Capitolo n. 82 – life
Layla aveva occhi
grandi e pieni di speranza.
Probabilmente quella di
incontrare il sorriso di Kevin e Tim, che la stavano ammirando, rapiti
dall’intensità di quello sguardo e dalla simpatia, di quel fagottino, adagiato
in una culla bianca, pronto ad andarsene via con loro, verso Los Angeles.
“Dio è … è bellissima”
– sussurrò l’ex di Geffen, che se ne stava appoggiato allo stipite,
all’ingresso della nursery della fondazione, in silenzio, come a vegliare su
quel momento così speciale.
“Sì, posso prenderla?”
– chiese educato Tim all’infermiera, che annuì.
“Le ho fatto i codini,
lei ride quando la si pettina” – spiegò lei affabile, passandogli la cucciola,
che si morse i pugni chiusi, emozionata quanto il giovane, che stava tremando,
avvolto dalle ali premurose del compagno.
“Ok Layla eccoci qui …
Sei un amore …” – e si commosse, mentre il bassista aggiustava il vestito alla
bimba, compiaciuta da tante attenzioni.
Glam sorrise sereno,
poi se ne andò in punta di piedi.
Aveva un appuntamento
in centro, che non poteva rimandare.
Louis aveva accettato
ben volentieri l’invito di Niall a fare shopping natalizio.
“Tutto bene con Mark?”
– chiese Tomlinson, mentre l’amico frugava dentro ad una cesta, colma di vecchi
dvd.
“Sì, ci sposiamo a
febbraio” – replicò, con una vaga superficialità.
“Wow! Ma è stupendo!” –
Boo si illuminò.
“Lo sarà quando
chiariremo la questione figli” – bissò lui distratto.
“Sembri un disco rotto
Niall” – rise, porgendogli una raccolta di film dell’orrore, esposta ad un
prezzo stracciato.
Horan lo fissò
sconsolato – “E’ ciò che prima o poi mi dirà anche Mark, mollandomi senza
pensarci due volte”
“E tu cambia direzione!”
– Lou rise – “E discorso, perché neppure Mark è un santo, anche se ti adora più
della sua stessa vita, è evidente”
Niall si appoggiò ad
una parete pubblicitaria, ossigenandosi – “Lo amo anch’io ed i miei sentimenti
non muteranno nemmeno se lui” – e si concentrò su di un pensiero scomodo,
trattenendo il fiato.
Boo gli accarezzò la
spalla sinistra, affettuoso – “Cercate un punto di incontro, siete così belli
insieme, come pochi che conosco, te lo assicuro”
Horan annuì, per poi
abbracciarlo, per il bisogno di aggrapparsi a qualcuno, che sentiva così simile
– “Grazie per non avermi escluso dalle vostre vite e per farmi vedere ancora
Petra …”
“Tu sei il suo zio
preferito, lei è pazza di te … Un po’ come Mark” – scherzò, dicendo
terribilmente sul serio.
Alviero Mendoza jr si
tormentava le mani, guardandosi in giro, sobbalzando ad ogni rumore,
proveniente dalla strada, che correva davanti a quel bar, più simile ad una bettola
malfamata.
Geffen lo stava
scrutando, seduti al tavolino in fondo al locale, accanto alle cucine
maleodoranti.
“Io … io corro un
grosso rischio, ad essere qui con te!” – esordì spaventato, puntando Glam, come
se fosse un alieno.
“Di cosa ti sei fatto,
cazzo!?” – ringhiò l’avvocato, che sotto alla giacca nascondeva un revolver non
denunciato regolarmente.
Alviero era uno degli eredi del
boss ucciso un paio di anni prima, la pecora nera della famiglia, era un
tossico da quando aveva dodici anni.
Essere arrivato alla
soglia della trentina, sembrò a tutti un miracolo.
In compenso anche una
maledizione, con tutto il denaro, che Alviero sperperava in donne e vizi vari.
“Allora queste
informazioni? So che sei al verde e che tuo zio Ernando ha chiuso i rubinetti
da più di un mese, quindi se vuoi il mio aiuto, parla!” – lo sollecitò Geffen,
che non vedeva l’ora di andarsene.
“Ok, ma dove sono i
dollari?! Non puoi tenerli nei jeans!” obiettò tremando e sudando,
schifosamente pensò Glam.
“Sono in albergo, vuoi
che me ne vada in giro con tutti i soldi che mi hai chiesto? Ora parla e poi
verrai con me a prenderteli!”
“Con te?! Ma sei
pazzo?!”
“Ho i finestrini scuri,
salirai sul retro di questo porcile, non ci vedrà nessuno! Dunque ti decidi, mi
stai stufando, ora me ne vado, hai capito?!” – e, battendo un pugno sul legno
marcio, lo intimorì ulteriormente.
Mendoza annuì sconvolto
– “D’accordo, calmati … Io, io ho ascoltato delle telefonate, ok?”
Con quell’OK ripetitivo
ed ossessivo, quel disgraziato intercalava ogni frase.
“Telefonate tra chi?!”
“Proprio tra quel
bastardo taccagno di mio zio ed un socio in affari, da come se la intendevano,
ma non so chi sia, non ho capito il nome, di sicuro un uomo”
“E cosa dicevano?”
“Discutevano, erano
nervosi … Più o meno la conversazione era sul fatto che non c’era più molto
tempo, che stava peggiorando”
“Chi scusa?”
“Sì, chi, hai detto
bene, si riferivano ad una persona, senza nominarla! E poi la data, di nascita,
questo l’ho capito bene!”
“Che senso ha …?” –
mormorò Glam assorto.
“Mio zio era furibondo,
perché per lui mica la si poteva chiedere a Glam Geffen quella dannata data! Ed
è lì che ti hanno tirato in ballo, ok?” – e rise allucinato.
“Tu sei in piena
astinenza …”
“Già … Ci sono spacciatori
anche seduti al bancone, se mi anticipi cento dollari, io potrei … E magari mi
viene in mente altro!”
Geffen gli allungò la
banconota, respirando a fondo – “Fregami ed io ti ammazzo come un cane, hai
capito Alviero?” – gli bisbigliò minaccioso all’orecchio, mentre l’altro si
alzava, per precipitarsi da un pusher, che lo stava già puntando, dal proprio
arrivo.
“Te lo giuro su”
“Ma lascia perdere e
vai a prendere quella merda, vai!”
Pepe riempì lo zainetto
di fumetti.
“E’ pratico, vero?” –
chiese dolce Robert, seduto sul tappeto con il figlio, trepidante per il
viaggio a Londra.
“Pra … pratico? Cosa
vuole dire, papi?”
“Ci sta un sacco di
roba!” – Downey rise malinconico.
Peter lo guardò.
“Sei triste papi?”
“No, sono solo un po’
stanco” – provò a fingere.
“Sei malato?”
“Spero di no, amore” –
e lo avvolse, mentre Pepe giocava con i bottoni della sua polo a maniche
lunghe.
“Forse dovresti mettere
un pullover di papà!” – il bimbo rise, pensando che l’attore avesse freddo, per
come gli fremevano le braccia.
“Manca anche a te,
vero?” – disse sommesso.
“Certo! Lui è papà
Glam, tutti vorrebbero un papà così!”
“Sì, vale anche per
molte altre cose … Come amico, come … marito” – arrise al pensiero delle loro
nozze.
Era un ricordo lontano
o almeno così Downey lo percepì in quell’istante.
“E zio Jude, lo stesso?”
– domandò a sorpresa.
Robert sentì un nodo in
gola – “Sì, anche lui ha saputo essere speciale … spesso”
“Non sempre?”
“Sempre è una parola
complicata, sai Pepe? La si usa a sproposito, a volte ecco”
“Ma una promessa è una
promessa!” – rise allegro, allontanandosi – “E papà Glam le mantiene tutte!”
Alviero si era calmato.
Quella era roba buona,
un paio di grammi per un centone, nemmeno fosse oro, sibilò Geffen, guidando
verso il proprio resort.
Il suo compagno di
viaggio guardava oltre il finestrino.
“Com’è scoparsi un
ragazzo?” – domandò stranito, sfiorando con le nocche il vetro.
“Che ti importa? Tu non
sei gay, da quel che so” – ribatté, pensando che dargli corda fosse quanto meno
inutile, quanto stupido.
“Neppure tu lo eri,
Geffen!” – e sghignazzò.
“Touchez …” – sospirò,
scuotendo il capo rasato.
“Manca molto?” – e si
voltò, verso il traffico alle loro spalle, di nuovo inquieto.
“E’ al prossimo
isolato, non ricominciare a sclerare, mi dai sui nervi!”
“Nessuno mi sopporta …
Ho cambiato due mogli”
“Parli di donne o di
pneumatici?”
“Ma di donne, cavoli …”
“A proposito, mai
sentito parlare di una certa Alaysa?” – domandò brusco.
“Alaysa …? No, mai
sentita”
“Forse non è una
persona, Alviero”
“Non mi dice nulla,
però posso informarmi” – sembrò più lucido, nell’impegnarsi ad aiutarlo.
“Ecco bravo, fallo: in
ogni caso non mi hai fornito chissà cosa, oggi, per le mie indagini” – si lamentò.
“Ti ho servito su di un
piatto d’argento mio zio, invece! Tu sai, adesso, con chi prendertela!”
“E se fosse una balla,
per levartelo dai piedi e magari ereditare?!”
“Lo vuoi uccidere … Ma
ti sei bevuto il cervello Glam …?!”
“Lui o loro mi hanno
portato via Lula e non gli è bastato!” – ed inchiodò ad un semaforo.
“So che ti danno il
tormento, me lo hai spiegato, non sono scemo! E da quanto ti ho rivelato,
dovresti avere le idee un po’ più chiare: loro vogliono sapere quella data,
questo è importante o no?!”
Geffen ripartì.
“Certo, posso
cominciare da lì, se riesco a mettere al muro tuo zio”
“Tu sogni, anzi
vaneggi: Ernando Mendoza non lo inchioderai e non lo stanerai tanto facilmente:
tu non hai idea dell’esercito, che lo protegge”
“E tu non sai di cosa
sono capace” – e parcheggiò nei box sotterranei – “Ora saliamo e ti pagherò,
poi ti chiami un taxi e restiamo in contatto, che ne pensi?”
“Come se avessi un’alternativa
… Fanculo Geffen.”
“Eccoci qui!”
La voce cristallina di
Niall riempì la casa, così la risata di Petra, che avanzò nel living, bloccandosi
solo appena apparve Ruffalo, direttamente dalla cucina, con un sorriso un po’
imbarazzato.
“Allora non scherzavi
cucciolo” – lo accolse, asciugandosi le mani in uno strofinaccio a quadretti
verdi e celesti, come le iridi della bambina.
“Ciao Mark, certo che
no” – e, seppure ridendo, perse un minimo di entusiasmo, davanti all’atteggiamento
un po’ ambiguo del compagno.
“Serata libera per
Louis ed Harry, mentre noi facciamo gli angeli custodi alla loro principessa” –
e si inginocchiò, porgendole un orsacchiotto di peluche, nel tentativo di recuperare
un minimo.
“E quello? L’hai
comprato per lei?!” – domandò felice Horan, abbassandosi per cingerlo da
dietro, cinturandolo con le bracci esili, ma muscolose.
“Sì tornando dall’università
… Ti piace Petra?”
“Sì zio, grazie mille!”
– e fece un saltello delizioso, quanto il suo faccino perfetto.
“Ok …” – inspirò il
docente, già più sereno.
“Hai preparato gli
spaghetti e scaricato i cartoni on line?” – gli chiese a bassa voce Niall, dopo
avere sistemato Petra sul divano, raggiungendolo ai fornelli.
“Sì amore … Comunque è
una responsabilità, sai? Tu sei dinamico, affronti l’incarico con disinvoltura,
ma io sono imbranato” – gli sussurrò quasi comico.
“Tu saresti un papà
splendido Mark … Inizia a prenderne coscienza” – e gli schiacciò un occhiolino
simpatico, tornando poi a razzo da Petra, che lo stava già reclamando.
Iniziarono subito a
giocare, in piena confidenza: Horan era così preso, da commuovere Ruffalo.
Anche per altre
ragioni, che presto o tardi la coppia avrebbe dovuto affrontare.
Con tutte le
conseguenze del caso.
TIM
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