mercoledì 24 giugno 2015

LIFE - CAPITOLO N. 133 - EPILOGO - NAKAMA

Capitolo n. 133 – life > Epilogo >>> Nakama



Richard si destò di soprassalto, trovando accanto a sé unicamente il biglietto lasciatogli sul proprio cuscino da Taylor.

§ Scendo a fare due passi, compro qualche giornale e risalgo … Ti amo, Tay §

Geffen jr sorrise, ma poi si domandò quanto tempo fosse trascorso, dall’attimo in cui il fidanzato gli aveva lasciato quelle poche righe.

Fuori pioveva ed era ormai sera.

Componendo il numero di Kitsch, ebbe una brutta sensazione, come di abbandono.

Forse Taylor si era stancato da subito, di tutte quelle complicazioni, dello scandalo innescato da Michael o semplicemente lo vedeva ancora come un rivale.

Del resto Richy aveva evitato di cercarlo ed affrontarlo.
A cosa sarebbe servito?

Certo nascondersi dietro al genitore, con il suo studio legale schiacciasassi, probabilmente non era apparso all’attore, come una strategia degna del suo uomo, così risoluto in altre circostanze.

Richard rimuginava, lo stomaco chiuso e quegli squilli a rimbombargli dentro.

A vuoto, senza risposta.




Niall firmò le carte, con una trepidazione identica a quella di Tim, al suo fianco, con in braccio Layla.

Thomas li stava osservando, un po’ diffidente, ma con l’emozione di avere trovato finalmente un punto di riferimento, da imparare a conoscere, con calma, come gli stava spiegando l’assistente sociale, seduta su di un divanetto, insieme a lui.

A cinque anni, era già così sveglio, attento ed un po’ guardingo.

Tim completò l’operazione, passando la bimba ad Horan, che si avvicinò al loro cucciolo.

“Ehi tutto a posto Thomas?” chiese dolce il ragazzino.

Il bimbo annuì, lasciandosi poi avvolgere, dalla sua nuova famiglia.

Niall chiuse le palpebre, immaginando per un secondo, come si sarebbe comportato Ruffalo in un simile frangente.

Fu solo un attimo.




Mark mostrò il tesserino all’infermiera, che gli sorrise, passandogli la tuta sterile, guanti e l’occorrente, per lavare Jared.

Era un’operazione delicata ed il texano aveva chiesto il permesso a Colin, per procedere a quel primo contatto, con il coniuge dell’irlandese.

Parte dei sensori erano stati rimossi: Leto continuava a respirare autonomamente ed il coma, ormai in fase farmacologica, era indotto e controllato, minuto per minuto.

Purtroppo non c’erano stati ancora cenni di risveglio, ma il dosaggio dei farmaci era ormai al minimo.

Le fratture si erano saldate quasi completamente ed il trauma cranico non preoccupava più gli esperti, che avevano dato qualche speranza alla famiglia del cantante.


Ruffalo si guardò intorno: stranamente non c’era nessuno.

L’ex infermiere cominciò a tamponare le gambe magre del leader dei Mars, avendo cura di lambire le garze, che celavano i segni di quel terribile incidente.

Colse poi un’ombra, alle proprie spalle.

Era Geffen.

“Vorrei tu lo svegliassi, in questo modo” – disse piano l’uomo, senza mai smettere di fissare Jared.

Il suo volto era stato segnato da alcune cicatrici, ma sarebbero scomparse, il chirurgo plastico, fatto arrivare da Ginevra, glielo aveva garantito per iscritto.

“Non so neppure se mai succederà” – replicò Ruffalo, a tono basso, continuando nel suo lavoro.

“Cosa gli diresti, Glam, se aprisse gli occhi, ora?”

“Ti amo … Ti amo Jay … Non riuscirei a dirgli nient’altro, perché non faccio che pensare a questo; ogni momento”

“Come vanno le cose, fuori da qui?”

Geffen sorrise amaro – “Dalla polvere, alle stelle … Constance e Shannon tifano per me, Colin mi sopporta, perché sa che Jared senza di me non saprebbe vivere … E così io, senza di lui”

“Ed ancora non si arrende? Neppure davanti a tale evidenza? Anzi … esigenza, di Jay” – anche lui sorrise.

“Questa non è una guerra, anche se Jared potrebbe considerarsi, a pieno titolo, un trofeo, dal valore inestimabile”

“Cosa ami, di più, in lui?”

“La sua inquietudine” – ed andò a sedersi, al lato opposto del capezzale, rispetto a dove rimaneva Mark, in piedi.

“In fondo la sua bontà, è come un bambino” – proseguì Geffen, assorto – “… al quale hanno rubato qualcosa, dal principio”

“Un padre?”

“Sì, anche … E l’innocenza … Un paese di orchi, dove c’era sempre qualcuno, che voleva divorarlo”

“Ed abusare di lui …” – sussurrò quasi, il docente.

“Era la cosa più semplice, quando non riuscivano ad averlo … O lo volevano, ad ogni costo” – e le sue palpebre si chiusero, pesanti.

“Uccideresti, chi gli ha fatto del male, Glam?”

“Io ho … ucciso …” – tornò a guardarlo, con uno scatto del capo rasato ed in ordine – “E lo rifarei, ogni volta, ogni dannatissima volta, Mark”

“Colin è ancora vivo” – e rise, come se stesse scherzando.

“Jared ha bisogno di lui: non saprebbe come sopravvivere, senza.”




Farrell le aggiustò il fermaglio, di stoffa verde, come il suo abito, poco consono al palazzo del ghiaccio ed a pattinare, però Isotta era fatta così, si rilassava in quel modo, riuscendo persino a non pensare, per pochi istanti, al suo secondo papà.

O primo, dei tre, che riconosceva tali.

Papi Jay.
Papi Cole.
Papi Glam.

“Tesoro è tardi … L’orario di visite è agli sgoccioli”

Isy fece un cenno, quindi una piroetta.

Ora camminavano, tenendosi per mano.
La primavera colorava Parigi, come nessuna altra città del mondo.

“Cosa daresti, papi Colin, per fare tornare indietro il tempo?” – chiese improvvisa.

Farrell non si fermò, tenendole più saldamente le dita mancine, tra le proprie.

“Il mio cuore”

Isotta sorrise – “Credevo appartenesse a papi Jay”

L’attore aggrottò la fronte, una spina a tormentargli la gola.

“Me lo sono ripreso piccola … Ma lui non può saperlo.”




Jimmy lo baciò, distaccandosi in modo brusco da lui, madidi entrambi ed in preda agli ansiti, per il caldo soffocante e quel posto così angusto, in cui si incontravano da un paio di giorni.

“Do dobbiamo smetterla Kevin …” – gli gemette nella bocca, mentre l’altro lo toccava dentro, dopo essere uscito da lui, come se non riuscisse ancora a saziarsene.

“Non ci riesco Jimmy … Mi sei entrato nel sangue”

“Sei solo arrabbiato e ti sfoghi con me”

Si fermarono.

Come il tempo.

A fissarsi, in crisi di ossigeno.

“E tu perché sei qui? Scott sta diventando troppo vecchio? Oppure il suo lavoro è più importante?” – domandò acre il bassista.

Jimmy non riuscì a ribattere.
Preferì tornare a baciarlo.
Era così bello.
Così facile.




Lux gli fece spazio sulla scrivania.

“Che casino, devo rimettere a posto questi documenti, Harry, ma rimando e tu me ne hai portati ancora” – rise, accomodandosi.

Styles estrasse i fascicoli dalla valigetta in cuoio pregiato, un regalo di Louis.

“Flora si è raccomandata, affinché li ricevessi oggi, Vincent”

“Sei di nuovo in squadra con Geffen?”

“No, mi limito ad una consulenza esterna, ma è proficua ed in compenso me ne resto alla larga da quell’ambiente, sai che non mi piace”

“Sì, ricordo le tue confidenze …” – disse pacato, mentre apponeva diverse firme, in una calligrafia perfetta.

“Scrivi bene” – Haz sorrise.

Era molto affascinante nel suo completo grigio.

Lux lo stava come spiando, compiacendosi – “Credevi che fossi un rozzo sbirro?” – scherzò, ma il suo interlocutore arrossì.

Adorabile.

“Harry … Guarda che io”

“Lo so, lo so, so come sei fatto ed io sono fatto così” – sembrò schernirsi, raccogliendo quelle scartoffie, per poi farle cadere sul parquet, impacciato ed in imbarazzo.

Lux si precipitò ad aiutarlo, un po’ mortificato dalla sua reazione.

“Mi dimentico sempre della tua età, Harry” – disse dolce, guardandolo ad un centimetro dal naso.

Dagli occhi.

Dalla bocca.

Così morbida, da divorare ed immaginarselo, quel bacio, gli fece provare un’eccitazione sottile e devastante.

Vincent cadde.
Portandosi dietro anche Harry, che non si fece pregare, per quel volo, in una terra straniera e pericolosa.

Per entrambi.




Jude chiuse il trolley, non senza qualche esitazione.

“Robert, ma sei sicuro?”

“Certo amore … Ti senti meglio, vero? I medici dicono che potrai affrontare delle terapie più blande a Londra e poi, tra un mese, faremo un controllo qui, per stare tranquilli” – e lo abbracciò, caldo ed al sapore di zenzero.

I biscotti, comprati alla pasticceria all’angolo, erano stati la loro cena, con un tè ed una composta di ciliegie.

Si baciarono a lungo, quel contatto era così essenziale.

Law non si separò del tutto da lui, se non per dire qualcosa.
E prendere fiato.

“Hai avvisato Glam?”

“Sì … Lui capirà”

“Un sms?”

“Semplice ed indolore … Ne ho già dovuto metabolizzare a sufficienza, Jude, non sei d’accordo?”

“Sì’ … Lo sono Robert … Dai, andiamo, il taxi è già qui sotto.”




Geffen gli baciò la fronte spaziosa.

Si era tolto la mascherina di protezione, del resto non serviva più a molto.

“Vi prego … Fate un ultimo tentativo …” – disse in lacrime.

I segni del defibrillatore sembrarono vibrare, sotto la pelle di Jared, all’apparenza esanime.

“Si sposti, ma sarà inutile”

Pioggia.

Camici bianchi, che diventano nuvole.

Le risa degli scolari, fuori la scuola.

Turbine di voci, mescolate alla loro corsa, verso l’infinito.

“Ti amo ...”

Come gocce, del più incantevole stillicidio, volano dal mio cuore, ai tuoi occhi, fatti di zaffiro, così compatibile al mio turchese.

“Perditi, senza paura di non ritrovarmi, perché io tornerò da te, Jay.
Per sempre.”




I palmi delle mani di Colin si incollavano e scollavano dal vetro, scuotendo quella barriera, tra lui, l’equipe medica, Glam ed il corpo di Jared, che i monitor davano come spento.

Finito.

Affidato all’oblio.



Epilogo

Tre mesi dopo ……… Nakama


La corsetta di Isotta si fermò alla balaustra, del secondo piano.

Il profumo dell’oceano, si mescolò ai suoi lunghi capelli, con il vento e la salsedine.

“Papi Glam, è arrivato papi Colin!” – esclamò lei, felice, indicando il moro, appena spuntato oltre ai cancelli della villa di Palm Springs.

“Sì, lo vedo principessa, vagli incontro, io scendo tra un minuto” – le disse lui, sorridente, gli occhialini inforcati per leggere un dossier, dalla copertina celeste, che Hopper gli aveva consegnato la mattina stessa.

“Ok! E Lula?”

“E’ in spiaggia … Con gli altri”

Farrell accelerò l’andatura, fino ad abbracciarla e sollevarla.

“Ehi splendore, ma sei cresciuta, farai la modella!” – la accolse Farrell, con la gioia nello sguardo liquido.

“Papi Glam ti aspetta di sopra”

“Sì, lo so e …? Ok, ci vediamo tutti a tavola?”

“Allora ti fermi?! Sì!!” – esultò.

“Ho rimandato il volo … Mi sembrava giusto così …” – ammise più assorto, guardandosi in giro.

Geffen lo salutò, invitandolo a raggiungerlo.

Appena chiusa la porta del suo studio, i rumori intorno divennero più ovattati.

“Prego … Vuoi da bere, Colin?”

“Sì, grazie, una tonica … Jared è con Tom?”

“Sì, giusto lui riesce ad avere pazienza, in questo periodo di riabilitazione”

“Jay è un paziente difficile?”

“Si approfitta della loro amicizia, questa è la verità”

Risero.
Sereni.

“Forse anche i preparativi per il vostro matrimonio, lo stanno agitando, mi ha giusto scritto una e-mail” – accennò l’ex ragazzo di Dublino, prendendo una penna dalla tasca della camicia aperta a metà, sul suo busto abbronzato ed allenato, per un nuovo ingaggio.

“Forse …”

“Dove devo …?”

“Qui e qui … Il divorzio avrà effetto immediato Colin … Nel caso anche tu avessi dei progetti, ecco”

“No, assolutamente” – e tossì, per poi dissetarsi.

“Jay ti aspetta, vai a salvare Tom”

“Ok, li raggiungo … Ci sei a pranzo?”

“No, torno a Los Angeles, per un’udienza e poi devo vedere Robert: sono rientrati dall’Inghilterra, per … Per la cerimonia, Colin”

“Ovviamente” – e sorrise un po’ meno rilassato.

“Ovviamente.”




Leto si sbracciò, congedando Hiddleston, che sarebbe rientrato in città con Geffen, facendosi dare un meritato passaggio.

Incrociò Farrell, con un saluto veloce ed affettuoso.

Jared ebbe un fremito di trepidazione, poi mollò le stampelle, saltellando sino a suo marito.

Anzi, al suo ex, ormai.

“Ciao Cole, questa caviglia non ne vuole sapere di guarire!”

“Se rimanessi un po’ fermo ed ubbidissi ai consigli di Tom, forse cammineresti da un secolo!” – rise, stringendolo forte.

“Ciao Colin …” – disse più intenso Jared, tornando a guardarlo.

“Ciao … Ho provveduto a”

“Sì, lo so” – la sua voce si incrinò un minimo, ma poi tornò ad un’espressione solare.

“I bimbi arriveranno domani, Yari e Misaki saranno alla End House stasera”

“Dal Messico? Sempre in giro quei due eh?” – e si schiarì la voce, tornando a stendersi su di un lettino prendisole.

Farrell si sedette sul bordo, sfiorandogli i capelli, cresciuti abbastanza, da coprire i segni di Parigi.

“Siamo nel pieno delle vacanze estive, Jay, ma nessuno mancherà alle nozze”

“Nessuno tranne … Ok, ti capisco … Vai a Boston?”

“Sì, iniziamo a girare lunedì, così mi ambiento, magari faccio le bizze per la suite” – ed ammiccò, simpatico.

“Con Taylor?”

Farrell annuì, mordendosi il labbro superiore – “Infatti …”

“E’ stato carino trovargli una particina … La prossima volta ricordati anche di me, gallina vecchia fa buon brodo!”

“Ma dai Jared ahahahah”

E poi, silenzio.

“Ok Cole … Mangi con me? Continuo a fare fatica, però il peso è stabile, adesso” –disse più serio.

“Sì, lo vedo … Sei in forma … Sei … Sempre il mio Jay” – e lo abbracciò.

Castamente.

Leto lasciò scivolare la propria guancia sinistra, su quella destra di Farrell e poi gli diede un bacio, a stampo, imprimendo sulle labbra di Colin, il suo sapore.

“Nakama …” – sussurrò il front man.

“Cosa …?”

“In Giapponese, amici intimi, è questo che noi siamo, ora, Colin, giusto?”

“Sì … Giusto.”



                                                                                     Tbc …




 ISOTTA





E forse c'è ancora qualcosa da dire, qualcosa da raccontare ...
Un grazie immenso, a chi mi ha seguito, anche in Life, a chi ha recensito, preferito, ricordato ...
Vi abbraccio tutti, con tanto affetto :-)


Maria Rosa

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