Capitolo n. 229 – zen
Downey mise il segna
libro a metà di quel romanzo; era una trama romantica, molto distante da ciò
che sentiva in quel momento.
“Rob …?”
La voce di Law era
flebile: si era svegliato lentamente, sorprendendosi nel vederlo lì, al suo
capezzale.
“Buongiorno Jude” –
lo salutò con un sorriso dolce, anche se un po’ forzato, dandogli anche una
carezza sulla fronte stempiata.
Vi posò persino un
bacio, alzandosi, per recuperargli un bicchiere d’acqua.
“Ti ringrazio …”
“Bevi piano … vuoi
che ti sistemi lo schienale?”
“Sì Rob, grazie …” –
disse timido.
“Hai fame? Dico all’infermiera
di portarti la colazione”
“No, rimani qui … Se
vuoi ovvio” – ed abbozzò un sorriso, provando a calmarsi.
L’americano si accomodò
nuovamente, senza convinzione, altrettanto in imbarazzo.
Si rese conto dell’avvampare
del marito e provò a tranquillizzarlo.
“Non sono qui per
discutere, Jude o per chissà cos’altro tu stai pensando ora … Cerca di guarire,
le bambine hanno bisogno anche di te” – affermò fingendo serenità.
Law allungò la mano
destra, non senza tremare.
“Mi dispiace Robert” –
e gli sfiorò incerto l’addome, contratto sotto il maglioncino aderente, che gli
stava una meraviglia.
“Lo so, lo dici
sempre, non fai che ripeterlo ogni volta che riesci a farmi male come nessuno
Jude” – disse fissando un punto lontano da quelle iridi di ghiaccio, che
continuavano a toccarlo, in una maniera inspiegabile, legandolo a Law con un
filo invisibile ed inossidabile.
“Perché non mi guardi
Rob? … Ti faccio schifo, posso capirlo” – sospirò con afflizione sincera.
“No, perché dovresti?
Per tante colpe io possa riconoscerti, non riesco a non amarti, però forse è un
sentimento così malato e logoro, da non potermene liberare, come un vecchio
reumatismo o … o peggio …” – ed avrebbe voluto sorridere, ma la commozione lo
investì a pieno.
Law si sollevò,
nonostante la debolezza, poi lo avvolse, tenendolo a sé, facendogli assaporare
le proprie lacrime.
Così il suo
dispiacere.
Jared si strofinò gli
occhi, mettendosi seduto.
Glam dormiva, con un’espressione
triste.
Il cantante avrebbe
voluto svegliarlo, ma preferì scendere a preparare qualcosa da mettere sotto i
denti: aveva stranamente appetito.
La villa era deserta;
Pana e Daniel erano andati un paio di giorni a Parigi, prima di rientrare al
lavoro.
Le foto di Lula
capeggiavano su svariati mobili e Jared cominciò a guardarle, provando
sensazioni intense.
Soldino di pochi
mesi, malnutrito, che giungeva all’orfanotrofio, poi all’asilo, quindi a Los
Angeles, ma anche in montagna oppure sulla spiaggia di Haiti, davanti al
capanno andato a fuoco.
Nessuna più recente.
Piegati dietro ad una
cornice, infine, dei giornali, pubblicati sull’isola, che parlavano dell’attentato,
dove Lula venne gravemente ferito.
Gli articoli erano
evidenziati con delle righe gialle fosforescenti, ma c’erano anche delle
macchie: sembravano lacrime, su quelle frasi, dove qualcuno aveva fatto il
reportage di quelle ore terribili.
Si parlava del figlio
del noto Glam Geffen, in condizioni disperate, per le ferite riportate a
seguito dell’esplosione.
Jared prese fiato,
rimettendo a posto, ma la voce di Geffen lo fece sobbalzare.
“Cosa stai facendo
tesoro?” – chiese un po’ brusco.
“Glam … ciao …
Leggevo questi, come mai li tieni qui?” – ribatté avvicinandosi, per farsi
abbracciare dall’uomo.
“Sono un ricordo …
come gli altri, di Lula” – spiegò assorto.
“Sì, ma un po’
macabro e se lui li trovasse come ho fatto io?” – bissò con un bel sorriso.
“E’ già successo …
credo, ma non hanno più importanza” – e, sciogliendo il loro incastro, Glam si
diresse in cucina.
“Vuoi delle uova come
me?” – Jared lo inseguì quasi.
“No, mi danno la
nausea”
“Ops scusa …”
“Fa niente, è come se
fossi una donna incinta, giusto per farti capire” – rise svogliato,
appollaiandosi su di uno sgabello, per versare del succo tropicale.
“Quindi il caffè, i
miei vegan burgy …”
“No, quelli mi hanno
sempre fatto … ehm” – rise ancora, più rilassato.
Leto si strinse nuovamente a lui, che lo baciò con tenerezza.
“Ti amo tanto Jay …” –
mormorò, scrutando i lineamenti di Leto, che affondò il volto nel suo collo, un
attimo dopo.
“Anch’io … non so
spiegarti quanto … è stato così bello ciò che abbiamo condiviso”
“Non accadrà più
Jared” – e gli impose il proprio sguardo celeste e profondo.
“Posso capirlo Glam”
“No, non è per quello
… La mia salute non centra”
“Veramente pensavo ad
altre motivazioni, non ultima Robert” – e tornò dietro la penisola, dove aveva
appoggiato il suo piatto, ormai raffreddatosi.
“Credo sia con Jude e
non ho idea di come andranno le cose tra loro: ho provato a dissuaderlo, a
resistere a questa specie di tentazione o dipendenza … Poi ho preferito farmi
da parte, perché non c’è più nulla da cambiare o da aspettarsi … Vorrei
combattere, ma per garantire quale futuro ed a chi, soprattutto?”
Jared inspirò – “Viviamo
il presente, che ne pensi?”
“Tu sei il mio tutto,
passato, presente e … Ok, è un’illusione” – sorrise, tendendogli le mani.
“Farei qualsiasi cosa
per salvarti Glam”
“Una discutibile
giustizia non terrena, non gestibile, lo impedirebbe: abbiamo avuto la nostra
occasione e l’abbiamo sprecata … C’est la vie, come direbbe Vincent”
Si riabbracciarono.
“La cura in Svizzera
sembra averti fatto bene” – disse speranzoso, accoccolandosi sulla spalla
sinistra dell’avvocato.
“L’ennesima chimera
Jay …”
Un lieve rumore li
distrasse.
Era Downey.
“Perdonatemi … non
volevo disturbarvi …” – disse mortificato in un sussurro.
Geffen tese le mani
anche a lui, così Jared.
Robert si mosse
lento, poi permise ad entrambi di coinvolgerlo in quel gesto caldo e solidale.
Piansero, i due amori
di Glam, che li cullava, baciando le loro tempie, tremando tra i loro respiri,
che gli davano la vita, come nulla su questa terra, da quando era nato.
Colin gli sistemò i
cuscini, provando a distrarlo.
“Domani torni a casa
Jude”
“Sì, Scott me lo ha
detto …”
Farrell prese una
sedia.
“Perché perdi ancora
del tempo con me, Cole? Non lo merito”
“Non sparare cazzate”
“Dovresti stare con
Jared”
“E’ da Glam … Questa
volta rimarrà lì, non so per quanto tempo … Mi ha mandato un sms, poi stasera
mi telefonerà …” – rivelò, senza inflessioni particolari.
“Anche Robert è
andato a Palm Springs … Cosa dobbiamo aspettarci?”
“Lui non li ha mai
abbandonati: ora tocca a Jay e Rob rendere il favore, dimostrare gratitudine,
dopo che hanno preferito noi a Geffen …”
“Con questi risultati,
per me Colin, ma tu non dovresti scendere al mio livello, sai?”
“Alti e bassi, abissi
ed altari, nessuno di noi due è immune da periodi terribili e di colpe verso
chi ci ha amati incondizionatamente: ci penso spesso, a quanto mi ha donato
Jared … Ci siamo scelti, quando eravamo troppo incasinati, ma sapevamo che ne
valeva la pena, almeno una parte di noi lo sapeva. Abbiamo stentato a decodificarla
e ci siamo traditi, perduti, ripresi, ma, alla fine, ciò che ci lega è
incredibile … I sentimenti per Glam non sono da meno, anzi, lui lo avrebbe reso
felice senza le brutture, di cui mi sono macchiato … Eppure non potrei mai
rinunciare a Jared e lui a me, ne sono sicuro, così sicuro da vivere questo
periodo con pazienza … anch’io, glielo devo, a Geffen … anch’io, forse come e
più di Jay.”
Una nevicata a
Londra, mentre non era ancora primavera.
Forse l’ultima della
stagione invernale, molto rigida quell’anno.
Chris rideva,
prendendo a palle di neve Ivan, che, per difendersi, lo placcò, per poi
metterselo sulle spalle, facendolo roteare e sculacciandolo a dovere.
Ridevano come due
ragazzini.
Gli scatti dei
paparazzi fecero il giro del mondo in poche ore.
Robert le stava
osservando sul tablet di Jared: gliele aveva mostrate il leader dei Mars, con
un sorriso, mentre l’attore tagliava l’insalata e Leto cuoceva delle alette di
pollo, unico cibo che andava a Geffen.
“Sono splendidi Rob …
e cotti” – Jay rise.
“Già … Sono contento
per Christopher, era ora trovasse un equilibrio”
“Sì … infatti … che
ne dici, lo metto il curry? Povera bestiola comunque …” – disse sconsolato.
Downey rise.
“Non saprei, chiedilo
a Glam …”
“E’ con Lula … a
proposito, le pizze, cavoli!” – ed aprì il forno, accorgendosi per fortuna che
non si erano bruciate, non del tutto.
Le risa del bimbo
risuonarono nella stanza, cariche di gioia.
Geffen schiuse le
palpebre.
Lula era sul
davanzale, a guardare l’oceano.
“Cucciolo …”
“Ciao papi!” – e volò
sopra il letto.
“Dove sono gli zii?”
“Di sotto, a cucinare
… anzi no, a fare casini!” – e rise ancora, adorabile.
“Vieni qui …” – e lo
prese sul petto.
“Hai tanto male papi?”
“No … la morfina
riesce a tenere sotto controllo le solite fitte, ma non sarà sempre così, vero
soldino?”
Lula si inginocchiò,
massaggiandolo all’altezza dello stomaco – “Ora devi mangiare papà … devi
resistere … Anche quando penserai di non riuscire ad andare avanti, ok?”
“Ok …”
“Promesso?”
“Promesso, angelo mio
…” – e si riassopì, dopo avere scorto delle nubi all’orizzonte, avvicinarsi inesorabili e cupe.
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