martedì 10 dicembre 2013

ZEN - CAPITOLO N. 228

Capitolo n. 228 – zen




Lui cantava.
Quando si sentiva giù, quando tutto andava storto, Jared Leto imbracciava la chitarra acustica oppure si metteva al pianoforte e … suonava, cantando qualche vecchio pezzo oppure un inedito, ma era da tanto che niente lo ispirava.

Farlo a Palm Springs, in quel living luminoso e deserto, gli piaceva più che in ogni altro luogo del mondo.

Un mondo che presto sarebbe stato senza Glam.

Glam Geffen che, appoggiato allo stipite, lo guardava ed ascoltava.

Nel passaggio in cui Leto disse di quando aveva sedici anni ed arrivò a Los Angeles, per la prima volta, Glam provò un nodo allo stomaco.

A quell’epoca l’avvocato era in università, studente modello, promessa del Foro, in qualsiasi stato avesse voluto esercitare.

Geffen preferì restare nella città degli angeli, senza sapere che il migliore vi era appena sbarcato, ma unicamente per dimostrare al padre di essere ciò che lui pretendeva dal figlio: un legale coriaceo, spietato, che faceva e disfaceva le regole.

Un po’ come Jared fece, con il cuore di Glam, appena si conobbero e l’uomo se ne innamorò.

Perdutamente ricambiato.



Scott scorse la cartella di Jude, poi sorrise, rassicurando Downey.

“E’ solo un’ulcera, con il trattamento in atto, si sarà già cicatrizzata: è uno spiacevole ricordino lasciato dall’alcol, Rob” – disse più serio.

“Lo so, ma i valori del sangue?”

“Stabili, così il fegato, ma Jude dovrà seguire una dieta mirata, penso che Foster gliela abbia prescritta”

“Certo sarà così … Non abbiamo avuto il tempo di parlarne, Jude si è sentito male appena tornato a casa …” – spiegò agitandosi nuovamente, ma Colin lo strinse, passandogli un caffè.

“Grazie …” – disse mesto, scrutandolo.

“Io devo andare, ho Jimmy in studio, voleva parlarmi … a dopo”

“Ciao Scott … Senti Cole, volevo ringraziarti anche per avere assistito Jude, durante la mia … la mia assenza”

Farrell inspirò – “Assenza più che giustificata Rob, non preoccupati: Jude starà meglio e potrete salvare il vostro matrimonio, l’ho detto1 anche a lui di impegnarsi, senza più ferirti in quel modo: mi ha raccontato delle vostra discussione, era disperato”

“C’era anche Glam?”

“Sì ed è stato quando Jude gli ha chiesto di prendersi cura di te … Un po’ buffo” – asserì triste, sedendosi su di un divanetto – “Dovremmo occuparci noi di Glam, non dargli delle ulteriori angosce … Non che tu la sia, Robert, perché ti ama tanto e farebbe qualsiasi cosa per te, prodigandosi come nessuno”

“Come neppure Jude?” – domandò accomodandosi lento.

“Dovete solo imparare di nuovo ad amarvi come un tempo … Non è semplice, te lo posso garantire”



Harry riunì le foto sopra il tavolo del soggiorno, sorridendo nella penombra, infranta da un paio di lampade ad angolo.

Louis si era addormentato, dopo avere fatto l’amore, proprio in mezzo a quella confusione.

La lastra di vetro, dove erano sparsi ricordi, appunti, disegni, mostrava l’impronta del fisico asciutto di Boo, dopo che Haz lo aveva incollato ad essa, spingendosi nel suo ragazzo con foga, virilità ed appartenenza assolute.


Il giovane avvocato si era rivestito senza fretta, dedicandosi a quell’incombenza, almeno parzialmente: avrebbero traslocato presto, per insediarsi nel loft, che Meliti aveva donato loro per le nozze.

Il vecchio non aveva voluto sentire ragioni.

Harry aveva provato ad imbastire un discorso sull’affitto, ma Antonio si dimostrò inamovibile e paterno, semplicemente adorabile.


“Haz …” – mugolò strofinandosi gli occhi, il suo cucciolo.

“Tesoro, ti ho disturbato …?”

“Vieni qui” – e fece un broncio, da accartocciare il cuore.

Nudo, caldissimo sotto la coperta di pile, Boo non voleva altro che Harry lo riprendesse, ma più dolcemente.

Lo destabilizzava ad ogni rapporto sessuale: era magnifico, certo, ma Louis, dopo, si sentiva come fatto a pezzi e ricomposto, come amalgamato, dal seme di Harry, copioso e stimolante.

“Eccomi … Dai Boo, fammi spazio …” – rise.
“Il tuo posto è qui” – rise a propria volta, sistemandoselo tra le gambe asciutte.

Harry fece un cenno di assenso, baciandolo sul mento e poi sulla bocca.
Aveva voglia di tenerezza, ma Lou aveva voglia di lui.

Accontentarlo fu indispensabile e terribilmente eccitante.

Le applique si spensero e nel buio gli ansiti iniziarono a crescere.
Liberi, puri, invincibili.




Geffen se lo immaginò con gli zaffiri sgranati su quelle mille luci, andarsene in giro nei jeans strappati, di una taglia assurda per un ragazzo “… sono sempre stato secco, sai?” – Glam si ricordò improvviso di quella battuta, da parte di Jared, mentre scorrazzavano in Ferrari lungo la costa.

Il vento tra i capelli non lunghi come aveva ora, con la frangia, la riga in mezzo, bellissimo, fatto di luce, quando rideva, ma anche quando ridiventava serio ed ammetteva – “Diciamo che non ho mai mangiato granché … Soldi pochi, cibo scarso” – e faceva male e faceva bene, sentirlo parlare in quel modo, aprirsi spontaneo, senza vergognarsi di Glam.

Perché Glam era come un papà amorevole.
Perché Glam lo avrebbe portato a prendersi un gelato enorme ed i pop corn.

Perché Glam era tutto.

Ed era lì.

Adesso.


Jared si accorse di lui.

Si alzò felice, dimenticandosi chissà quale discorso, avrebbe voluto fargli, troppo emozionato, troppo commosso.

Geffen lo strinse forte, percependo tra ricordi e presente, non solo la sua pelle liscia e di un profumo inconfondibile, ma un amore, capace di fargli scoppiare il petto.

Era immenso, totalitario, era il principio, il mentre e la fine.

Già, la fine …

Glam lo guardò, memorizzando ulteriormente il suo profilo, il naso e gli zigomi delicati, le sopracciglia folte, le rughe leggere, mentre gli sorrideva, quasi alle lacrime.

Lo baciò.

Ed avrebbe voluto inghiottirlo: Jared non si sarebbe consumato, come stava facendo il suo corpo per la malattia; lui sarebbe rimasto.

Lui esisteva ed era ciò che Geffen desiderava di più.

Che non avrebbe più voluto lasciare andare via.

Precipitarono sul divano, incuranti di avere lasciato, forse, le porte aperte, le finestre socchiuse.

Che il mondo sapesse quanto loro due si appartenevano: tutti lo sapevano, in fondo.

La carnalità del momento, un po’ esasperata dall’urgenza di toccarsi, di rassicurarsi reciprocamente, li portò ad un gesto convulso, ma simbiotico, nel liberarsi di abiti ed un’ultima, vaga, incertezza.

Tornarono a baciarsi, perché quel contatto era sempre stato il migliore.


Jared poteva avvertire le pulsazioni ridondanti di Glam, arrivargli all’addome, poi al cervello, quindi scendere repentine ed acute all’inguine, ormai bollente quanto quello del suo eterno amante, per poi struggersi nei rispettivi sguardi, contemplativi, estatici.

Il busto del leader dei Mars ondeggiava ad ogni spinta, le sue falangi segnavano e quasi si conficcavano nella schiena di Geffen, vigoroso, instancabile, che raggiungeva ogni punto sensibile di Jay, del suo Jay, che piangeva e rideva, godendo al limite del concepibile.


Glam lo tirò su, inginocchiandosi e portandoselo sul bacino, dove lo aiutò a ritmare la fase estrema di quell’amplesso straordinario.

Masturbò Jared, affinché provasse le sue medesime sensazioni, baciandolo nel frattempo ad occhi aperti.

Gemiti e lacrime, sancirono l’orgasmo simultaneo, che li travolse.


Tremando, come mai prima, Glam gli accarezzò il viso stravolto ed appagato.
“Non andare via … Rimani qui con me, Jay”

Leto annuì, aderendo a lui, come se ne facesse parte in ogni senso terreno ed oltre.

Tenendosi per mano salirono al piano superiore.
Riempirono la vasca dell’idromassaggio e vi si immersero, senza rompere il silenzio, fatto solo di occhiate serene.

Si distesero, Jared rannicchiato tra le gambe di Glam, che non smetteva di accarezzargli le tempie, dove di tanto in tanto posava un bacio ed un sorriso.

Li avrebbe strappati al destino, ad uno ad uno, per ogni singolo attimo, gli fosse stato concesso di vivere accanto a chi gli aveva insegnato ad amare, a farlo senza reticenze, senza il terrore di apparire debole.

Jared era la sua forza più grande.

Era acqua nel deserto, un fiore sopra l’asfalto.

Jared era Jared.
Cancellava tutto.

Anche il dolore.












Nessun commento:

Posta un commento