fissandolo.
“Sì, ci siamo presi un
impegno con il nostro cucciolo e non possiamo disattenderlo, ma c’è ancora
tempo, non si preoccupi”
Reciprocamente non
erano mai riusciti a darsi del tu, ma quella formalità era anche fatta di pura
educazione.
Mikkelsen era cresciuto
tra collegi esclusivi e country club, un padre milionario quanto assente ed una
madre alcolizzata e poco devota al consorte.
In compenso la vita di
Mads era stata una escalation di successi, scolastici e professionali.
La sua omosessualità,
in famiglia, non aveva scandalizzato nessuno, perché a nessuno importava di
lui.
Si era costruito e
realizzato da solo, rivelandosi un ragazzino prodigio ed una sorta di carro
armato in carriera.
Tanta perfezione,
doveva pur celare qualche ammaccatura e Hugh aveva un fascicolo pieno zeppo di
dettagli su Mikkelsen, che di certo avrebbero fatto la gioia del tenente
Hemsworth.
“Come sta Will?” –
chiese improvviso l’analista, dopo un breve stallo nella conversazione.
“L’ho visto all’ora di
pranzo, a casa sua”
“Bene”
“No, affatto”
“Ci eravamo lasciati
con ottime aspettative”
“Sì, l’invito di Will,
ma ci ho messo un paio di mesi a farmi avanti”
“Come mai, Mads?”
“Perché mi era sembrato
di estorcerglielo quasi, quando lui … Ma lasciamo perdere, è andato tutto
storto”
“Tutto cosa,
esattamente?”
“Lui sa … L’ha sempre saputo, per via di Kirill, il suo ex, che io
frequentavo al bordello, altro termine non mi viene!” – quasi ruggì,
alterandosi.
“La sua espiazione
sembra senza fine”
“La è! Io … Io ho
sbagliato, lo riconosco, però mi sono assunto le mie responsabilità, ne sono
uscito, ho compreso ogni mio errore” – aggiunse, più stanco.
“Se Will non l’avesse
scoperto, grazie a Kirill, lei glielo avrebbe mai detto?”
Una domanda tagliente.
Che rimase senza
risposta.
Jared si rannicchiò
meglio nell’abbraccio di Geffen.
“Prima che uscissi, è
passato un addetto della Foster, con un kit, per l’inseminazione ed una
montagna di papiri da firmare Glam” – disse piano, parlandogli nel collo.
L’uomo lo guardò, con
un sorriso, che nasceva dagli occhi ed illuminava ogni centimetro del suo volto
rilassato e compiaciuto – “Interessante …”
“Hai più parlato con
Stella?”
“Solo al telefono e poi
Marc Hopper le ha fatto visita”
“Cosa succede adesso?”
“Diciamo che sarebbe
opportuno procedere all’intervento per il recupero dell’udito dopo la
gravidanza, ma mi sembra spiacevole …”
“Già … Che lo faccia
prima, dunque: recuperati i suoi sensi a pieno, anche la gestazione sarà
migliore, non credi Glam?”
“Sì …” – mormorò
assorto – “… Il fatto è che io le ho scritto una lettera, di mio pugno, una
cosa che non accadeva da secoli, assicurandole che lei avrebbe fatto parte
della vita di questo bambino, se l’avesse desiderato e che poteva vivere anche
con noi, in un certo senso, magari non qui Jared: perdonami se non ti ho
consultato, ma provo un certo disagio in tutta questa procedura” – rivelò
sincero.
Leto si sollevò,
guardandolo con smisurato affetto.
“Tu sei un tipo
tradizionale, i bimbi li fai alla vecchia maniera”
Sorrisero entrambi,
sereni.
“Oh ma non questa volta
JJ, non esiste proprio”
“Stella si
innamorerebbe di te dopo dieci minuti, se ti frequentasse”
Il loro dialogo si fece
allegro.
“Potrei essere suo
nonno, Robert me l’ha detto e”
“Robert? Lui sa?”
Geffen si mise più
seduto, contro la testata ed i cuscini – “Ecco sì, era con me quando ho
conosciuto Stella e Cassidy, credevo di avertelo raccontato … E’ stato un caso,
era passato in studio e lo stavo riportando a casa … O a fare shopping” – e si
grattò la nuca.
Jared assottigliò le
palpebre, ma poi rise – “Tu e Robert continuate ad essere intimi”
“Abbiamo proiettato il
nostro rapporto in una dimensione amichevole e complice, una bella sensazione …
Vorrei che fosse così anche per te e Colin, credimi”
“E’ … complicato” – il
cantante si rabbuiò.
“Colin ha tutto il
diritto di combattere, per riaverti nei suoi giorni, io sto facendo altrettanto
ed è ciò per cui vivo Jared” – disse serio, dandogli poi una carezza calda
sullo zigomo destro, che Leto raccolse a pieno, inclinando il viso verso quel
gesto delicato e confortante.
“Procederemo con calma
Glam, vorrei conoscere anch’io Stella”
“Ne hai piena ragione,
piccolo” – e sorrise più rilassato, riprendendolo a sé.
Jared lo baciò intenso.
Ricominciarono a fare l’amore,
completandosi come mai prima di allora.
Michael sbuffò, con un
mezzo sorriso, gettando il borsone in un angolo dell’ingresso.
“Ok l’ho fatto Vincent”
Lux sorrise più
convinto, abbracciandolo forte.
“Trascorreremo ciò che
resta dell’estate nella mia villa in Provenza, dove tu potrai concludere la
stesura del libro, di cui mi parlavi stanotte, ok?”
“Ok …” – Michael lo
guardò con devozione – “… tu rendi sempre le cose così facili a chi vuoi bene?”
Parlare d’amore era
avventato, secondo il giovane, che riconosceva, però, nei gesti del francese un
trasporto notevole e sincero.
“Ci provo”
“Dare le dimissioni da
L.A. News mi fa sentire come … ripulito!” – e rise, finalmente.
“La bozza che mi hai
fatto leggere in anteprima, mi ha colpito, sai?”
“E’ … La mia vita, sono
le mie battaglie, non sempre vinte, lo ammetto” – e si distaccò, andando al
davanzale più vicino a loro.
“Vedrai che la
situazione migliorerà e potrai riavvicinarti anche a Richard, se lo vorrai”
Michael lo fissò – “Tu
lo vorresti?”
“Se servisse alla tua
serenità sì” – affermò secco, con quel suo accento adorabile e vivace.
“Chissà …” – ed inspirò,
puntando la scala – “Vado a farmi una doccia … Mi tieni compagnia?”
“Certo!”
Qualcuno suonò.
“Ok, mi avvio da solo” –
Michael rise, divorando due scalini alla volta, per poi sparire al piano
superiore.
Lux brontolò qualcosa,
infine si decise ad aprire.
Era Styles.
“Rambo!! Mio Dio”
Graham si precipitò
verso quella pozzanghera, dove il suo randagio giaceva inerme, senza difese.
Dei flebili guaiti
scongiurarono l’epilogo più triste, ma le sue condizioni erano preoccupanti.
Will si tolse il
maglione, per avvolgerlo, sentendosi stupido, perché anch’esso era marcio di
pioggia.
Dei fari illuminarono
la scena, senza passare oltre, come avevano fatto altri in precedenza, pensando
chissà cosa.
In quello stato, il
chirurgo dava l’idea di essere un vagabondo, quanto il suo amico a quattro
zampe.
Passi svelti e poi una
voce carica di ansia e di molto di più.
“Will! Cosa è successo?”
“Mads …?!” – mormorò Graham,
stupito per la sua presenza.
Mikkelsen aveva preso
dal cofano una coperta, asciutta e pulita, come la sua favolosa Bentley.
Senza esitare, il
medico portò subito Rambo sui sedili posteriori, facendo accomodare per primo
Will, che lo aiutò a sistemarlo più comodo possibile.
Quindi salì anche lui,
armeggiando nella sua valigetta.
“Te li rovineremo …
questa macchina è”
“Sai cosa mi importa
dell’auto Will – e gli sorrise dolce – “… stai tranquillo, ok? Adesso diamo
questo a Rambo, si chiama così, giusto?”
Graham annuì, seguendo
ogni sua mossa, precisa, fredda, come quando Mads operava i casi più difficili.
“Di cosa si tratta?”
“Kolestor H”
“Cosa? … Mads, come fai
ad averlo? E’ sperimentale, è … illegale!” – sibilò guardingo, come se qualcuno
li stesse spiando.
Un farmaco sviluppato
per combattere l’Aids di tipo due, per alcuni scienziati pienamente efficace,
mentre per il resto della comunità scientifica, un’autentica cialtroneria.
Sbagliavano.
Anche per fortuna di
Rambo, che iniziò a scodinzolare, appena il contenuto della fiala entrò in
circolo.
“Ha uno spettro
vastissimo, tu non puoi neppure immaginarlo Will” – sospirò esausto Mikkelsen.
“Perché correre un
rischio simile? Potresti rovinarti la carriera, questo è contrabbando,
parificabile allo spaccio di droga, non ricordi il caso Career?”
“Oliver era un coglione
avido … Io lo faccio per altri motivi”
“Vuoi salvare qualcuno
che ti è molto caro, dunque?” – domandò perplesso il più giovane.
“No … No, magari si
trattasse di questo Will” – e lo guardò, mentre Rambo gli si era avvicinato,
per ringraziarlo a modo proprio.
Mikkelsen, nel suo
completo da tremila dollari, lo lasciò fare, divertito ed affabile, nel
coccolarlo e rassicurarlo.
Graham scosse il capo
gocciolante.
Era bellissimo, in
quella penombra.
“Allora di cosa Mads?
Dimmelo cazzo!”
“Perché ti scaldi
tanto, non voglio minimamente coinvolgerti, ok?”
“Ormai l’hai fatto,
ok?!” – sbottò rabbioso.
Mikkelsen adorava la
sua determinazione, la sua zucca dura.
Dalla prima tesina, che
egli stesso gli corresse, vedendosi contestato in ogni eccezione.
“Si tratta di Boris”
“Boris Rattler?! Il
neurologo?”
“Sì … Lui ha … Ha delle
cose, che mi riguardano e che mi inchioderebbero, nel caso di quel ragazzo
squillo, che perse la vita al Britannia”
Si tolse un peso enorme,
nel rivelarglielo, pentendosi un attimo dopo.
“Ti ricatta? Tu gli
procuri il Kolestor H e lui tace con la polizia?!”
“Infatti … Ma perché parli
di polizia, Will?”
“Oggi sono passati da
me due sbirri, un certo Hemsworth e … e Foley, mi pare, per chiedermi di te e
delle tue … abitudini, le hanno definite così”
“Hemsworth? Il marito
di Tom Hiddleston, il fisioterapista?!”
“Tom è sposato con
quell’armadio?!”
Finirono per ridere,
alienati da quella conversazione.
“Non sapevo neppure
fosse gay … Cioè, l’ho pensato …”
“Ti piace, Tom?” –
domandò secco Mads, con una punta di malizia simpatica nel tono.
Graham avvampò.
Avrebbe voluto
ribattergli “Mi piaci tu, idiota! Per
quanto ti detesto, almeno!” – ma non lo fece.
Si guardarono, per un
interminabile minuto.
Quindi Mikkelsen tornò
alla guida, con calma.
“Vi porto a casa Will”
“Ti ringrazio … Per
tutto.”
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