martedì 28 luglio 2015

NAKAMA - CAPITOLO N. 10

Capitolo n. 10 – nakama



Will imprecò, nella pioggia e nel vento della prima sera, una volta giunto al centro del parco antistante la sua abitazione, senza avere ancora ritrovato Rambo.

L’antibiotico, che gli somministrava da giorni, provocava a quella povera bestiola un sacco di effetti collaterali.

Confusione, insofferenza, senso dell’orientamento pari a zero.

Si era già perso un paio di volte, ma questa sembrò da subito la peggiore.

Graham riprese il passo svelto, era già fradicio, ma non gli importava.

Il clima era torrido e quel temporale avrebbe reso l’atmosfera ancora più irrespirabile.

Uno dei punti preferiti da Rambo era il chiosco di panini, ma le ricerche si confermarono infruttuose, appena il medico giunse sotto al patio di quel ritrovo per vegani, dove anche lui mangiava spesso, tra un turno e l’altro.

“Maledizione!” – sibilò verso il vuoto, quindi si riavviò, esasperato.




“Buonasera dottor Laurie, la ringrazio per avermi ricevuto fuori orario”

Hugh sorrise, indicandogli la poltrona – “Mikkelsen, qual buon vento? Non dovevamo vederci più?” – ed ammiccò, notando un’ombra, camminare avanti ed indietro, oltre alla porta chiusa, grazie alla fessura sottostante, tra il bordo dell’infisso ed il pavimento.

Era Jim, con in braccio Nasir, in attesa che lui finisse, per portare il bimbo alla sala giochi, con annessa gelateria, come promessogli sin dal mattino dai genitori.

Mads, però, era un caso talmente interessante, da avere intrigato Laurie sin dal principio delle loro sedute.

Un chirurgo così brillante e carismatico, che sfogava istinti bestiali, scagliandosi su giovani, che di innocente avevano ben poco, dai suoi racconti, a volte deliranti.

Mikkelsen era di certo affetto da un ego grande quanto una casa, in quel periodo nero della sua esistenza, quasi da considerarsi un paziente banale, per certe peculiarità narcisistiche, se non fosse stato per quella dolcezza e quel candore, traboccanti da ogni sua movenza o parola, nell’istante in cui parlava di Will Graham.

Hugh ne rimase a dire poco affascinato e la sua terapia, per recuperare Mads, si basò proprio sull’impegno ed il progetto concreto di riuscire ad entrare nel cuore di Will stesso, conquistandolo, attraverso una rinascita inattesa ed inconfutabile.

“Lei aveva degli impegni, vero? Ho notato Mason in corridoio” – esordì serio, fissandolo.

“Sì, ci siamo presi un impegno con il nostro cucciolo e non possiamo disattenderlo, ma c’è ancora tempo, non si preoccupi”

Reciprocamente non erano mai riusciti a darsi del tu, ma quella formalità era anche fatta di pura educazione.

Mikkelsen era cresciuto tra collegi esclusivi e country club, un padre milionario quanto assente ed una madre alcolizzata e poco devota al consorte.

In compenso la vita di Mads era stata una escalation di successi, scolastici e professionali.

La sua omosessualità, in famiglia, non aveva scandalizzato nessuno, perché a nessuno importava di lui.

Si era costruito e realizzato da solo, rivelandosi un ragazzino prodigio ed una sorta di carro armato in carriera.

Tanta perfezione, doveva pur celare qualche ammaccatura e Hugh aveva un fascicolo pieno zeppo di dettagli su Mikkelsen, che di certo avrebbero fatto la gioia del tenente Hemsworth.

“Come sta Will?” – chiese improvviso l’analista, dopo un breve stallo nella conversazione.

“L’ho visto all’ora di pranzo, a casa sua”

“Bene”

“No, affatto”

“Ci eravamo lasciati con ottime aspettative”

“Sì, l’invito di Will, ma ci ho messo un paio di mesi a farmi avanti”

“Come mai, Mads?”

“Perché mi era sembrato di estorcerglielo quasi, quando lui … Ma lasciamo perdere, è andato tutto storto”

“Tutto cosa, esattamente?”

Lui sa … L’ha sempre saputo, per via di Kirill, il suo ex, che io frequentavo al bordello, altro termine non mi viene!” – quasi ruggì, alterandosi.

“La sua espiazione sembra senza fine”

“La è! Io … Io ho sbagliato, lo riconosco, però mi sono assunto le mie responsabilità, ne sono uscito, ho compreso ogni mio errore” – aggiunse, più stanco.

“Se Will non l’avesse scoperto, grazie a Kirill, lei glielo avrebbe mai detto?”

Una domanda tagliente.
Che rimase senza risposta.




Jared si rannicchiò meglio nell’abbraccio di Geffen.

“Prima che uscissi, è passato un addetto della Foster, con un kit, per l’inseminazione ed una montagna di papiri da firmare Glam” – disse piano, parlandogli nel collo.

L’uomo lo guardò, con un sorriso, che nasceva dagli occhi ed illuminava ogni centimetro del suo volto rilassato e compiaciuto – “Interessante …”

“Hai più parlato con Stella?”

“Solo al telefono e poi Marc Hopper le ha fatto visita”

“Cosa succede adesso?”

“Diciamo che sarebbe opportuno procedere all’intervento per il recupero dell’udito dopo la gravidanza, ma mi sembra spiacevole …”

“Già … Che lo faccia prima, dunque: recuperati i suoi sensi a pieno, anche la gestazione sarà migliore, non credi Glam?”

“Sì …” – mormorò assorto – “… Il fatto è che io le ho scritto una lettera, di mio pugno, una cosa che non accadeva da secoli, assicurandole che lei avrebbe fatto parte della vita di questo bambino, se l’avesse desiderato e che poteva vivere anche con noi, in un certo senso, magari non qui Jared: perdonami se non ti ho consultato, ma provo un certo disagio in tutta questa procedura” – rivelò sincero.

Leto si sollevò, guardandolo con smisurato affetto.

“Tu sei un tipo tradizionale, i bimbi li fai alla vecchia maniera”

Sorrisero entrambi, sereni.

“Oh ma non questa volta JJ, non esiste proprio”

“Stella si innamorerebbe di te dopo dieci minuti, se ti frequentasse”

Il loro dialogo si fece allegro.

“Potrei essere suo nonno, Robert me l’ha detto e”

“Robert? Lui sa?”

Geffen si mise più seduto, contro la testata ed i cuscini – “Ecco sì, era con me quando ho conosciuto Stella e Cassidy, credevo di avertelo raccontato … E’ stato un caso, era passato in studio e lo stavo riportando a casa … O a fare shopping” – e si grattò la nuca.

Jared assottigliò le palpebre, ma poi rise – “Tu e Robert continuate ad essere intimi”

“Abbiamo proiettato il nostro rapporto in una dimensione amichevole e complice, una bella sensazione … Vorrei che fosse così anche per te e Colin, credimi”

“E’ … complicato” – il cantante si rabbuiò.

“Colin ha tutto il diritto di combattere, per riaverti nei suoi giorni, io sto facendo altrettanto ed è ciò per cui vivo Jared” – disse serio, dandogli poi una carezza calda sullo zigomo destro, che Leto raccolse a pieno, inclinando il viso verso quel gesto delicato e confortante.

“Procederemo con calma Glam, vorrei conoscere anch’io Stella”

“Ne hai piena ragione, piccolo” – e sorrise più rilassato, riprendendolo a sé.

Jared lo baciò intenso.
Ricominciarono a fare l’amore, completandosi come mai prima di allora.




Michael sbuffò, con un mezzo sorriso, gettando il borsone in un angolo dell’ingresso.

“Ok l’ho fatto Vincent”

Lux sorrise più convinto, abbracciandolo forte.

“Trascorreremo ciò che resta dell’estate nella mia villa in Provenza, dove tu potrai concludere la stesura del libro, di cui mi parlavi stanotte, ok?”

“Ok …” – Michael lo guardò con devozione – “… tu rendi sempre le cose così facili a chi vuoi bene?”

Parlare d’amore era avventato, secondo il giovane, che riconosceva, però, nei gesti del francese un trasporto notevole e sincero.

“Ci provo”

“Dare le dimissioni da L.A. News mi fa sentire come … ripulito!” – e rise, finalmente.

“La bozza che mi hai fatto leggere in anteprima, mi ha colpito, sai?”

“E’ … La mia vita, sono le mie battaglie, non sempre vinte, lo ammetto” – e si distaccò, andando al davanzale più vicino a loro.

“Vedrai che la situazione migliorerà e potrai riavvicinarti anche a Richard, se lo vorrai”

Michael lo fissò – “Tu lo vorresti?”

“Se servisse alla tua serenità sì” – affermò secco, con quel suo accento adorabile e vivace.

“Chissà …” – ed inspirò, puntando la scala – “Vado a farmi una doccia … Mi tieni compagnia?”

“Certo!”

Qualcuno suonò.

“Ok, mi avvio da solo” – Michael rise, divorando due scalini alla volta, per poi sparire al piano superiore.

Lux brontolò qualcosa, infine si decise ad aprire.

Era Styles.




“Rambo!! Mio Dio”

Graham si precipitò verso quella pozzanghera, dove il suo randagio giaceva inerme, senza difese.

Dei flebili guaiti scongiurarono l’epilogo più triste, ma le sue condizioni erano preoccupanti.

Will si tolse il maglione, per avvolgerlo, sentendosi stupido, perché anch’esso era marcio di pioggia.

Dei fari illuminarono la scena, senza passare oltre, come avevano fatto altri in precedenza, pensando chissà cosa.

In quello stato, il chirurgo dava l’idea di essere un vagabondo, quanto il suo amico a quattro zampe.

Passi svelti e poi una voce carica di ansia e di molto di più.

“Will! Cosa è successo?”

“Mads …?!” – mormorò Graham, stupito per la sua presenza.

Mikkelsen aveva preso dal cofano una coperta, asciutta e pulita, come la sua favolosa Bentley.

Senza esitare, il medico portò subito Rambo sui sedili posteriori, facendo accomodare per primo Will, che lo aiutò a sistemarlo più comodo possibile.

Quindi salì anche lui, armeggiando nella sua valigetta.

“Te li rovineremo … questa macchina è”

“Sai cosa mi importa dell’auto Will – e gli sorrise dolce – “… stai tranquillo, ok? Adesso diamo questo a Rambo, si chiama così, giusto?”

Graham annuì, seguendo ogni sua mossa, precisa, fredda, come quando Mads operava i casi più difficili.

“Di cosa si tratta?”

“Kolestor H”

“Cosa? … Mads, come fai ad averlo? E’ sperimentale, è … illegale!” – sibilò guardingo, come se qualcuno li stesse spiando.

Un farmaco sviluppato per combattere l’Aids di tipo due, per alcuni scienziati pienamente efficace, mentre per il resto della comunità scientifica, un’autentica cialtroneria.

Sbagliavano.

Anche per fortuna di Rambo, che iniziò a scodinzolare, appena il contenuto della fiala entrò in circolo.

“Ha uno spettro vastissimo, tu non puoi neppure immaginarlo Will” – sospirò esausto Mikkelsen.

“Perché correre un rischio simile? Potresti rovinarti la carriera, questo è contrabbando, parificabile allo spaccio di droga, non ricordi il caso Career?”

“Oliver era un coglione avido … Io lo faccio per altri motivi”

“Vuoi salvare qualcuno che ti è molto caro, dunque?” – domandò perplesso il più giovane.

“No … No, magari si trattasse di questo Will” – e lo guardò, mentre Rambo gli si era avvicinato, per ringraziarlo a modo proprio.

Mikkelsen, nel suo completo da tremila dollari, lo lasciò fare, divertito ed affabile, nel coccolarlo e rassicurarlo.

Graham scosse il capo gocciolante.

Era bellissimo, in quella penombra.

“Allora di cosa Mads? Dimmelo cazzo!”

“Perché ti scaldi tanto, non voglio minimamente coinvolgerti, ok?”

“Ormai l’hai fatto, ok?!” – sbottò rabbioso.

Mikkelsen adorava la sua determinazione, la sua zucca dura.

Dalla prima tesina, che egli stesso gli corresse, vedendosi contestato in ogni eccezione.

“Si tratta di Boris”

“Boris Rattler?! Il neurologo?”

“Sì … Lui ha … Ha delle cose, che mi riguardano e che mi inchioderebbero, nel caso di quel ragazzo squillo, che perse la vita al Britannia”

Si tolse un peso enorme, nel rivelarglielo, pentendosi un attimo dopo.

“Ti ricatta? Tu gli procuri il Kolestor H e lui tace con la polizia?!”

“Infatti … Ma perché parli di polizia, Will?”

“Oggi sono passati da me due sbirri, un certo Hemsworth e … e Foley, mi pare, per chiedermi di te e delle tue … abitudini, le hanno definite così”

“Hemsworth? Il marito di Tom Hiddleston, il fisioterapista?!”

“Tom è sposato con quell’armadio?!”

Finirono per ridere, alienati da quella conversazione.

“Non sapevo neppure fosse gay … Cioè, l’ho pensato …”

“Ti piace, Tom?” – domandò secco Mads, con una punta di malizia simpatica nel tono.

Graham avvampò.

Avrebbe voluto ribattergli “Mi piaci tu, idiota! Per quanto ti detesto, almeno!” – ma non lo fece.

Si guardarono, per un interminabile minuto.

Quindi Mikkelsen tornò alla guida, con calma.

“Vi porto a casa Will”

“Ti ringrazio … Per tutto.”







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