lunedì 20 luglio 2015

NAKAMA - CAPITOLO N. 8

Capitolo n. 8 – nakama



Jared si allungò sul divano di casa Ruffalo, guardandosi intorno, mentre Mark portava del tè freddo, appoggiandolo sul tavolino, fra loro, mentre si accomodava in poltrona.

“Ho sempre adorato questo loft” – esordì il leader dei Mars, con uno dei suoi sorrisi migliori.

“Nuovo taglio di capelli?” – replicò sereno il professore.

“Già, vecchio stile, li ho fatti un po’ decolorare e dorare” – Leto rise, sorseggiando la bevanda rigenerante.

“Ti stanno bene, li hai anche accorciati di nuovo”

“La cicatrice si vede Mark?”

“Non direi, il chirurgo ingaggiato da Glam ha fatto un ottimo lavoro, forse te l’avevo già detto … A proposito, come sta tuo marito?” – domandò con un sorriso.

“Bene … La nostra intimità sta migliorando … Ti disturba, se ne parlo? A me piace farlo con te”

“Nessun problema Jay … Sono qui e mi piace ascoltarti”

“Ok … E’ che io vorrei fare la mia parte, ma sono ancora un po’ bloccato, ma lui si prende cura di me”

A Ruffalo sembrò di percepire uno sfarfallio nello stomaco, nell’immaginarsi quella scena erotica, ma si riprese subito da quella piacevole sensazione.

“Devi darti un po’ di tempo, Jared, devi avere pazienza, così come ti sta dimostrando di averne Glam”

“Lui è un tesoro ed ogni sera, quando magari rientro dopo di lui, lo trovo nella sala, sul tappeto, a fare giocare Pepe, con Lula, raccontando una storia ad Isy, mentre fa le treccine ad Amy oppure a Rebecca …” – sorrise.

“Colin accetta la sua presenza, in questa veste?”

“Sì, i nostri figli sono sempre stati anche un po’ di Glam … Lo adorano, dai più piccoli a quelli adolescenti …” – spiegò con un’inflessione dolce nella voce, che divenne un po’ più tesa, nella rivelazione seguente – “… Colin ed io ci vedremo a pranzo … Che ne pensi, Mark?”

“Dimmelo tu, cosa ne pensi o meglio, come ti senti, in tale prospettiva: è più logico e … interessante Jared, non trovi?”




Le dita di Mikkelsen esitarono, prima di suonare al campanello di Will.

Quel posto lo metteva a disagio, così diverso dall’ambiente, che si solito frequentava ed abitava.

Un alloggio ricavato in una vecchia fabbrica, dove venivano allevati bachi da seta.

Andata a fuoco un paio di volte, le strutture in mattoni pieni avevano resistito alle fiamme ed al trascorrere del tempo.

Un’impresa edile, nel 2000, con tecniche ad impatto ambientale zero, l’aveva recuperata, ricavandone quattro appartamenti.

Uno sfitto, due occupati da uffici di rappresentanza, mentre l’attico era stato acquistato dal dottor Graham, a patto che potesse ospitare due cani e tre gatti, abbandonati al loro destino, perché non più giovani ed in perfetta salute.

L’idea di Mads Mikkelsen era di ritrovarsi davanti una confusione ingestibile e maleodorante, mentre invece la ventata di pulito e sterilizzante al limone, lo investì, stupendolo, appena Will aprì distrattamente la blindata, con in mano un libro e gli occhialini calati sul naso.

“Ah sei tu … Ma non dovevamo vederci in ospedale?”

“Buongiorno Will … Non mi fai entrare?” – domandò il più anziano, con un sorriso tirato.

Dieci anni li separavano e Mikkelsen era un cinquantenne in perfetta forma, sia fisica che mentale; non altrettanto poteva dirsi del suo cuore, martoriato da sentimenti mai corrisposti dal suo collega, appena quarantenne.

“Ma si vieni, accomodati, è la prima volta che metti piede qui, sei sceso dal reame per concedermi l’onore di una tua visita?” – e rise, armeggiando con un sacco di croccantini.

Mads adorava il suo modo di arridere a quelle bestiole, al fatto che qualcuno, forse, dipendesse da lui, più debole, come i suoi randagi, senza sapere di averne uno alle spalle, su due zampe, in un completo da tremila dollari ed una bottiglia di vino pregiato tra le mani gelide.

“Ho portato questo … Un pensiero, ecco … Mi avevi offerto un pasto, ricordi?”

“Vero, mantengo sempre le mie promesse e tu Mads?”

“Assolutamente sì”

“Bene, perfetto, allora vediamo cosa abbiamo qui” – ed aprì il frigo.

Vuoto.

“Due birre … Un sacchetto di patatine, congelate” – borbottò, aprendo lo sportello superiore – “… accendi la friggitrice e siamo salvi, ok?”

“Ok … ma potremmo rimandare ed io ti porto al ristorante adesso, che ne pensi?” – propose un po’ perplesso.

“Bastano queste, se ti accontenti”

“Lo farò Will” – e sorrise, togliendosi la giacca.

“In effetti eri troppo elegante con quella roba addosso … Vuoi una maglietta? Potresti ungere la camicia, costerà un sacco di soldi”

“Va bene, accetto la tua t-shirt … E’ del WWF?” – scherzò, vergognandosi appena Graham lo fulminò con lo sguardo liquido.

“No, Iron Maiden, va bene lo stesso?” – bissò caustico e Mads annuì, andandogli vicino, mentre l’amico frugava nel cassettone, in fondo al living.

Sul comodino, accanto al letto del soppalco, spiccava una foto di Will con un giovane, che l’uomo riconobbe subito.

“Kirill …”

“Come scusa?”

“Tu conosci quel ragazzo, Will?” – chiese con stupore.

“E’ … No, era, perché adesso non c’è più … Era una persona, a cui tenevo molto”

Mikkelsen lo fissò, cristallizzando le pulsazioni, nel ricordo del periodo in cui frequentava certi club privati ed esclusivi, dove pagava per fare sesso con avvenenti giovanotti come Kirill, tenendolo al guinzaglio, durante cene luculliane, al tavolo con altri depravati quanto lui.

“Un tuo parente, Will?”

“No”

“Già, non vi somigliate affatto” – e tossì, indossando la reliquia rockettara dell’altro, che non seppe nascondere il proprio imbarazzo, per quella curiosità invadente di Mikkelsen, altrettanto in difficoltà, adesso.




Farrell provò a riordinare i pensieri, in un modo logico, ma non era semplice, seduto di fronte a Jared, ai suoi zaffiri vividi, chissà per quale tipo di gioia.

Se dovuta al fatto di essere lì oppure per il menage con Geffen.

“Tesoro cosa prendi?” – esordì l’irlandese, facendo finta di leggere il menu di quel ristorante esclusivo sulla scogliera.

“Pesce crudo … No, alla piastra, con mix di verdure grigliate … acqua naturale, niente alcolici, ho certe medicine in circolo” – disse ridendo.

“Antidolorifici?”

“Sì, per lo più … Nulla di strano” – si affrettò a precisare, senza che fosse necessario.

Colin sapeva che certe abitudini erano state archiviate dall’ex, per fortuna.


“Ti ringrazio per avere accettato il mio invito Jay”

“Dovevamo parlare anche dei ragazzi, del loro ritorno a scuola … Quei test da compilare, a cura dei genitori, li hai portati?” – domandò un po’ smarrito.

“Sì ovvio … Eccoli, sono un terzo grado … Non ricordo tutte le malattie dei nostri cuccioli” – sorrise amaro.

“Lavoravi … Ed io non rammento di ogni gara oppure saggio … Ero ad Haiti” – bissò fermo ed asciutto.

Farrell fece un cenno al cameriere ed ordinò, incolore.

“Tu solo una minestra, sei a dieta Cole?” – chiese gradevole, cambiando radicalmente tono.

“No …”

“Sei molto dimagrito”

“Non mi va niente, con questo caldo”

“Qui si gela, con l’aria condizionata” – e mantenne il sorriso, non senza fatica.

“La mia linea piace al nostro agente Jay, dice che porterà nuovi contratti, per ruoli più … esistenzialisti, ha detto così” – spiegò limpido, con quella punta infantile, che tanto piacque a Leto, dal primo istante di loro.

“Ok … In effetti io dovrei solo tacere”

“No, no, tu parlami … parlami sempre Jay” – e prese un lungo respiro, strizzando le palpebre.

Era abbronzato e bellissimo, nel suo outfit, camicia scura, su jeans sbiaditi, nella stessa tinta grigio scuro.

Come l’abisso, in cui era finito, da quando Jared aveva sposato Geffen.

“Cole …”

“Mi conforta, in compenso, che tu riesca a non infilare Glam in ogni discorso”

“E’ mio marito, ne avrei anche diritto” – ribatté debole, stritolando, però, le posate.

“Non ricordarmelo” – Farrell rise storto, provando a guardare altrove, ma ovunque c’erano gli occhi di Jared.

“L’hai voluto anche tu, Cole o dimentichi Parigi?”

“Ricordo ogni frammento di quei giorni, invece!” – contestò virile, senza alzare la voce.

La scollatura della sua casacca rivelò improvvisa i ciondoli, che Colin non indossava da secoli.

“Dove li hai ripescati quelli …?” – chiese stranito il front man, notandoli.

“Credevo di averli perduti o lasciati in Irlanda, ma erano nello stipetto della scrivania, quell’anfratto segreto, dove si nascondono i gioielli e gli oggetti più preziosi … come questi” – e li sfiorò, con la delicatezza spesso usata anche con il corpo di Jared.

Spesso, sì, ma non sempre.

Inutile rivangare, sarebbe stato doloroso, come una tortura incessante, nel tempo.

“Glam mi ha chiesto un figlio”

Un calcio nei genitali avrebbe fatto meno male, pensò l’attore.

“Bene …” – Farrell trangugiò la minerale, come se avesse un sasso tra il palato e la gola – “Ed in che modo, se posso saperlo?”

“Utero in affitto … Una storia stramba, c’è di mezzo una di Houston, si chiama Stella, ma vive qui”

“Da come ne parli, sembra starti antipatica Jay”

“No, affatto, però è l’argomento, che mi fa oscillare tra sensazioni opposte e controverse”

Forse sarebbe stato più opportuno parlarne con Mark, pensò Leto, ma ormai era tardi.

Per molte cose.

“L’hai appena sottolineato: Geffen è tuo marito … Ed anche lui ha dei diritti”

“Non su di me, Glam non la vedrebbe mai in questa maniera!” – sibilò duro.

Farrell sorrise, senza allegria.


“Quel poco appetito è volato via … Ti dispiace se andiamo? Se vuoi mangiare, pago il conto e”

“No Cole, andiamo pure: mi riaccompagni a Palm Springs, vero?”




Mikkelsen posò la bottiglietta di Ceres sul davanzale, mentre Will controllava la medicazione di Rambo, uno dei meticci, scodinzolanti tra le sue gambe, mentre se ne stava accovacciato sul parquet.

“Ti vuole bene …” – osservò il chirurgo, di fama internazionale.

“Così sembra … Non vorrei mai confondere la gratitudine con l’amore, però con loro posso farlo, senza preoccupazioni o barriere”

Come faceva da sempre con  lui, in effetti.

“Potresti togliermi una curiosità, Will?”

“Certo” – e lo guardò, pungente, ma già sulla difensiva.

“In che modo, Kirill, ti era molto caro?”

Graham aggrottò la fronte, rialzandosi e liberando Rambo dalle sue ali asciutte ed allenate.

“E’ … morbosa, la tua curiosità, ma tu questo lo sai benissimo Mads”

“Sono mortificato se ho”

“No, tu non lo sei!” – lo tagliò alterandosi – “Tu ottieni sempre ciò che vuoi”

“Will la nostra conversazione sta degenerando e non era mia intenzione arrivare a questo punto”

“Quale punto? Quello in cui mi abbandono a confidenze intime, con te poi?” – ringhiò, versandosi della tequila e bevendola con mano incerta sul cristallo decorato.

“Speravo di portare il nostro rapporto ad un livello superiore, lo ammetto” – esternò con disappunto, sfilandosi la t-shirt e cercando di recuperare la camicia, a busto nudo.

Graham notò dei segui, sul dorso del suo interlocutore, mentre questi gli dava la schiena.

“Ah eccoli, Kirill me lo scrisse, che ti piacevano certi giochetti … Dovresti dirmi tu cosa ti legava a lui, sai?”

Mikkelsen si girò lento, lo sguardo vitreo, ma anche fiero, per avere superato certi incubi.

“Non esiste più quel Mads … Era un delirio, lo ammetto, anche di onnipotenza, portare al guinzaglio acerbi adolescenti e farmi frustare dagli stessi, per poi ricambiare”

“Era quanto avresti voluto fare con noi studenti, all’epoca o sbaglio?” – lo sfidò, ostile, a dieci centimetri dal volto contratto e pallido.

“No Will, non ho mai confuso i miei inferni personali con la professione e tu lo sai bene! Inoltre sono andato in terapia ed ha funzionato, se davvero ti interessa saperlo!”

“Non quanto interessi a te sapere la mia verità: sì, sono gay ed ho avuto una relazione con Kirill, ben prima che entrasse in quel giro di bastardi aguzzini!” – ruggì ferito, dalla perdita di chi aveva amato davvero e dall’arroganza e l’austerità, che Mads ostentava, per mascherare quel putridume interiore.

“Kirill era malato Will …” – disse sommesso.

“Lo so, ma non quando stavamo insieme, te lo assicuro: diversamente non sarei più qui da un pezzo, Mads”

“Ed io ne sarei smisuratamente infelice, voglio che tu lo sappia” – affermò composto.

“A me non importa … Non dopo avere scoperto cosa facevi in certe serate d’inverno e con chi, soprattutto”

“La malattia di Kirill non è una mia responsabilità!” – si rianimò, sotto accusa, come costantemente lo aveva fatto sentire Graham.

“Non te la caverai così, non con me …” – sorrise caustico.

“Comprendo che in quel frangente l’ultima cosa che tu volevi era metterti con il sottoscritto, però sono cambiato accidenti!” – ed azzerò la distanza.

“Non toccarmi Mads” – lo gelò immediato, fissandolo, ma senza muoversi – “… Io credevo in te, eri il mio maestro e non solo in corsia ed in sala operatoria”

“Ti ho deluso, quando mancava poco a”

“Ringrazio Dio per non averti permesso di violarmi, con queste mani sudice e con tutto il resto di te …”




Farrell accostò, ad un isolato dai cancelli della villa di Geffen.

“Ho sempre amato questo angolo …”

“Piace anche a me Colin”

“Prima tu hai detto”

“Non è importante Cole e sono stato indelicato a dirtelo in quella maniera”

“Un bambino è importante a prescindere Jay” – e gli accarezzò l’addome, commuovendosi.

Un gesto incastrato nel passato, che mai era apparso ad entrambi così pericolosamente vicino.

Leto scese, con uno scatto felino ed inquieto.

I passi dell’ex coniuge non tardarono a raggiungerlo.

Di nuovo.

C’erano degli scogli, che separavano la strada da una caletta incantevole, Farrell aveva ragione.

“Solo un bacio, Jay …”

La sua richiesta, improvvisa, si incagliò tra le scapole del leader dei Mars.

Senza incidere la pelle diafana, oltre il tessuto a scacchi azzurri e blu, dove il suo re decaduto, avrebbe posato mille baci.

Leto si voltò.

“Co cosa …?!” – mormorò, schiudendo le labbra, adorabile.

“Un bacio … Non ti chiedo di corrisponderlo, ma di assecondarmi, di lasciare che io lo faccia … sarà solo colpa mia, te lo prometto Jay”

Stava tremando, come al loro primo appuntamento, a New York, dopo le riprese mai inserite nel film Phone Booth.

“Un sopruso dunque …” – disse in un soffio, perché l’aria gli mancava, come la terra da sotto i piedi.

“No … Un crimine amorevole” – e non lasciò più nulla, tra sé stesso e la bocca di Jared Joseph Leto.

Il sapore del mare, gli intossicò le narici.

Sentirsi accettato, dall’abbraccio di Jared ed invaso, dal suo di bacio, fu come ristabilire una connessione galleggiante nello spazio e nel tempo, che nessuno era riuscito a cancellare.

A sbiadire.





UN BELLO SCATTO PER MADS MIKKELSEN E HUGH DANCY AMICI NELLA VITA E COLLEGHI DI SET IN HANNIBAL :) LORO MI HANNO ISPIRATO IL TITOLO DI QUESTA LONG, LI ADORO, PER CUI DOVEROSO OMAGGIO AD UNA COPPIA SLASHOSISSIMA XD








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