venerdì 6 dicembre 2013

ZEN - CAPITOLO N. 226

Capitolo n. 226 – zen


Il calore di Geffen gli lambiva il cuore, l’anima, ogni centimetro, che l’uomo sfiorava della pelle di Robert, procurandogli non solo piacere, ma, soprattutto, un conforto, a cui l’attore non poteva rinunciare; non il quel momento.

Una breve telefonata tra i due coniugi, poche ore prima, lo aveva svilito ulteriormente.

C’era stato solo silenzio, un po’ crudele, un po’ meschino.

Downey avvertiva in quel mutismo, dopo un semplice “ciao” a denti stretti, tutta la rabbia di Jude, la sua costernazione, davanti ad un tradimento, che l’inglese, in precedenza, aveva persino auspicato, pur di togliersi dai piedi lo spettro di Christopher.

“Una scopata e via, così non ci pensi più!”

Robert, purtroppo o per fortuna, non ci pensava di finirci a letto sul serio, perché quel ragazzo era suo figlio o poteva esserlo, emotivamente ed anagraficamente; dettagli.
Inutili dettagli.

Era come un gioco pericoloso, di seduzione ed abbandono reciproco, di fuga da sé stessi: Christopher gli ricordava troppo il Robert dell’adolescenza e dei periodi successivi, fatti di montagne russe quotidiane.

Un giorno su.
Un giorno giù.


Adesso i baci di Glam si facevano feroci ed assordanti, della sua gioia, per averlo ritrovato, quando invece, Robert per primo, credeva che l’avvocato volesse Jared nella propria vita, in quell’ultima, estrema fase maledetta, dove l’incontrare il sorriso e gli zaffiri di Leto, potevano arrecargli un minimo di sollievo.

Di consolazione.
Magra consolazione, ad essere onesti, ma che importava?

Per giunta Colin era d’accordo, quasi un paradosso, ma, in realtà, un gesto d’amore: nient’altro.

Perché il volere vedere ovunque pietà, era controproducente, secondo Downey e Geffen sbagliava nel respingere chiunque gli dimostrasse attenzione.

A dire il vero, era Jared l’esclusivo destinatario di quel trattamento odioso.

La spiegazione era semplice, quanto lampante: LUI era l’amore di Glam.

Tutto il resto girava intorno, orbitava con ostinazione, come Kevin e Scott o con semplice dipendenza e simbiosi, come Robert.


Chris spalancò la porta della suite, fiondandosi dentro, seguito da Ivan, intento a fargli da scudo, tra sè ed una serie di paparazzi e reporter molto invadenti.

Le loro domande su di un ritorno di fiamma con Rice, immortalato all’arrivo a Londra con l’artista, si consolidavano sempre di più.


“Che teste di cazzo!” – sbottò Ivan e Chris annuì, cercando una sigaretta nella tasca interna del giacchino in pelle.

“Miseria le ho perse!” – ringhiò, dando poi un calcio ad una sedia.

“Ehi calmati … scendo a prenderne un pacchetto, se vuoi, anche se dovresti smettere” – propose il sovietico, ma Chris lo lacerò con uno sguardo strano.

“Lascia stare”

“Cosa ti prende, è successo qualcosa? Magari con quel damerino?” – chiese brusco.

“Quale parte del discorso, sulla nostra collaborazione, non ti è chiaro, Ivan?! Tu lavori per me, non allargarti in altre direzioni, perché mi fai solo incazzare, ok??!” – esclamò a pugni stretti.

“D’accordo” – replicò educato il body guard, andando alla finestra, per vedere se i fotografi se ne erano andati.

Christopher deglutì a vuoto, poi sparì nel bagno.

Un paio di minuti dopo, Ivan avvertì dei suoni strani, come di un vetro rotto, forse una bottiglietta di profumo o dei sali per l’idromassaggio, quindi delle imprecazioni ed un singhiozzio disperato.

Si precipitò, ma senza invadere la privacy del leader dei Red Close.
Bussò piano.

“Chris stai bene?”

Un “No” soffocato lo fece allarmare.

Christopher se ne stava accucciato sopra uno sgabello, le braccia chiuse sull’addome piegato, come se avesse delle fitte, ma non si trattava di un malore, bensì di un disagio più profondo.

Piangeva come un bambino,

“Chris …” – mormorò Ivan, andando ad avvolgerlo con cura.

Lo prese in braccio, portandolo sul letto: gli tolse le scarpe e lo coprì, rimboccandogli la coperta in fondo ai piedi, dandogli poi una carezza sulla schiena.

“Faccio portare un tè con dei biscotti …” – propose alzando la cornetta del telefono, ma Chris lo bloccò per il polso, affondando il volto bellissimo nel cuscino.

“Rimani qui Ivan …”
“Certo … dove vuoi che vada? …” – sorrise – “Io lavoro per te” – aggiunse senza alcuna malizia, ma con sconfinato affetto.

Anzi amore.

Traboccava dai suoi occhi scuri, liquidi, meravigliosi.
Come tutto di lui.

“Faresti l’amore con me Ivan …?”

Glielo disse con il tono di un naufrago o, semplicemente, di un ex ragazzino, ribelle e confuso, ai margini di una realtà, che non gli piaceva più.

Il suo viaggio era stato breve, anche se intenso e risolutivo.

Un periodo della sua esistenza era finito, ma le persone restavano e conviverci non era semplice.

Un dialogo aspro con Boydon, prima di decollare verso l’Inghilterra, l’occhiata di Farrell, incrociato per caso ad un semaforo, mentre l’irlandese si recava in clinica da Law: tutti i siti on line ne stavano parlando, come il gossip di punta.

Idem per la separazione di Robert e la sua fuga con Geffen.

Il peggio, però, restava lo sguardo deluso di Clarissa, mentre le spiegava la sua assenza per circa un mese, a causa di quel ruolo per la tv, che stava rivelando i propri limiti ed ostacoli.

Il regista lo aveva rimproverato di essere troppo rigido, di sicuro per la mancanza di esperienza.

Era più severo rispetto a quello americano, ma onesto nel fargli capire che per recitare, occorreva anche una preparazione specifica.

In tanti si improvvisavano attori, ma non sempre c’era del talento, anche grezzo, su cui migliorarsi.


L’invidia, poi, completava il quadro, un po’ mesto, dopo esaltanti aspettative, da parte sua, che adesso si pensava un po’ ingenuo, vergognandosene inesorabilmente.


Le mani di Ivan erano grandi ed amorevoli.

Quello che stava accadendo, tra loro, non era sesso.

E Chris guardava Ivan con altrettanta partecipazione.
Pulita e sincera.

I loro corpi viaggiavano nella dimensione parallela, eccitandosi, perché la chimica tra essi era perfetta.

Così il fondersi, nella bocca e tra le gambe, fianchi robusti contro fianchi più esili, in un incastro dapprima ruvido e poi sempre più fluido, in un cadenza crescente, sino ad un primo, precoce, orgasmo.


“Scusami piccolo … è che non ho più fatto l’amore senza di te” – gli sussurrò dolce Ivan, baciandolo con tenerezza.

“Scusami tu … per tutto”

“Ma di cosa …?” – e con delicatezza fece collimare i loro profili madidi.

“Ti voglio bene Ivan”

“Anch’io. E non smetterò. Mai.”



Geffen uscì dalla doccia tamponandosi l’addome.
Si guardò allo specchio.

Aveva qualche livido, ma ancora non si vedevano le costole, come spesso scherzava con Scott, su come potesse degenerare il suo fisico massiccio.

Si sentiva bene, come rigenerato, ma la consapevolezza che sarebbe durato poco quello stato di grazia, era vigile e spietata.

Tornò da Robert, trovandolo addormentato.

Arrise alle sue fattezze proporzionate, a quel suo percepirlo indifeso e generoso, quasi sprovveduto, nonostante fossero quasi coetanei.

Quasi …
Downey avrebbe fatto qualche sagace battuta, in altre circostanze, meno tristi.

Glam pensò a come il proprio cancro, avesse come trascinato tuti in un delirio di inquietudine e di senso di perdita anticipato.

Era, nel bene o nel male, un punto di riferimento e questa responsabilità gli pesava, ormai.

Avrebbe dovuto pensare a curarsi, a cercare un rimedio in ogni angolo del pianeta: i mezzi non gli mancavano; eppure era venuta meno la caparbietà di artigliarsi alla vita, in qualsiasi modo.

Chiuse le palpebre ed il profumo della salsedine lo investì immediato.

I passi leggeri di Syria si avvicinarono.

“Sei qui stellina …” – la chiamò, come faceva spesso con Isotta.

“Ciao Glam … guardami”

Era lì, ad un metro da lui, una visione nell’abito di voile bianco, come se una nuvola l’avesse intrappolata, di luce e di uno splendore unico.

“Mi tieni con te, questa volta?” – domandò sereno, tendendole le mani.

Si allacciarono, cominciando a camminare verso l’oceano.

“Tu vorresti …?” – bissò esitante.

“In questo preciso istante forse no … Mi sento in forma, però è una mera illusione e lo sai anche tu” – rise mesto, sollevandola, facendo roteare la sua figura sinuosa ed attraente, per poi baciarla, in una maniera assurdamente bella.

“In questo mondo mi sento nuovamente in grado di affrontare qualunque avversità, Syria … E’ incredibile …”

“Dovresti prendere un po’ di questa magia ed usarla in quello dove non sei più felice Glam …”

“Qui lo sarei?”

“Forse” – rise leggiadra, correndo nel vento verso degli scogli.

Lula li stava aspettando.

“Papà dobbiamo tornare” – disse facendo un saltello.


Il cicalino dei messaggi lo riaccolse da questa parte dell’universo.

Erano poche righe, da parte di Jared.

§ Io non ti capisco più e faccio solo cazzate, lontano da te … Quando sarai a Palm Springs dobbiamo parlare, ma parlare davvero Glam. Abbi cura di te, tuo Jay §





 IVAN


 CHRIS




 JAY


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