sabato 13 giugno 2015

LIFE - CAPITOLO N. 130

Capitolo n. 130 – life



La scena andò a ripetersi più volte, tutte uguali.

Pochi passi, sopra ad un terreno indefinibile, per consistenza e colore, poi il vuoto ed una mano, che Jared non riusciva mai ad afferrare.

Una mano minuscola.

Ed infine la propria voce, che rimbombava distante, per poi divenire un urlo di angoscia, mentre vedeva intorno a sé volti sconosciuti e non, anche quel Coleman, il fratello di lui e persino lo zio, che aveva abusato di Leto ragazzino.

Persone cattive.

Cattive.

E quell’urlo, in un’unica parola.

§ Papà!! §

Jared era terrorizzato, perché le loro mani si agitavano a scatti, intorno al suo corpo martoriato di ferite, come a volerlo catturare e non lasciarlo andare più via da quel luogo orribile.

Di nuovo la luce, i passi e quella manina.

Inafferrabile.



“Soldino …”

La voce di Glam era esausta.

Il bimbo se ne stava composto, su di un davanzale, le palpebre tremolanti ed infine schiuse di colpo, sul padre angosciato.

“E’ troppo lontano adesso … E’ … difficile papà … E’ così spaventato”

“Mio Dio …” – inspirò Geffen, crollando ai suoi piedi.

Quel corridoio era deserto e le sedie in fila, vuote.

“Dobbiamo salire in reparto, voglio parlare con Colin, chiedere se gli hanno detto qualcosa: sono otto ore che Jay è sotto ai ferri!” – sbottò agitato.

Soldino lo prese per mano, alzandosi – “Vedrai che troverò un modo …” – e gli sorrise, ma nulla riusciva a rassicurare l’uomo.

In compenso Lula sciolse le sue bende, cancellando i segni delle ferite, che Glam si era procurato, nel vano e disperato tentativo di estrarre Jared dall’auto accartocciatasi nell’urto, con il camion dei pompieri.

Una suora, in transito, si accorse di quella manovra, facendosi il segno della croce, per poi rifugiarsi in un anfratto, bisbigliando impaurita – “…Vous êtes un diable ou un ange?!”

Soldino non le diede alcuna risposta, andandosene svelto insieme al padre verso gli ascensori, che, provvidenziali, erano già fermi al loro piano.

I numeri scorrevano, illuminandosi sulla tastiera in acciaio ed una voce metallica annunciò che erano arrivati in chirurgia d’urgenza.

Una volta scesi, Lula raggiunse con una corsetta Robert e Pepe, in una sezione dedicata ai piccoli, che non potevano accedere oltre una porta scorrevole, al di là della quale si entrava in corsia degenze, dove un letto vuoto, alla 317, stava ancora aspettando Jared.

Farrell stava aggiornando il cognato, appoggiato al muro, senza più energie e non solo per quel trasferimento precipitoso, insieme a Tomo.

“Jay è sempre stato prudente alla guida, non so come mai non si sia fermato ai semafori, di sicuro non era ancora scattato il rosso e poi io stavo accostando, lui di certo avrebbe parcheggiato, come me, perché dovevamo vederci”

“Sì, ok Colin, però non capisco come mai ti seguisse … Cioè avevi sbagliato strada?” – chiese confuso, accorgendosi di Geffen, a pochi metri da loro.

“Ero … ero arrivato dalla direzione opposta” – e deglutì a vuoto – “ed ho fatto inversione, dopo averlo visto, ma non era solo” – il suo ricordo si cristallizzò, in una realtà, che non collimava con il suo resoconto.

Eppure l’irlandese si sentì in buona fede, parola dopo parola, come se una parte di sè avesse rimosso un senso di colpa lancinante, che non poteva condividere con Glam, non del tutto, almeno.

Farrell non sapeva cosa fosse accaduto, tra questi e Jared, davanti a quell’edicola.

Si girò di scatto, percependo la presenza del suo eterno avversario.

“Tu … Tu non devi rimanere qui” – sibilò acre, gettandosi su Geffen, per colpirlo e vomitargli addosso il proprio dolore ingestibile.


“Perché l’hai baciato, cosa gli hai detto per farlo piangere, avanti dimmelo!!?”

Era fuori controllo, completamente.

Shan e Tomo si guardarono, straniti.

Poi il batterista andò a dividerli, aiutato anche da Ruffalo, appena sopraggiunto.

Colin lo scaraventò da una parte, come un furia – “E tu cosa cazzo vuoi??! Cosa centri tu con Jared, con me, CON NOI??!!”

Mark non proferì una sillaba, incassando quella spinta e gli insulti, che ne seguirono.

Geffen non si oppose all’attacco di Farrell, subendo a propria volta pugni e schiaffi.

Ne avrebbe presi a centinaia, se solo fosse servito a riportare Jared ad un minuto prima di quel semaforo, a farlo accostare oppure a non farlo ripartire in quella maniera, tenendolo tra le braccia: l’unico posto, dove Leto si sarebbe sentito sicuro, per l’ennesima volta.

“Ci siamo incontrati per caso … Ma cosa cambia, ora?” – rivelò in lacrime l’avvocato.

“TU cambi le cose, ogni dannata volta che ti metti in mezzo!!”

Erano finiti tutti sul pavimento, tranne Tomo e Shannon, che si adoperarono per sollevarli e sedare gli animi.

Ruffalo era mortificato, mentre Geffen lo scrutava, interrogativo.

“Sei tu che sei rimasto accanto a Jay, in questo periodo?” – domandò di botto.

Mark annuì – “Io non ho fatto nulla di male, nulla di ciò che state pensando voi, sì, anche tu, Colin”

“Nessuno ti ha chiesto niente!” – ringhiò, mentre un’equipe in camice bianco, si stava avvicinando.

Il primario, l’uomo più maturo del gruppo, si rivolse a Mark, in un Inglese perfetto.

“Lei è Ruffalo? E’ un piacere conoscerla, appena mi hanno detto che era qui, ho interrotto il mio lavoro per venirla a ringraziare: almeno uno della sua famiglia, intendo, perché suo padre e suo zio sono dei filantropi davvero riservati; tutta questa nuova ala, la dobbiamo a loro, come di certo saprà” – e gli sorrise, stringendogli la mano.

“Sì, mia madre me ne ha parlato, anche se ci sentiamo di rado”

Era sincero.

Come al solito.


“Bene, so che ha un parente qui da noi, il terribile incidente in centro”

“No, no, è un caro amico, però qui ci sono il fratello ed il marito di Jared Leto, glieli presento, professor Cotain …”

Il clima si rasserenò per forza.

“Il signor Farrell e lui è Shannon Leto …” – Mark fece le presentazioni.

“I miei figli sono vostri fans” – il luminare sorrise bonario – “… e del vostro caro, ma adesso veniamo alle buone notizie, anche se minime, però occorre aggrapparsi ad ogni filo di speranza, perché è già un miracolo, che il paziente sia vivo” – puntualizzò più serio.

“La prego, mi dica che Jared se la caverà” – lo implorò Colin.

Il medico ebbe un’esitazione, guardando Tomo e Glam.

“Parli pure, loro sono mio cognato e …” – Farrell prese un respiro, fissando Glam – “… e lui è Geffen, Glam Geffen, una delle persone più importanti nella vita di Jared, come un padre, per capirci”

Glam rimase zitto.

“Va bene … Insomma siete la sua famiglia, è giusto che sappiate a cosa andrete incontro: Jared riesce a respirare da solo, la pressione arteriosa è un po’ alta, per lo shock, ma anche per un turbamento emotivo, che neppure i farmaci riescono a stemperare”

“Si rende conto di quanto gli è capitato? Soffre?” – chiese concitato Shan.

“Direi che è consapevole, sì, ma per il dolore stiamo facendo il possibile: ha una caviglia rotta, tre costole incrinate ed una spezzata, che gli ha perforato il polmone destro, una lesione non grave, a cui abbiamo rimediato chirurgicamente con esito più che buono …”

“Quindi il problema è il trauma cranico?”

“Sì Mr. Farrell”

“Mi chiami Colin, la prego”

“Colin lei deve mettere in conto anche il peggio, anche se l’ematoma subdurale è stato aspirato, non potremo sciogliere la prognosi per le prossime trentasei, quarantotto ore”

“Fate ciò che va fatto e non abbandonate il mio Jared … Non permettete che ci lasci, io non posso neppure pensarci” – singhiozzò, sorretto da Tomo.

Shannon si era accovacciato contro la parete.

Geffen era rimasto fermo e dimenticato, contro ai vetri della camera sterile, che avrebbe accolto da lì a pochi minuti, ciò che rimaneva del ragazzo, di cui era ancora perdutamente innamorato.

Cotain scosse il capo brizzolato d’argento – “Tra un paio di giorni sapremo se Jared vivrà, dopo di che capiremo se come prima oppure …” – e si morse le labbra – “… Oppure in una condizione vegetativa … Irreversibile.”




I tetti della città stavano per essere inghiottiti dalle prime tenebre, di quell’interminabile giornata.

Geffen si era seduto su di un muretto, lo sguardo assente, nel cui turchese, si specchiavano le luci, che andavano ad accendersi, ad intervalli quasi regolari, sotto di lui.

L’odore di una sigaretta, lo distrasse.

Era Mark.

“Ne vuoi una?”

“No, grazie …” – disse piano.

Era come se stesse disturbando il mondo, come se fosse tutta colpa sua.
Una sensazione sgradevole, che spesso lo aveva colto in passato, nelle più disparate circostanze.

Talvolta senza ragione alcuna.


Ruffalo sbuffò, buttando fuori il fumo – “Avevo smesso … Per il cuore, anche se questo vizio non può aggravare la mia malformazione”

“Non l’avevi risolta?” – domandò con indifferenza.

Neppure capiva perché Mark si trovasse lì.


“I dottori dicono di sì, ma mai fidarsi completamente” – sorrise intimidito dalla sua figura massiccia, ora in piedi, le braccia muscolose e tatuate, tese verso la balaustra, le dita artigliate ad essa, un anello, cimelio di famiglia, pensò l’ex infermiere, un orologio costoso, un bracciale, intrecciato da un bimbo, all’apparenza.

“Non ti fidi neppure di Cotain?” – bissò brusco, puntandolo esigente di ottenere una risposta esaustiva.

“Brancola nel buio, non potrebbe essere altrimenti: nonostante i progressi dell’ultimo decennio, il cervello umano resta un mistero inviolabile”

“So di persone risvegliatesi dal coma dopo anni”

“Certo, la più recente un mese fa, una donna, trentasei mesi di eclissi … Io preferisco definirla così … Altri, una morte senza sogni”

“No, Jared sta sognando, sta tentando di tornare indietro, di salvarsi e Lula” – poi si interruppe di netto.

“Lula?” – sussurrò Ruffalo, incuriosito.

“Kevin non ti ha mai detto niente, di nostro figlio?”

“So che è uscito da una situazione del genere, ma l’ho letto sui giornali Glam: come vedi, qualcuno riesce a ristabilirsi al cento per cento” – ed arrise a quell’epilogo, da augurare anche a Jared, senza riserve.

“No, non si tratta di questo … In parte sì, però …” – e si strofinò la faccia stanca ed ispida.

“Perché non ti riposi un po’?” – propose dolce il texano, non insistendo su Lula.

Questo piacque a Geffen: l’indole di Mark era saggia e di buon senso: ecco perché Jared gli si era affezionato così tanto, dedusse, senza gelosie.

“Lula possiede un dono, la sua è una stirpe dotata di un potere, legato ai suoi antenati ed ai riti di magia bianca: soldino farà il possibile, per riportarci Jay, te lo assicuro” – svelò, con emozione, commuovendosi.

“Io ti credo Glam … Ora scendiamo a prenderci un caffè e poi andremo da Jared: lui mi ha raccontato che tu gli sei stato accanto nei periodi più oscuri della sua esistenza, come avrebbe fatto un genitore premuroso e capace: lui ti ama, visceralmente ed ha bisogno sia si te, che di Colin, non ho dubbi” – affermò con pacatezza e maturità solide.

“Colin non me lo permetterà” – replicò affranto, senza più trattenere le lacrime, al pensiero di perdere Leto.

“Lui farà cosa va fatto: il bene di Jared. Dovrete parlare con lui, fargli sentire la vostra presenza costante, il vostro amore”

“Sia Colin che io, paradossalmente, abbiamo vissuto l’esperienza dell’incoscienza, lui per un ictus, io per un cancro”

“So anche questo … Jared è stato un fiume di confidenze, lo ammetto”

“Sì, lui è così … Parla già al mattino presto, ti ubriaca con la sua gioia di”

Fu come un flash ad ammutolirlo: l’immagine dello schianto e di Jared, privo di sensi, martoriato tra lamiere, fumo, pioggia, fu come un proiettile, al centro del suo petto spazioso.

Geffen si accasciò, la vista debole, il respiro in affanno.

“Non può morire … Non deve …”

Mark lo raggiunse e lo strinse.

“Il tuo dolore non è meno importante: Colin e chiunque dovrà averne rispetto Glam. Io so cosa hai fatto per loro, per ognuno di loro. Cerca di ricordartene anche tu, ok?”

Geffen annuì sconvolto.

Dopo un minuto se ne andarono.

Aveva ricominciato a piovere.

Di nuovo.













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