Capitolo n. 8 – nakama
Jared si allungò sul
divano di casa Ruffalo, guardandosi intorno, mentre Mark portava del tè freddo,
appoggiandolo sul tavolino, fra loro, mentre si accomodava in poltrona.
“Ho sempre adorato
questo loft” – esordì il leader dei Mars, con uno dei suoi sorrisi migliori.
“Nuovo taglio di
capelli?” – replicò sereno il professore.
“Già, vecchio stile, li
ho fatti un po’ decolorare e dorare” – Leto rise, sorseggiando la bevanda
rigenerante.
“Ti stanno bene, li hai
anche accorciati di nuovo”
“La cicatrice si vede
Mark?”
“Non direi, il chirurgo
ingaggiato da Glam ha fatto un ottimo lavoro, forse te l’avevo già detto … A
proposito, come sta tuo marito?” – domandò con un sorriso.
“Bene … La nostra
intimità sta migliorando … Ti disturba, se ne parlo? A me piace farlo con te”
“Nessun problema Jay …
Sono qui e mi piace ascoltarti”
“Ok … E’ che io vorrei
fare la mia parte, ma sono ancora un po’ bloccato, ma lui si prende cura di me”
A Ruffalo sembrò di
percepire uno sfarfallio nello stomaco, nell’immaginarsi quella scena erotica,
ma si riprese subito da quella piacevole sensazione.
“Devi darti un po’ di
tempo, Jared, devi avere pazienza, così come ti sta dimostrando di averne Glam”
“Lui è un tesoro ed
ogni sera, quando magari rientro dopo di lui, lo trovo nella sala, sul tappeto,
a fare giocare Pepe, con Lula, raccontando una storia ad Isy, mentre fa le
treccine ad Amy oppure a Rebecca …” – sorrise.
“Colin accetta la sua
presenza, in questa veste?”
“Sì, i nostri figli
sono sempre stati anche un po’ di Glam … Lo adorano, dai più piccoli a quelli
adolescenti …” – spiegò con un’inflessione dolce nella voce, che divenne un po’
più tesa, nella rivelazione seguente – “… Colin ed io ci vedremo a pranzo … Che
ne pensi, Mark?”
“Dimmelo tu, cosa ne
pensi o meglio, come ti senti, in tale prospettiva: è più logico e …
interessante Jared, non trovi?”
Le dita di Mikkelsen
esitarono, prima di suonare al campanello di Will.
Quel posto lo metteva a
disagio, così diverso dall’ambiente, che si solito frequentava ed abitava.
Un alloggio ricavato in
una vecchia fabbrica, dove venivano allevati bachi da seta.
Andata a fuoco un paio
di volte, le strutture in mattoni pieni avevano resistito alle fiamme ed al
trascorrere del tempo.
Un’impresa edile, nel
2000, con tecniche ad impatto ambientale zero, l’aveva recuperata, ricavandone
quattro appartamenti.
Uno sfitto, due
occupati da uffici di rappresentanza, mentre l’attico era stato acquistato dal
dottor Graham, a patto che potesse ospitare due cani e tre gatti, abbandonati
al loro destino, perché non più giovani ed in perfetta salute.
L’idea di Mads
Mikkelsen era di ritrovarsi davanti una confusione ingestibile e maleodorante,
mentre invece la ventata di pulito e sterilizzante al limone, lo investì,
stupendolo, appena Will aprì distrattamente la blindata, con in mano un libro e
gli occhialini calati sul naso.
“Ah sei tu … Ma non
dovevamo vederci in ospedale?”
“Buongiorno Will … Non
mi fai entrare?” – domandò il più anziano, con un sorriso tirato.
Dieci anni li
separavano e Mikkelsen era un cinquantenne in perfetta forma, sia fisica che
mentale; non altrettanto poteva dirsi del suo cuore, martoriato da sentimenti
mai corrisposti dal suo collega, appena quarantenne.
“Ma si vieni,
accomodati, è la prima volta che metti piede qui, sei sceso dal reame per
concedermi l’onore di una tua visita?” – e rise, armeggiando con un sacco di
croccantini.
Mads adorava il suo
modo di arridere a quelle bestiole, al fatto che qualcuno, forse, dipendesse da
lui, più debole, come i suoi randagi, senza sapere di averne uno alle spalle,
su due zampe, in un completo da tremila dollari ed una bottiglia di vino
pregiato tra le mani gelide.
“Ho portato questo … Un
pensiero, ecco … Mi avevi offerto un pasto, ricordi?”
“Vero, mantengo sempre
le mie promesse e tu Mads?”
“Assolutamente sì”
“Bene, perfetto, allora
vediamo cosa abbiamo qui” – ed aprì il frigo.
Vuoto.
“Due birre … Un
sacchetto di patatine, congelate” – borbottò, aprendo lo sportello superiore –
“… accendi la friggitrice e siamo salvi, ok?”
“Ok … ma potremmo
rimandare ed io ti porto al ristorante adesso, che ne pensi?” – propose un po’
perplesso.
“Bastano queste, se ti
accontenti”
“Lo farò Will” – e
sorrise, togliendosi la giacca.
“In effetti eri troppo
elegante con quella roba addosso … Vuoi una maglietta? Potresti ungere la
camicia, costerà un sacco di soldi”
“Va bene, accetto la
tua t-shirt … E’ del WWF?” – scherzò, vergognandosi appena Graham lo fulminò
con lo sguardo liquido.
“No, Iron Maiden, va
bene lo stesso?” – bissò caustico e Mads annuì, andandogli vicino, mentre
l’amico frugava nel cassettone, in fondo al living.
Sul comodino, accanto
al letto del soppalco, spiccava una foto di Will con un giovane, che l’uomo
riconobbe subito.
“Kirill …”
“Come scusa?”
“Tu conosci quel
ragazzo, Will?” – chiese con stupore.
“E’ … No, era, perché
adesso non c’è più … Era una persona, a cui tenevo molto”
Mikkelsen lo fissò,
cristallizzando le pulsazioni, nel ricordo del periodo in cui frequentava certi
club privati ed esclusivi, dove pagava per fare sesso con avvenenti giovanotti
come Kirill, tenendolo al guinzaglio, durante cene luculliane, al tavolo con
altri depravati quanto lui.
“Un tuo parente, Will?”
“No”
“Già, non vi somigliate
affatto” – e tossì, indossando la reliquia rockettara dell’altro, che non seppe
nascondere il proprio imbarazzo, per quella curiosità invadente di Mikkelsen,
altrettanto in difficoltà, adesso.
Farrell provò a riordinare
i pensieri, in un modo logico, ma non era semplice, seduto di fronte a Jared,
ai suoi zaffiri vividi, chissà per quale tipo di gioia.
Se dovuta al fatto di
essere lì oppure per il menage con Geffen.
“Tesoro cosa prendi?” –
esordì l’irlandese, facendo finta di leggere il menu di quel ristorante
esclusivo sulla scogliera.
“Pesce crudo … No, alla
piastra, con mix di verdure grigliate … acqua naturale, niente alcolici, ho
certe medicine in circolo” – disse ridendo.
“Antidolorifici?”
“Sì, per lo più … Nulla
di strano” – si affrettò a precisare, senza che fosse necessario.
Colin sapeva che certe
abitudini erano state archiviate dall’ex, per fortuna.
“Ti ringrazio per avere
accettato il mio invito Jay”
“Dovevamo parlare anche
dei ragazzi, del loro ritorno a scuola … Quei test da compilare, a cura dei
genitori, li hai portati?” – domandò un po’ smarrito.
“Sì ovvio … Eccoli,
sono un terzo grado … Non ricordo tutte le malattie dei nostri cuccioli” –
sorrise amaro.
“Lavoravi … Ed io non
rammento di ogni gara oppure saggio … Ero ad Haiti” – bissò fermo ed asciutto.
Farrell fece un cenno
al cameriere ed ordinò, incolore.
“Tu solo una minestra,
sei a dieta Cole?” – chiese gradevole, cambiando radicalmente tono.
“No …”
“Sei molto dimagrito”
“Non mi va niente, con
questo caldo”
“Qui si gela, con
l’aria condizionata” – e mantenne il sorriso, non senza fatica.
“La mia linea piace al
nostro agente Jay, dice che porterà nuovi contratti, per ruoli più …
esistenzialisti, ha detto così” – spiegò limpido, con quella punta infantile,
che tanto piacque a Leto, dal primo istante di loro.
“Ok … In effetti io
dovrei solo tacere”
“No, no, tu parlami …
parlami sempre Jay” – e prese un lungo respiro, strizzando le palpebre.
Era abbronzato e
bellissimo, nel suo outfit, camicia scura, su jeans sbiaditi, nella stessa
tinta grigio scuro.
Come l’abisso, in cui
era finito, da quando Jared aveva sposato Geffen.
“Cole …”
“Mi conforta, in
compenso, che tu riesca a non infilare Glam in ogni discorso”
“E’ mio marito, ne
avrei anche diritto” – ribatté debole, stritolando, però, le posate.
“Non ricordarmelo” –
Farrell rise storto, provando a guardare altrove, ma ovunque c’erano gli occhi
di Jared.
“L’hai voluto anche tu,
Cole o dimentichi Parigi?”
“Ricordo ogni frammento
di quei giorni, invece!” – contestò virile, senza alzare la voce.
La scollatura della sua
casacca rivelò improvvisa i ciondoli, che Colin non indossava da secoli.
“Dove li hai ripescati
quelli …?” – chiese stranito il front man, notandoli.
“Credevo di averli
perduti o lasciati in Irlanda, ma erano nello stipetto della scrivania,
quell’anfratto segreto, dove si nascondono i gioielli e gli oggetti più
preziosi … come questi” – e li sfiorò, con la delicatezza spesso usata anche
con il corpo di Jared.
Spesso, sì, ma non
sempre.
Inutile rivangare,
sarebbe stato doloroso, come una tortura incessante, nel tempo.
“Glam mi ha chiesto un
figlio”
Un calcio nei genitali
avrebbe fatto meno male, pensò l’attore.
“Bene …” – Farrell
trangugiò la minerale, come se avesse un sasso tra il palato e la gola – “Ed in
che modo, se posso saperlo?”
“Utero in affitto … Una
storia stramba, c’è di mezzo una di Houston, si chiama Stella, ma vive qui”
“Da come ne parli,
sembra starti antipatica Jay”
“No, affatto, però è
l’argomento, che mi fa oscillare tra sensazioni opposte e controverse”
Forse sarebbe stato più
opportuno parlarne con Mark, pensò Leto, ma ormai era tardi.
Per molte cose.
“L’hai appena
sottolineato: Geffen è tuo marito … Ed anche lui ha dei diritti”
“Non su di me, Glam non
la vedrebbe mai in questa maniera!” – sibilò duro.
Farrell sorrise, senza
allegria.
“Quel poco appetito è
volato via … Ti dispiace se andiamo? Se vuoi mangiare, pago il conto e”
“No Cole, andiamo pure:
mi riaccompagni a Palm Springs, vero?”
Mikkelsen posò la
bottiglietta di Ceres sul davanzale, mentre Will controllava la medicazione di
Rambo, uno dei meticci, scodinzolanti tra le sue gambe, mentre se ne stava
accovacciato sul parquet.
“Ti vuole bene …” –
osservò il chirurgo, di fama internazionale.
“Così sembra … Non
vorrei mai confondere la gratitudine con l’amore, però con loro posso farlo,
senza preoccupazioni o barriere”
Come faceva da sempre
con lui,
in effetti.
“Potresti togliermi una
curiosità, Will?”
“Certo” – e lo guardò,
pungente, ma già sulla difensiva.
“In che modo, Kirill,
ti era molto caro?”
Graham aggrottò la
fronte, rialzandosi e liberando Rambo dalle sue ali asciutte ed allenate.
“E’ … morbosa, la tua
curiosità, ma tu questo lo sai benissimo Mads”
“Sono mortificato se
ho”
“No, tu non lo sei!” –
lo tagliò alterandosi – “Tu ottieni sempre ciò che vuoi”
“Will la nostra conversazione
sta degenerando e non era mia intenzione arrivare a questo punto”
“Quale punto? Quello in
cui mi abbandono a confidenze intime, con te poi?” – ringhiò, versandosi della
tequila e bevendola con mano incerta sul cristallo decorato.
“Speravo di portare il
nostro rapporto ad un livello superiore, lo ammetto” – esternò con disappunto,
sfilandosi la t-shirt e cercando di recuperare la camicia, a busto nudo.
Graham notò dei segui,
sul dorso del suo interlocutore, mentre questi gli dava la schiena.
“Ah eccoli, Kirill me
lo scrisse, che ti piacevano certi giochetti … Dovresti dirmi tu cosa ti legava
a lui, sai?”
Mikkelsen si girò
lento, lo sguardo vitreo, ma anche fiero, per avere superato certi incubi.
“Non esiste più quel
Mads … Era un delirio, lo ammetto, anche di onnipotenza, portare al guinzaglio
acerbi adolescenti e farmi frustare dagli stessi, per poi ricambiare”
“Era quanto
avresti voluto fare con noi studenti, all’epoca o sbaglio?” – lo sfidò, ostile,
a dieci centimetri dal volto contratto e pallido.
“No Will, non ho
mai confuso i miei inferni personali con la professione e tu lo sai bene!
Inoltre sono andato in terapia ed ha funzionato, se davvero ti interessa
saperlo!”
“Non quanto
interessi a te sapere la mia verità: sì, sono gay ed ho avuto una relazione con
Kirill, ben prima che entrasse in quel giro di bastardi aguzzini!” – ruggì
ferito, dalla perdita di chi aveva amato davvero e dall’arroganza e
l’austerità, che Mads ostentava, per mascherare quel putridume interiore.
“Kirill era
malato Will …” – disse sommesso.
“Lo so, ma non
quando stavamo insieme, te lo assicuro: diversamente non sarei più qui da un
pezzo, Mads”
“Ed io ne sarei
smisuratamente infelice, voglio che tu lo sappia” – affermò composto.
“A me non
importa … Non dopo avere scoperto cosa facevi in certe serate d’inverno e con
chi, soprattutto”
“La malattia di
Kirill non è una mia responsabilità!” – si rianimò, sotto accusa, come
costantemente lo aveva fatto sentire Graham.
“Non te la
caverai così, non con me …” – sorrise caustico.
“Comprendo che
in quel frangente l’ultima cosa che tu volevi era metterti con il sottoscritto,
però sono cambiato accidenti!” – ed azzerò la distanza.
“Non toccarmi
Mads” – lo gelò immediato, fissandolo, ma senza muoversi – “… Io credevo in te,
eri il mio maestro e non solo in corsia ed in sala operatoria”
“Ti ho deluso,
quando mancava poco a”
“Ringrazio Dio
per non averti permesso di violarmi, con queste mani sudice e con tutto il
resto di te …”
Farrell accostò,
ad un isolato dai cancelli della villa di Geffen.
“Ho sempre amato
questo angolo …”
“Piace anche a
me Colin”
“Prima tu hai
detto”
“Non è
importante Cole e sono stato indelicato a dirtelo in quella maniera”
“Un bambino è
importante a prescindere Jay” – e gli accarezzò l’addome, commuovendosi.
Un gesto
incastrato nel passato, che mai era apparso ad entrambi così pericolosamente
vicino.
Leto scese, con
uno scatto felino ed inquieto.
I passi dell’ex
coniuge non tardarono a raggiungerlo.
Di nuovo.
C’erano degli
scogli, che separavano la strada da una caletta incantevole, Farrell aveva
ragione.
“Solo un bacio,
Jay …”
La sua
richiesta, improvvisa, si incagliò tra le scapole del leader dei Mars.
Senza incidere
la pelle diafana, oltre il tessuto a scacchi azzurri e blu, dove il suo re
decaduto, avrebbe posato mille baci.
Leto si voltò.
“Co cosa …?!” –
mormorò, schiudendo le labbra, adorabile.
“Un bacio … Non
ti chiedo di corrisponderlo, ma di assecondarmi, di lasciare che io lo faccia …
sarà solo colpa mia, te lo prometto Jay”
Stava tremando,
come al loro primo appuntamento, a New York, dopo le riprese mai inserite nel
film Phone Booth.
“Un sopruso
dunque …” – disse in un soffio, perché l’aria gli mancava, come la terra da
sotto i piedi.
“No … Un crimine
amorevole” – e non lasciò più nulla, tra sé stesso e la bocca di Jared Joseph
Leto.
Il sapore del
mare, gli intossicò le narici.
Sentirsi
accettato, dall’abbraccio di Jared ed invaso, dal suo di bacio, fu come
ristabilire una connessione galleggiante nello spazio e nel tempo, che nessuno
era riuscito a cancellare.
A sbiadire.
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