sabato 1 agosto 2015

NAKAMA - CAPITOLO N. 11

Capitolo n. 11 – nakama



Leto esitò nel rispondergli e, quando lo fece, prese un lungo respiro.

“Ciao Colin dimmi”

Il suo tono fu secco, incolore e, all’altro capo, il cantante riuscì a percepire nitido il disagio dell’ex consorte.

“Ciao Jay … Come stai? Non ci siamo più sentiti dopo”

“Non so cosa ti aspettassi da me, Cole” – lo tagliò ancora più aspro, mentre si appoggiava alla balaustra del solarium, più che altro per non cadere.

Il cuore di entrambi, se fosse stato sovrapposto con un effetto speciale cinematografico, sarebbe apparso agli spettatori, come un unico elemento.

Eppure erano specularmente e terribilmente soli, ma così uniti, quando potevano anche solo sentirsi al telefono, come in quel momento.

Farrell sorrise ed al suo interlocutore sembrò di vederlo, con quell’aria scanzonata e mai sbiadita dal tempo, come il resto di loro, all’apparenza – “Non saprei, magari che mi rapissi con il jet del nonno e mi portassi in Marocco, Jared” – lo provocò schietto.

“Storia vecchia”

Tante piccole pugnalate: repliche come questa e poi la felicità del leader dei Mars, paparazzato da Gelson’s con Geffen, a fare compere per Isotta, al loro seguito, con Lula e Pepe - § Bimbi meravigliosi ed educati, che adorano il nuovo marito di Jared Leto, lo zio Glam, che tutti vorrebbero trovare sotto l’albero di Natale §

Quello era stato l’ultimo articolo di Michael, per L.A. News, anche se né Colin e tanto meno Jared lo sapevano ed avrebbe importato loro qualcosa.

“No! Non è affatto così!” – ruggì l’irlandese, di pancia, di cuore, di tutto ciò gli rimanesse, per riprendersi l’uomo che amava.

Leto sospirò, con un sorriso bagnato dalle prime lacrime, che non riuscì a trattenere – “Dirti che ti amo ancora, a cosa servirebbe, sentiamo Cole?”

“Jay …”

“Lo sai tu, lo so io e lo sa soprattutto Glam”

“E’ … un tipo sveglio, sarà per questo che l’hai sposato” – provò a scherzare l’attore, con una fitta allo sterno, che gli toglieva il fiato ad ogni parola.

“Non dovevi baciarmi, non è così che riuscirai a farmi stare bene, Cole, a proteggermi, come mi hai detto a Parigi” – continuò il front man, più lucido nell’esporre il proprio pensiero.

“Se solo potessi cancellare quel periodo … Se solo un miracolo oppure una magia me lo permettesse, sacrificherei qualsiasi cosa Jay”

“Noi … Noi lo abbiamo già fatto, con le nostre paure, i tradimenti, gli insulti, la cattiveria delle belve ferite … E’ il nostro amore, ad essere stato sacrificato, non credi? E’ palese”

“Continui a parlarne … D’amore … perché non potresti farne a meno, te ne rendi conto?”

Sembrò una supplica, perché Leto risolvesse le cose.

Lo aveva fatto decine di volte.

Forse non ne aveva più la forza.
Adesso.




Graham si rese conto al terzo isolato, che quello non era il suo quartiere.

“Ma dove stiamo andando Mads?” – chiese perplesso.

“A casa mia, scusa se non te l’ho detto … Pensavo che Rambo avesse bisogno di un controllo più accurato nel mio studio ed anche di rifocillarsi, non credi?”

“Ok … Sì, in effetti vorrei fargli un elettrocardiogramma”

“Nessun problema, sai che sono attrezzato” – Mikkelsen sorrise, riferendosi al seminterrato della villa, da lui costruita una ventina di anni prima, dove viveva in piena solitudine, escludendo il personale piuttosto nutrito, che provvedeva alla manutenzione di quella residenza estremamente lussuosa.

“Già … Hai acquistato nuovi macchinari?”

“Una tac … L’anno scorso”

“Accidenti” -. Will sorrise.

“Di seconda mano!” – precisò Mads, altrettanto allegro, nel vederlo reagire con serenità all’evolversi della serata.

Erano arrivati.

I cancelli si schiusero e la Bentley si avviò al piano sotterraneo, dove c’erano tre box auto ed un locale lavanderia piuttosto ampio.

Tre, nella sua mente, realizzati, forse, per sé, un figlio e Will, un giorno.

Adiacente ad esso, il laboratorio, dove Mikkelsen provava tecniche innovative di chirurgia, delle quali pochi erano a conoscenza.




Styles notò il bagaglio, lasciato in un angolo da Michael, senza sapere che anche lui si trovava all’interno della villa di Lux, ma al piano superiore.

“Sei di partenza?” – domandò brusco, scrollandosi le gocce di pioggia dai capelli folti, mentre si accomodava nell’ingresso.

“Sì. Cosa vuoi Harry?”

Vincent reagì nervosamente alla sua visita, notando il suo piglio astioso.

“Volevo avvisarti, prima di farlo”

“Fare cosa?”

“Dire di noi a Louis”

Doveva accadere, prima o poi.

“Ma sei impazzito?!” – ringhiò il francese, puntandolo come se fosse il suo peggiore avversario.

“Non posso andare avanti in questo modo, ok?! Ho passato la notte nel mio ufficio, raccontandogli che avevo da fare, così oggi, neppure ci siamo visti a pranzo! Lo sto evitando, ma non posso farlo in eterno! Mi si legge in faccia che gli sto nascondendo una verità troppo scomoda!”

Continuava ad inveire e Michael si accorse di lui, inevitabilmente.

Il giornalista rimase in cima alle scale, origliando come un ladro, il cuore in gola, nel vedere le reazioni di Vincent, sempre più alterato nei toni.

“Dirgli di NOI?! E a cosa dovrebbe servire, eh Harry?! A ripulirti la coscienza tardivamente?!”

“No, è ovvio, ma servirebbe a farmi riavvicinare a lui, a … a non trattarlo con risentimento, come se fosse colpa di Boo e non mia, non NOSTRA!”

“Trattarlo con risentimento? In quale modo?!”

“In ogni abitudine, in ogni approccio e Louis ne risente, ma mi asseconda, ha pazienza ed io”

“TU cosa??! Prova a fargli del male ed io non risponderò più di me Harry!”

Fu come un tuono e poi volargli al collo, con quelle falangi affusolate ed aggressive, sbatterlo al muro, minacciandolo di chissà quale fine, se solo avesse appunto fatto soffrire o tormentato son petit.

“Non ti è mai importato di nessuno se non di LUI, VERO VINCENT??! TI sei scopato chiunque, ma era a Louis che pensavi ogni istante, AMMETTILO!”

Ormai non c’era più nulla di civile tra loro.

Così come non c’era alcuna comprensione nello sguardo di Michael, che si palesò.

Semmai rassegnazione.

E vergogna.

Per essere stato così stupido.

Glielo disse senza rimandare oltre.

“E’ … è lui che ami … Questo bellissimo ragazzino, di cui non riesci a distruggere le foto, ma neppure riporle in un cassetto Vincent … Sono ovunque” – disse senza energia, riprendendo la propria valigia e posando una cornice d’argento, su di una mensola.

L’aveva notata all’interno di una vetrinetta, non del tutto nascosta, mentre si apprestava a scendere ed affrontare la realtà, di quell’uomo, che non sembrava davvero in grado di dimenticare Louis.

“Michael …”

“Michael ora se ne va via, non potrei decidere altrimenti” – concluse, con dignità.

Lux rimase in silenzio.

Styles uscì un attimo dopo.

I surrogati di Boo, qualcuno avrebbe potuto malignamente apostrofarli così.

Magari Louis stesso.




Il divaricatore era rimasto tra i tessuti, che Graham stava osservando incuriosito.

“Nessuno potrebbe sanare una lacerazione simile, Mads”

“Neppure io, giusto?”

Will lo scrutò.

La teca refrigerante, era stata calata su quell’esperimento, senza soluzione.

Il tavolo operatorio era identico a quello utilizzato da entrambi, all’ospedale dove lavoravano da anni.

“Hai ricreato tutto solo per questo?” – Will sorrise, guardandosi intorno.

“Ci sto provando da … un secolo, almeno” – Mikkelsen sorrise, controllando il tracciato di Rambo – “… il tuo segugio è a posto, comunque”

“Meno male … E quello dove l’hai rubato?” – ed indicò il cuore umano, sezionato e collegato a sensori ed ad un groviglio di vene e arterie artificiali, perfettamente funzionanti.

“Me l’ha fornito l’obitorio, è legale e lo sai”

“Sì, certo … Cadaveri di sconosciuti, non reclamati, mendicanti in genere”

“Non sono un novello dottor Frankenstein, Will” – ironizzò, attivando l’apparecchiatura e passando bisturi laser e mascherina a Graham, che li accolse quasi onorato da quel gesto a sorpresa – “… fammi vedere cos’hai imparato, magari hai un’ispirazione”

“Impossibile che io ti superi”

“Vediamo …”

Graham aveva ragione.

Nonostante la sua tecnica fosse aggiornata e spesso efficace, quella lesione sembrava inesorabilmente letale.

“Visto?”

“Peccato … Riproverò domani”

“Sei ostinato Mads”

“E’ … è per mio fratello” – ed andò a sedersi su di uno sgabello, mentre ne parlava.

“Ma … Non sei figlio unico?”

“Mio padre l’ha concepito al di fuori del matrimonio, nascondendolo all’intera famiglia fino alla sua maggiore età, poi la sua amante, una delle tante, ne reclamò il riconoscimento ed un indennizzo a sei zeri: a lei interessava esclusivamente il denaro, al mio vecchio il silenzio in società, così lui ed io avevamo già molto in comune, senza neppure saperlo …”

“Vi frequentaste?”

“Patrick mi odiava … Detestava papà, innanzitutto ed in questo eravamo d’accordo, però non servì: le provai tutte, per costruire un rapporto, ma niente … Era infermiere e sentiva il peso del mio successo, perché a lui non era riuscito di superare nemmeno i primi esami alla facoltà di Medicina”

“E come arriviamo a … questo?”  

“Patrick ebbe un incidente … Un banale tamponamento, lui era il passeggero, ma volò fuori dall’abitacolo ed andò ad infilzarsi in una recinzione: lo trasportarono così, senza rimuovere i ferri, tagliati dai vigili del fuoco”

“Ed una volta estratti, Patrick presentava questi danni al muscolo cardiaco?” – chiese esterrefatto Graham.

“Esattamente … Se lo avessi salvato, forse noi ora saremmo una famiglia, Will”

“Un destino crudele …” – disse mortificato.

Mikkelsen scattò in piedi – “Non parliamone oltre, vuoi?”

Graham annuì, seguendolo.

Percorsero un breve corridoio, ritrovandosi infine in un living, che si illuminò al loro semplice passaggio.


“Qui, invece, non è cambiato nulla … o quasi Mads”

“Qualche carabattola nuova, riportata dai miei viaggi, in prevalenza”

“Sì … La tua collezione di vasi”

“Già … Vuoi da bere, Will?”

“E’ molto tardi” – e deglutì a vuoto, provando ad impedire a Rambo ad occupare il primo divano a tiro.

Inutilmente.

“Lascialo fare … Qui non viene mai nessuno”

“Vuoi farti comparire, Mads?” – sbottò più duro.

Era teso.

Emozionato.
Come mai avrebbe voluto sentirsi.

Mikkelsen azzerò la distanza, fissandolo, penetrante ed immune al suo sarcasmo, fuori luogo in quel frangente.

Gli porse il bicchiere – “Bevi e rilassati, non sei nella tana del lupo cattivo, quel Mads è morto e sepolto”

“Non per il procuratore, che sta indagando sul Britannia, temo”

“Una cosa alla volta Will … Una cosa alla volta.”




Jared si massaggiò le tempie, raggiungendo a letto Glam, che stava leggendo la posta elettronica, senza troppa attenzione.

“Novità?” – domandò Leto, inspirando a fondo.

“No tesoro … E tu?”

“Nessuna” – e tossì, cercando nel comodino qualcosa.

“Le ho buttate vie Jay”

“Co cosa, scusa?” – balbettò, tornando a guardarlo.

“Le tue pillole per dormire: non servono più, il dolore alla caviglia è passato e tu cammini benissimo” – precisò, con dolcezza, comunque.

“Potevi dirmelo, prima di gettarle!” – protestò, avvampando oltre il plausibile.

“Non è necessario dirci sempre tutto … Non accade o sbaglio?” – e sorrise, come se la sapesse lunga.

Su tutto.

Geffen, in quella maniera, non si rendeva affatto orticante, come qualcuno avrebbe potuto supporre, non ai sensi di Jared, almeno.

Era il totem, colui del quale l’ombra, rassicurante e calda, poteva allungarsi ed inghiottirti, togliendoti la paura ancestrale di rimanere al mondo.

Spesso, Jared, aveva desiderato lasciarlo, quell’universo di persone, che lo soffocavano di premure, di pensieri, di acclamazione.

I suoi giorni calibrati, le sue scelte, schiacciate dai compromessi: certo, erano tempi ormai distanti.

Storia vecchia.

Quella frase gli rimbombava nella testa.
Come la voce di Colin.

“Domani iscriviamo Yari all’università” – rivelò di botto.

“Si è deciso quindi? Bene … A che ora vedrai Colin, quindi?”

“Molto presto.”

Il prima possibile.

Mentì.
Su Yari.


Senza pensieri.






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