Capitolo n. 132 – life
Taylor gettò il borsone
nel primo angolo a tiro, di quella camera immersa nella penombra.
Era al secondo piano, in
puro stile liberty, come l’intera abitazione, che Geffen aveva affittato al
centro di Parigi.
Circondata da un parco
secolare, la villa era immersa nel verde, tra palazzi più moderni, sorti
ovviamente in seguito alla sua costruzione, risalente ai primi del ‘900.
Il volo di linea era
atterrato puntuale e nessuno li aveva riconosciuti.
Del resto Kitsch non
era ancora così famoso, anche se la sua celebrità veniva ricondotta più ai suoi
legami sentimentali, che al suo talento, tutto da dimostrare a pieno.
“Tesoro”
“No, Ricky, non adesso,
sono uno straccio, non ho dormito quasi un cazzo nelle ultime trentasei ore”
“Per colpa di Michael,
lo so, me l’hai ripetuto sino alla nausea!” – sbottò l’architetto, togliendosi
scarpe e camicia, quasi strappandosela di dosso; non aveva altro oltre ai
jeans, piuttosto attillati.
Scalzo e nervoso,
Geffen jr aprì il trolley, dopo averlo piazzato sul letto – “Volevo solo
chiederti scusa, per l’ennesima volta, non so cosa ti sia messo in testa! Non
penso unicamente a scopare, se permetti!”
Era livido, perché
aveva permesso al suo ex di invadere la sua nuova vita, inquinandola di maldicenze
e scherno.
Taylor gli si avvicinò,
sfiorando quella schiena, che adorava, per quanto fosse larga e rassicurante,
fatta di pelle liscia, dorata e di un buon odore.
Sempre.
“Scusami” – disse
piano, le lacrime in gola, perché lui era fatto così, una sensibilità atroce,
gli ripeteva spesso il suo agente, che gli avrebbe remato contro in un sacco di
occasioni.
Non in quella,
comunque.
Richard si voltò
svelto, inspirando, prima di stringerlo forte e baciarlo.
Baciarlo.
Baciarlo ancora, sulla
bocca, gli zigomi, la fronte e poi di nuovo le labbra, accoglienti, succose,
come il resto di Kitsch, che ben presto si ritrovò nudo quanto lui, invadente,
inarrestabile e virtuoso, nell’ingrossarsi ad ogni spinta, non senza ripetergli
quanto lo amasse e volesse, in ogni ora, del giorno e della notte.
“E sì sono un bugiardo
Tay, un maledetto bugiardo” – gli ansimò nel collo – “… io vorrei scoparti
anche quando … quando siamo a tavola … non mi importerebbe un tubo dei
presenti, lo farei davanti a tutti” – e gli artigliò la nuca, devastandolo di
morsi e carezze sporche, dilatandolo oltre modo con le dita, laddove si stavano
congiungendo carnalmente, perché Taylor era suo.
Suo
e basta.
“Caffè?” – Shannon gli
sorrise – “… nero e senza zucchero, ti piace ancora così?”
Glam si sollevò dal
divanetto, dov’era crollato un’ora prima.
O forse due.
“Ma sono già le nove …
Ah, grazie per questo, ci voleva”
“Perché non te ne torni
a casa? Tomo mi ha detto che ne hai presa una a pochi isolati da qui: pensi che
Jared rimanga in coma per mesi?” – e divenne più serio.
“C’è spazio anche per
voi, mi fareste una cortesia ad aggregarvi, sapete quanto ci tengo Shan”
“Ok … Hai istituito un
campo base, tu sei il generale, noi i caporali”
“Ma che dici?” - e rise, distraendosi un attimo dall’angoscia
di vedere Jared collegato a tubi ed apparecchiature, dai segnali cadenzati e
continui.
“So che Richard e
Taylor sono appena arrivati, Glam … E quel casino, per via di Michael, a me non
è andato giù: mio fratello è stato diffamato”
“Stavo prendendo
provvedimenti, ma poi …” – e chiuse le palpebre, l’aroma di quella brodaglia ad
intossicarlo.
“Ora tutti a dire che
Jared faceva questo, quello, ambasciatore umanitario, artista di fama mondiale,
sembra un necrologio continuo” – si lamentò ringhiando.
“La stampa funziona
così e si tende sempre ad enfatizzare le tragedie, perché fanno vendere”
“Sì, ma non sulla pelle
di Jay, non lo tollero!”
“Arginerò questo
sciacallaggio, i miei soci ci stanno lavorando a Los Angeles, ok?” – replicò
pacato.
“E per il resto? Cosa
pensi di fare?”
“Il … il resto, Shannon
…?!” – mormorò perplesso.
“Con Jared, intendo”
Geffen si alzò, andando
a gettare il bicchiere vuoto in un cestone tinta azzurro cielo, come le pareti
intorno.
“I miei sentimenti non
cambiano, ma non farò più nulla, che possa minacciare il suo matrimonio con
Colin: ecco cosa ho intenzione di fare” – affermò deciso, tornando a fissare il
batterista, rimasto seduto.
“Jared non ha mai avuto
fortuna accanto a mio cognato” – ribatté sarcastico.
“Credevo che tu e Colin
aveste sepolto i vecchi rancori”
“Certe cose non si
cancellano”
“Stammi a sentire,
Shan: seppure io sia anche lusingato dal tuo appoggio, da quello di Constance e
da chissà chi altri, tutta questa storia, questo tira e molla, non ha fatto
altro che tormentare Jared e la sua stessa esistenza. Colin ed io, semmai,
dovremmo sparire dai suoi giorni, gli faremmo un favore impagabile!”
“Non sono d’accordo,
non dopo avere letto la lettera, che Jay ti scrisse, quella che conserva nostra
madre”
Geffen prese un lungo
respiro, dopo di che appoggiò la fronte alla lastra, che lo separava da Jared.
“Io so di averlo amato
senza riserve, così Jay … E non ha fatto altro che descrivere, ciò che ci ha
uniti, senza alcuna prospettiva …” – e si voltò – “… Né allora e né mai, Shan,
credimi.”
Layla sgambettava nel
trasportino, mentre Niall tentava di aprire una pesante porta, per entrare in
un negozio di articoli per l’infanzia.
“Serve aiuto?”
La voce gentile alle
sue spalle, così come il gesto di Ruffalo, lo fecero sobbalzare.
“Ehi …?! Ciao Mark, non
sapevo fossi a Parigi!” – e lo abbracciò spontaneo, mentre la piccola gioiva
nel ritrovare quello zio, così speciale.
“Hai saputo di Jared?
Mi aveva accompagnato per un simposio, ma lui era in città per suo marito”
“Ho letto i giornali” –
ormai erano all’interno dello shop, gremito di persone – “… e poi Kevin ci ha
telefonato, informandoci dell’incidente … Vorremmo andare a trovarlo, con Tim,
appena possibile”
“E’ in stato di coma,
purtroppo”
“Speravo si fosse
svegliato” – disse triste il ragazzino, mentre il texano coccolava Layla, ormai
sul suo petto da diversi minuti.
Intorno il mondo andava
avanti, mentre loro due si perdevano in quelle frasi, in sguardi intensi, ma
soffocati dal buon senso.
“Il trauma cranico è
stato devastante, anche se l’intervento è riuscito”
“E Colin? Glam?”
“Sono molto provati …
Si sono azzuffati, Colin era fuori di sé”
“Come mai?”
Ruffalo scosse il capo
riccioluto – “Farrell li ha visti insieme, così ha frainteso ed è andato via,
poi Jared lo ha inseguito in auto ed ad un incrocio, una camionetta dei
pompieri, a sirene spente, ha travolto il suo suv”
“Ma se Jay rivoleva
Colin, perché era con Glam?”
Mark sorrise mesto – “Forse
è stata una beffa del destino … Questa sua eterna incertezza, tra loro intendo”
“Nonostante sia un
adulto, con delle responsabilità, Jared non è mai riuscito a scegliere, forse
perché è legato ad entrambi da un amore incondizionato”
“Sì, può capitare …” –
ed i suoi occhi si abbassarono, timidamente.
“Tim mi sta aspettando
in hotel, siamo qui per … Per un progetto speciale” – e le sue iridi si
illuminarono.
Nascondere la verità a
Mark sarebbe stato così stupido.
Ed inutile.
“Una seconda adozione,
Niall?” – domandò senza scomporsi l’uomo.
Horan annuì,
emozionato.
“Bene … Layla avrà
compagnia, quindi … Sei contenta, principessa?” – e le baciò le manine,
commosso.
Anzi, scosso.
“Avrei voluto renderti
partecipe di questa cosa, in maniera diversa, sai?” – ammise sincero Niall.
“Non importa tesoro,
vederti felice mi basta … Avrei voluto esserne io l’artefice, ma ho sprecato la
mia occasione” – e gli ripassò Layla, con delicatezza.
Horan deglutì a vuoto.
“Mark …”
“Fai i tuoi acquisti,
io ti chiamerò un taxi, dopo … Non voglio andiate in giro da soli, ok?”
Horan si morse le
labbra, in quel modo così caro a Ruffalo, che si dimenticò di respirare – “Ok,
ti ringrazio … Faccio presto”
“Nessun problema”
Già,
nessun problema.
Fare l’amore con
Richard, era sempre così totalizzante, che Taylor si sentiva come travolto ed
assorbito da un vortice, che non gli dava scampo.
Ne usciva inebriato, ma
anche confuso, senza più alcun controllo.
La scusa di scendere a
prendere delle riviste, era stata l’unica gli venisse in mente, per potersi
prendere almeno un quarto d’ora di lucidità ed aria fresca.
Aveva sete, voglia di
un aperitivo e di riordinare le idee, dopo essere stato sballottato in quella
situazione, a causa di Michael.
Entrò in un bistrot,
con il cappuccio della felpa alzato, occhiali scuri, come se si vergognasse di
qualcosa.
Appena si accorse di
Farrell, appollaiato su di uno sgabello ed appoggiato malamente al bancone del
bar, Kitsch si precipitò da lui, preoccupandosi del suo evidente disagio.
“Colin che diavolo stai
combinando?!” – gli sibilò, ad un centimetro dall’orecchio, non senza
sostenerlo per un braccio ed il busto curvo.
“Da dove sbuchi, tu?” –
e, ridacchiando, l’irlandese lo guardò di sguincio.
“Molla quel bicchiere,
Dio, bevi a quest’oRa!”
“Le sbornie
scacciapensieri non hanno orario e tu mi stai rompendo le palle, sai?”
“Sei un ex alcolista,
come me, non possiamo neppure bere un sorso e ci riduciamo così, possibile tu
non lo sappia, Colin?!”
Farrell lo fissò.
“Geffen ti rende
felice? Il principe, intendo …”
“Ma cosa …?!”
“Ti ha già trascinato
in un casino, vero? Loro sono fatti così, buon sangue non mente” – e rise più
sguaiato.
“Ti porto via” – disse risoluto
il giovane, ma Farrell lo respinse, perdendo l’equilibrio ed innescando l’ilarità
circostante.
L’arrivo di Vas fu
provvidenziale.
Pochi passi ed i tre
arrivarono al blindato del sovietico, che caricò Colin, senza dare retta alle
sue inutili e colorite proteste.
Il tutto immortalato
dagli astanti, che avrebbero provveduto a pubblicizzare quell’imbarazzante
situazione sui social, in una manciata di secondi, senza che nessuno potesse
impedirlo.
“Dove stiamo andando,
dove mi porti?!” – sbraitò Farrell, addossandosi alla portiera, mentre Taylor
si era seduto davanti con il bodyguard.
“A casa …”
“Quale casa?!”
“Quella dove rimarremo,
finché Jared non si sarà ristabilito” – spiegò Kitsch, esausto.
“Ah ecco … L’imperatore
ha deciso, riunendo tutti i suo burattini …!”
“Ma piantala Colin,
cazzo!!”
“Mi … mi viene da
vomitare …” – balbettò improvviso – “Accosta, per favore Vas!”
Il russo non se lo fece
ripetere e Taylor aiutò Colin a liberarsi, temendo che cadesse nel canale, ai
bordi del quale si erano fermati.
Tremando, l’ex bad boy
cercò l’abbraccio del collega, che non glielo negò.
“Io … io non so più …” –
singhiozzò lacerato – “… mi dispiace Taylor”
“Non importa, dai, è
passata, ok?” – e gli sorrise, tamponandogli il volto con un fazzoletto – “Ora
ti dai una ripulita e poi andiamo da Jared, che ne dici?” – propose con una
dolcezza disarmante.
Farrell gli sfiorò gli
zigomi, con i pollici, scrutandolo, come se cercasse qualcosa in lui.
“Io non sono … non sono
la persona squallida, che Constance crede”
“Constance? La mamma di
Jay?”
“Sì, lei …”
“E’ arrabbiata con te?”
“Lo è da un pezzo,
nonostante abbia dimostrato di valere, al fianco di suo figlio, di essere all’altezza
del suo amore, per me”
Vas li stava
osservando, tenendo d’occhio anche l’arrivo di qualche paparazzo, nonostante si
trovassero in una strada laterale e deserta.
“Togliamoci da qui
Colin, parleremo con calma in auto, se vuoi oppure”
“Vas sa tutto di noi” –
sorrise smarrito – “… e non ci ha mai giudicati”
“Credo che neppure
Constance avesse questa intenzione, sai? Lei è sconvolta per Jared, lo siamo
tutti”
“A lui si perdona ogni
errore, a me no … E poi sono io il primo a farlo, con mio marito”
“Forse dovreste
prendere strade differenti, restando gli ottimi genitori che siete”
“Tu credi sia la
soluzione finale? Ci abbiamo provato, ma è così estrema e destabilizzante,
Taylor”
“Lo immagino, il vostro
è un legame simbiotico, ma anche malsano: non so spiegarmi altrimenti tante
sofferenze”
“Forse hai ragione …
Dovrei imparare a vivere senza Jay … Dovremmo farlo, sia lui che io … Forse, un
giorno, potremmo incontrarci di nuovo ed innamorarci”
“Tu non vuoi nessun
altro nella tua vita, se speri che ciò accada anche in futuro, senza concederti
almeno un’alternativa … Questo è il dilemma Colin … Solo questo.”
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