lunedì 2 dicembre 2013

ZEN - CAPITOLO N. 224

Capitolo n. 224 – zen



Downey gli aggiustò i cuscini e Geffen sorrise alla sua premura.

“Sai, pensavo fosse una cosa da … vampiri … Insomma che sto facendo?” – chiese l’avvocato con spensieratezza.

“Scott dice che serve, poi io sapevo che l’avevano fatta dei divi, insomma non è proprio nuova questa terapia”

“Già dei drogati … Ed io lo sono di chemio e … di te” – gli diede un bacio e Robert lo abbracciò forte.

“Devo … devo chiederti delle cose Glam … Quando saremo usciti di qui, magari domani” – esordì incerto, gli occhi bassi.

“Tesoro fallo ora, non rimandare” – replicò dolce, facendolo accomodare al suo fianco.

L’attore prese fiato.
“L’hotel è bellissimo, Pana e Daniel sono delle balie perfette e”
“Se Dan ti sente che gli dai della balia” – e rise gioviale, prendendo le mani di Downey tra le sue.

“Ok … mi stende … e non è davvero il momento di farsi strapazzare, sono un cencio e mi sono ridotto così solo per colpa mia” – disse mesto.

“Ascoltami Rob: nessuno ha il diritto di trattarti nel modo, in cui ha fatto Jude. Lui crede da sempre che TU gli appartenga e che la TUA vita sia stata come programmata in funzione del vostro legame” – ribatté severo.

“Certo … E’ ciò che pensavo anch’io di lui …”

“Sì, ma su basi diverse, ammettilo”

Downey annuì.

“Comunque, ci hai portati con te, è stato meraviglioso scoprirlo Glam, mi sono sentito … in salvo … Le bimbe, però, sono anche di Jude e non trovo giusto separarle dal padre, perché lo adorano, a giusta ragione”

“Sai che sono sempre stato d’accordo su questo, ma non ho sottratto Camy e Dady alla sua custodia, anzi: gli ho spiegato che sarebbero venute insieme a noi, per qualche giorno, mentre Jude si faceva ricoverare alla Foster, per disintossicarsi.”

“Dio … Io non sapevo niente …” – e si rialzò lento.

“Tuo … marito non si è opposto, c’erano Colin e Marc presenti, se non mi credi”

“NO” – sbottò – “No … Glam, so che non mentiresti mai … non a me” – sottolineò, passandosi le mani tra i capelli.

“Robert presto rientreremo a casa, non sarò certo io ad impedirti di chiarire le cose, ma guai a te se ti lascerai calpestare di nuovo.”



Lux posò il sacco portaabiti sul divano, dove Louis stava scegliendo le partecipazioni.

Sembrava un déjà-vu, con l’unica differenza che ora il giovane gli appariva più convinto sul passo, che stava per fare.

“Mon petit, Rodolfo ti manda questo, non siamo più passati a provarlo e quindi …”
“Il mio completo?” – domandò con un sorriso luminoso.

“Oui tesoro, vuoi vederlo?”

“Lo metto, magari ci sono delle modifiche da apportare, sarebbe un problema?” – ed iniziò a spogliarsi veloce, restando in boxer in pochi secondi.

Vincent si imbambolò un attimo, riprendendosi immediato, con la sua verve innata.

“Assolutamente … Eccoti i pantaloni … e … la giacca, potevi tenerti la t-shirt”

“Non c’è la camicia?”
“Quella non si tocca, deve rimanere candida come una tonaca!” – affermò solenne.

“Sembri una … suocera” – e gli fece una linguaccia, piroettando su sé stesso, felice dell’ottimo taglio e l’evidente vestibilità perfetta.

Lux lo fissò – “Una suocera eh …?”
“Oh mamma ti ho offeso Vincent … scusa …” – e sgranò gli occhioni blu cielo, capaci di farsi perdonare ogni cosa.

Vincent scoppiò a ridere – “Ma dai, per così poco”

Louis si svestì rapido, ripassando gli indumenti al francese, che li appese con cura, senza accorgersi di avere alle spalle il giovane, che prima lo cinse per le spalle, poi lo fece girare appendendosi al suo collo.

“Boo … che combini …” – mormorò, stringendolo comunque a sé, con delicatezza.

Nello specchio davanti a loro, l’immagine riflessa di Louis toglieva il fiato.

Con quei pantaloncini grigio antracite, aderenti sul fisico tonico, lo studente di Paleontologia era a dire poco una tentazione palese.

“Grazie per tutto Vincent … Mi rendi felice” – e lo scrutò – “Quanto Harry … siete i miei angeli custodi … Non vi merito, cioè ci penso ogni tanto e …”

“Ora stai un po’ zitto, testolina, ma, soprattutto, copriti!” – e dopo averlo baciato in mezzo alla fronte, lo staccò da sé senza urgenza.

“Ops … Sì, dove sono i miei jeans?”

“Sparsi un po’ qua … un po’ là …” – sussurrò l’uomo, pensando § … come il mio cuore, cucciolo adorato §


Jared spalancò la blindata del loft.

“Jimmy ciao!” – e lo fece entrare in fretta.
“Ciao … Ho letto il tuo sms, ma abiti qui ora?”

“No, che vai a pensare …” – disse agitato – “Hai notizie?”

“Ho parlato con Scott mezz’ora fa … Tra poco Geffen si sottoporrà al ricambio di sangue; Rob è con lui, stanno bene, così le bambine, affidate alle cure di quei due australiani … come si chiamano?”

“Pana e Daniel, sono in gamba” – puntualizzò il cantante, tornando verso il living, dove versò una bibita al suo collaboratore.

Jimmy non aveva mai smesso di fare parte dello staff dei Mars: l’impiego lo gratificava ed occupava il tempo distante da Scott, come in quella settimana, dove detestava non averlo seguito.

“Kevin e Tim fanno i turisti …” – aggiunse il ragazzo, piazzandosi su di uno sgabello.

“Ok … Ho provato a telefonare a Glam, ma nisba …”
“Non ti risponde?”

“Non raggiungibile” – precisò turbato – “Figurati se non ha il satellitare con sé … per Lula, i gemelli … Tutto quello che ha mollato qui a Los Angeles” – replicò assorto.

“Come ha fatto con te?”

Leto lo guardò aspro – “Sì, sì Jimmy, ho già litigato con Shan, vuoi fare parte della confraternita?!”

“No, però riconosci i limiti di questa situazione, così come faccio io con Scott!”

Jared inspirò, avvicinandosi a lui, per abbracciarlo – “Scusami … Mi sfogo con te, perché mi conosci … abbiamo condiviso un brutto periodo” – ammise con sconforto.

“E sembra non finire mai … Dov’è Colin? Perché non sei con tuo marito?”

“E’ rimasto con Jude questa notte … In clinica.”
“Come mai?”

“UK buddy è un alcolista, mascherato con destrezza …” – rivelò amaro.

“Avevo capito che alzava il gomito, ogni tanto … Saggia decisione”
“Sì, per quel che serve …”

“Cosa intendi Jared?”

“No è che poi ci si ricasca sempre … Succede”
“E torniamo al punto di partenza” – sorrise innocente.

Leto gli accarezzò gli zigomi, notando ancora una volta quanto Jimmy somigliasse a Farrell.

“Ma è vero che procuri l’erba a Glam?” – domandò improvviso.

Jimmy fece un cenno di assenso, diventando paonazzo.

“Hai ancora i tuoi contatti? E’ una follia, non credi?”

“Sì, ma mi spiace per Geffen … e più lui sta male, più Scott cade in depressione”

“Strano meccanismo … anzi, non è strano per niente” – ridacchiò tornando alla consolle, dove stava mettendo a punto un brano.

“Ne hai?”
“Sì, dovevo portargliela prima del volo, ma c’era Scott e … Non vorrai fumarla, Jay?!”

“Perché no? Un tiro … due, non di più … sono a terra”

Jimmy la prese da una tasca interna del giubbotto, tirandogliela sul tavolo, con delle cartine.

Leto sorrise alienato – “Servizio completo”
“Glam mi ha sganciato un mare di grana … Manco dovessi procurargli del crack o peggio … A lui passano i dolori e tu quale dei tuoi vorresti sedare, Jay?” – domandò asciutto, fissandolo, mentre l’artista rollava la canna, che avrebbero consumato di lì a poco.

“I miei sono … incurabili, come il cancro di big Geffen”



“Faremo l’alba … Rob come ti senti?”

Scott volle sincerarsi delle sue condizioni di salute, mentre Glam era ormai nel mondo dei sogni, attaccato a macchine assai complesse.

“Resto qui, sto comodo … insomma” – e sorrise impacciato, avvolgendosi meglio, con la coperta in dotazione, a chi restava accanto al degente.

“Ok, io torno in albergo, faccio entrare Kevin e Tim, poi ce ne andremo tutti.

La coppia si affacciò alla soglia, salutando Downey, che li accolse emozionato.

Kevin andò al capezzale di Glam, dandogli un bacio sulla tempia sinistra ed una carezza – “Daddy … com’è pallido …”

“E’ per il ricambio, non preoccuparti” – lo rassicurò il medico.

Anche Tim azzerò la distanza, sfiorando le mani di Geffen, che sembrò sorridere, per un attimo.

“Ehi è sveglio …”
“No Kevin, è solo un riflesso” – “Ok Scott … mi era sembrato” – e tirò su dal naso.

Tim lo strinse, dandogli un bacio sulla guancia, che il bassista accolse con gratitudine silenziosa e profonda.



Jared alzò il volume, saltellando mentre si toglieva la camicia a quadri.
A parte delle braghe larghe di una vecchia tuta, non aveva altro addosso.

Scalzo ed a petto nudo, tornò da Jimmy, che gli ripassò il fumo, ridendo inebetito.

Il ragazzino si era allungato su di un futon giapponese; ce ne erano diversi, sparsi ovunque in quell’alloggio insonorizzato.

“Cazzo se è … ma che cazzo c’è dentro Jimmy??!”

Anche Leto rise sguaiato.

Afferrò le caviglie dell’altro, portandosele sopra le spalle, ancheggiando al ritmo di una musica tribale, scovata chissà dove, in rete.


“Sei … terribilmente scopabile sai?” – disse suadente, mentre Jimmy vedeva crepitare il soffitto.

Eppure non si trattava di divine od eroina, ma quella miscela gli era entrata in circolo, come un fluido ultra stimolante.


“Dio piantala Jay … la stanza gira come … un mulinello … cazzo …” – gemette, ritrovandosi ridotto come la rock star, con i Lewis slacciati e senza intimo.

Appena Jared gli si spalmò addosso, vorace e pericoloso, cinturandolo per la vita sottile, Jimmy si accorse che neppure il suo amante portava dell’intimo.

I glutei di Leto erano sodi e si contraevano, mentre si spingeva tra le gambe del giovane, ansimante nel percepire le rispettive erezioni strusciarsi oscene, seppure ostacolate dalla stoffa di quei miseri indumenti.


Jared lo baciò, dopo avergli leccato e morso il mento – “Cristo sei così bello Jimmy … così … simile a … ahhh” – poi un grugnito, un singulto all’unisono, che sembrò fonderli.

“Miseria … so sono tutto bagnato …” – frignò quasi il più acerbo, scrollandosi di dosso Jared e le sue risa volgari.

“Hai goduto … come me … Dio cresci”

“Lascia stare Dio e cresci tu, stronzo!!” – gli urlò in faccia, ma ormai Leto non stava più a sentirlo.

Si era come avvizzito contro lo stipite della porta, dove vomitò anche l’anima, mentre Jimmy fuggiva via in lacrime.






 Maximilian Befort (Jimmy) a destra, in un ruolo gay, in un film di qualche anno fa.









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