giovedì 16 luglio 2015

NAKAMA - CAPITOLO N. 7

Capitolo n. 7 – nakama



I cambiamenti sono come i temporali.

Improvvisi.
A volte devastanti.

Geffen chiese a Jared di salire al solarium, solo per qualche minuto, prima di cenare con i loro bambini e quelli di Robert e Jude.

“Tesoro devo parlarti di una cosa importante, prima che lo facciano altri, prima che lo faccia Colin” – disse fermo, provando a nascondere al meglio il proprio dispiacere.

Niente pietismi.
Niente scenate.

“Colin?”

“Sì amore, Colin” – e sorrise, gli occhi lucidi, quindi proseguì – “… Oggi Ricky è apparso sotto al mio studio, tenendo tra le braccia Taylor: lo ha riportato a casa, da Boston”

Leto socchiuse leggermente le palpebre, senza lasciare trapelare granché di ciò che provava.

Perché non provava nulla.

Era come uno shock.
L’ennesimo, a mettere alla prova le sue emozioni.

“Hanno chiuso, lui e Colin? E’ questo che mi stai dicendo, giusto?”

“Assolutamente sì Jay”

Il cantante si allacciò al suo busto, appoggiando la testa sul cuore di Glam, che lo avvolse tremando.

“Non ci riguarda. Sono contento per tuo figlio, perché non so fino a che punto Colin combatterà per Taylor e non mi interessa. Ok?” – e lo guardò, dandogli poi un bacio profondo.

Assoluto.

Questo era ciò che era giusto fare, che Glam meritava.
Leto lo pensò e metabolizzò così, quel momento, che una parte di lui agognava da un pezzo.

Peccato non poterne esultare, anche perché Farrell non si era precipitato da lui.
O almeno così credeva.




“Arrivati!”

Isotta esultò allegra, azionando il telecomando a distanza, che aprì i cancelli della villa di Geffen, a Palm Springs.

“Vedo che papi Glam si fida di te” – Farrell sorrise, ma era teso da morire.

“Oh sì, lui ci tratta da adulti” – precisò lei, con orgoglio.

Colin accostò, senza entrare.

“Ma che fai, papi?”

“Non mi fermo, mi dispiace piccola, ma ho bisogno di darmi del tempo, capisci?”

“Per dire a papà di te e Taylor?” – chiese perplessa, guardandolo.

“Per dirgli tante cose … E’ un periodo di confusione, per me, non voglio più deludere tuo padre, ecco …” – e prese un lungo respiro, notando la sagoma di Glam avvicinarsi.

Era da solo.

Isy gli fece un cenno, poi si rivolse all’irlandese, con aria risentita – “Non si ottiene nulla fuggendo, papi Cole: me l’ha insegnato papi Glam”

“Impari molto da lui … E’ … è una brava persona, non dimenticarlo mai Isy”

“Ma io lo so” – sorrise di nuovo – “… lui ha amato i miei genitori, me lo dice spesso … anche la mamma … l’avrebbe persino sposata!”

“Lo so … Glam adorava Syria, forse sarebbe stata la soluzione migliore per tutti, soprattutto per lei, perché sarebbe ancora tra noi, amore” – e le accarezzò i lunghi capelli.

Ormai Geffen era accanto alla portiera.

“Ciao principessa … Colin, non rimani?” – domandò con garbo, facendo scendere la bimba.

“No Glam”

“Richard è passato da me”

“Ok” – e si passò le mani dal collo alla nuca.

“L’ho detto a Jared”

Farrell stritolò il volante – “Ok” – replicò più serio, rivolgendo lo sguardo al parabrezza, che iniziò a macchiarsi di pioggia.

Isotta corse verso la veranda, mentre Glam non si mosse.

“Tu cosa vuoi Colin? Dimmelo adesso” – chiese con una velata durezza.

Farrell lo guardò.
Finalmente.

“Rivoglio Jay nella mia vita, come ho sempre desiderato, come è giusto che sia” – bissò gelido ed infuocato nel tono, al tempo stesso.

“Arrivederci Colin” – e se ne andò, chiudendo le porte del regno alle proprie spalle.

Leto era celato dai tendaggi del secondo piano: si trovava nella camera, che condivideva con Geffen.

Dove non avevano ancora fatto l’amore, da quando si erano sposati.

Lì si sentiva al sicuro, ma era solo una metà di lui, a percepirsi in quella maniera.

Tutto il resto avrebbe voluto volare via.

A mezzanotte.




Michael chiuse il portatile, interrotto dal suono del campanello e dai rumori della tempesta sopra Los Angeles.

Un vero nubifragio ormai.

La figura di Lux, appoggiata allo stipite, lo fece trasalire.

“Ehi … Come mi hai trovato?”

“Ho anch’io i miei informatori … Posso entrare?” – disse mestamente e con un filo di implorazione nelle iridi umide.

“Come vuoi … Avevo preparato una tisana, ne vuoi?”

“Con questa afa?”

“Rinfrescherà presto” – Michael sorrise, passandogli una salvietta, affinché si asciugasse almeno il viso ispido e calpestato.

“Forse …”

“Accomodati … Ti è passato sopra un tir, forse? Cosa sono quei lividi? Chi te li ha fatti?”

“Nessuno”

“Ti sei picchiato da solo, Vincent?” – e rise, accomodandosi accanto a lui sul divano in pelle nera.

Il colore dominante, in quell’ambiente essenziale; così il bianco ed un accenno di dorato, nelle suppellettili.

Il tutto era scarno, tipicamente da single, che non ha molto tempo per fare le pulizie, ma che non vuole estranei per casa, in sua assenza, per tenere in ordine.

“Non hai una bibita più … alcolica?” – chiese l’affarista, esausto.

Michael lo scrutò.

“Togliti questi vestiti, li faccio asciugare e ti presto qualcosa di mio”

“Ok”

In realtà c’era poco da sfilarsi: una camicia, i pantaloni, tutti in lino avorio, l’intimo ed un paio di infradito, in corda e cuoio, anch’esse fradice.

“Posso usare il bagno, Michael …?” – domandò esitante l’uomo.

“Certo: fatti una doccia, ti lascio tutto sull’attaccapanni, appena entri, a destra” – replicò calmo.

“Ti ringrazio … sei un amico.”




“Le tortillas di Pamela hanno avuto successo, più delle pizze di Vas”

Jared sorrise, nel vento, carico di profumi, dopo quell’acquazzone, allacciato al corpo di Geffen, che lo cullava quasi impercettibile, affacciati alla balaustra dell’ultimo piano.

Sotto, in spiaggia, la festa era ancora in corso: era il compleanno di Peter, il bodyguard.
Un buon motivo per festeggiare, oltre alla presenza dei cuccioli della End House, insieme a Camy e Dady, Lula e Pepe.

“I gemelli sono cresciuti” – osservò il cantante, indicandoli seduti in braccio a Pam, vera matrona della famiglia.

“Sì … A proposito amore, vorrei parlarti di una persona … Si chiama Stella”

“Hai una nuova fidanzata, Glam?” – scherzò il leader dei Mars, guardandolo, mentre rimanevano abbracciati.

“No, no” – l’avvocato arrossì – “… si tratta di una bella signorina di Houston, con un grave problema fisico”

“Mio Dio quale?”

“Ha perso l’udito, a causa di una malattia infantile e non riesce di conseguenza a parlare, anche se emette dei suoni, ma si esprime con il linguaggio dei gesti oppure usando un tablet”

“E come l’hai conosciuta?”

“L’ho incontrata per caso al centro per la fecondazione assistita: mi ci sono recato per la pratica di Dave Rossi … A proposito, ti chiamerà Kurt, per venirci a trovare con Lucilla”

“Già, ho visto le foto, ok, ci organizzeremo … Ma mi dicevi di Stella”

“Sì, era lì per essere ammessa alla lista delle madri surrogato, però il suo handicap l’ha tagliata fuori, al contrario della sorella, Cassidy … Ho conosciuto anche lei, che mi ha spiegato la storia di Stella”

“Bene … Sì, è tutto interessante Glam, però dove stiamo andando con questo discorso?” – chiese un po’ in tensione, adesso.

“Ho … Ho intenzione di pagarle l’intervento per riacquistare la facoltà di ascoltare e di parlare, è molto costoso, proibitivo per loro due, ecco”

“Un gesto nobile Glam … In cambio di …?”

“Vorrei un bambino nostro, Jared: questo è il punto e lo desidero con tutto me stesso”

Leto deglutì a vuoto, distaccandosi, come al rallentatore, ma senza andare oltre mezzo metro indietro, senza smettere di fissare Geffen e la sua determinazione.

“E’ per Lula, giusto? Per quello che lui ti ha detto …”

“Ho ripetuto le analisi tre volte: non sono più sterile, soldino aveva ragione”

“Lui ce l’ha sempre …” – gli si spezzò la voce – “… il tuo proposito è … è meraviglioso Glam … Un figlio nostro … Una bambina, vero?” – disse emozionato.

“Ne sei felice, quindi? Tesoro, accidenti, per un minuto ho creduto che” – e lo strinse nuovamente a sé – “Jared tu sei incredibile” – e lo baciò, con intensità.

Era come fondersi e le sensazioni, che entrambi provavano, scaturirono, ancora una volta, in una forma simbiotica e perfetta.

O quasi.




Le ante scorrevoli si schiusero e poi richiusero, senza fare troppo rumore, come, all’apparenza, Michael si apprestava a fare, entrando nella vita di Lux, che gli dava le spalle, rilassato sotto ai getti tiepidi.

Percepire le mani del giovane, che gli insaponavano la schiena, fu bellissimo.

Vincenti roteò fluido ed emozionato verso di lui, accogliendolo, sul petto e sulle proprie labbra.

Si baciarono, con estrema tenerezza.

“Scusami …” – mormorò l’ex sbirro, il suo cielo vibrante, in quello più chiaro di Michael, che si abbandonò a quell’ennesima, probabile, illusione; non avrebbe voluto più cascarci, però non era semplice, tra le ali muscolose e tatuate di Lux.

“Non hai niente da farti perdonare, Vincent … Niente più di me …” – sussurrò, poi tornò a baciarlo, ad annegare in lui.

Poteva percepirne le pulsazioni.
Dalla bocca all’addome, incollato al suo.


Era un inizio, sulla cenere di troppi casini.

Ancora tutti da risolvere.




Le carezze di Geffen scesero sino all’inguine di Jared, poi tra le sue gambe, con baci bollenti.

Il ragazzo di Bossier City disegnava arabeschi, con il suo corpo flessuoso e tonico, tra le lenzuola, madide di loro.

Glam si nutrì di lui, della sua essenza, portandolo ad un’estasi totale, capace di coinvolgere ogni senso di Jared, ansante ed in lacrime, per l’orgasmo, che stava vivendo senza inibizioni.

Avrebbe voluto ricambiare, avrebbe voluto tante cose.

Anche non pensare a Geffen, che, forse, per legarlo a sé, come spesso era accaduto anche con Farrell, gli aveva chiesto un figlio.

Il gesto lo aveva lusingato.

Completato.

Un sole con due facce.

Quella che non si vedeva, era ciò che Leto avrebbe voluto scoprire.


Molto presto.














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