martedì 3 dicembre 2013

ZEN - CAPITOLO N. 225

Capitolo n. 225 – zen



Downey si infilò nella prima toilette libera, chiudendosi a chiave, nonostante il reparto fosse semi deserto.

Era già la terza chiamata, che gli appariva sul visore da parte di Jimmy: le prime due erano andate a vuoto, alla terza, finalmente, l’attore rispose.

“Scu scusami Robert se ti disturbo così …”

Il giovane era in lacrime, singhiozzava e Downey si allarmò immediatamente.

Ricordava ancora il giorno in cui lo aveva conosciuto, proprio in un ospedale, quando Jimmy, insieme a Jared, era andato a trovarlo durante la sua degenza per la biopsia alla gola.

Gli aveva fatto un’ottima impressione dal primo istante, con quegli occhi da cerbiatto, dai quali traspariva un animo tormentato, ma anche puro.

“Tesoro calmati, che succede?”

A Downey venne spontaneo quel termine, visto come lo percepiva: un cucciolo spaventato e, forse, in pericolo.

“Ho … ho fatto una brutta cosa Rob …”

Era infantile, faceva una tenerezza incredibile, ma l’attore si chiese mentalmente cosa avesse combinato di tanto grave.

“Raccontami … Come mai non hai cercato Scott?”

“Si arrabbierebbe”

“Ok, ti ascolto, ma dove sei?”

“A casa … ero con Jared a Malibu oggi”

Il ragazzo snocciolò l’accaduto, pentendosi amaramente di avere dato l’erba a Leto e di avere ceduto in qualche modo alle sue attenzioni.

“Jimmy hai fatto una stupidaggine, non rammaricarti oltre … E poi, smettila di procurare quella robaccia a Glam, so che lui ne ha bisogno, ma troveremo una soluzione alternativa, piuttosto ci penserò io”

“E come?”
“Non importa, semmai parlerò ad Antonio … A proposito, dovresti salire su di un aereo e raggiungerci, farai una bella sorpresa al tuo Scott” – propose con dolcezza.

“Sì … lo vorrei tanto …”
“Senti, capisco che sei agitato: ora cerco Vassily e gli dico di metterti sul jet di Meliti o di Rice, dammi una decina di minuti e risolvo questo casino, ok?”

“Ti ringrazio Robert … sei una persona meravigliosa, capisco perché Glam ti ami così tanto …”

Downey sorrise, con il cuore in gola.



Farrell prese una seconda coperta.

Law stava tremando.
Aveva saltato la colazione ed ora non aveva alcun appetito per il pranzo.

“Jude come ti senti?”

“Uno schifo … voglio parlare con Rob … ti prego” – ed iniziò a piangere, come aveva fatto per il resto della notte appena trascorsa.

“Temo sia prematuro”
“Ma lui sa che sono qui?” – bissò angosciato.

“Certo Jude”
“Come fai a dirlo?!”

“Glam ti ha assicurato che l’avrebbe informato di ogni dettaglio, appena Robert fosse stato cosciente e lucido …”

“Già … le promesse di Geffen … Ora quella più importante è riuscito a mantenerla, con Rob” – disse amaro.

L’irlandese prese una sedia, ma Law gli fece un cenno – “Vai da Jared, almeno tu che puoi … Cosa ci fai ancora qui? Non merito nulla”

“Risparmiami i tuoi vittimismi e pensa a rimetterti in piedi: devi salvare il tuo matrimonio” – ribatté un po’ duro.

“Robert e le bambine staranno meglio con Glam … Lui non lo farà mai soffrire” – e si rannicchiò tra le lenzuola.

“Non arrenderti Jude … E poi ne parli come se Glam avesse un futuro” – disse sconsolato.

“Avesse anche solo un minuto, lo vivrebbe come una favola, con Robert … io non ne sono mai stato capace … E se è successo, devo averlo dimenticato in qualche angolo di questa testa marcia … di questo cuore inutile Colin, ora più che mai senza Rob”


Owen accolse la richiesta di Downey senza problemi.

“Devo andare a Londra, accompagno anche Christopher sul set di quel telefilm che sta girando, una location in un castello, mi pare” – era loquace, di sicuro trepidante di avere con sé l’ex.

Peccato ci fosse anche una zavorra, così lo pensò Rice, mentre Ivan prese posto distante da loro due, intenti a chiacchierare con un Jimmy più rilassato.

Chris gesticolava felice per quel progetto, spiegando come lo truccassero per la parte ed Owen pendeva da ogni sciocchezza dicesse.

A Jimmy non fregava un tubo di quegli aneddoti, semmai era turbato dagli sguardi sconfitti di Ivan, palesemente innamorato del leader dei Red Close.

Pensò altresì che Chris fosse uno stupido: Ivan era un uomo così rassicurante, gentile, amorevole.

Lo immaginava nelle sue maniere un po’ brusche, che diventavano di colpo delicate, se doveva interagire con il neo vampiro del ventunesimo secolo, come titolava un periodico modaiolo, con l’artista in copertina.

Analizzava poi scherzosamente anche l’indole di Rice, così perfetto, inappuntabile, ma anche torbido e squallido, Jimmy ne era certo, nelle occasioni opportune.

Ed era ciò che gli appariva, adesso: un falco pronto a gettarsi sulla preda, a lungo seguita e, finalmente, ritrovata.



“Glam alzati senza fretta …”
“Rob?”

“Sono qui”

“Ehi, sono vivo, mi sembra un po’ strano” – Geffen rise, così Scott, vedendolo di buon umore.

“Le pulsazioni sono regolari, nonostante i recenti … strapazzi” – ironizzò il medico, facendo comunque l’occhiolino a Downey, che aveva dormito ben poco.

Sorvegliava di continuo Glam, dandogli dei baci leggeri un po’ ovunque, senza sapere che l’uomo li percepiva nitidamente.


“Ok, chiamo il professor Lachange, così ti dimette”

“E’ di nuovo buio …” – osservò l’avvocato – “Posso telefonare a Lula?”

“Non serve, eccoci qui!” – e tenendo per mano Jimmy, soldino fece il suo ingresso simpatico nella camera.

“Amore!” – esclamarono all’unisono Glam e Scott, poi risero, stringendo sul petto i rispettivi destinatari del loro sentimento sconfinato.

“Jimmy credevo che avessi da fare a Los Angeles, non dovevi lavorare con Jared?” – domandò con stupore il diagnosta.

“No … abbiamo rimandato ecco …” – spiegò lui avvampando.

Scott gli diede un secondo bacio, ringraziando tra sé e sé l’imprevisto occorso a Leto, del quale gli importava assai poco.

Lula nel frattempo stava mostrando le ultime foto fatte ai gemelli – “Alexander usa il doppio dei pannolini di Sebastian!” – e rise caloroso.

Quindi si appese al collo del genitore, tendendo le manine a Downey, rimasto sino ad allora in disparte, educatamente.

“Zio Rob vieni qui, non mi saluti?!”

“Certo cucciolo … sei la nostra gioia” – e lo avvolse, accomodandosi accanto a Geffen, che lo cinse affettuoso per la vita.

“Ora mi sento davvero bene, sapete?” – sospirò Glam, a palpebre chiuse, sommerso dalle loro carezze.

Era la sinergia d’amore, a cui anelava da quando era al mondo.
L’unica in grado di fargli dimenticare, per un attimo, il suo destino.



I capezzoli di Brent si inturgidirono tra le labbra ingorde di Brendan.

Fare l’amore sopra il tavolo della dispensa, nell’ora di chiusura del ristorante, fu una splendida idea, anche se Tomlinson jr aspettava la consegna di birre e liquori.

“Rilassati … non arriva nessuno” – gli ansimò l’analista nel collo, mentre il giovane aderiva al suo busto, consumandosi in un amplesso da vertigine.

Brent se lo sentiva dappertutto, quel suo compagno così virile, dinamico, sicuro di sé e di ciò che voleva dal sesso e dalla vita.

Anche l’ex capitano voleva sentirsi in quel modo e, grazie a Laurie, aveva realizzato qualcosa di impensabile, sino a pochi mesi prima.

Si era come emancipato, anche da tutte le sue paure, dai traumi, che ancora lo tormentavano, in incubi ricorrenti.

Era stata fissata la data del processo ai due ufficiali, che avevano abusato di lui: si sarebbe svolta a Boston, a metà aprile.

Mancavano almeno cinque settimane, ma non voleva fossilizzarsi in quel tedioso stato di attesa ed angoscia, pronto a disgregare ogni sua certezza conquistata con amore e determinazione.


I baci focosi di Brendan lo riportarono in quel contesto singolare, così il ritmo dei suoi fianchi, chiaramente al limite.

Si guardarono, sudati, luminosi e bellissimi.

Vennero insieme, Brent nel palmo destro di Brendan e questi nel canale stretto, dove avrebbe trascorso ogni minuto della sua fottuta esistenza.

Si sentiva un eroe agli occhi del suo ragazzino, un semi Dio in terra, disposto a qualunque cosa, pur di vederlo appagato e realizzato.


Quando gli crollò addosso, però, Brent scoppiò a ridere, polverizzando l’estasi del momento.
Anche Laurie sorrise, spostandogli le ciocche madide dalla fronte, dove sparse baci generosi.

“Amore è stato … incredibile …” – annuì lo psicologo riprendendo fiato.

“Come sempre …” – ancora un bacio – “Ma vestiamoci, non posso ricevere i fattorini in questo modo”

“Non lo vorrei nemmeno morto!” – esclamò Brendan, infilandogli un maglione, sopra i pantaloni eleganti, mentre Brent gli allacciava i jeans aderenti, lasciandolo scalzo ed a petto nudo.

Si riabbracciarono.

“Buscherai un raffreddore Brendan …” – gli sussurrò nella bocca, leccandone i contorni.

“Correrò il rischio” – replicò suadente, ma un colpo di tosse improvviso, attirò la sua attenzione.

Era Sam, il corriere della Guinness.

“Ehi come butta lì amico?” – chiese Laurie, agitando la mano sinistra in segno di benvenuto, mentre con il resto teneva avvinghiato a sé Brent, ormai paonazzo.

“Bene dottore … E lì da lei?” – ribatté bonario l’omone, senza fare una piega.

“Ottimamente, vero piccolo?” – e fissò Brent, che avrebbe voluto farlo fuori seduta stante.

“Cosa ascolti Sam?” – ed indicò l’i-pod.

“Y.M.C.A”

“Village People??! I miei preferiti!” – ed alzando entrambe le braccia, con entusiasmo, volò da lui, rubandogli le cuffiette ed iniziando a ballare come un ossesso.

Sam, pacifico, si avvicinò a Brent, esterrefatto.

“Ehi, tu pensi faccia bene a sposarlo quello lì …?” – domandò l’ex capitano, con aria perplessa.

“Direi di sì, è in gamba … Certo, quando sarà vecchio, dovrai avere tanta pazienza” – e sospirò, dandogli una pacca sulla spalla.

“Ok, sistemiamo le casse!” – Brent rise e fece strada a Sam, che lo seguì con la massima naturalezza, mentre Laurie danzava al ritmo di quella hit storica ed irresistibile.

Senza pensieri.










 EMMETT J SCANLAN E KIERON RICHARDON (sopra) ED EMMETT CON IL SUO ALBERO DI NATALE :)

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