Capitolo n. 78 – life
La virilità di Jude, lo
stava come spaccando a metà.
Taylor gli pianse nel
collo, lacrime di non solo piacere, nell’attimo dell’estasi massima, per
entrambi, così che Law lo avvinse maggiormente a sé, sistemandogli meglio le gambe,
allacciate ai propri fianchi virtuosi e nuovamente solidi.
“Piccolo …” – e lo
baciò, contemplando la giovinezza di Kitsch, che sembrava illuminarsi, grazie
alla sua presenza, a qualcosa che l’inglese non osava ancora dirgli.
Forse non ci credeva neppure
lui, dopo avere baciato Robert.
Ne era profondamente
innamorato.
Del suo ex.
Downey iniziò a
scrivere i biglietti di auguri.
Brevi manoscritti, che
gli amici conservavano, considerata la celebrità del mittente, più che per i
contenuti dei messaggi, spesso divertenti.
Geffen scese le scale,
quasi trascinando il trolley, preparato di fretta per Haiti.
Sembrava alquanto
demotivato.
Robert gli sorrise,
seduto alla scrivania del living.
“Buongiorno … Ti
aspettavo per la colazione, ma dormivi così profondamente” – lo accolse
l’attore e Glam gli sorrise.
“Non importa, mangerò
qualcosa in aeroporto, con Tim e Kevin …” – ed inspirò, andando ad accomodarsi,
davanti al consorte.
“Devi proprio andare,
Glam?” – chiese lieve.
Geffen annuì.
“Ma quando tornerai?”
“Tra due giorni Rob,
non prima … Ma neppure dopo” – si affrettò a puntualizzare.
“E poi andremo a
Londra? Sicuro anche di questo? Mi sembra tu sia costretto a fare scelte che”
“Non devi pensarci, ci
vengo volentieri, è per i tuoi figli … I vostri figli, amore” – e si morse le
labbra, dove gli mancava il sapore di Robert.
L’avvocato si alzò,
facendo il giro del tavolo, per sollevare il compagno e stringerlo, baciarlo
forte – “Mi manchi da morire Rob”
Forse era carente di
ogni parte di lui, di ciò che l’artista aveva saputo donargli dal primo
sguardo, che non era più quello di due semplici conoscenti.
“Io sono qui”
“Completamente Rob?” –
e nel suo sorriso c’era così tanta malinconia, da spezzare il respiro
all’altro, che deglutì a vuoto, reggendo a malapena i turchesi di Geffen.
“Ti amerò per sempre Glam
…”
Ed era vero, a chiunque
lo stesse effettivamente dicendo, in quella stanza oppure altrove, da qualche
parte, nell’universo.
L’atterraggio fu un po’
turbolento.
“Cavoli, quel tizio non
scherzava, al Lax, sulla tempesta sopra l’Inghilterra, Jay” – si lamentò
l’irlandese, scrutando l’oscurità, oltre il finestrino, quasi appiccicandoci il
naso.
“Quello con il tablet
di ultima generazione?” – il cantante sorrise, vedendo che a Farrell il panico
da volo non gli era passato mai, dai primi spostamenti fatti insieme, secoli
prima.
“Sì, quello … oh meno
male, ce l’abbiamo fatta” – inspirò, slacciandosi la cintura di sicurezza – “…
Non so se riuscirò a cenare, sai? Eamon voleva portarci in quella nuova osteria
toscana, napoletana, non ricordo”
“No, no, dell’Umbria,
con le specialità tipiche, c’è anche tanta roba per capre, mi ha precisato il
tuo delizioso fratellino” – e rise adorabile.
Farrell lo scrutò, le
pulsazioni accelerate, ma non per la paura, ormai superata.
Quindi lo baciò, con
tenerezza – “Anima mia … Ma chi ha voglia di andare a mettersi a tavola, io
voglio un letto e subito!” – e lo abbracciò esaustivo, infilandogli i palmi
caldi sotto la maglia a righe, in lana pesante.
Leto rispose a quelle
attenzioni con molta gioia.
Sembrava tutto a posto.
I piloti li invitarono
a scendere, prima che manovrassero nell’hangar privato, destinato al jet di
Meliti, mentre fuori si stava scatenando un temporale piuttosto violento.
“Vi chiamo un taxi?”
“Sì Gary, ti ringrazio,
andremo in albergo … Cerco Eamon”
“Io cerco un bagno!” –
disse trafelato Jared, guadagnando la scaletta, senza esitare oltre.
“Ok … Quanta fretta” –
Colin rise, cercando il cellulare, nell’inseparabile sacca in cuoio, con i suoi
effetti indispensabili, a distrarsi durante le traversate come quella.
Vide sul visore un paio
di chiamate andate perse.
Erano di Geffen.
Lo schermo si illuminò
di nuovo, con il suo nome, per la terza volta.
Farrell aggrottò la
fronte, poi discese gli scalini e rispose.
“Ciao Glam …” – mormorò
esitante, ma con il cuore in gola.
Quella telefonata lo
stava già turbando, senza saperne le motivazioni.
“Ciao Colin, scusa se …
Ma siete già arrivati?”
“Giusto ora, per l’aperitivo”
– sorrise forzato, andando a rintanarsi in un angolo, come se fosse un ladro.
“Il meteo era pessimo”
“Sì, ma sei in partenza
per Haiti?”
“Infatti, ma sono in
anticipo, Kevin e Tim si sono persi”
“Ok … Arriveranno” – e
tossì nervoso, controllando se Jared stesse o meno tornando da lui.
“Ti volevo parlare
Colin … So che è buffo che io ti cerchi per … per una cosa come questa, dovrei
farlo con Scott”
“Nel senso? No, non
capisco, perdonami … Che ti prende?”
“Forse ho sbagliato il
momento, dopo l’ultima volta e”
“No, no, è che sono
scosso, per l’arrivo, sai quanto io sia allergico agli aerei, se poi ci si
mette anche la bufera a farmela fare sotto” – provò a scherzare.
“Mi dispiace … E mi
spiace anche per quanto è accaduto in ospedale, Colin, davvero”
“Ok, abbiamo chiarito
subito, anche se ti eri incazzato senza darmi neppure una possibilità di
spiegarti, l’ho trovato ingiusto”
“Sì, lo era ed io ho
sbagliato, punto” – bissò deciso, come solo lui sapeva essere, quando
riconosceva i propri errori.
“D’accordo … Ora ti
sento giù, forse non dovresti andare a Port au Prince, mi sembra la fossa dei
leoni, con quei delinquenti, che magari ti aspettano al varco, ci hai pensato?”
“Eccome … Però non sono
questi i motivi della mia ansia, della mia frustrazione, Colin … Con … Con Rob
ho provato a fare andare bene le cose: senza di lui, senza il nostro amore, mi
sento a pezzi ed ho fallito, per… Per una semplice ragione”
Farrell non ebbe
difficoltà ad immaginarsela, quella ragione, però sentirgliela ammettere,
fece un po’ male.
“Sono ancora innamorato
di Jared, follemente dovrei dire, perché nel mio cervello qualcosa dev’essersi
guastato, sai?” – e rise, piangendo.
Colin scivolò sopra ad
una seggiola, all’estremità di una fila vuota.
“Glam cosa … Come
dovrei reagire e … E come potrei aiutarti? Ti aspettavi questo, da me?” –
domandò mesto.
“Non lo so neppure io …
Potresti minacciarmi oppure farmi fuori e renderesti un favore ad entrambi”
“Ma che stronzate!” –
ringhiò, provando un caldo soffocante, salirgli dall’addome.
Farrell si aprì la
camicia a quadri, sotto al gilet in pelle nera, rivelando un fisico allenato e
prestante, dopo essersi sfilato un giubbotto, stinto in più punti.
I suoi abbinamenti
erano paradossali, a volte.
“Alla mia età, mi sento
ridicolo! Per giunta o per miracolo, avevo fatto un passo importante, sposando
Robert, ma poi è stato un casino, capisci? Anche a causa di Jude, non lo nego,
però non voglio dare responsabilità a chi mi circonda, quando io sono in colpa
per primo!”
“Amare Jay non è una
colpa, Glam …” – sospirò il moro, senza accorgersi di avere alle spalle il
marito, che indietreggiò con uno scatto, dietro ad una colonna pubblicitaria.
“Stanno arrivando i
ragazzi … Sono lontani, però non voglio mi vedano in questo stato”
“Vai a sciacquarti il
viso” – gli suggerì gentile, come neppure si sarebbe aspettato di essere, con
il suo eterno rivale – “… E poi ne riparleremo, anche se non c’è nulla da
aggiungere Glam”
“Questo lo so anch’io,
è un mio dilemma, è un … un mio dramma, a questo punto, perché i miei
sentimenti per Jared, hanno rovinato la mia unione con Robert”
Un bip secco interruppe
la comunicazione.
Un messaggio metallico,
poi, confermò problemi sulla linea, in fase di ripristino.
Farrell spense il
palmare, ossigenandosi.
“Colin …”
“Tesoro!” – e scattò in
piedi.
“Ti ho … ti ho visto
qui, non stai bene? Hai nausea? Vuoi … Vuoi passare dall’infermeria?”
“No amore, no … Ti
ringrazio” – e lo abbracciò – “… Possiamo andarcene, ora?”
“Certo Cole …” – gli
sorrise, spostandogli, amorevole, le ciocche indietro, ai lati del volto
arrossato.
“Grazie Jay … Per
tutto.”
Appena sentì suonare,
Downey si precipitò alla blindata.
“Forse Glam ci ha
ripensato” – pensò ad alta voce, per poi spalancare il portone massiccio ed
intagliato.
“Jude …?!” – quasi sussurrò,
stranito.
“Buongiorno Robert” –
gli sorrise – “mi fai entrare?”
“Ce certo” – e si
spostò, aggiustandosi la maglietta stropicciata, sui jeans rattoppati in
maniera moderna e modaiola.
“Sei scalzo, prenderai
freddo” – osservò l’ex, con delicatezza.
Quei piedi erano un’armonia
di perfezione.
Come il resto di
Robert.
Law si guardò intorno –
“Mamma mia, tu e Glam vi siete comprati una reggia … A proposito, lui c’è?” –
chiese garbato, togliendosi sciarpa e berretto di lana, doni di Downey
peraltro.
“No, è andato via …”
“Via?”
“Al centro, per l’adozione
del bambino di Tim e Kevin, non te lo avevo detto?” – e tornò sul divano,
avvolgendosi in un plaid a foggia scozzese.
“Sì, forse” – Jude si girò
di scatto nella sua direzione, fissandolo, mentre replicava, sempre con un bel
sorriso stampato in faccia.
Era palese che fosse lì
con uno scopo ben preciso e Robert stava morendo dalla voglia di saperlo.
“Non mi aspettavo la
tua visita”
“Era necessaria, tesoro”
– ed andò ad accovacciarsi ai suoi piedi, una vecchia abitudine, ai tempi della
loro convivenza.
“Come mai?” – riuscì a
pronunciare l’ennesimo quesito, quasi a fatica, come se fosse sui carboni
ardenti.
Law gli prese le mani,
investendolo con i suoi opali limpidi e sinceri.
“Te lo chiedo oggi,
Robert, perché mi sento ad una svolta e non voglio più commettere sbagli o
leggerezze”
“Con Taylor?”
“Sì, certo, con Taylor”
“Ok … Vuoi un consiglio
…? Oppure”
“No, Rob, io voglio che
tu ed io torniamo insieme” – bissò netto.
Devastante.
“Ma cosa …”
“Tu ed io ci amiamo,
non tu più di me od io più di te, no, noi semplicemente ci amiamo come il primo
giorno, non raccontiamoci altre bugie!”
C’era entusiasmo nelle
sue affermazioni ed altrettanta determinazione.
“Jude io …”
“Ci abbiamo provato,
ok, a stare lontani, abbiamo persino divorziato, conquistato nuovi spazi,
consolidato vecchie relazioni, come tu con Glam, approdato a lidi impensabili,
come ho fatto io con Taylor, PERO’ AMORE” – e si bloccò, mordendosi le labbra
sottili.
“Jude tu così mi stai
ammazzando”
“Ma io voglio che tu
viva e che tu lo faccia con me, maledizione! Altro che ammazzarti tesoro” – e rise
solare.
“Non … non posso fare
questo a Glam”
“Glam ha superato i
sessant’anni, nessuno di noi è un ragazzino, andrà avanti, tu lo sai, io lo so
e lo sa persino LUI! E poi, Robert …” – e scosse il capo stempiato,
sbirciandolo complice.
“So … so a cosa pensi,
ok?”
“Infatti Rob … Dio, te
ne sei lamentato con me poche ore fa, di Jared è ovvio: so che deve averti
gratificato, quando Geffen ti ha scelto, posso capirlo, però è stata una
vittoria di Pirro, non pensi?”
“Qualunque cosa fosse,
Glam ed io ci amiamo …” – provò a difendersi.
“Ed io inizio ad amare
Taylor”
Quell’asserzione, fece
più danni di una pugnalata, al cuore di Downey.
“Tu non sei come Jared,
non puoi tenerci tutti in ballo, a Glam, a me! Tu sei onesto Robert, sei sempre
stato un uomo fedele, limpido, è la tua essenza: che senso ha vedersi di
nascosto, darci un bacio e poi … Poi, a breve, ricominceremo a fare l’amore,
stavolta, Rob, non a scopare, non a massacrarci e tu sai anche questo, vero?” –
e gli accarezzò gli zigomi tremanti.
“No … No, ma tu non mi
sembravi disposto a tanto, cioè, dopo quel bacio” – e si tamponò le guance,
rigate di lacrime, in pieno affanno nell’esporre i propri pensieri convulsi.
“Rob calmati …”
“Tu sei fuggito via ed
io credevo che non volessi più vedermi!” – gridò, trovando un briciolo di
energia, chissà dove, in lui.
“Mai detto questo, mai,
Robert. Ho una relazione con Taylor, volevo stare con lui e l’ho fatto, dopo
averti visto ed ho capito che volevo scegliere, che dovevo scegliere, prima che
fosse troppo tardi, prima di ricadere in un baratro di clandestinità, di doppi
giochi”
“Clandestinità …?”
“A primavera saremmo
diventati amanti, di questo passo, Robert, ci saremmo scapicollati ovunque per
vederci: a marzo io voglio risposarti, non vederti di nascosto, ok?!” – e lo
baciò, scontrandosi con la sua bocca chiusa, ma unicamente per lo shock.
Per le troppe emozioni,
che lo stavano divorando.
Robert perse i sensi, all’improvviso,
sul petto di Jude.
Dell’uomo
che amava.
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