venerdì 23 gennaio 2015

LIFE - CAPITOLO N. 84

Capitolo n. 84 – life



L’alba su Los Angeles lo stava accecando, sulla via di casa.

Vassilly guidava il primo hummer, mentre sul secondo c’erano Peter, con Kevin, Tim e Layla, diretti alla Joy’s House, mentre Geffen proseguì verso Malibu.

Glam controllò i messaggi sul palmare, notando alcuni sms di Jared, tra cui la mappa per raggiungere l’indirizzo, per il loro appuntamento a Londra.

Evitò di dargli risposte, almeno non nell’immediato.

Appena varcata la soglia, l’avvocato posò il trolley nell’ingresso, stancamente.

C’era un silenzio ovattato, tra i bagliori delle luminarie accese un po’ ovunque ed allestite da Downey con l’aiuto di Pepe.

Il bimbo era nel mondo dei sogni e Glam passò da lui, unicamente per controllare che stesse bene.
Gli rimboccò le coperte e Pepe si raggomitolò, sussurrando un “… ciao papà”, ancora troppo addormentato per aprire gli occhi su di lui, che lo stava guardando amorevole.

“Dormi cucciolo, ci vediamo a colazione …” – disse piano, l’uomo, dandogli una carezza tra i riccioli scuri.

Anche Downey si era assopito pesantemente, forse per il sonnifero, dimenticato sul comodino, che Geffen ripose nel cassetto, non senza inspirare greve.

Geffen gli si coricò accanto, dopo essersi spogliato completamente: Robert ebbe un sussulto, appena percepì la sua presenza.

Si intrecciò a lui, schiudendo le palpebre tremolanti – “Ciao …”

“Ciao amore, scusami, non volevo svegliarti” – gli mormorò nel collo, posandovi un bacio carico di commozione, che Geffen provò a nascondere, come il suo viso, in quell’incavo profumato.

Robert cercò le sue labbra, fondendole alle proprie e lasciandosi togliere il poco che aveva, a rivestire quel corpo proporzionato ed incantevole, di cui ben presto il consorte si impossessò, con cautela e passione, in una lotta di sensazioni vivide ed assolute.

L’attore gemette ad ogni affondo, non senza guardarlo, per fargli capire che era con lui che stava facendo l’amore e non con chissà quale fantasma.

Lo stesso, che però, lo stava nuovamente derubando di quella creatura speciale, incredibile, che era Robert Downey Jr.




Mark lo aspettò rannicchiato sullo zerbino, antistante l’entrata del suo studio.

Laurie sorrise – “Ehi, ma da quanto sei qui?”

“Dieci minuti” – replicò Ruffalo, sollevandosi, per poi spazzolarsi i pantaloni con i palmi gelati, come le sue chiappe.

“Non potevi sederti sulla panca?” – chiese l’analista, facendogli strada.

“Mi piaceva di più lì e poi non c’era nessuno” – sbuffò, posando due beveroni di caffè sopra la scrivania di Brendan.

“E quelli?”

“Per cominciare bene la giornata!” – bissò più disteso, accomodandosi.

“Grazie … Devo comunque chiederti una cosa, prima di cominciare Mark”

“Ti ascolto” – disse sorseggiando la bevanda bollente.

“Vuoi diventare ufficialmente mio paziente oppure hai solo bisogno di una chiacchierata tra amici, anzi, quasi colleghi in pratica?” – domandò garbato.

“Come con Niall? Una spalla su cui piangere?”

“Niall non ha pianto affatto” – rise – “E’ questo che ti ha raccontato? Ne dubito” – e si morse le labbra, lisciandosi mento e baffi.

Ruffalo lo stava scrutando, anche un po’ incuriosito dalle sue reazioni.

Sembrava un duello tra due pistoleri con le stesse chances di uscirne vivi o morti, emotivamente, da quel confronto diretto.

“No, ero io quello a frignare, proprio qui fuori, l’hai dimenticato?” – ribatté calmo.

“Tu eri solo preoccupato per il tuo fidanzato e questo lo capisco, per via di Geffen o meglio di Miller”

“Sì, anche Niall l’ha capito al volo e ci siamo ripromessi di aggiornarci sui nostri spostamenti, senza paranoie: lui sa che sono qui infatti”

“Ok Mark, quindi …?”

“Quindi vorrei entrare in terapia con te, sì, certo, compila pure la cartella” – affermò risoluto.

“D’accordo … I tuoi dati innanzitutto, basta compilare questo modulo, al resto penserò io, devo inserirli nel database, mentre per le nostre conversazioni prenderò appunti a mano: nel caso lo ritenessi necessario e con la tua approvazione, potremmo anche registrare o filmare future sedute”

“In quali casi avviene?”

“Ad esempio con ipnosi regressiva, mi sto specializzando, ho sostenuto anche degli esami, ho un attestato che lo certifica”

“Interessante Brendan … Anche Hugh la fa?

“No, lui ti rincoglionisce direttamente, con il suo sarcasmo acido” – scherzò, un po’ forzato.

“Come mai sei così teso, Brendan?” – e lo spiò di sottecchi, mentre stava scrivendo, in una bella grafia, un po’ della sua vita.

“Chi fa l’analisi a chi?” – e sorrise, recuperando un minimo della propria naturalezza e professionalità.

“Messaggio ricevuto … Sono pronto doc”

“Iniziamo dalla tua scelta di essere qui: vorrei conoscerne la motivazione”

“Niall ed io abbiamo un problema, un punto in cui non riusciamo ad incontrarci, non completamente: i figli”

“Pensavo aveste fatto dei passi avanti”

“Tu sai che non è così, perché Niall ti ha spiegato i suoi dubbi ed i suoi timori, infondati peraltro”

“Ok, lui ha paura di perderti, te l’ha confessato”

“Infatti, non ci sono segreti tra noi, Brendan” – disse con un punto di orgoglio, che infastidì Laurie, come se le sicurezze di Ruffalo fossero un po’ impertinenti, per quanto inossidabili.

“Allora trovate un punto di incontro, di mezzo, ma impegnandovi reciprocamente con abnegazione e senza poi recriminare un domani, sia che adottiate un bimbo, sia che vi rinunciate”

“Ma questo ferirebbe Niall …”

“Dai per scontato che sarai tu ad avere la meglio?”

“No … NO, non voglio segnare il punto, non me lo perdonerei mai!”

“Dunque cosa pensi di fare, Mark? Essendo il più adulto, tutti si aspetteranno, in prima fila Niall, che sarai tu a trovare una soluzione accettabile, non credi?”

Ruffalo fece un cenno, ossigenandosi – “Vorrei … Vorrei unicamente del tempo, per condividere anche altre esperienze con Niall … Dei viaggi, ad esempio, magari in luoghi dove non andrei mai da solo, ma con lui è diverso, con lui mi sento un leone” – sorrise puro – “… E non potremmo portarci un fagottino al seguito, sarebbe pericoloso”

“Vuoi forse intraprendere un safari in Kenia?” – e rise, un po’ provocatorio.

“Dio, mi sembri Hugh adesso” – sbottò il docente.

“Ma no … Tu sai cosa intendo”

“Non metterei mai in pericolo Niall, in senso generale, penso che si sia capito, almeno questo di me”

“Certo Mark”

“In compenso potremmo visitare paesi stranieri dal fascino misterioso, stimolanti per cultura ed usi differenti dai nostri, è un mio sogno, mai realizzato, però non fossilizzarti su questo, ok?”

“L’importante è che non lo faccia tu, non trovi? Sappiamo bene quanto Niall tenga a diventare genitore, ma sono certo che saprà accondiscendere ad un compromesso più che ragionevole per entrambi”

“E tu ci aiuterai?”

“Non faccio l’intermediario, però sono disponibile ad ascoltarlo nuovamente, anche insieme a te Mark”

“Terapia di coppia?”

“Una specie …” – e chiuse il fascicolo, controllando l’ora – “Tempo scaduto prof … ci vediamo lunedì?”

“Stessa ora?”

“Stessa ora. Ciao Mark, salutami Niall, tanto so che gli racconterai ogni secondo di questa conversazione” – ed ammiccò gradevole, congedandolo.




Robert lo baciò tra le scapole, mentre Glam gli dava le spalle, abbracciato al cuscino e non a lui.

“Ho bisogno di bere” – esordì roco il legale, sedendosi sul bordo.

“Alle nove e trenta di mattina?” – chiese Downey smarrito.

“Sono schiavo delle mie dipendenze a qualsiasi ora, credo tu l’abbia appurato dal mio arrivo” – replicò mentre si vestiva, acido, per poi pentirsene all’istante.

“Non commettere i miei stessi errori, non portano da nessuna parte”

“Cosa intendi dire …?” – quindi capì – “Ti sei sbronzato Robert? Con cosa? E non pensi ai tuoi reni, accidenti!” – si alterò, tornando a sedersi al suo fianco, brandendogli le braccia tatuate e lisce.

Downey posò la fronte sulla sua spalla destra, singhiozzando piano – “Sarò sempre un coglione e questo mi spaventa a morte, sai?”

Geffen lo strinse forte, per poi sobbalzare ad un rumore ed alla vocina di Pepe.

“Ehi siete svegli?” – dopo di che il bimbo si affacciò.

Rob fece appena in tempo a precipitarsi in bagno, chiudendosi a chiave.

“Tesoro su vieni” – Glam gli tese le mani grandi.

Peter corse da lui – “Cos’ha papi Rob, non sta bene?”

“Doveva farsi la doccia …”

“Ah okkei … Papi è un po’ triste, sai?”

“Sì, lo so Pepe” – disse sconfortato.

“Ti sono piaciuti gli addobbi? Gli ho messi con papi Rob!”

“Mi dispiace di non avervi aiutato cucciolo” – e lo avvolse più solido, andando alla finestra.

“Mi ci porti ad Haiti, la prossima volta?”

“No amore, è pericoloso … Ho già perso Lula a Port au Prince e”

Pepe lo fissò, abbarbicato al suo petto – “E’ ancora lì, Lula?”

“No, lo abbiamo spostato qui, sì insomma”

“Nel posto dove si portano i fiori?”

“Esatto” – e gli diede un buffetto.

“Ok, se lo dici tu …” – sembrò assorto, poi si illuminò – “Posso avere il mio latte con i biscotti!?”

“Assolutamente sì … Andiamo, papi Rob scenderà presto …”




Jared si specchiò, seduto ad una toilette del settecento, ultimo acquisto della madre.

Con Farrell, avevano accettato di rimanere da lei un paio di giorni e quella camera per gli ospiti, sembrava destinata ad una principessa delle favole, dagli arredi alla tappezzeria, nei toni del rosa, bianco ed oro, un po’ ovunque.

Si contorse le dita, intrappolate tra le ginocchia nude: aveva addosso solo una tshirt del marito, ancora a letto, per un sonnellino post prandiale, rumoroso e divertente.

Constance ci andava pesante, tra spezie e verdure, anche fritte, per accontentare un minimo i gusti meno vegani del celebre genero.

La sua pasta alle melanzane, poi, era stata un successo anche con Jared, apparso ai commensali molto sereno.

Eamon e Steven erano rimasti nel soggiorno, a giocare a carte, con la madre del cantante, rinunciando a collaudare i numerosi divani di casa, seppure allettanti, con tutti quei cuscini indiani e plaid scozzesi, in un mix multicolore, gioioso e bene assortito.


“Non ne hai” – bofonchiò improvviso l’irlandese, il viso sprofondato nel guanciale.

“Cosa?” – Jared rise.

“Rughe!” – rise anche il moro, stiracchiandosi – “Vieni qui …” – lo invitò sornione.

Un jingle si intromise tra loro.

Leto inarcò un sopracciglio – “Nel 2022 solo tu usi ancora WhatsApp! Mai sopportata quell’applicazione” – e fece una smorfia, tornando sulla trapunta.

“E’ Jude! Lui e Taylor sono arrivati, un secondo che gli rispondo e … poi mi occupo di te!” – sogghignò.

“Uh che onore, Jude viene prima di me!”

Colin lo sbirciò suadente – “Non dire certe cose, potrei anche eccitarmi” – poi scoppiò a ridere come un ragazzino.

In fondo Farrell non aveva mai smesso di esserlo, almeno in minima parte, pensò Jared.
Mai lo avrebbe visto come un padre.

Come accadeva con Geffen.

Un pensiero affettuoso volò a lui, dal cuore di Jared, al di là dell’oceano, un pensiero senza voce, ma in compenso una miriade di immagini, che, affollandosi nella mente del leader dei Mars, lo distrassero per un frammento di tempo indefinibile, da ciò che stava vivendo, nel concreto.

Farrell gli diede una leggera spinta – “Ehi, dove sei ora?”

Leto deglutì a vuoto, guardandolo – “Sono qui, dove se no?”

“Sì, non sei trasparente, lo ammetto” – sorrise, andandogli più vicino possibile, per baciarlo, profondo.

Il corpo di Colin era bollente, dorato e proteso verso qualsiasi cosa avesse desiderato Jared in quell’attimo di loro, quando il mondo restava chiuso fuori, a vagare nella nebbiolina discesa all’improvviso tra le vie di Londra, anche in quel luogo, dove, a breve, qualcuno si sarebbe incontrato.

O ritrovato.




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