Capitolo n. 7 – nakama
I cambiamenti sono come
i temporali.
Improvvisi.
A volte devastanti.
Geffen chiese a Jared
di salire al solarium, solo per qualche minuto, prima di cenare con i loro
bambini e quelli di Robert e Jude.
“Tesoro devo parlarti
di una cosa importante, prima che lo facciano altri, prima che lo faccia Colin”
– disse fermo, provando a nascondere al meglio il proprio dispiacere.
Niente pietismi.
Niente scenate.
“Colin?”
“Sì amore, Colin” – e
sorrise, gli occhi lucidi, quindi proseguì – “… Oggi Ricky è apparso sotto al
mio studio, tenendo tra le braccia Taylor: lo ha riportato a casa, da Boston”
Leto socchiuse
leggermente le palpebre, senza lasciare trapelare granché di ciò che provava.
Perché non provava
nulla.
Era come uno shock.
L’ennesimo, a mettere
alla prova le sue emozioni.
“Hanno chiuso, lui e
Colin? E’ questo che mi stai dicendo, giusto?”
“Assolutamente sì Jay”
Il cantante si allacciò
al suo busto, appoggiando la testa sul cuore di Glam, che lo avvolse tremando.
“Non ci riguarda. Sono
contento per tuo figlio, perché non so fino a che punto Colin combatterà per
Taylor e non mi interessa. Ok?” – e lo guardò, dandogli poi un bacio profondo.
Assoluto.
Questo era ciò che era
giusto fare, che Glam meritava.
Leto lo pensò e metabolizzò
così, quel momento, che una parte di lui agognava da un pezzo.
Peccato non poterne
esultare, anche perché Farrell non si era precipitato da lui.
O almeno così credeva.
“Arrivati!”
Isotta esultò allegra,
azionando il telecomando a distanza, che aprì i cancelli della villa di Geffen,
a Palm Springs.
“Vedo che papi Glam si
fida di te” – Farrell sorrise, ma era teso da morire.
“Oh sì, lui ci tratta
da adulti” – precisò lei, con orgoglio.
Colin accostò, senza
entrare.
“Ma che fai, papi?”
“Non mi fermo, mi
dispiace piccola, ma ho bisogno di darmi del tempo, capisci?”
“Per dire a papà di te
e Taylor?” – chiese perplessa, guardandolo.
“Per dirgli tante cose
… E’ un periodo di confusione, per me, non voglio più deludere tuo padre, ecco
…” – e prese un lungo respiro, notando la sagoma di Glam avvicinarsi.
Era da solo.
Isy gli fece un cenno,
poi si rivolse all’irlandese, con aria risentita – “Non si ottiene nulla
fuggendo, papi Cole: me l’ha insegnato papi Glam”
“Impari molto da lui …
E’ … è una brava persona, non dimenticarlo mai Isy”
“Ma io lo so” – sorrise
di nuovo – “… lui ha amato i miei genitori, me lo dice spesso … anche la mamma
… l’avrebbe persino sposata!”
“Lo so … Glam adorava
Syria, forse sarebbe stata la soluzione migliore per tutti, soprattutto per
lei, perché sarebbe ancora tra noi, amore” – e le accarezzò i lunghi capelli.
Ormai Geffen era
accanto alla portiera.
“Ciao principessa …
Colin, non rimani?” – domandò con garbo, facendo scendere la bimba.
“No Glam”
“Richard è passato da
me”
“Ok” – e si passò le
mani dal collo alla nuca.
“L’ho detto a Jared”
Farrell stritolò il
volante – “Ok” – replicò più serio, rivolgendo lo sguardo al parabrezza, che
iniziò a macchiarsi di pioggia.
Isotta corse verso la
veranda, mentre Glam non si mosse.
“Tu cosa vuoi Colin?
Dimmelo adesso” – chiese con una velata durezza.
Farrell lo guardò.
Finalmente.
“Rivoglio Jay nella mia
vita, come ho sempre desiderato, come è giusto che sia” – bissò gelido ed
infuocato nel tono, al tempo stesso.
“Arrivederci Colin” – e
se ne andò, chiudendo le porte del regno alle proprie spalle.
Leto era celato dai
tendaggi del secondo piano: si trovava nella camera, che condivideva con
Geffen.
Dove non avevano ancora
fatto l’amore, da quando si erano sposati.
Lì si sentiva al
sicuro, ma era solo una metà di lui, a percepirsi in quella maniera.
Tutto il resto avrebbe
voluto volare via.
A
mezzanotte.
Michael chiuse il
portatile, interrotto dal suono del campanello e dai rumori della tempesta
sopra Los Angeles.
Un vero nubifragio
ormai.
La figura di Lux,
appoggiata allo stipite, lo fece trasalire.
“Ehi … Come mi hai
trovato?”
“Ho anch’io i miei
informatori … Posso entrare?” – disse mestamente e con un filo di implorazione
nelle iridi umide.
“Come vuoi … Avevo
preparato una tisana, ne vuoi?”
“Con questa afa?”
“Rinfrescherà presto” –
Michael sorrise, passandogli una salvietta, affinché si asciugasse almeno il
viso ispido e calpestato.
“Forse …”
“Accomodati … Ti è
passato sopra un tir, forse? Cosa sono quei lividi? Chi te li ha fatti?”
“Nessuno”
“Ti sei picchiato da
solo, Vincent?” – e rise, accomodandosi accanto a lui sul divano in pelle nera.
Il colore dominante, in
quell’ambiente essenziale; così il bianco ed un accenno di dorato, nelle suppellettili.
Il tutto era scarno,
tipicamente da single, che non ha molto tempo per fare le pulizie, ma che non
vuole estranei per casa, in sua assenza, per tenere in ordine.
“Non hai una bibita più
… alcolica?” – chiese l’affarista, esausto.
Michael lo scrutò.
“Togliti questi
vestiti, li faccio asciugare e ti presto qualcosa di mio”
“Ok”
In realtà c’era poco da
sfilarsi: una camicia, i pantaloni, tutti in lino avorio, l’intimo ed un paio
di infradito, in corda e cuoio, anch’esse fradice.
“Posso usare il bagno,
Michael …?” – domandò esitante l’uomo.
“Certo: fatti una
doccia, ti lascio tutto sull’attaccapanni, appena entri, a destra” – replicò
calmo.
“Ti ringrazio … sei un
amico.”
“Le tortillas di Pamela
hanno avuto successo, più delle pizze di Vas”
Jared sorrise, nel
vento, carico di profumi, dopo quell’acquazzone, allacciato al corpo di Geffen,
che lo cullava quasi impercettibile, affacciati alla balaustra dell’ultimo
piano.
Sotto, in spiaggia, la
festa era ancora in corso: era il compleanno di Peter, il bodyguard.
Un buon motivo per
festeggiare, oltre alla presenza dei cuccioli della End House, insieme a Camy e
Dady, Lula e Pepe.
“I gemelli sono
cresciuti” – osservò il cantante, indicandoli seduti in braccio a Pam, vera
matrona della famiglia.
“Sì … A proposito
amore, vorrei parlarti di una persona … Si chiama Stella”
“Hai una nuova
fidanzata, Glam?” – scherzò il leader dei Mars, guardandolo, mentre rimanevano
abbracciati.
“No, no” – l’avvocato
arrossì – “… si tratta di una bella signorina di Houston, con un grave problema
fisico”
“Mio Dio quale?”
“Ha perso l’udito, a
causa di una malattia infantile e non riesce di conseguenza a parlare, anche se
emette dei suoni, ma si esprime con il linguaggio dei gesti oppure usando un
tablet”
“E come l’hai
conosciuta?”
“L’ho incontrata per
caso al centro per la fecondazione assistita: mi ci sono recato per la pratica
di Dave Rossi … A proposito, ti chiamerà Kurt, per venirci a trovare con
Lucilla”
“Già, ho visto le foto,
ok, ci organizzeremo … Ma mi dicevi di Stella”
“Sì, era lì per essere
ammessa alla lista delle madri surrogato, però il suo handicap l’ha tagliata
fuori, al contrario della sorella, Cassidy … Ho conosciuto anche lei, che mi ha
spiegato la storia di Stella”
“Bene … Sì, è tutto
interessante Glam, però dove stiamo andando con questo discorso?” – chiese un
po’ in tensione, adesso.
“Ho … Ho intenzione di
pagarle l’intervento per riacquistare la facoltà di ascoltare e di parlare, è
molto costoso, proibitivo per loro due, ecco”
“Un gesto nobile Glam …
In cambio di …?”
“Vorrei un bambino
nostro, Jared: questo è il punto e lo desidero con tutto me stesso”
Leto deglutì a vuoto,
distaccandosi, come al rallentatore, ma senza andare oltre mezzo metro
indietro, senza smettere di fissare Geffen e la sua determinazione.
“E’ per Lula, giusto?
Per quello che lui ti ha detto …”
“Ho ripetuto le analisi
tre volte: non sono più sterile, soldino aveva ragione”
“Lui ce l’ha sempre …”
– gli si spezzò la voce – “… il tuo proposito è … è meraviglioso Glam … Un
figlio nostro … Una bambina, vero?” – disse emozionato.
“Ne sei felice, quindi?
Tesoro, accidenti, per un minuto ho creduto che” – e lo strinse nuovamente a sé
– “Jared tu sei incredibile” – e lo baciò, con intensità.
Era come fondersi e le
sensazioni, che entrambi provavano, scaturirono, ancora una volta, in una forma
simbiotica e perfetta.
O
quasi.
Le ante scorrevoli si
schiusero e poi richiusero, senza fare troppo rumore, come, all’apparenza,
Michael si apprestava a fare, entrando nella vita di Lux, che gli dava le
spalle, rilassato sotto ai getti tiepidi.
Percepire le mani del
giovane, che gli insaponavano la schiena, fu bellissimo.
Vincenti roteò fluido
ed emozionato verso di lui, accogliendolo, sul petto e sulle proprie labbra.
Si baciarono, con
estrema tenerezza.
“Scusami …” – mormorò
l’ex sbirro, il suo cielo vibrante, in quello più chiaro di Michael, che si
abbandonò a quell’ennesima, probabile, illusione; non avrebbe voluto più
cascarci, però non era semplice, tra le ali muscolose e tatuate di Lux.
“Non hai niente da
farti perdonare, Vincent … Niente più di me …” – sussurrò, poi tornò a
baciarlo, ad annegare in lui.
Poteva percepirne le
pulsazioni.
Dalla bocca all’addome,
incollato al suo.
Era un inizio, sulla
cenere di troppi casini.
Ancora tutti da
risolvere.
Le carezze di Geffen
scesero sino all’inguine di Jared, poi tra le sue gambe, con baci bollenti.
Il ragazzo di Bossier
City disegnava arabeschi, con il suo corpo flessuoso e tonico, tra le lenzuola,
madide di loro.
Glam si nutrì di lui,
della sua essenza, portandolo ad un’estasi totale, capace di coinvolgere ogni
senso di Jared, ansante ed in lacrime, per l’orgasmo, che stava vivendo senza
inibizioni.
Avrebbe voluto
ricambiare, avrebbe voluto tante cose.
Anche non pensare a
Geffen, che, forse, per legarlo a sé, come spesso era accaduto anche con
Farrell, gli aveva chiesto un figlio.
Il gesto lo aveva
lusingato.
Completato.
Un sole con due facce.
Quella che non si
vedeva, era ciò che Leto avrebbe voluto scoprire.
Molto
presto.
Nessun commento:
Posta un commento