giovedì 8 gennaio 2015

LIFE - CAPITOLO N. 79

Capitolo n. 79 – life



Il calore della sue dita, gli lambì le caviglie, poi una sensazione umida, piacevole, altrettanto calda, infine un tocco morbido, di lana ed ancora le sue mani, le mani di Jude, che aveva posato un bacio, su quella porzione di pelle, tra i piedi nudi e le gambe di Robert, liberato dagli indumenti, per metterlo sotto la doccia e fargli riprendere i sensi, prima di stenderlo sul letto, di una camera per gli ospiti.

Law gli rimboccò la coperta, intorno al busto, cercando poi una maglietta in un cassettone, purtroppo vuoto.

“Tesoro dove tieni i vestiti?”

“Nella mia stanza …” – gli replicò roco l’americano, fissando la sua schiena e tutto di lui.

Del suo Jude.

“Allora salgo a prenderli, presumo sia di sopra” – sorrise.

“No, no lascia stare, voglio dormire ed ho un bisogno fottuto di bere” – ed inspirò, rifugiando il profilo nel cuscino.

“Non te lo permetterò … E poi come parli, Robert, non ti riconosco” – e rise, provando a mitigare la situazione.

“Neppure io riconosco chi mi sta davanti: piombi qui, come un pazzo o meglio, dici cose che direbbe solo un … un pazzo”

“La tua durezza non mi farà cambiare idea ed anche se adesso mi respingi io”

“Sono sposato con Glam ed abbiamo un bambino!” – gli urlò, scattando a sedersi, i pugni chiusi, dolenti, tra le lenzuola stropicciate.

Jude prese fiato, strofinandosi la faccia abbronzata.

“Ti lascio il tempo per riflettere, è doveroso, Rob, ma solo sino a Londra, dove ci ritroveremo e mi darai una risposta, ok?”

“Ma scherzi, vero?!” – e si alzò, un po’ incerto, nudo.

Downey recuperò il telo spugna, ancora fradicio, avvolgendosi dai fianchi in giù.

“Robert non agitarti di nuovo”

“Tu, io, Taylor e Glam, nella tua città, a Natale e noi due a complottare, come adolescenti, sul piantare in asso o meno i nostri uomini, la sera prima del ballo della scuola??!”

Era furente.
Disidratato ed ansimava ogni frase.

Law prese dell’acqua e gliela porse – “Ti prego bevine un po’ amore”

“ED IO TI SUPPLICO DI ANDARTENE JUDE!!”




I passi di Kevin furono leggeri, mentre gli si avvicinava, alle spalle.

“Ehi daddy, tutto bene?”

“Ciao tesoro, sì, sì, non preoccuparti ho solo un po’ di febbre” – gli rispose, con dolcezza, tamponandosi il volto gocciolante.

“Ti ho notato, mentre fuggivi qui, come se avessi visto un fantasma, l’impressione era quella” – rise affettuoso, sistemandogli i bottoni della camicia, allacciata storta.

“E’ un periodo complicato Kevin”

“Sì, lo so, eri nervoso anche dal nonno, insomma … Con Robert è già finita? Scusa se sono brusco, ma non voglio vederti soffrire e se posso aiutarti, non hai che da chiedermelo, ok?”

Geffen si ossigenò.

“Ti ringrazio … Ora, però, la tua priorità sono Tim ed il figlio, che accoglierete nella vostra famiglia, mentre il tuo vecchio ex saprà cavarsela da solo” – rise aspro – “… e poi con Robert, no, non è finita …”

“Ok daddy …” – e sorrise timido, senza sapersi staccare da quel modo, che aveva di definirlo ancora.
Di sentirlo.

“Ok. Ora andiamo.”




Colin si sistemò i capelli con il gel, osservando la sua immagine allo specchio.

Jared aveva ragione.

Farrell stava “invecchiando” molto bene.

Il suo fascino sembrava acuirsi, di anno in anno ed appena Eamon varcò la soglia del bagno della suite, affittata dalla coppia per quella settimana, lo canzonò immediato.

“Ehi vuoi candidarti a Mr. Universo?!”

“Fratellone!” – lo accolse allegro, abbracciandolo forte.

“Ciao Colin, ti vedo in forma!”

“E tu a che mese sei?” – e ridacchiò, lisciandogli la pancia prominente, di chi ama champagne e manicaretti.

“A Steven piaccio così!” – obiettò imbronciandosi per un attimo, per poi scoppiare a ridere.

“Oh lo so, lo so … Ed a Jared io piaccio così, del resto, ma è dura tenersi in allenamento costante, sai? Ma ne vale la pena”

“E la mia acciughina preferita dov’è?”

“E’ andato a prendersi un po’ di coccole dalla mamma, scortandola dal parrucchiere, poi dall’estetista, insomma un giro tutto loro, io ero di troppo, perché sparleranno di me sicuramente!”

“E dai Cole, non ci credo … Su vieni, facciamolo anche noi!”




Lux chiuse la valigia, controllando biglietti e passaporto.

Jerome gli aveva grugnito al telefono un po’ di insulti coloriti, prima di accettare la sua proposta di accompagnarlo in Svizzera, per fargli un po’ di compagnia, durante il trattamento miracoloso, che lo avrebbe restituito al mondo, sano come un pesce.

Queste furono le parole rassicuranti di Mason, mentre gli consegnava cartella clinica ed istruzioni, per raggiungere la clinica elvetica.

Louis lo stava spiando da più di cinque minuti, in silenzio.

“Ehi anche noi stiamo per andarcene …”

“Mon petit, dai entra, che fai lì?” – e gli sorrise paterno, per poi abbracciarlo – “Andarvene, ma non eravamo d’accordo che”

“No, no aspetta Vincent, ci sono novità …” – e sorrise – “… Sì insomma, Glam ha passato a Harry una montagna di pratiche da seguire, come consulente esterno ed ha già versato un congruo anticipo: ora andiamo a cercarci un loft in affitto, in una zona migliore, capisci? Stiamo facendo nuovi progetti”

“Sono ottime notizie Lou, ne sono felice”

“Haz non rientrerà allo studio Geffen, come desiderava, però lavorerà per loro: una giusta via di mezzo antistress” – spiegò sereno.

Lux annuì – “Bon! Come vedi le cose stanno andando al loro posto, a poco a poco, mon petit”

“Sì, però avremmo voluto venire con te e lo faremmo ancora, se tu solo volessi”

“Ma non lo voglio” – rise – “… Voi dovete restare con Petra, andare per agenzie, però prima del trasloco, potreste rimanere qui: c’è la cuoca, poi la governante, insomma anche la bimba sarebbe seguita, quando voi avrete da sbrigare pratiche, che ne pensi? Dillo ad Harry, ok?”

“Ok …” – e gli si appese al collo, stampandogli un bacio sulla guancia sinistra – “Grazie infinite Vincent … Sei unico”

“Io vi voglio bene … Siete la mia famiglia, non dimenticarlo mai, mon petit.”




Quel pranzo sembrò andare meglio, già dalla prima portata.

L’unica differenza era la presenza della mamma di Zayn, al loro tavolo, oltre a George, che Liam salutò con educazione, stabilendo un immediato clima di armonia.

La signora Malik era socievole, ben disposta verso Payne, che sotto la tovaglia stringeva la mano di Zayn, guardandolo sempre, incontrando puntuale il suo sorriso.

Quell’esserino tutto spigoli, che aveva amato con la paura di spezzarlo come un giunco, sino a pochi minuti prima di uscire di casa, ora era la persona più statuaria, nel proprio sostegno, che il vulcanologo potesse trovare.

Ed amare, incondizionatamente, senza più frottole, senza drogarsi, se non di Zayn stesso.

“Quindi se volete unirvi a noi, per il Capodanno, a Parigi” – propose l’archeologa, non lasciando parlare mai il consorte, che ammiccava verso Zayn, consapevole della logorrea cronica della madre.

“Non saprei signora Malik, a me piacerebbe” – replicò esitante Liam.

“Ne parleremo con calma, decideremo insieme” – e, nel dirlo, Zayn lo baciò nel collo, mandandogli in subbuglio ogni senso.

“Per Natale, invece, mio padre ci voleva riunire, ad un ricevimento, in quel nuovo locale sulla spiaggia … Dark blue si chiama” – accennò Payne.

“Sì, è del fratello di Louis e ci lavora anche lui” – precisò George, guardando il figlio.

“Papà non ne era a conoscenza, ovviamente” – Liam rise imbarazzato.

“Possiamo cambiare posto” – intervenne Zee, smarrito.

“No Zee, no piccolo, non sarà necessario: dovremo abituarci a vivere tutti nella stessa città, senza più ombre, senza più segreti” – e lo baciò teneramente, commuovendo i suoi genitori.




Tim gli portò una tisana, poi gli sorrise, appena Geffen lo guardò.

“Forse era meglio un brandy, vero Glam?”

“Forse … Berrò questa, non voglio sbronzarmi, non oggi”

“Tra poco atterreremo ed io sono terrorizzato, sai?” – e si accomodò nella poltrona antistante quella del legale.

Il suo jet era bene arredato e funzionale.

“Sì, lo ero anch’io, prima di firmare i documenti dell’adozione di Lula … E pensa, fu Jared a convincermi” – rammentò malinconico.

“Conosco i dubbi, che ebbe Kevin, poi si innamorò talmente di soldino che” – e si morse le labbra, innocente.

“Nessuno resisteva a quella peste adorabile” – e strizzò le palpebre, immaginandosi tra le nuvole lì sotto, il suo sorriso.

Lula c’era sempre, tra loro, in qualche modo.

“Kevin è preoccupato per te, Glam ed io non sono da meno” – rise simpatico.

“Tu sei sempre stato nel mio cuore Tim, perché hai reso felice Kevin, perché hai voluto bene a soldino e lui ti amava, eri il suo terzo papà ed io so di potere contare su di te”

“Appunto, quindi se vuoi sfogarti”

“Vedi Tim, come so complicarmi la vita io, non ci riuscirebbe nessuno”

“Hai un cuore grande Glam, in molti ci cercano uno spazio, magari sgomitando”

“Sono giochi pericolosi, anche se io non l’ho mai fatto con i sentimenti, nonostante mi si possa accusare, a piena ragione, di superficialità nel gestire le mie relazioni, spesso inconcludenti”

“Ti sbagli” – scosse a testa – “… quando qualcuno è nei guai, corre da te e mai che tu dica di no, te ne rendi conto? Sei talmente generoso, altruista, guarda ciò che hai fatto alla fondazione”

“Sono loro ad avere salvato me e non viceversa Tim” – sorrise distratto da mille pensieri.

“Ora torno da Kevin … Già mi manca” – gli bisbigliò, per poi allontanarsi senza fare rumore.





Sassi sull’oceano.

Downey li stava tirando da alcuni minuti.
Di solitudine.

Dopo avere piantato nella sabbia, una bottiglia di vodka, già vuota a metà.

“Non dovresti bere”

La sua voce non gli era familiare.

Si girò per vedere chi fosse.

“Brent …? Tu sei Brent giusto?” – e rise scomposto, barcollando.

Tomlinson jr lo sorresse – “Sì, sono io”

“E cosa ci fai tu qui, bel fanciullo?” – e si scostò, continuando a puntarlo come se il giovane fosse un alieno.

“Faccio una pausa … Lavoro qui vicino, te ne sei scordato Robert?”

“Uhm sì … Eccolo là il Dark Blue, già addobbato a festa … E’ qui la festa, cazzo!” – gridò al vento ed ai gabbiani, vedendoli volteggiare in una strana nebbia.

“Perché fai così?”

“Così come? Ahh mi ubriaco? Non sono affari tuoi” – e crollò, come un fantoccio, la bottiglia tra le gambe divaricate, lo sguardo fisso su di essa, allucinato.

“Senti, ti offro il pranzo e molto caffè, che ne pensi?” – propose garbato, inginocchiandosi al suo lato destro.

“Non ho molta fame …”

“Ci sono lasagne e parmigiana, so che sono tra i tuoi piatti preferiti, oggi lo chef cucina italiano”

“Cucina oppure è, italiano?” – biascicò.

“E’ vietnamita …”

Downey rise mesto – “Amo l’Italia, avevo preso una casa, un appartamento da sogno, a Milano, conosci Milano, Brent?”

“Sì, più o meno …”

“Poi l’ho venduta e ne ho acquistate altre, per i nostri figli, miei e di Jude, forse pensando che ognuno di loro ne avesse scelta una, prima o poi, per andarci a vivere … che stronzata, non credi? Scegliere per la vita altrui … Nessuno ne ha il diritto”

“Mio padre lo aveva fatto, in ogni dettaglio e pensava fosse giusto, che fosse quello il modo di volermi bene, non ne conosceva altri”

“Nemmeno il mio, te lo assicuro” – sembrò più lucido sull’ultima affermazione, nonostante il suo alito.

Downey iniziò a piangere, vergognandosene a morte.

“Mi dispiace … Mi dispiace così tanto Brent” - singhiozzò sconfitto l'attore.


Brent lo avvolse, aiutandolo ad alzarsi – “Sul retro c’è il mio ufficio, con un bel divano: ti corichi ed io ti porto da mangiare, ok?”

“Ok … sei … sei una brava persona Brent”

“Anche tu Robert. Anche tu, non dimenticarlo mai.”

BRENT




Nessun commento:

Posta un commento