Capitolo n. 224 – zen
Downey gli aggiustò i
cuscini e Geffen sorrise alla sua premura.
“Sai, pensavo fosse
una cosa da … vampiri … Insomma che sto facendo?” – chiese l’avvocato con
spensieratezza.
“Scott dice che
serve, poi io sapevo che l’avevano fatta dei divi, insomma non è proprio nuova
questa terapia”
“Già dei drogati … Ed
io lo sono di chemio e … di te” – gli diede un bacio e Robert lo abbracciò
forte.
“Devo … devo
chiederti delle cose Glam … Quando saremo usciti di qui, magari domani” –
esordì incerto, gli occhi bassi.
“Tesoro fallo ora,
non rimandare” – replicò dolce, facendolo accomodare al suo fianco.
L’attore prese fiato.
“L’hotel è
bellissimo, Pana e Daniel sono delle balie perfette e”
“Se Dan ti sente che
gli dai della balia” – e rise gioviale, prendendo le mani di Downey tra le sue.
“Ok … mi stende … e
non è davvero il momento di farsi strapazzare, sono un cencio e mi sono ridotto
così solo per colpa mia” – disse mesto.
“Ascoltami Rob:
nessuno ha il diritto di trattarti nel modo, in cui ha fatto Jude. Lui crede da
sempre che TU gli appartenga e che la TUA vita sia stata come programmata in
funzione del vostro legame” – ribatté severo.
“Certo … E’ ciò che
pensavo anch’io di lui …”
“Sì, ma su basi
diverse, ammettilo”
Downey annuì.
“Comunque, ci hai
portati con te, è stato meraviglioso scoprirlo Glam, mi sono sentito … in salvo …
Le bimbe, però, sono anche di Jude e non trovo giusto separarle dal padre, perché
lo adorano, a giusta ragione”
“Sai che sono sempre
stato d’accordo su questo, ma non ho sottratto Camy e Dady alla sua custodia,
anzi: gli ho spiegato che sarebbero venute insieme a noi, per qualche giorno,
mentre Jude si faceva ricoverare alla Foster, per disintossicarsi.”
“Dio … Io non sapevo
niente …” – e si rialzò lento.
“Tuo … marito non si
è opposto, c’erano Colin e Marc presenti, se non mi credi”
“NO” – sbottò – “No …
Glam, so che non mentiresti mai … non a me” – sottolineò, passandosi le mani
tra i capelli.
“Robert presto
rientreremo a casa, non sarò certo io ad impedirti di chiarire le cose, ma guai
a te se ti lascerai calpestare di nuovo.”
Lux posò il sacco
portaabiti sul divano, dove Louis stava scegliendo le partecipazioni.
Sembrava un déjà-vu,
con l’unica differenza che ora il giovane gli appariva più convinto sul passo,
che stava per fare.
“Mon petit, Rodolfo
ti manda questo, non siamo più passati a provarlo e quindi …”
“Il mio completo?” –
domandò con un sorriso luminoso.
“Oui tesoro, vuoi
vederlo?”
“Lo metto, magari ci
sono delle modifiche da apportare, sarebbe un problema?” – ed iniziò a
spogliarsi veloce, restando in boxer in pochi secondi.
Vincent si imbambolò
un attimo, riprendendosi immediato, con la sua verve innata.
“Assolutamente …
Eccoti i pantaloni … e … la giacca, potevi tenerti la t-shirt”
“Non c’è la camicia?”
“Quella non si tocca,
deve rimanere candida come una tonaca!” – affermò solenne.
“Sembri una … suocera”
– e gli fece una linguaccia, piroettando su sé stesso, felice dell’ottimo
taglio e l’evidente vestibilità perfetta.
Lux lo fissò – “Una
suocera eh …?”
“Oh mamma ti ho
offeso Vincent … scusa …” – e sgranò gli occhioni blu cielo, capaci di farsi
perdonare ogni cosa.
Vincent scoppiò a
ridere – “Ma dai, per così poco”
Louis si svestì
rapido, ripassando gli indumenti al francese, che li appese con cura, senza
accorgersi di avere alle spalle il giovane, che prima lo cinse per le spalle,
poi lo fece girare appendendosi al suo collo.
“Boo … che combini …”
– mormorò, stringendolo comunque a sé, con delicatezza.
Nello specchio
davanti a loro, l’immagine riflessa di Louis toglieva il fiato.
Con quei pantaloncini
grigio antracite, aderenti sul fisico tonico, lo studente di Paleontologia era
a dire poco una tentazione palese.
“Grazie per tutto
Vincent … Mi rendi felice” – e lo scrutò – “Quanto Harry … siete i miei angeli
custodi … Non vi merito, cioè ci penso ogni tanto e …”
“Ora stai un po’
zitto, testolina, ma, soprattutto, copriti!” – e dopo averlo baciato in mezzo
alla fronte, lo staccò da sé senza urgenza.
“Ops … Sì, dove sono
i miei jeans?”
“Sparsi un po’ qua …
un po’ là …” – sussurrò l’uomo, pensando §
… come il mio cuore, cucciolo adorato §
Jared spalancò la
blindata del loft.
“Jimmy ciao!” – e lo
fece entrare in fretta.
“Ciao … Ho letto il
tuo sms, ma abiti qui ora?”
“No, che vai a
pensare …” – disse agitato – “Hai notizie?”
“Ho parlato con Scott
mezz’ora fa … Tra poco Geffen si sottoporrà al ricambio di sangue; Rob è con
lui, stanno bene, così le bambine, affidate alle cure di quei due australiani …
come si chiamano?”
“Pana e Daniel, sono
in gamba” – puntualizzò il cantante, tornando verso il living, dove versò una
bibita al suo collaboratore.
Jimmy non aveva mai
smesso di fare parte dello staff dei Mars: l’impiego lo gratificava ed occupava
il tempo distante da Scott, come in quella settimana, dove detestava non averlo
seguito.
“Kevin e Tim fanno i
turisti …” – aggiunse il ragazzo, piazzandosi su di uno sgabello.
“Ok … Ho provato a
telefonare a Glam, ma nisba …”
“Non ti risponde?”
“Non raggiungibile” –
precisò turbato – “Figurati se non ha il satellitare con sé … per Lula, i
gemelli … Tutto quello che ha mollato qui a Los Angeles” – replicò assorto.
“Come ha fatto con
te?”
Leto lo guardò aspro –
“Sì, sì Jimmy, ho già litigato con Shan, vuoi fare parte della confraternita?!”
“No, però riconosci i
limiti di questa situazione, così come faccio io con Scott!”
Jared inspirò,
avvicinandosi a lui, per abbracciarlo – “Scusami … Mi sfogo con te, perché mi
conosci … abbiamo condiviso un brutto periodo” – ammise con sconforto.
“E sembra non finire
mai … Dov’è Colin? Perché non sei con tuo marito?”
“E’ rimasto con Jude
questa notte … In clinica.”
“Come mai?”
“UK buddy è un
alcolista, mascherato con destrezza …” – rivelò amaro.
“Avevo capito che
alzava il gomito, ogni tanto … Saggia decisione”
“Sì, per quel che
serve …”
“Cosa intendi Jared?”
“No è che poi ci si
ricasca sempre … Succede”
“E torniamo al punto
di partenza” – sorrise innocente.
Leto gli accarezzò
gli zigomi, notando ancora una volta quanto Jimmy somigliasse a Farrell.
“Ma è vero che procuri
l’erba a Glam?” – domandò improvviso.
Jimmy fece un cenno
di assenso, diventando paonazzo.
“Hai ancora i tuoi
contatti? E’ una follia, non credi?”
“Sì, ma mi spiace per
Geffen … e più lui sta male, più Scott cade in depressione”
“Strano meccanismo …
anzi, non è strano per niente” – ridacchiò tornando alla consolle, dove stava
mettendo a punto un brano.
“Ne hai?”
“Sì, dovevo
portargliela prima del volo, ma c’era Scott e … Non vorrai fumarla, Jay?!”
“Perché no? Un tiro …
due, non di più … sono a terra”
Jimmy la prese da una
tasca interna del giubbotto, tirandogliela sul tavolo, con delle cartine.
Leto sorrise alienato
– “Servizio completo”
“Glam mi ha sganciato
un mare di grana … Manco dovessi procurargli del crack o peggio … A lui passano
i dolori e tu quale dei tuoi vorresti sedare, Jay?” – domandò asciutto,
fissandolo, mentre l’artista rollava la canna, che avrebbero consumato di lì a
poco.
“I miei sono …
incurabili, come il cancro di big Geffen”
“Faremo l’alba … Rob
come ti senti?”
Scott volle
sincerarsi delle sue condizioni di salute, mentre Glam era ormai nel mondo dei
sogni, attaccato a macchine assai complesse.
“Resto qui, sto
comodo … insomma” – e sorrise impacciato, avvolgendosi meglio, con la coperta
in dotazione, a chi restava accanto al degente.
“Ok, io torno in
albergo, faccio entrare Kevin e Tim, poi ce ne andremo tutti.
La coppia si affacciò
alla soglia, salutando Downey, che li accolse emozionato.
Kevin andò al
capezzale di Glam, dandogli un bacio sulla tempia sinistra ed una carezza – “Daddy
… com’è pallido …”
“E’ per il ricambio,
non preoccuparti” – lo rassicurò il medico.
Anche Tim azzerò la
distanza, sfiorando le mani di Geffen, che sembrò sorridere, per un attimo.
“Ehi è sveglio …”
“No Kevin, è solo un
riflesso” – “Ok Scott … mi era sembrato” – e tirò su dal naso.
Tim lo strinse,
dandogli un bacio sulla guancia, che il bassista accolse con gratitudine
silenziosa e profonda.
Jared alzò il volume,
saltellando mentre si toglieva la camicia a quadri.
A parte delle braghe
larghe di una vecchia tuta, non aveva altro addosso.
Scalzo ed a petto
nudo, tornò da Jimmy, che gli ripassò il fumo, ridendo inebetito.
Il ragazzino si era
allungato su di un futon giapponese; ce ne erano diversi, sparsi ovunque in
quell’alloggio insonorizzato.
“Cazzo se è … ma che
cazzo c’è dentro Jimmy??!”
Anche Leto rise
sguaiato.
Afferrò le caviglie
dell’altro, portandosele sopra le spalle, ancheggiando al ritmo di una musica
tribale, scovata chissà dove, in rete.
“Sei … terribilmente
scopabile sai?” – disse suadente, mentre Jimmy vedeva crepitare il soffitto.
Eppure non si
trattava di divine od eroina, ma quella miscela gli era entrata in circolo,
come un fluido ultra stimolante.
“Dio piantala Jay …
la stanza gira come … un mulinello … cazzo …” – gemette, ritrovandosi ridotto
come la rock star, con i Lewis slacciati e senza intimo.
Appena Jared gli si
spalmò addosso, vorace e pericoloso, cinturandolo per la vita sottile, Jimmy si
accorse che neppure il suo amante portava dell’intimo.
I glutei di Leto
erano sodi e si contraevano, mentre si spingeva tra le gambe del giovane,
ansimante nel percepire le rispettive erezioni strusciarsi oscene, seppure
ostacolate dalla stoffa di quei miseri indumenti.
Jared lo baciò, dopo
avergli leccato e morso il mento – “Cristo sei così bello Jimmy … così … simile
a … ahhh” – poi un grugnito, un singulto all’unisono, che sembrò fonderli.
“Miseria … so sono
tutto bagnato …” – frignò quasi il più acerbo, scrollandosi di dosso Jared e le
sue risa volgari.
“Hai goduto … come me
… Dio cresci”
“Lascia stare Dio e
cresci tu, stronzo!!” – gli urlò in faccia, ma ormai Leto non stava più a
sentirlo.
Si era come avvizzito
contro lo stipite della porta, dove vomitò anche l’anima, mentre Jimmy fuggiva
via in lacrime.
Maximilian Befort (Jimmy) a destra, in un ruolo gay, in un film di qualche anno fa.
Nessun commento:
Posta un commento