martedì 20 gennaio 2015

LIFE - CAPITOLO N. 83

Capitolo n. 83 – life



Geffen si fece una lunga doccia, come a togliersi di dosso quel fetore, che si sentiva sulla pelle, da quando Mendoza se n’era andato via, come un ladro dalla sua suite.

L’avvocato aveva mantenuto la sua promessa: cinquantamila dollari in contanti, ai quali non ne sarebbero seguiti di ulteriori, se non in caso di un convincente apporto di informazioni nuove alle sue indagini.
Era sua intenzione rimettersi in contatto con Dimitri, per farlo infiltrare nel covo di Ernando, lo zio di Alviero jr.

In fondo il sovietico era sacrificabile, senza troppi rimorsi, pensò Geffen, tamponandosi l’addome nuovamente palestrato, dopo essersi avvolto i fianchi in un telo bianco, lungo sino ai piedi scalzi.

Stava gocciolando sulla preziosa moquette, ma non ci badava, troppo concentrato su quelle elucubrazioni mentali: uscì sul terrazzo, a godersi la brezza serale.

Il panorama era incantevole, sulla città di notte, tempestata di migliaia di luci, persino simile a Los Angeles, dove aveva lasciato Pepe e Robert.

Robert …

Gli mancava da morire.
Stava per comporre il suo numero, ma qualcuno bussò alla porta: era Kevin.

“Tesoro ciao … credevo dormissi”

“A quest’ora? Veramente abbiamo ordinato la cena in camera daddy, se vuoi unirti a noi, ci farebbe un immenso piacere”

“Su entra, vado a vestirmi allora …”

“Che entusiasmo, brutta giornata? Si può sapere dove sei finito?” – chiese ripiegandogli gli abiti su di una seggiola, una vecchia abitudine, molto cara al bassista.

Dalla giacca cadde la pistola.

“Daddy … Cristo santo, cos’è questo ferro?!!” – sbottò l’ex, fissandolo, mentre tornava dal bagno in boxer.

Kevin avvampò.
Geffen era in piena forma, abbronzato e tonico.

Era da un pezzo che il giovane non lo vedeva così, anche se la confidenza tra loro non era mai venuta meno.

“Perché mi guardi in quel modo?” – domandò l’uomo, infilandosi i primi pantaloni pescati dall’armadio semi vuoto.

“No … No, è che non mi piace l’artiglieria, lo dovresti sapere!” – ed uscì sul balcone, versandosi da bere dalla caraffa di succo ai frutti tropicali, dimenticato sulla balaustra da Glam stesso, che non tardò a raggiungerlo.

“Kevin non fare piazzate inutili, tu sai come funziona a Port au Prince” – disse afflitto, poi lo abbraccio, a dorso nudo.

“Daddy io … Io non so in quale guaio ti stai cacciando, ma io ho paura per te” – sussurrò emozionato ed in crisi di ossigeno, per il buon odore di dopobarba, che lo aveva investito, in quella stretta intensa, ma innocente, nelle intenzioni di Glam.

“Lo so, ma non posso tirarmi indietro, non adesso Kevin: c’è in gioco la sicurezza della nostra famiglia, l’incolumità del sottoscritto, ma, soprattutto, la vostra serenità … Non voglio che vi accada più nulla e questa gente non ha scrupoli: chiunque mi stia accanto, è potenzialmente in pericolo”

“Ora ti fai delle paranoie inutili” – e si distaccò lieve.

“No, non credo, vorrei tu avessi ragione, Dio sa quanto … accidenti” – ed inspirò, andando a finire di coprirsi con una t-shirt.

Kevin seguì i suoi movimenti, attento alle sue espressioni.

“Anche con Rob ci sono problemi, vero?”

“Si sta allontanando, sempre di più, anche se gli dispiace, è evidente”

“Avete appena adottato Pepe …”

“No, non è esattamente così … La pratica giace sulla mia scrivania da pochi giorni: Miss. Gramble ha sciolto la sua riserva, possiamo procedere, ma Robert non lo sa”

“E cosa aspetti a dirglielo? Potrebbe significare una svolta per voi!” – e sorrise fiducioso.

“Accadrà a Londra … Solo che” – e si morse le labbra.

“Che c’è daddy …?”

“No, nulla” – e forzò un sorriso, era bellissimo, nei suoi sessantuno anni – “… Avanti andiamo, Tim e Layla ci stanno aspettando e voglio coccolare quella cucciolina fantastica”

“Ok … Come vuoi tu Glam. Andiamo.”




Law si grattò la nuca, saldando, con la spalla, il cellulare all’orecchio sinistro.
Se ne stava poco distante da Taylor, impegnato a prendere i bagagli dal rullo apposito.

“Certo che potevi venire con noi Rob, insieme a Pepe” – si lagnò l’inglese, abbozzando sorrisi in direzione di Kitsch.

“No, preferisco aspettare Glam, useremo il suo jet credo”

“Hai pensato a ciò che ti ho detto?”

“Non ho mai smesso, da quando ci siamo visti” – bissò sincero, detestava i giochetti e le stupide strategie dell’amore e del corteggiamento.

Con Jude non erano mai servite: si innamorarono dalla loro prima stretta di mano.

“Ok, ne riparleremo, è ovvio amore”

Amore …

“Sì …”  - replicò il moro, con un filo di voce.

“Devo lasciarti, ci vediamo nel fine settimana: non perderti Rob, ti voglio bene”

Fu sbrigativo, ma salvò Downey da quell’imbarazzo, che lo stava distruggendo.

A poco, a poco.




Ruffalo lo cinse a cucchiaio, così amava dormire allacciato a Niall.

“Siamo stati bravi” – sussurrò il ragazzino.

“Direi che ci meritiamo un premio” – replicò lui sensuale.

“Mark c’è la bimba nell’altra stanza” – puntualizzò ridendo.

“Appunto è di là, mica qui tra noi” – sbuffò, ma complice, non voleva certo discutere, anzi.

In compenso, voltò a sé Horan, aprendogli la casacca del pigiama, per spargere baci ovunque potesse arrivare, con le sue labbra letteralmente infuocate.

Niall si inarcò ripetutamente, provando a resistere ai suoi attacchi, ma poi si arrese, appena la sua erezione finì dritta sino alle tonsille del più adulto.

“Dio Mark … no non puoi” – balbettò tremandogli tra la lingua ed il palato.

Ruffalo sorrise con gli occhi, ma poi sussultò nel percepire la vocina di Petra, oltre l’uscio chiuso a chiave.

Stava tuonando da alcuni minuti ed il temporale avrebbe spaventato qualsiasi cucciolo.

Horan si ricompose avvampando.

“Zii posso venire nel lettone con voi?” – chiese lei, restando educatamente immobile, con l’orsetto premuto sulla stoffa di una vestaglia in pile, stampata di farfalle e fiori giganti.

Ruffalo andò ad aprirle – “Sì, certo piccola”

“Grazie!” – e con una corsetta buffa, si gettò tra le ali di Niall, che la cullò subito.

“Non spaventarti, vedrai che passa presto”

“Speriamo di no, vorrei fare nanna qui sino a domattina!” – e rise divertita, anche dalla faccia stranita del professore, che tornò mesto al proprio posto.




Downey si rannicchiò sotto al piumone, fissando il visore, che si stava illuminando del volto sorridente del marito.

Adorava quella foto ed adorava ogni cosa di lui, così come si stava detestando, per cosa sarebbe accaduto in Inghilterra, da lì a breve, durante le festività ormai prossime.

“Ciao Glam …” – si decise a rispondere.

“Tesoro ti ho svegliato? Non ho controllato il fuso orario …”

“No, è solo mezzanotte non preoccuparti … Come state? La bimba?”

“Ti mando un’immagine quando riattacco, così vedi quanto è carina” – e sorrise.

“Ok …”

“Mi manchi” – disse di rimando, esprimendo anche il pensiero del consorte, che non riusciva ad essere spontaneo.

“Anche tu … anche a Pepe”

“Siete pronti? Domani torno e sabato decolliamo per Heatrow”

“Jude e Taylor sono già là, mi hanno avvisato ecco”

“Sì, so che avresti preferito unirti a loro e”

“Non ho mai detto questo Glam” – rise in piena tensione – “… Io voglio andarci con te”

“D’accordo, mi rendi felice”

Lo avrebbe amato oltre sé stesso, pur sapendo che Downey era pronto a lasciarlo, da mille sensazioni, che ormai Geffen non contava neppure più.

“E con i Mendoza?” – domandò tossendo.

“Ce l’hai l’acqua sul comodino?” – sorrise, pensando che a quel dettaglio provvedeva sempre lui.

“No, l’ho dimenticata … Come al solito” – sbuffò.

“Ho avuto un contatto, tutto liscio, non stare in pena, niente rappresaglie” – scherzò, ricordando la loro brutta discussione prima di partire.

“Allora non ti sei arreso”

“A volte capita anche a me Rob … Da non credere, vero?”

Io sono Glam Geffen e sono tornato.
Quella frase, anche un po’ per canzonarlo amorevolmente, Robert gliela aveva fatta incidere su di una targa, appendendogliela poi accanto al letto.
Ora l’attore la stava scrutando.

“Ti voglio bene Glam … Tu ci salverai tutti, a costo di”

“A qualsiasi costo Robert” – lo interruppe, senza irruenza, solo con sconfinato amore.

“Io ti amo” – e si asciugò una lacrima, guardandosi intorno, in quella reggia, che Geffen aveva acquistato e desiderato insieme a lui, come ogni loro scelta, senza mai prevaricarlo.

“Perché stai piangendo?” – domandò altrettanto triste.

“Perché vorrei tu fossi già qui” – ed era vero, almeno in parte.

“Ci sarò presto e lo sai … Fammi un sorriso, vuoi?”

“Sì Glam … Lo sto facendo …”

“Sicuro? Dovrei chiederlo alla luna se stai dicendo una bugia, per rassicurarmi” – replicò dolce, avvolgendolo con il proprio timbro, caldo e presente.

Downey si mise seduto, raccogliendo le gambe, nella semioscurità.

“Nessuno ti merita Glam”

Era un’amara constatazione.
O conclusione.




Matt non riusciva a crederci, al recente cambiamento, dal loro arrivo in quel loft, di proprietà di Meliti, decentrato, ma all’interno di un comprensorio più che signorile.

“Ti decidi?!” – rise Dimitri, invocandolo dalla stanza accanto, dove si era immerso in una vasca idromassaggio, comoda per entrambi.

Miller aveva acceso diverse candele avorio e pesca, disponendole sul parquet lucido, all’interno di ampolle in cristallo trasparente.

Si creò presto un’atmosfera suggestiva e carica di profumi esotici.

“Sì arrivo Dim” – mormorò innamorato, con il timore di svegliarsi, se avesse alzato il tono delle sue risposte, perché quello era di sicuro un sogno.

Oppure un’allucinazione, non faceva che ripeterselo.

Le carezze del mercenario, però, lo riportarono alla realtà e quando il suo membro, lo impalò delicatamente, scivolando tra schiuma ed acqua all’interno della sua apertura pulsante di bramosia, Matt si avvinghiò a lui, con l’eterna paura di rimanere da solo.

Muovendosi capace, Miller piangeva senza lamentarsi, perché a cavalcioni sopra l’amante ed invaso da quest’ultimo e dalla sua virilità, voleva unicamente procurargli piacere, come se bastasse per legarlo definitivamente a sé.

Dimitri gli massaggiava la schiena, accompagnandolo ora in quel movimento ipnotico, sollevandolo con i palmi, per i glutei sodi e così Matt aumentò il ritmo, divenuto ormai sinergico con quello dei fianchi caparbi dell’altro, che non si dimenticò, nonostante l’estasi, di masturbarlo, affinché raggiungessero il culmine quasi all’unisono.

Esplosero, tra emozioni e spasmi.

Si baciarono, sorridendosi con gli occhi, accesi da un certo stupore.

Al pomeriggio avevano anche fatto la spesa, comprato cianfrusaglie in uno store di asiatici, ora stavano facendo l’amore.

Come una coppia qualunque.

Come se nulla potesse essere ancora terribile, annidato nel reciproco passato, che avrebbero voluto seppellire in fondo all’oceano.

Per sempre.



















Nessun commento:

Posta un commento