Capitolo n. 230 – zen
La causa Mayer era
stata vinta anche grazie alle ricerche svolte da un’orgogliosa Sylvie.
Certo il contributo
maggiore, lo aveva dato Harry, grazie ad una splendida intuizione, grazie alla
quale Marc aveva sbaragliato l’accusa.
“Prendo dello champagne!”
– esclamò lei, dopo avere buttato il trench sul divano del proprio loft.
“Non dovevi andare a
prendere Alain?”
“Esce due ore dopo,
danno una festa di compleanno all’asilo … Ma dove l’ho messo?”
Haz si guardò
intorno, poi si tolse le scarpe, troppo strette per il suo piede.
Le aveva acquistate
nonostante fossero di un mezzo numero inferiore al suo: gli piacevano troppo ed
erano le ultime rimaste, ad un prezzo stracciato, nel negozio dove di solito si
serviva anche Geffen.
A piccoli passi, il
giovane stava varcando gli ingressi mondani o meno, dove la casta legale di Los
Angeles si muoveva da anni.
“Eccomi, tieni i
bicchieri Harry” – Sylvie rise, versando un ottimo Christal.
“Accidenti e quella
dove l’hai presa?”
“Regalo del boss lo
scorso Natale … La conservavo in frigo per un evento importante e questo lo è,
no?”
“Certo … salute”
“Salute …”
Si guardarono.
Erano euforici, ma, a
poco a poco, quella sensazione si trasformò in qualcosa di vagamente
imbarazzante, perché non riuscivano a trovare le parole per continuare un
qualsivoglia discorso logico.
Così la logica prese
il volo dalla finestra aperta ed iniziarono a baciarsi, un po’ confusamente, un
po’ forsennatamente.
Sylvie era bella e
sensuale, sempre elegante nei suoi tailleur attillati.
Harry non ci faceva
caso, anzi, era diventata un’abitudine.
Mentre in quelle due
ore, che seguirono a quel primo, infuocato approccio, tutto si trasformò in un’eccezione.
Una pericolosissima
eccezione.
Senza freni
arrivarono al letto, consumandosi a vicenda, come nemmeno avrebbero potuto
immaginare, scherzandoci sopra, cosa che peraltro non era mai avvenuta.
Forse una sequenza di
pensieri proibiti reciproci, aveva covato in quei mesi, sotto una sottile
ipocrisia: forse si piacevano, ma il legame di Harry con Louis, impediva a
Sylvie di esporsi o forse era semplice tensione erotica, esplosa nel tipico
istante in cui il successo e le ambizioni, azzerano ogni criterio, nutrendosi
di un cibo appetitoso ed invitante: il sesso, nudo e crudo.
Con una donna, Haz,
non ci era mai stato; qualche flirt ai tempi della scuola, ma lui era il
secchione, era il genio, certo carino, ma dava l’idea di annoiarsi a morte
quando parlava con qualunque minigonna gli passasse accanto.
Era in un certo senso
inavvicinabile.
Innamorarsi di Louis,
poi, aveva annullato qualsiasi interesse, ma il senso di inadeguatezza, il
terrore di essere escluso anche dalla società, dopo che la sua famiglia lo
detestava, lo avevano spesso portato a delle profonde crisi di identità.
E Boo ne aveva fatto
le spese.
Amaramente.
Jared sparecchiò in
silenzio.
Robert lo guardava,
lavando i piatti.
Erano soli nella
cucina di Palm Springs.
“Saliamo a prendere
una boccata d’aria, dopo?” – chiese il cantante.
Downey annuì – “Glam
non ha mangiato quasi niente”
“Sì, ho notato …
Nascondeva persino il cibo tra i due piatti, come fanno gli anoressici …”
“Mio Dio … sì ho
bisogno di respirare, andiamo nel solarium Jared”
“Ok, tanto qui
abbiamo finito …”
“Due settimane Vincent,
mancano due settimane, ci pensi?”
Louis rise, finendo
la seconda porzione di gelato, sotto lo sguardo amorevole del francese.
“Già mon petit, come
ti senti?” – chiese sorridente.
“Entusiasta … e … me
la sto facendo sotto!” – rise di nuovo, era bello da impazzire nei suoi pantaloni
alla pescatora bianchi, la maglia a righe blu e le infradito.
Sembrava un marinaio
in licenza; era esploso il caldo di fine marzo.
“Vedrai che sarà
tutto perfetto … A proposito ed Harry?”
“In aula, come sempre
… stanotte non ha quasi dormito, perché c’era un’udienza difficile … Saprò
distrarlo quando rientra” – ed ammiccò simpatico.
“Ne sono certo … Ed il
trasloco?”
“Ho imballato tutto,
domani viene un furgone: ai mobili ci ha pensato il nonno, cioè li abbiamo
scelti noi e lui li paga … E’ incredibilmente generoso, come faremo a
sdebitarci?” – domandò perplesso.
“Dovrete essere
sempre sinceri nel vostro affetto verso Antonio: lui è un uomo tutto di un
pezzo e ci tiene ad avere accanto delle persone oneste e schiette … Come sei
tu, amore mio” – e gli diede una carezza sullo zigomo destro.
Boo avvampò.
“E’ storta”
“Cosa?” – Harry sobbalzò
a quella sorta di invettiva, da parte di una Sylvie nervosissima, almeno quanto
lui, teso come una corda di violino.
Dopo.
“L’allacciatura della
tua camicia” – spiegò lei, sparendo poi nel bagno, ancora mezza nuda.
Lui non vedeva l’ora
di andarsene e, con scarsa galanteria, si stava rivestendo in fretta e furia.
“Sylvie potresti
uscire un secondo?” – e bussò piano.
“NO!”
“Ok … ti telefono più
tardi …” – bissò mesto.
La ragazza spalancò
la porta, in accappatoio, dopo una doccia veloce.
“Meglio che non ci
sentiamo per qualche giorno, per fortuna c’è il week end di mezzo!” – sbottò.
Harry prese fiato – “Senti
eravamo in due di là, in quella camera, mi stai trattando come se”
“Taci! Ho sempre
difeso Louis e non dovevo fargli questa carognata, accidenti a me! Ed in quanto
a te, hai confermato la mia opinione: sei un bastardo!” – e richiuse, a chiave,
accedendo la radio, così da non ascoltare le eventuali proteste di Haz.
Le stesse morirono
sul nascere, causa una telefonata di Boo, che fece schizzare il cuore in gola
ad Haz.
Si tirò dietro la
blindata e rispose.
“Tesoro ciao!”
“Harry ti disturbo,
sei in tribunale?”
Il suo tono era
cristallino e puro, come il suo cuore.
Harry si sentì un’autentica
merda, come mai prima di allora.
“No, no amore, sto
tornando a casa”
“Sul serio? Bene,
quindi avete risolto?”
“Certo, Hopper ha
avuto successo …”
“Perfetto, siete un
team formidabile …” – replicò lui sereno.
“Tu dove sei Boo?” –
quasi balbettò.
“In auto con Vincent,
abbiamo pranzato insieme, ora mi porterà al nostro ex alloggio … Ma stai bene
Haz, mi sembri un po’ strano …”
“E’ tutto a posto,
solo uno scarico di tensione …”
“Capisco … Ok! Ci
vediamo tra pochissimo … già mi manchi” – disse sincero.
Lux ebbe una fitta,
ma ci aveva fatto il callo.
“Non vedo l’ora Lou …
Non vedo l’ora, ciao …” – e riattaccò, rifugiandosi in macchina, senza più
trattenere un urlo e lacrime pesanti, di vergogna assoluta.
Scott li notò
affacciati alla terrazza e fece un cenno a Rob e Jay, ma Lula lo distrasse.
“Zio la fai una
partita con me alla Play? Tanto papi dorme, lo visiti dopo!”
“Ok soldino … ti
seguo …”
Downey strinse la
balaustra.
“Non riesco più a
guardarlo negli occhi, capisci?”
Leto gli si avvicinò –
“E’ tuo marito, avete Camy e Dady, lui si è impegnato a guarire, andando in
clinica … Dovresti dargli un’ultima, estrema possibilità, non credi?”
“Solo perché sono andato
a letto con Chris?!” – lo investì, anche con le sue iridi liquide.
“Rob senti …”
“E con Glam? Jude
neppure lo sa … sono stato un pazzo …”
“Abbiamo fatto tutti
dei casini … io ho …”
“Cosa?!”
“Ho fatto un casino
con Jimmy …” – confessò piano – “E Cole è all’oscuro di questo … abbiamo fumato
dell’erba e poi … Poi ero su di giri”
“Ma stai scherzando?”
– ringhiò puntandolo.
“Non è successo, non
abbiamo scopato!” – bisbigliò a denti stretti il leader dei Mars, incrociando
poi le braccia sul petto.
“E lui?”
“Jimmy era sconvolto,
mi faccio schifo per quello che ho combinato … Ero venuto qui, trovandoti
insieme a Glam …”
“Miseria Jared …” – e
scrollò il capo – “Rimarremo invischiati in questo delirio sino alla fine …”
“Già la fine … non
voglio neppure pensarci” – ribatté, gli zaffiri lucidi.
“Smettiamola … E’ un
massacro insulso … Eppure con Glam, ciò che ci ha frenato è stato il benessere
di Camilla … Poi è arrivata Diamond ed io credevo di avere ricostruito il mio
rapporto con Jude, nel modo migliore … ero guarito anche dal cancro, non senza
il sostegno di Glam, sia chiaro”
“So ciò che ha fatto
per te, per voi … Sia Jude che Colin lo rispettano, gli sono affezionati … E’
il suo … potere … o la sua magia … di Glam” – e sorrise rapito, da ciò che Rob
aveva sempre definito un amore totale.
Il grido dai piani inferiori,
però, riportò entrambi a quel pomeriggio assolato e soffocante.
Presto sarebbe
scoppiato un temporale.
Per Geffen, invece,
una tempesta di laceranti fitte, era come esplosa tra le sue scapole,
facendogli stritolare le lenzuola, con le dita madide e tremanti.
Jared e Robert si
precipitarono da lui, incontrando nel corridoio Scott, già pronto con una
siringa di antidolorifico.
“Tenetelo fermo!”
Geffen non smetteva di
lamentarsi ferocemente.
Era come una belva
ferita a morte, indomita nell’arrendersi, ma straziata dal dolore, sempre più
allucinante.
Strappava il cuore ed
a Jared sembrò di impazzire: incrociò lo sguardo sconvolto di Glam, atterrito
dagli spasmi: lo avrebbe ricordato come la cosa più terribile avesse mai visto.
Un attimo dopo, i
turchesi dell’uomo oltrepassarono la figura esile di Leto: questi si voltò,
vedendo Farrell.
“Colin porta via Jay …”
– lo supplicò Geffen.
L’irlandese era come
scioccato.
“No! Non me ne vado
via da te Glam!” – singhiozzò.
“Colin portalo via!!”
– ruggì e l’attore gli diede retta, avvolgendo comunque con attenzione il busto
di Jared, che sembrò spegnersi, districando le sue mani da quelle di Geffen,
che aveva preso, provando a calmarlo.
Inutilmente.
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